È stata dura, ma alfine posso aprire la schermata del mio Witcher con malcelata soddisfazione: l’armatura del gatto – elegantissima – è completa, sulla schiena reco due spade il cui filo indurrebbe un drago a farsela indosso, gli unguenti… beh, sono unti, e le pozioni (rigorosamente agitate, non mescolate) riposano nella cintura portaoggetti. Tracotante, incedo per un placido bagnasciuga che si trova a nord di Novigrad quando, in prossimità di una capanna di pescatori, individuo un gruppo di gorgoglianti drowner. Estraggo la spada d’argento, seleziono l’aard e… aspetta! Qualcosa non va: sopra i crani bluastri e scarsicriniti di creature che dovrebbero occupare il gradino più basso della scala sociale della categoria “morti affogati” compare un teschio rosso e io, a quanto pare, non sono all’altezza. L’aard non atterra, la spada non incide; due zampate e mi ritrovo prono, nel fango. Il gioco mi chiede cortesemente se voglio ricaricare ma io – al momento – sono parecchio urtato.
A quanto pare ho incontrato uno Strigo tra i drowner, e già mi immagino le imprese di questa mitologica creatura: probabilmente, nel corso della carriera, costui deve aver sventato un complotto volto a rubare le sostanze mutagene della sua razza; avrà anche certamente salvato una piccola bambina dalla pelle cerulea e gli occhi iniettati di bile, ora fattasi donna e destinata a mutare il destino del mondo sottomarino; con quegli artigli luridi – quelli incrostati di fango per uccidere gli umani, quelli sozzi di sangue rappreso per sgominare i mostri – si è presumibilmente opposto a un gruppo di assassini impegnati in omicidi mirati volti a mutare la geografia politica del regno drowner. Solo a fronte di cotante imprese si spiega la possanza dell’ostico avversario, e io non posso che chinare il capo vinto.
spesso l’impressione restituita è quella di gestire avatar deboli
trovo improponibile un grifone che può essere abbattuto al livello 3 o 4 del personaggio
Un altro e più importante motivo è legato al fatto che i titoli più recenti mirano a gettarci immediatamente nel cuore dell’azione, inscenando senza perdite di tempo i duelli più emozionanti, e allora sono subito grifoni e draghi (bastano circa cinque ore di gioco in Skyrim per incontrare il primo rettile alato), quando per affrontare una creatura di discreta potenza nei titoli old school occorreva prepararsi adeguatamente, sia a livello di equipaggiamento che di esperienza. A prescindere dal motivo, il risultato finale è che il progresso dell’avatar viene parzialmente svuotato di significato: armi e armature vanno cambiate costantemente, non per incidere bensì per rimanere “al passo”, e si mantiene inalterato e tedioso il tasso di sfida posto dal gioco.Personalmente, ho sempre cercato di combattere le tendenze di cui sopra pescando sapientemente dal pool di abilità messe a disposizione del giocatore, in cerca di quelle skill o armi “sbilanciate” in grado di recare soddisfazione. Nelle avventure di Geralt, per esempio, un igni potenziato rappresenta nella maggior parte dei casi un ottimo equalizzatore, mentre una “granata nuka” in Fallout 3 è in grado di fare sfracelli; similmente, traggo sempre appagamento dall’utilizzo in modalità furtiva di bel fucile da cecchino in grado di oneshottare la maggior parte dei supermutanti.
i titoli più recenti mirano a gettarci immediatamente nel cuore dell’azione, inscenando subito i duelli più emozionanti
Ricordate la sigla del Grande Mazinga: “Forte, con una mano spacca la montagna, dagli occhi sputa fuori raggi gamma”? Ecco, non so voi, ma io il mio avatar lo voglio bello tosto, una sorta di demone-guerriero in grado con il proprio piglio di incenerire un Razziatore che va. Voglio essere un bastione di potenza, un one-man army, o quantomeno desidero che si rispettino le premesse volute della narrazione, perché spesso l’impressione restituita è quella di gestire avatar deboli, invece di grandi eroi dai riflessi accelerati, e così anziché trovarmi tra le mani il Carnefice di Blaviken mi sono sovente sentito la Pippa di Temeria!