So perfettamente di essere un privilegiato e di avere accesso a un quantitativo di giochi che, se non fosse per il lavoro che svolgo, non toccherei nemmeno con un bastone. Spesso mi chiedo come mi comporterei se fossi un videogiocatore “normale”, di quelli che devono fare continuamente conto coi soldi nel portafogli e che attendono i saldi di Steam per rimpolpare un pochino un backlog con le ragnatele. Premesso questo, anche io faccio le mie scelte economiche, e se un titolo mi piace particolarmente voglio premiarlo con l’acquisto (spesso al day one), anche se potrei averlo facendomelo prestare da chi lo ha recensito o chiedendone una copia aggiuntiva al publisher di turno (pratica che, nella maggior parte dei casi, non porta al risultato, ma a un ovvio e legittimo “ne avete già avuta una copia, quindi ciao”).
Sempre per via del mio lavoro ho il dovere, ma spesso il piacere, di provare un po’ tutto, sia per tenermi personalmente al passo, sia perché ritengo corretto che chi si occupa di scrivere e organizzare contenuti per un sito e per una rivista prestigiosa come The Games Machine abbia almeno un’infarinatura su tutto quanto propone il mercato. Con le doverose cautele nel paragone, la stregua è la stessa del professionista che studia e si aggiorna sulle novità del suo campo di appartenenza. È una pratica che porta via parecchio tempo, ma s’ha da fare e la si fa volentieri, perché comunque sempre di videogiocare si tratta, e non di andare in un cantiere (magari sotto la pioggia o in mezzo a un botto di polvere) per assistere al funzionamento di un nuovo macchinario atto a bucare le montagne, come invece capita spesso a mia moglie che di professione fa l’ingegnere ambientale (bontà sua).
Vi è mai successo di acquistare un videogioco lontano dai vostri gusti?
Torno a bomba e ripenso a quelle volte che ho speso dei soldi per un titolo lontano dalle mie corde, indicato da tutti come capolavoro indiscusso del genere, da giocare assolutamente perché altrimenti sei il poveraccio che non ne capisce. Nella maggior parte dei casi mi sono ritrovato a pentirmi della scelta, con addosso la sensazione di aver buttato i soldi dalla finestra. Come detto all’inizio, la fortuna che ho avuto – da un certo punto della mia carriera in avanti – di accedere gratuitamente a molti videogiochi sta limitando le spese inutili; questo, tuttavia, non mi impedisce da un lato di recensire un titolo tenendo sempre bene a mente che alla maggior parte delle persone costa del denaro faticosamente guadagnato, e dall’altro di domandarmi se, qualora non svolgessi questo mestiere privilegiato, avrei continuato a lasciarmi ammaliare dal canto delle sirene. La risposta non ce l’ho, ma vorrei capire se – nel caso – sarei stato una mosca bianca in un mare nero. Ergo, giro la domanda a voi. Vi è mai successo di acquistare un videogioco lontano dai vostri gusti solo perché indicato dal mondo come un masterpiece? Nel caso, come vi è andata? Avete scoperto che siete in grado di farvi piacere anche altro, o avete maturato la definitiva convinzione che quel genere proprio lo schifate male, come succede costantemente al sottoscritto nel caso dei picchiaduro?
Leggevo ovunque recensioni entusiastiche e mi lasciai convincere, ma l'approccio giapponese ai giochi di ruolo mi rimase sullo stomaco. Mai finito.