[NB: Questo editoriale contiene spoiler sul finale di Mass Effect 3. Leggete a vostro rischio e pericolo.]
Detesto i razziatori! Attraversano le profondità dello spazio per assoggettare il terzo pianeta del Sistema Solare e la galassia intera. Di fronte a tale, imperativa minaccia devo ergermi a ultimo baluardo della civiltà mentre, assettato nel cockpit della Normandy, mi avventuro in settori sconosciuti. Nell’ultimo atto di Mass Effect mi sono sentito come Schwarzenegger nella giunga di Predator, ero Rocky Balboa all’ultima ripresa con Apollo Creed: volevo vincere, meritavo di trionfare e sopravvivere. E poco ci è mancato che gridassi “Liaaraaaa”! È per questo che ho assistito con malcelato malumore all’“epica” conclusione della trilogia, in sottofondo le note amare di Clint Mansell.
E allora, con orrore, potreste chiedermi: “Ma tu eri uno di quelli che avrebbe voluto il finale lieto: i nemici tutti distrutti e Shepard sistemato con la bella Liara? Banale!”. Ebbene sì, ma permettetemi una piccola digressione: cos’ha decretato il successo del primo film di Guerre Stellari? Gli effetti speciali all’avanguardia? Il sordo ronzio prodotto dalla nobile arma dei cavalieri Jedi? Anche, ma soprattutto la capacità di raccontare una novella lieta dove, alla fine di ogni cosa, i nostri “fanno saltare in aria quell’affare” e tornano a casa. E là, ad attenderli, c’è una sfarzosa cerimonia di premiazione presieduta da una bella principessa: happy end che consente ai popcorn di trovare una “dolce morte” in compagnia degli acidi della digestione stimolati da una frizzante bibita gassata.
occorre un grosso atto di fede per pensare che il finale di ME possa essere, a differenza del corpo del testo, originale
Nondimeno occorre un grosso atto di fede per pensare che il finale di ME possa essere, a differenza del corpo del testo, originale. E infatti, sfogliando la propria biblioteca – che si spera fornita, prima di lanciarsi in un’insostenibile difesa – è possibile trovare L’orlo della Fondazione, una “cosuccia” scritta nel 1982 da Isaac Asimov che ha per protagonista il consigliere Golan Trevize, esule del pianeta Terminus. Senza scendere nei dettagli, è doveroso sottolineare come Golan si trovi, alla fine del romanzo, a prendere una decisione dal grande impatto cosmico e virtualmente analoga a quella a cui è chiamato Shepard al termine della discussa trilogia.
L’errore principe commesso da BioWare non è tanto l’aver copiato, dunque, quanto l’aver appiccicato il finale di un romanzo socio-filosofico ad una trama che, nelle intenzioni dei due capitoli originali, era così strutturata: “Truzzo va nello spazio e prende a calci gli alieni cattivi”. In conclusione, con il suo finale “profondo”, BioWare è andata fuori tema, e il fuori tema porta dritti al quattro meno meno in pagella… e al rinvio a settembre. O in questo caso al prossimo anno, con Mass Effect: Andromeda, dove si spera i nostri abbiano fatto i compiti a casa.