Guardare i miei colleghi giocare a The Division su Twitch mi ha divertito parecchio (qui il nostro canale). Un po’ perché mi ha dato modo di farmi un’idea dell’MMO di Ubisoft, e un po’ perché mi ha fatto sentire in loro compagnia. Sembra scontato, oggi come oggi, pensare che si possa stare insieme anche da remoto, eppure noi che abbiamo qualche anno in più sulle spalle sappiamo bene che non è sempre stato così. Dai pomeriggi in sala giochi (io andavo in Piazza Oberdan a Milano) a quelli trascorsi in salotto a darsi il cambio perché si potevano collegare alla console solo due controller, passando per il Game Boy e le panchine del Parco Forlanini, la mia esperienza di gioco condivisa è sempre stata fisica. E parlo di “condivisione” in sede di “multiplayer” perché io non sono mai stato un grande appassionato dei titoli in multi (limite mio, chiaro), e quando gioco con qualcuno pretendo ancora oggi di farlo vis à vis. È una pretesa anacronistica e fuori tempo massimo, lo so e me ne vergogno… ma così stanno le cose, meglio farsene una ragione.
Quante persone soffrirebbero di solitudine se domani qualcuno spegnesse internet?
Solo in questi ultimi anni, con giusto un pad alla mano e davanti allo stesso monitor, mi sono “fatto”: Fallout 3, BioShock, Alan Wake, Heavy Rain, The Walking Dead, Beyond: Two Souls e tutti i giochi dei Naughty Dog dal primo Uncharted in poi, compreso The Last of Us. Non si tratta certo di esperienze votate al multiplayer o alla co-op… e va da sé che si è trattato di un monte ore trascorso a condividere un contenuto, piuttosto che la sua fruizione in contemporanea. Non funziona con tutti i gameplay o i generi, e nemmeno con tutte le persone; ci vuole continuità, pazienza e curiosità, ma è una pratica che ha saputo regalarmi molte emozioni. Un esempio su tutti: gli ultimi 10 minuti di The Last of Us, visti senza fiatare con mia moglie, dopo una ventina di ore trascorse in compagnia di Joel ed Ellie per le lande desolate degli Stati Uniti d’America; un’emozione impossibile da condividere se non si fosse arrivati fino a lì, insieme.
Ecco: per tornare ai quattro amici di TGM di cui sopra, la sensazione provata in queste sere di streaming è stata quella di essere seduti sul medesimo divano, un po’ come se potessi toccare il Mario o accarezzare la pelata dell’Ivan. Il fatto è che guardare le loro facce, sentire le loro imprecazioni e interagire con loro nonostante il mio essere un semplice spettatore, mi ha dato lo stesso feeling provato con le run alle IP elencate poco fa. La cosa bella è che questo divano non ospitava solo “noi” cinque, ma anche tanti altri amici, sparsi un po’ per tutto lo stivale, felici di trascorrere una serata insieme, guardando una bella sessione di gameplay e discorrendo di videogame e altre amenità.
Se ci fermiamo a riflettere sulla cosa, poi, ci accorgiamo di quanto un’opportunità del genere fosse fantascienza, fino a pochissimo tempo fa, e di quanto lo sia ancora per le troppe persone non raggiunte da una linea ADSL decente. In quest’ottica, fa riflettere anche il successo dell’operazione Twitch Plays Punch Club, con 100 mila copie del gioco vendute nel giro di 10 giorni, dopo che la community aveva completato lo story mode in modalità condivisa su Twitch, controllando il protagonista via chat (ne parliamo più approfonditamente sul TGM 331, in edicola a fine mese). Mike Rose, frontman di TinyBuild Games e ideatore della campagna marketing di Punch Club, ha poi specificato (fonte) che il risultato dell’iniziativa ha dimostrato quanto stampa specializzata e YouTube siano strumenti obsoleti per la promozione commerciale presso il target di vendita, e che il futuro sia nella condivisione del contenuto. Beh, da un certo punto di vista si tratta della stessa intuizione avuta da Sony con l’introduzione del tasto Share sul controller della PS4, e devo ammettere che se anche all’inizio ero scettico, ora come ora sono convinto che in quel di Tokyo, durante la progettazione del DualShock 4, abbiano avuto una folgorazione simile a quella avuta da San Paolo sulla via per Damasco.
I social network ci hanno abituati a godere di relazioni a distanza
D’altra parte i social network ci hanno abituati così: godere (e accontentarsi) di relazioni a distanza, spesso solo virtuali, per lo più basate su argomenti marginali rispetto alla routine che tutti noi, ahimè, dobbiamo sopportare. Mi chiedo quante persone si ammalerebbero di solitudine se domani, senza preavviso, qualcuno spegnesse internet anche solo per poche ore. Arrivato a questo punto, però, mi resta la curiosità di sapere cosa ne pensate voi di gameplay condiviso, Twitch e divani. Ne parliamo sul forum e, se lo vorrete, durante il prossimo streaming di The Games Machine: vi aspettiamo (ma solo se portate da bere)!
Aggiungo che secondo me alcuni giochi sono quasi più belli se si condividono (ad es Life is Strange IMHO), dando l'impressione di essere in più a provare le stesse emozioni
Ora sono single e quindi non ci ho più giocato asd
Ed anch'io sono allergico al multiplayer competitivo :smugranking: