Il 27 gennaio di ogni anno si celebra il Giorno della Memoria, in ricordo di tutte le vittime dell’Olocausto, il genocidio portato avanti dalle forze del Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale. Esattamente settantacinque anni fa, il 27 gennaio del 1945, le truppe dell’Armata Rossa liberarono la città polacca di Aushwitz dall’occupazione nazista, scoprendo il campo di concentramento eretto ai margini della cittadina e svelando al mondo intero gli orrori a cui sono stati sottoposti non soltanto gli ebrei, ma anche tutti coloro i quali venivano considerati in qualche modo diversi dal regime di Hitler. Oggi i riflettori sono tutti puntati sulla commemorazione delle vittime, sulle testimonianze dei sopravvissuti, e sulle promesse che un tale eccidio portato avanti con sistematica crudeltà non si verifichi più. Negli anni che seguirono la fine del secondo conflitto mondiale, la produzione artistica ha sempre cercato di ricordare i terribili crimini di cui si è macchiata la Germania nazista. Romanzi, componimenti poetici, film, serie TV, canzoni, dipinti, sculture, ogni singolo aspetto dello spettro artistico è stato coinvolto, e la creazione di opere continua tutt’oggi giacché la memoria dell’Olocausto è per fortuna ancora vivida nell’immaginario collettivo, nonostante le attività di screditamento portate avanti da negazionisti e movimenti di estrema destra siano purtroppo aumentate negli ultimi tempi. Eppure, mentre in tutti questi anni il ricordo del genocidio veniva tenuto vivo sulla carta o sul piccolo e grande schermo, un altro medium è rimasto alla finestra a guardare.
quello dei videogiochi è un mezzo di comunicazione ormai abbastanza maturo
manca il coraggio di trasporre gli eventi per ciò che sono stati davvero
Eppure ritengo che quello dei videogiochi sia un mezzo di comunicazione ormai abbastanza maturo da essere in grado di affrontare argomenti così complessi come l’Olocausto. D’altronde ogni anno vengono pubblicati titoli che trattano con grande responsabilità tematiche tanto articolate quanto difficili da esaminare anche a livello politico. Basti pensare al tema della salute mentale, con riferimento a titoli del calibro di Hellblade: Senua’s Sacrifice o del nostrano The Town of Light; ma anche della depressione con Celeste; della critica religiosa di Life is Strange 2; delle malattie terminali con riferimento a That Dragon, Cancer, e chi più ne ha più ne metta. Ci vuole solo un po’ di coraggio, un fattore che sembra mancare ai grandi publisher che hanno la tendenza a costruire bolle a compartimenti stagni in cui avvolgere i propri titoli, ma che dovrebbe invece contraddistinguere gli studi indipendenti, più liberi di sperimentare e relativamente lontani da certe logiche commerciali tipiche dei colossi che dominano il mercato dei tripla A.