Il mondo dei videogiochi è cambiato, e ormai ho la nausea anche a scriverlo per l’ennesima volta. È come se ci fossimo spostati dal controller alla notifica sul social network, dove in sede di scambi di cartucce e floppy disk si sono sostituiti “Mi piace” e retweet.
Modernità liquida, direbbe qualcuno; godimento dell’immateriale, direbbe qualcun altro. Io penso che, più semplicemente, a lato di un allargamento smisurato della base dei potenziali videogiocatori, si sia affievolito il limite che avremmo dovuto mantenere sull’ingerenza del medium nella nostra quotidianità.
Nel confronto con altri genitori, spesso più grandi (all’anagrafe) di me, frasi come “si chiudono nella propria stanza con le cuffie e il microfono e non c’è verso di farli uscire” tornano sempre più spesso. Ora, provate ad osservare la vostra vita da lontano, come se foste in cima a un albero altissimo, e riuscirete a distinguere chiaramente quanto sia il tempo trascorso a parlare di videogiochi senza giocarli.
Riuscite a distinguere quanto sia il tempo trascorso a parlare di videogiochi senza giocarli?
Non è un processo nuovo, ed è in atto da anni, ma una volta presa coscienza di questa dipendenza, non si può evitare di chiedersi che cosa si sarebbe potuto fare in quel tempo lontano dal gameplay. La rete, gli smartphone, YouTube (and counting) hanno portato la necessità di aggiornamento continuo nelle tasche dei nostri jeans. L’annichilimento delle figure istituzionali, come scrive Massimo Recalcati nei suoi trattati, ci ha privato del senso del limite, nell’accezione del “buon senso” di arginare l’escapismo intrattenitivo quando si dovrebbe “crescere altrove“.
E poi ci sono i produttori che, sull’onda lunga del social e vital marketing, impongono modelli e format per incantare l’utenza e promuovere il passaparola. Noi, nel mezzo, abbiamo dimenticato la morigeratezza della povertà, tanto di chiacchiere quanto di quattrini, perdendo anche il sapore dello scegliere senza provare, del comprare sulla fiducia di una recensione (e una sola), del “questo c’ho, e a questo devo giocare“.
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Da poco il mio backlog sta calando... a partire dai primordi :-D son dolori! :-)
(eppoi... il backlog di libri e fumetti? Dove lo mettiamo?)