Libera nos talgia

libera nos talgia morrowind

Mi rendo conto di come sia difficile, talvolta, scrollarsi di dosso quella sensazione di nostalgia che pervade noi vecchietti quando veniamo posti dinanzi a un moderno action RPG o a uno shooter con trama, derivazione “spuria” di quei bei titoli “ignoranti” dove il valore di un eroe era direttamente proporzionale all’ingombro del suo lanciarazzi. E pure storciamo il naso quando affrontiamo quelle moderne “visual novel” infarcite di QTE che, oggi, hanno sostituito le avventure del passato. Perché il giocatore nostalgico, allergico al fast travel, vorrebbe ancora una world map à la Fallout, disconosce dissennatamente l’ultimo capitolo di Monkey Island, perché “insomma, gli originali”, e vuole ancora avventure zeppe di enigmi in stile La Settimana Enigmistica.

Dice Cecco Amaro su Facebook, commentando la dotta recensione di King’s Quest Episodio 5 del buon Marco Tassani: «Re Graham è un cretino. La serie classica era un disastro graziato dai nostri ricordi e dall’essere apripista del genere. E comunque chiudere in bruttezza è in linea con la tradizione, KQ 8 docet». C’è molta saggezza nelle sue parole, e io mi trovo perfettamente in linea con quanto affermato: la nostalgia, spesso, è legata unicamente ai ricordi di titoli giocati durante la fanciullezza, che però ricorrevano a “mezzucci” davvero imbarazzanti per prolungare la durata dell’esperienza o incrementarne la difficoltà (avventure Sierra siete chiamate al banco degli imputati). E, pur essendo un retrogamer incallito, non faccio tesoro dei giochi del passato acriticamente solo in quanto vecchi, perché a ben vedere ce n’erano di orrendi, piagati da sistemi di controllo allucinanti, da enigmi impossibili, da dead end, da un 3D che definire sperimentale è dir poco, oppure da lunghe camminate in desolanti vacuità, popolate unicamente da incontri casuali fortemente sbilanciati che trasformavano il “realismo” della post-apocalisse in una tangibile frustrazione (sì, sto parlando di te Fallout 2!).

Libera nos talgia Editoriale 02

Non faccio tesoro dei giochi del passato acriticamente solo in quanto vecchi

Inoltre, i difetti che oggi imputiamo ai titoli tripla A erano già presenti all’epoca: backtracking, filler combat, enigmi noiosi, telecamere ingestibili e trame banali non sono certo un’“invenzione” recente, con i DLC che si chiamavano “espansioni”. Non mancavano neppure titoli che chiosavano male la loro epica, come nel caso dei primi due Baldur’s Gate; la campagna originale di Neverwinter Nights 2, in particolare, merita di essere esperita solo per il solo “gusto” di vedere come si conclude la storia, per poi paragonarla al finale di Mass Effect 3, in confronto un “lusso”.

Dobbiamo dunque liberarci della nostalgia? Assolutamente, no. Soprattutto, va riconosciuta ai titoli del passato la stigma della novità, ed è per questo che li rimpiango: inventavano, osavano, sperimentavano, creavano o ridefinivano un genere. I GdR, col progredire della grafica, hanno avuto l’ardire, come novelli Drizzt Do’Urden, di uscire dalle segrete e di mostrare ai nostri occhi color lavanda il ciclo notte/giorno e il party di avventurieri (ora non più una presenza invisibile posta alle spalle della visuale), mentre i giochi ad ambientazione spaziale si sono addentrati nelle tre dimensioni con Descent ed Homeworld. E nemmeno va sottovalutato il fascino della “prima volta”: c’è stata una prima volta in cui abbiamo attraversato una densa foresta o abbiamo nuotato nell’“acqua”; con Max Payne abbiamo rallentato il tempo grazie al neonato bullet time, e forse con Morrowind abbiamo per la prima volta terminato un mondo open world; infine il primo Thief ci ha consentito di acquattarci nelle ombre per meglio alleggerire le altrui tasche. Oggi, al netto di una grafica sempre più spettacolare, per noi vecchiastri è (quasi) tutto un “been there, done that”, quantunque sovente di gran lusso.

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Parliamo di...
  1. 1.
    d'accordissimo per quanto riguarda l'effetto nostalgia, tutto appare più bello più ci si allontana, ma più di quello per me è il been there done that, dopo anni si accumula tutto quello che si è letto e visto e quindi trovare qualcosa che ci stupisca è sempre più difficile. Mi trovo in forte disaccordo invece riguardo al paragone tra dlc e espansioni. Queste ultime erano veri e propri giochi che giustificavano la spesa, tante ore di gioco che aggiungevano parti importanti di storia e che molte volte erano indipendenti dal gioco principale, cioè installazioni indipendenti che era gran comodo soprattutto quando era passato tempo dall'uscita del principale e lo spazio mancava, devo dire che la cd projekt ha fatto un qualcosa di simile con wine and blood per the witcher 3, è un dlc perché ora è questa la terminologia, ma è a tutti gli effetti un espansione old school. Trovo i dlc invece un morbo per questo mondo, quello che prima era facilmente gestibile ora è frammentato in mille pezzi, tutto questo solo per aumentare gli introiti. Ad esempio vorrei recuperare tutti i dlc della trilogia di Mass Effect ma è praticamente impossibile trovarli tutti insieme e soprattutto a prezzi ragionevoli, tra anni e anni saranno pezzi di storia videoludica che si perderanno perché irrecuperabili e impossibili da installare perché collegati a quella piattaforma o a quello store, mentre se ora voglio giocarmi un espansione di warcraft 2 o di red alert si rimediano con facilità

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