Videogiochi e terrorismo

videogiochi e terrorismo

Piccola nota storica: tgmonline.it, il primo sito ufficiale di The Games Machine, allora sotto la bandiera di Xenia Edizioni, ha aperto i battenti il 15 settembre 2001. Quattro giorni dopo gli attentati alle Torri Gemelle. Una decisione presa ben prima che accadessero, ovviamente. Ricordo ancora le telefonate con l’editore di allora, con i grafici e gli sviluppatori impegnati a finalizzare i lavori, tutte quante più o meno riassumibili in “e adesso cosa diamine facciamo? Andiamo online oppure no?” Siamo andati online il giorno giusto, nei tempi previsti.

Non possiamo permettere che la nostra vita venga condizionata proprio da chi la minaccia

Sono passati quindici anni, ma quella domanda è rimasta sempre la stessa, ed è la stessa che mi distrugge ogni volta che succedono fatti come quelli di Bruxelles. Dobbiamo andare avanti come se niente fosse? Far finta di nulla e continuare a pubblicare news e anteprime dell’ultimo gioco qualsiasi? Twitchare oggi come abbiamo twitchato ieri? Girare i video per presentare il nuovo numero di TGM come se fosse un giorno qualsiasi?

La risposta facile è “sì”, ovviamente. Sì, perché non possiamo permettere che la nostra vita venga condizionata proprio da chi la minaccia. Perché non possiamo lasciare che il terrore si impadronisca di noi. La maniera più forte e incisiva che abbiamo di difendere la nostra libertà (anche quella di fare video scemi su YouTube) è continuare a viverla, in ogni istante.

videogiochi e terrorismo

Continuo però a fare fatica nel considerarla una risposta semplice. Faccio fatica, anche e soprattutto per la “leggerezza” del nostro lavoro. Non operiamo gente in fin di vita, non ricerchiamo la cura contro il cancro, non pattugliamo le strade né ci prendiamo cura delle persone. Ci occupiamo di videogiochi. Di intrattenimento puro, che più puro non ce n’è. L’equivalente, per peso e importanza nel mondo, di un soffio di vento fresco in una giornata di calura estiva, del sorriso di un estraneo in metropolitana. In giorni come questi, mi vien da dire che in fondo ci occupiamo di minchiate.

Quelle che io, in questi momenti, fatico a considerare poco più che minchiate, per un sacco di gente non lo sono affatto

Ricordo ancora quel che mi disse mia moglie la sera del 14 settembre 2001, a poche ore dalla messa online del sito, e che vale tanto allora quanto oggi. Non rammento le parole esatte, ma il senso era che quelle che io, in questi momenti, fatico a considerare poco più che minchiate, per un sacco di gente non lo sono affatto. Per chi ci segue, per chi ci legge, sono invece importantissime. Proprio quando tutto attorno, su qualunque sito generalista, alla televisione, alla radio, si parla solo (e giustamente, intendiamoci) di quello che sta accadendo a Bruxelles, un sito di videogiochi, così come di cinema o di gattini arrabbiati, rappresenta un’isola serena cui la gente ha piacere di poter approdare, non foss’altro che per distrarsi la mente. Che è tanto importante almeno quanto cercare di capire cosa diavolo sta succedendo nel mondo.

E quindi ecco, il senso di questo sfogo è che la nostra risposta è: sì, continuiamo a fare il nostro lavoro, esattamente come lo facevamo ieri, e forse anche un pochino meglio, perché magari è vero che sono minchiate, ma sono le stesse minchiate che rendono la nostra vita importante, e degna di essere difesa.

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Parliamo di...
  1. 2.
    Bellissimo editoriale! Sono d'accordo su ogni parola e sono convinto che il modo migliore per una testata come questa di reagire ad una tragedia simile sia anche non fare finta di niente, scrivendo articoli così. Aggiungo anche che parlando di videogiochi non si sta solo facendo sfoggio di un futile intrattenimento, ma si sta discutendo di umanità: di tendenze culturali e artistiche della nostra epoca che possono veicolare anche messaggi di resistenza al terrore e alle guerre (da questo punto di vista il videogioco nell'immagine casca a pennello).
    4.
    Non avrei saputo argomentare di meglio.
    Vorrei soltanto aggiungere che ci sono ovvie focalizzazioni dei media su alcuni argomenti: se fosse successo in Africa nera nessuno si sarebbe degnato anche solo di pensare di smettere di lavorare per rispetto alle famiglie dei morti. Il lavoro, ma anche la vita quotidiana di ognuno di noi, deve continuare, non per un obbligo o per un dovere morale, ma perché è proprio la libertà che hanno conquistato per noi i nostri avi che ci permette di farlo. Dunque sfruttiamola! È grazie a migliaia e migliaia di uomini che noi oggi possiamo parlare qui di frivolezze senza temere censure, che possiamo uscire di casa relativamente tranquilli, che possiamo pensare serenamente ad un futuro per noi ed i nostri figli, che le nostre donne possono andare in giro vestite come vogliono, possono votare, possono denunciare chi fa loro violenza... E tante sono le cose di cui possiamo giovare giorno dopo giorno e a cui spesso non facciamo caso!
    Proprio per tutto questo il fanatismo non avrà la meglio: la libertà non la puoi fermare, come il vento non viene fermato dal filo spinato.
    E quindi eccoci qui a parlare di idiozie in J4S o a giocare all'ultima menata con grafica paurosa perché possiamo. Fortunatamente il nostro mondo ce lo permette, quindi godiamoci il nostro privilegio!

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