L’importanza della pausa

Tra i frenetici scontri a fuoco multigiocatore di Call of Duty: Black Ops Cold War e i dungeon party online di World of Warcraft: Shadowlands, lo scorso novembre mi ha insegnato una lezione importante, qualcosa che ha cambiato il mio rapporto con i videogiochi. Parlo di una di quelle nozioni che si imparano davvero solo dopo averci sbattuto la testa e, possibilmente, prima che qualcun altro sbatta il minuscolo cranio ancora in fase di formazione contro l’unico angolo sporgente della casa, l’ultimo ribelle scampato alla messa in sicurezza dell’appartamento neanche si trattasse di Solid Snake sotto mentite spoglie.

L’inflessibile insegnante, 70 cm di adorabile tiranno sdentato, non si è fatto pregare per impartirmela con rigorosa puntualità ogniqualvolta ci fosse immediata necessità della mia attenzione e dei miei riflessi, posseduto com’è dalla mai doma curiosità mista a impellenza di possesso-assaggio per un oggetto innocuo (per te) ma potenzialmente più mortale dell’intero arsenale del Doom Slayer (per lui). A questo punto, i genitori-gamer più navigati avranno intuito dove voglio andare a parare. Presumo anche che avranno interrotto la lettura per indossare il loro sorriso più beffardo, posso quasi percepire lo sguardo compiaciuto di chi ci è già passato e sentire il coro che mi avverte: “preparati, giovane papàwan: il “bello” deve ancora venire”. Tranquilli, non c’è pericolo che mi illuda di aver superato la fase difficile (perché, ce ne saranno di facili?): proprio per evitare che accada, i miei str… epitosi amici si prodigano per ricordarmelo ogni volta che li sento. Del resto è cosa nota, diventare papà o mamma è un evento che rivoluziona vite ed equilibri psicofisici dalla notte (in bianco) dei tempi e continuerà a farlo finché sul sole ci sarà attività, non scopro certo l’acqua calda. Sarebbe bellissimo ascoltare ogni singola esperienza vissuta da chi ci è già passato, immagino che fra aneddoti e ricordi potremmo raccontarcene di ogni e riderne manco fossimo in gita per la prima volta ad Amsterdam, ma prima due righe sui genitori-gamer voglio vergarle, dopo il novembre appena passato prevalentemente fra titoli multiplayer e salvaguardia della prole sento che devo farlo.

No, il gaming online per così dire “serio” non è affare in cui cimentarsi al momento. Per quanto mi riguarda, quando hai un pargolo da curare e ti ritrovi Alone in the Dark con “il Bestio”, dedicarsi ai titoli always online per diletto o, come nel caso di novembre, per lavoro, si trasforma in una missione impossibile perfino per il più incazzato dei Tom Cruise. Fino a qualche mese fa non avevo mai dato troppa importanza alla questione, tanto al massimo cosa poteva accadere se ero immerso in una sessione multiplayer e qualcuno doveva conferire con me? Recepire solo frammenti del discorso come se la comunicazione fosse stata disturbata e rispondere a monosillabi? Non aver scongelato la cena e ritrovarsi a ordinare una pizza last minute? Bazzecole, e poi la scusa era servita: “quando gioco online non posso mica mettere in pausa, eh”. Quando sei sbarbato, senza peli né pensieri e responsabilità, proprio come spesso avviene con qualsiasi bugia, a forza di ripeterlo quasi ti convinci che non è colpa tua… ma è solo questione di tempo prima che la verità venga a galla, in fondo la vita è proprio come il gioco online: non si può bloccare e riprendere a piacimento.

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