Ciclicamente torna a galla una discussione intrinseca al medium videoludico, nata nello stesso momento in cui sono nati i primi giochi prettamente narrativi; quella sulla dissonanza ludonarrativa e sulle possibili soluzioni al problema, sempre che di problema si possa parlare. Non vi è mai capitato di essere in procinto di salvare il mondo, magari dopo una cut scene di quelle pesanti, epiche, cariche d’enfasi e piene di discorsi sulla responsabilità dell’eroe, il bene, il male, spade sacre, alberi della vita, cristalli divini ecc., però vi viene una malsana voglia di andare a giocare a carte con quell’ubriacone alla taverna? Sicuramente sì! Questo non è necessariamente sintomo di una scrittura scarsa però.
Il videogioco, per sua stessa natura, e molto più degli altri media narrativi, vive di astrazioni, stilizzazioni e paradossi per cui ci sta tranquillamente che Tidus, in Final Fantasy X, si dedichi bellamente e senza pensieri ad una partita di Blitzball, anche mentre il ritmo della storia si fa sempre più incalzante, urgente, bussando alle porte del gran finale. Penso che più o meno a tutti piacciano anche opere più quadrate, fluide, dove racconto e gameplay vanno a braccetto, ma il bello di certe strutture di gioco, che ospitano al loro interno varie attività extra, è proprio quello di poter variare a seconda dell’umore il ritmo di gioco e il tipo di gameplay, in qualsiasi momento, deviando e probabilmente scoprendo pure dettagli interessanti.
Il videogioco, per sua stessa natura, e molto più degli altri media narrativi, vive di astrazioni, stilizzazioni e paradossi
La struttura dell’opera Square-Enix è particolare, sicuramente figlia di uno sviluppo iniziato 10 anni prima dell’uscita, 2016, con un altro nome e su altre piattaforme. L’epopea di Noctis Lucis Caelum inizia spensierata, un po’ come una versione nipponica di “Tre Uomini (anzi quattro) e una Gamba”, per poi incanalarsi inesorabilmente verso un destino torvo, dove il principe deve assumersi la responsabilità del suo regno decaduto e dove il gameplay sembra voler tracciare una strada netta, che accompagni il peso del suo protagonista, l’obbligo.
L’epopea di Noctis Lucis Caelum è stata molto criticata anche per la sua forma a imbuto che, a mio parere, dà invece un ritmo unico al racconto e lo esalta
Questo perché secondo me, a livello di pubblico soprattutto, la dissonanza ludonarrativa è un non-problema, qualcosa di metabolizzato, sciolto come lo zucchero nel caffè, una caratteristica più di un limite che, spesso, si sposa con la libertà data dall’interazione, dalla possibilità di muoversi negli spazi concessi dagli sviluppatori, prendendo il sopravvento sulla logica e la fluidità che dovrebbe avere il racconto. Rimane un discorso molto interessante in ambito critico dove, secondo molti, la crescita stessa del videogioco debba passare per una costante limatura delle sue dissonanze, una teoria che capisco ma che non sempre condivido. Ha senso, in relazione al tipo di racconto, che in Uncharted si ammazzino migliaia di mercenari? Sicuramente no, non è “realistico”, non è logico e il racconto funzionerebbe molto meglio senza scontri a fuoco probabilmente, tipo action-platform di destrezza o come stealth; d’altronde non siamo dei marine in Gears of War, nel pieno di una guerra interplanetaria, siamo avventurieri dalla battuta pronta in cerca di cimeli storici.
la dissonanza ludonarrativa è un non-problema, qualcosa di metabolizzato, sciolto come lo zucchero nel caffè, una caratteristica più di un limite