SE VIA COL VENTO FOSSE UN VIDEOGIOCO

È notizia di pochi giorni fa che, per dare il proprio contributo alla causa antirazzista, l’emittente statunitense HBO abbia deciso di “sospendere” dal proprio catalogo Via col vento. Cosa accadrebbe se applicassimo lo stesso concetto ai videogiochi? via col vento razzismo videogiochi politically correct sessismo videogiochiVia col Vento non è un film qualsiasi: è semplicemente il più famoso della storia, realizzato nel lontanissimo 1939, prima della Seconda Guerra Mondiale in una Hollywood ruggente che faceva sognare tutto il mondo coi suoi kolossal. Un capolavoro immortale della cinematografia, che vinse la bellezza di otto premi Oscar e, quasi per ironia della sorte, uno di essi andò ad Hattie McDaniel, prima donna afroamericana ad esserne insignita, per il ruolo che oggi riporta Via col vento sotto i riflettori.

Ma la proiezione ha una luce ben più fosca, quella infamante del razzismo, sentimento ignobile che, ottant’anni fa, divideva platealmente e ancor di più la società americana: laddove bianchi e neri non potevano condividere gli stessi spazi, sedersi negli stessi posti sull’autobus o andare a scuola insieme, la fantastica serva “Mami” non poté nemmeno ritirare il premio che aveva vinto, perché le leggi non lo permettevano. Oggi, condannare questo passato è giusto e sacrosanto, ma siamo veramente certi che la censura delle opere d’arte sia utile ad affrontare il problema?

Oggi, condannare questo passato è giusto e sacrosanto, ma siamo veramente certi che la censura delle opere d’arte sia utile ad affrontare il problema?

HBO si è affrettata a dire che Via col vento tornerà. Sì, ovvio che tornerà: sarebbe come ritirare dalle librerie La divina commedia perché i dannati sono sottoposti alle torture o, perché no, demolire i pochi cabinati rimasti di Super Mario Bros, perché si schiacciano le tartarughe. Ma tornerà con un dibattito, con una “guida alla visione”, un esoscheletro introduttivo necessario a incapsulare Via col vento nell’epoca a cui appartiene. Un documentario che ci spiegherà, a noi spettatori ignoranti e poco avvezzi al ragionamento, che nel 1939 la stragrande maggioranza degli americani riteneva i “nigger” esseri inferiori, incapaci perfino di parlare correttamente e per tanto relegati unicamente a ruoli servili. Ma è davvero necessario? Non ci possiamo arrivare da soli? Come abbiamo fatto in queste otto decadi a capirlo, senza?

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