Nintendo: orgoglio e pregiudizio

nintendo switch produzione

Io me le ricordo le reazioni all’annuncio di Nintendo DS, col mondo spaccato in due: da un lato gli aficionados della Grande N, che ne lodavano la genialità con toni ai limiti del fanboysmo; dall’altro i detrattori, che paventavano catastrofici tonfi, fino alla certezza che quell’ibrido sbilenco sarebbe stato l’ultimo hardware della casa di Kyoto. La storia è lì, alla portata di tutti, ed è innegabile come quell’idea di rompere gli schemi (e gli schermi) abbia funzionato alla grande, se a distanza di quasi tre lustri da quella presentazione i negozi vendono ancora 3DS come se non ci fosse un domani. Tuttavia, se c’è un’altra cosa che la storia recente di Nintendo ci insegna è che chi ne ha retto il timone è stato capace sia di slanci illuminati, sia di gettare semi che non hanno attecchito, come la stereoscopia o Wii U; quest’ultima è una piattaforma certo bistrattata ben oltre i suoi demeriti, ma è innegabile come rappresenti un esempio da letteratura su come non si fa comunicazione, a cominciare dal nome stesso che in Nintendo gli hanno assegnato con un’impudenza ai limiti del dilettantesco.

Per tutti questi motivi, l’annuncio di Nintendo Switch ha da un lato sollevato la mia curiosità, ma dall’altro mi spinge a scriverne con estrema cautela. Sono ancora troppo pochi gli elementi che abbiamo in mano: non sappiamo il prezzo, non conosciamo le specifiche tecniche nel dettaglio (anche se qualcosa è trapelato, e comunque una mezza idea ce la possiamo fare, conoscendo un po’ il mercato mobile) e, soprattutto, non è ben chiaro in cosa consti il supporto di terze parti, al di là di un elenco di nomi che vogliono dire tutto e il contrario di tutto. C’è, insomma, da andarci coi piedi di piombo e attendere maggiori informazioni prima che ci si possa fare un’opinione più circoscritta, che sarà comunque sommaria fino a quando non avremo davvero in mano la console.

nintendo difference

In Switch c’è tutto l’orgoglio di Nintendo

L’unico elemento che mi sento di sottolineare con certezza – e che a mio avviso emerge chiaramente dal trailer – è come Nintendo Switch non abbia intenzione di fare concorrenza al 3DS, e anzi ho il sospetto che a Kyoto abbiano in mente di separare in maniera netta i due segmenti, lasciando il “vecchio” in mano ai ragazzini assetati di Pokémon, Yo-kai Watch e affini, e strizzando col “nuovo” l’occhio ai più maturi. L’idea è ricatturare nella rete quei videogiocatori che nei tempi dell’infanzia hanno tenuto in mano per anni un GBA e un DS, ma che ora sono cresciuti e hanno maturato altri interessi. Il look di Switch, dopotutto, mi sembra ben lontano dalle linee giocattolose che da sempre contraddistinguono i prodotti Nintendo: soprattutto nella sua versione portatile è un dispositivo tecnologico dal design moderno, quasi avulso dal concetto di console handheld cui Nintendo ci ha mentalmente abituati nel corso delle generazioni. Resta sempre da capire in quanti avranno voglia di tenersi nello zaino un device ulteriore oltre a uno smartphone e un eventuale tablet, a meno che Switch non si affranchi dal solo uso ludico e si apra ad altri utilizzi; anche in questo caso, tuttavia, è una discussione che in data odierna vale quanto quelle sul sesso degli angeli.

Ciò che mi è rimasto in testa dell’annuncio di ieri, al di là di quanto ho appena scritto, è la pervicace insistenza della casa giapponese nel puntare sulla Nintendo Difference, con i pro e contro del caso. I terreni percorsi, per quanto impervi, mirano con pervicacia a proporre declinazioni nuove, seppur queste poggino inevitabilmente il passo su un substrato di brand antichi e dalla radicata presenza immaginifica (Mario, Zelda, ecc…). In Switch c’è tutto l’orgoglio di Nintendo, contrapposto al pregiudizio (inteso come giudizio preliminare, basato su elementi effimeri) di due fazioni in antitesi, gli entusiasti e i detrattori a prescindere. Un dualismo di cui, temo, non ci libereremo mai, soprattutto quando si parla della Grande N.

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