Zelda e l’arte di fare di necessità virtù – Editoriale

Quando ho visto quel ramoscello rompersi tra le mani di Link ho avvertito la delusione serpeggiare immediatamente. L’odiata meccanica della rottura delle armi che aveva infastidito in pratica la totalità dei giocatori di Breath of the Wild, che più o meno tutti ci auguravamo sparisse in Tears of the Kingdom, è ancora lì. A dire il vero è quasi tutto ancora lì. Il seguito diretto dell’ultimo The Legend of Zelda assomiglia così tanto al suo predecessore da poterli tranquillamente scambiare l’uno per l’altro, almeno fintanto che si è a terra, “in superficie”. Stesso identico impatto estetico, stessa interfaccia di gioco, mondo apparentemente non uguale, ma quantomeno molto familiare.

Poi però Aonuma, il producer della serie da ormai un paio di decenni, che in questo ultimo (si presume) video di gameplay pre-lancio ci ha guidati, comincia a spiegare una nuova meccanica di gioco, un nuovo potere di Link. Ciò che nei sottotitoli occidentali di questo video è stato chiamato “compositor” è in sostanza la capacità di comporre assieme armi con oggetti, o con altre armi, o con risorse consumabili… Be’, in pratica combinare qualunque cosa con qualunque altra.

La composizione non sembra in grado di limare i difetti pressoché oggettivi della rottura delle armi

Ed è così che un ramo e una roccia assieme diventano “una specie di martello”, un bastone e un forcone fanno un’arma estremamente lunga con cui attaccare da una distanza notevole, una serie di tronchi e un paio di ventilatori diventano un motoscafo.

Detto così suona a metà tra l’assurdo e il ridicolo, ma è esattamente quello che abbiamo visto. La meccanica meno apprezzata del precedente capitolo – la rottura delle armi – non è stata rimossa, ma al di sopra di essa ne è stata aggiunta un’altra – la composizione – che non sembra limare i difetti pressoché oggettivi della prima, ma va a mitigarne l’estrema “severità” dando la possibilità di prendere una spada che sta per rompersi e darle nuova vita combinandola con… Be’, letteralmente con qualunque cosa ci capiti a tiro, a quanto pare.

IL CRAFTING DI ZELDA SPIEGATO FACILE

Volendo andare sul poetico, rimarca un po’ lo stesso concetto del kintsugi giapponese, l’arte di riparare gli oggetti in ceramica con l’oro. La restaurazione non nasconde i segni della rottura, ma esalta la nuova vita dell’oggetto. Allo stesso modo in Tears of the Kingdom alle armi potremo dare nuova vita senza restaurarle in senso classico, senza nascondere la composizione che abbiamo dovuto fare.

Il prossimo Zelda pare riprendere il concetto del kintsugi giapponese: la restaurazione non nasconde i segni della rottura, ma esalta la nuova vita dell’oggetto

Poi, da questa idea del comporre le armi per evitare che si rompano, ai game designer di Nintendo deve essersi accesa una lampadina. “Ma sì, lasciamo che combinino quello che gli pare, lasciamo che si sbizzarriscano, incoraggiamoli facendogli vedere che abbiamo fatto una zattera volante con quattro pezzi di scarto, o una specie di automobile di legno, o una sorta di mongolfiera, o uno scudo fungo”. Tanto poi, come già successo nel primo capitolo, saranno i giocatori a inventarsi i modi più assurdi e ingegnosi di sfruttare gli strumenti a loro disposizione.

In un attimo quella che doveva essere una meccanica legata alle armi e alla loro usura, atta a risolvere uno dei problemi più spesso lamentati del precedente capitolo, è diventato uno strumento ludico che prosegue quella filosofia di libertà d’azione e sperimentazione che sta alla base di questo “nuovo corso” di The Legend of Zelda. Al tempo stesso, quegli strani macchinari che avevamo visto usare a Link nei precedenti trailer, che pensavamo andassero costruiti con ricette e materiali, si costruiranno invece nella maniera più semplice possibile: prendi i pezzi e mettili assieme, come vuoi tu.

Il prossimo Zelda sembra voler dimostrare quanto questa serie continui a sperimentare con gli strumenti e così a stupire, facendo di necessità virtù

Probabilmente rimarrà un mistero se sia andato davvero così il processo di design che ha portato a lasciare del tutto identica la meccanica di rottura delle armi, e da lì a costruire armi combinate prima e automi incredibili poi. Quel che è certo è il nuovo Zelda ormai alle porte, che nell’aspetto somiglia molto – inutile negarlo – a Breath of the Wild, sembra voler dimostrare quanto la serie continui a sperimentare con gli strumenti e così a stupire, facendo di necessità virtù. E anche dove sarebbe probabilmente bastato rimuovere o affinare una meccanica, hanno preferito giocare e far giocare.

E forse il bello di questa saga più che trentennale sta tutto qui.

Articolo precedente
Fez

Neoclassici #8 – Fez

Articolo successivo
The Games Machine gioco da tavolo ufficiale

Arriva il gioco da tavolo ufficiale di The Games Machine!

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata