Pochi, infelici e in accesso anticipato

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L’estate solitamente è un momento morto, privo di uscite, durante il quale si rastrellano i cestoni virtuali degli store per recuperare quei titoli che per un motivo o per un altro si sono persi per strada. Quest’anno, però, le cose sono decisamente più felici, tanto che si potrebbe addirittura pensare di giocare qualche novità fresca e potenzialmente interessante. I due titoli che attendo con più curiosità degli altri, e che sono in uscita proprio in questi giorni (o almeno pensavo così prima del tragico plot twist) sono No Man’s Sky e We Happy Few. Per quanto riguarda il primo, avremo modo di parlarne in futuro, non appena ci sarà modo di testarlo. Il secondo, invece, è quel gioiellino che abbiamo visto in forma smagliante durante l’ultimo E3: un incrocio folle tra Brazil di Terry Gilliam, la fantascienza distopica del 1984 di Orwell e il controllo farmacologico del Mondo Nuovo di Huxley. Il racconto di un’illusione di massa perpetrata attraverso pillole in grado di mascherare una realtà grigia, violenta, sporca e psicotica, calata in uno stato di polizia che impone gioia e felicità artificiali. Insomma, una roba davvero esplosiva, specialmente per chi come me impazzisce solo a sentir parlare di distopia. In più lo stile grafico scelto è squisito in grado di ricordare il meraviglioso BioShock, con l’ambientazione simil anni cinquanta, e citare perfino Arancia Meccanica. Un bocconcino da non perdere, insomma.

Grande, no? Si vola alti sulle ali della fantascienza che mi piace tanto! Non fosse che la data del 27 luglio non è mica là a rappresentare l’uscita del gioco quanto piuttosto l’inizio della fase di early access. L’accesso anticipato, insomma, ovvero quel periodo di tempo più o meno lungo in cui il titolo è in una beta pubblica a cui si accede pagando. Praticamente pagate per portarvi a casa una versione mozza, privata di alcune delle feature più importanti. In questo caso ci troviamo di fronte a un accesso anticipato particolarmente invalidante. La formula scelta per We Happy Few mi sembra un po’ folle: prima di tutto il tempo necessario per portare a compimento il lavoro, stimato tra i “sei e i dodici mesi” che, conoscendo il magico mondo dello sviluppo videoludico si traduce, se tutto va bene, in un anno di attesa. Un anno capace di spezzare qualsiasi titolo e di faro crollare sotto tonnellate di promesse e aspettative che minacciano di rovinare il lavoro per un solo, maldestro, errore.

valve steam accesso anticipatoC’è poi l’altro aspetto da far strabuzzare gli occhi. La pagina Steam del titolo recita: “La trama del gioco, a parte alcuni frammenti, non sarà inclusa nella versione in Accesso Anticipato. Per trama intendiamo gli aspetti narrativi e di gameplay, ma anche i filmati che solitamente fanno parte delle modalità giocatore singolo”. We Happy Few sembra essere un titolo fortemente basato sull’aspetto narrativo, come è stato sottolineato nel video dell’ultimo E3. Lo spezzone mostrava un bellissimo momento di “risveglio” del protagonista che si rende conto come il mondo in cui vive sia una finzione bella e buona e cercava di fuggire dalla polizia: un contesto splendido e con grande capacità di raccontare una situazione di emergenza. Non lo nascondo: l’idea è tutto ciò che, ai miei occhi, lo rende irrinunciabile. Ma cosa sarebbe We Happy Few senza dialoghi e senza narrazione? Rigiriamo la questione: cosa sarebbe BioShock senza i dialoghi, la storia, le registrazioni, le conversazioni via radio? Un guscio vuoto.

cosa sarebbe We Happy Few senza dialoghi e senza narrazione?

E, parliamoci chiaro, se io adesso prendessi con entusiasmo We Happy Few, in parole povere pagando per fare da beta tester (sì, non amo molto la pratica dell’early access, a quest’ora si sarà capito), spolpando il titolo così com’è ora —monco— avrei ancora voglia di giocarlo quando uscirà tra un anno? Sì, lo so che non è di certo la prima volta che un titolo si prende diverso tempo per l’accesso anticipato (basta guardare al mese scorso per The Solus Project), ma la formula era profondamente diversa. Lì il mondo da esplorare era il cuore pulsante dell’opera e l’aggiunta delle feature nel prodotto finale non ne trasformava l’esperienza. Insomma, se anche in quel caso, secondo me, si trattava di una pratica poco apprezzata, questa volta la scelta di eliminare del tutto la narrativa, annullando perfino la sensazione di trovarsi di fronte a una corposa demo (per la quale si è pagato, voglio ricordarlo) a favore di una scatola dei giocattoli a tema, è davvero forte.

Morale della storia? Dovrò aspettare chissà quanto prima di poter provare questo splendido incrocio di influenze letterarie che adoro. Non ho intenzione di farmi prendere dall’entusiasmo come per Project Zomboid (chi se lo ricorda?), un videogioco nato con grandi promesse, cresciuto tuttavia fino al punto di rottura che l’ha catapultato nel limbo dei progetti fallimentari, dopo che tanti, tantissimi utenti l’hanno supportato. La early access può essere una pratica che aiuta gli sviluppatori più piccoli a raggiungere l’obiettivo economico prefissato per il buon fine del progetto, ma può anche essere una trappola letale, una macchina mangia soldi, un pozzo delle speranze dove lanciare non pochi spiccioli. Invano.

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