Una sensazione mi accompagna da oltre due decadi, col tempo consolidata in certezza, percorrendo l’arco ludico della serie Black Isle per antonomasia (Baldur’s Gate, Shadows of Amn e Throne of Bhaal), passando per RPG spuri o marcatamente action, sino ad arrivare ai titoli più recenti, fra remake, remaster e nuove esperienze dal taglio cinematografico, là dove ci ha portato la saga dello Strigo. In pratica, riesco a trarre il massimo godimento da GdR o affini solo fintanto che il PG è ai primi livelli, quando la barra della salute è ancora rannicchiata sul lato sinistro dello schermo e gli incantesimi a disposizione si contano sulle dita di una mano. E non è solo per via del fattore novità, della voglia di assorbire un lore “fresco” o della possibilità di conoscere companion o PNG, il punto è che unicamente nelle fasi iniziali mi pare che vi sia spazio per la strategia, per uno scontro “onesto” tra il giocatore e gli avversari mossi dal DM interpretato dal computer per volontà suprema degli sviluppatori.
CANDLEKEEP E DINTORNI
Ricordo ancora uno dei primi scontri veramente impegnativi appena lasciata la libreria fortificata di Candlekeep: avendo fatto rifornimento di alleati alla locanda del Braccio Amico, mi trovavo a sud di Beregost dove – in una mappa lussureggiante – stava in agguato un gigante delle colline che brandiva una clava chiodata alta quanto Khalid!
I titoli in tempo reale con pausa tendono a confinare il party in ambienti angusti
Poi i livelli salgono, nel libro degli incantesimi viene memorizzata la palla di fuoco (o equivalente), e la strategia va a farsi benedire. Chi ha voglia, difatti, di perdersi in finezze – di stordire, dominare, confondere, intrappolare, pugnalare alle spalle – quando una bella sfera incandescente è in grado di pulire un’intera stanza piena di opponenti? Questione di ruolo, pazienza e strategia, direte voi. Tuttavia, pur volendo mantenere una certa finezza nell’approccio, occorre tenere conto di tutte le palle curve che, invariabilmente, i videogiochi sanno lanciarci spietatamente in faccia. Per compensare una salute robusta, una padronanza ormai acquisita delle meccaniche di gioco, una perfetta conoscenza delle lacune della IA e un grimorio ormai saturo di arcani spaventosi, col fine di mantenere impegnativa la sfida, gli scontri di alto livello nei giochi di ruolo diventano quasi sempre una sorta di morra cinese fantasy dove vince chi riesce per primo a scatenare l’inferno sulla fazione avversaria riversando sul terreno di gioco frizzanti fulmini; soprattutto, vince chi ha sacrificato un agnello al dio degli RNG e dunque realizza i tiri salvezza!
100 E UNO MODI PER “UCCIDERE” IL GIOCATORE
I titoli in tempo reale con pausa (Neverwinter Nights 2, Pillars of Eternity), tanto per cominciare, tendono sovente a confinare il party in ambienti angusti, laddove le porte o i sentieri di montagna diventano ritirate impossibili perché “you must gather your party before venturing forth”. Qui il manipolo di eroi si trova sovente circondato e in inferiorità numerica, 2 a 1 quando va bene, e manovrare maghi, arcieri o ladri diventa molto difficile se non letteralmente infattibile.I giochi a turni (Torment: Tides of Numenera, Divinity: Original Sin) tendono ad ignorare bellamente il concetto medesimo di turno con i boss (o i nemici di alto livello) che hanno sempre l’iniziativa – quantomeno nel primo round; inoltre, gli avversari più forti si avvalgono regolarmente di una riserva di punti azione nettamente superiore, e solitamente iniziano la rissa evocando “gratis” dai due ai sei alleati.
gli scontri di alto livello nei GdR diventano quasi sempre una sorta di morra cinese fantasy con palle di fuoco e fulmini che attraversano il campo di battaglia
Non fa meglio la saga dello Strigo con Geralt che nel primo The Witcher ripone la spada prima di parlare con i tirapiedi di Salamandra e dunque si ritrova costretto a incassare svariati colpi prima che il gioco passi dalla modalità dialogo a quella battaglia. Col progredire della saga il problema è stato limato ma sostituito con obbligatorie sezioni stealth (Assassins of Kings) o momenti in cui siamo chiamati a impersonare un altro protagonista privo, logicamente, delle abilità di Geralt. Handicap che si fa sentire soprattutto durante la Battaglia Eterna: scordatevi, infatti, in questo alterco delirante – dove il Nostro è chiamato a vestire i laceri panni di antichi scheletri – di poter usare pozioni o segni, salde fondamenta del titolo in questione; il tutto mentre lontani trabucchi scagliano meteoriti incandescenti sul panorama incendiato. Senza nominare, in quanto detto sopra, nemici che compaiono dal nulla (Dragon Age II, ancora NWN2) o che si teletrasportano nell’immediata prossimità del party vanificando ogni strategia di posizionamento.
i nemici che compaiono dal nulla vanificano ogni strategia di posizionamento
A fronte di tutte queste “scorrettezze”, pensate per mettere in difficoltà il giocatore scafato e un avatar di alto livello altrimenti inattaccabile, solo due soluzioni si rivelano possibili: o passiamo le nostre giornate in-game a buffarci, attivando prima di ogni scontro ‘pelle di pietra’, ‘protezione dalla morte’ et similia, oppure dobbiamo rassegnarci a massacrare F9 e F5. Certo, alternative più eleganti ci sarebbero: tanto per iniziare, gli sviluppatori dovrebbero perfezionare ogni singolo incontro in modo che sia tosto ma onesto, come il duello con l’Ogre di cui parlavo in apertura; oppure, come ultima ratio, limitare l’arsenale del giocatore in modo che ad incantesimi o abilità “sleali” non debbano corrispondere “tattiche” altrettanto disoneste. Così come stanno le cose, superati i primi livelli diventa quasi sempre un ripetitivo deliro, e il divertimento non ne guadagna.