Un livello a testa?

arcade

Dopo le “fatiche” del Campus Party, ho avuto l’ardire di concedermi ben due giorni di vacanza in un posto in cui non andavo da anni, e a cui sono legate praticamente tutte le memorie delle prime quindici estati della mia vita.

Lo stesso posto a cui sono legati molti dei miei ricordi videoludici, perché l’estate era il tempo dei chiusoni, ma soprattutto perché a Sorrento, posto di mare sulla costiera campana, ho scoperto le sale giochi. Soprattutto, quando a casa avevo il pur glorioso Commodore 128, andare lì a spaccarmi di Out Run col volante, Super Hang-On col manubrio e Golden Axe frullando gli arcade stick come se non ci fosse un domani mi sembrava tipo di entrare nel futuro. Certo, avevo il problema che non riuscivo a raggiungere i pedali del cabinato di Out Run e chiedevo a mio padre supporto tecnico, ma sono dettagli. La gioia delle sale giochi è proseguita negli anni, con il periodo SNK passato a mazzularmi serenamente con gli amici e le sfide a Super Sidekicks, fino ad arrivare all’arrivo di quei cabinati strani dal Giappone che sembravano pura fantascienza: Panic Park di Namco, con le sue due leve che portavano inevitabilmente allo scontro fisico, oltre che ovviamente le robe con le armi più svariate con cui, sempre con mio padre, riversavo quintalate di gettoni tra Point Blank, Time Crisis e Jurassic Park. Infine venne Dance Dance Revolution, e lì fu il momento della gloria, con mia sorella in berserk su Butterfly, io che pure mi difendevo, e la gente che si fermava a guardarci manco fossimo dei bboy con il Ghetto blaster.

panic park

L’estate è sempre stato sinonimo di videogiochi e condivisione

Al di là della nostalgia spicciola da sala giochi, però, l’estate per me è sempre stato sinonimo di videogiochi e condivisione. Oltre ai momenti passati a casa prima e dopo la giornata di mare in cui mi dedicavo certosinamente a finire i titoli in single player, le gite in sala giochi o le sessioni casalinghe con familiari e amici erano sempre all’insegna della condivisione. Da Rod Land su Amiga ai multievento, da Summer Games a International Track & Field, passando per Arabian Nights e Fascination, fino ad arrivare a Klonoa, WipEout o Driver, l’idea era sempre quella di vivere i giochi insieme, e laddove non ci fosse il multiplayer, si faceva un livello a testa, una vita a testa, o ci si inventava un modo per condividere o competere, perché moltiplicando il numero di persone si moltiplica sempre anche il divertimento.

Nell’epoca dei discorsi sul multiplayer a tutti i costi, forse bisognerebbe pensare che, tutto sommato, il multi a prescindere c’è sempre stato, e che i vari hot seat e split screen servono assai, perché ritualizzano qualcosa che è nella nostra natura, ovvero quello di essere animali sociali, anche e soprattutto quando giochiamo. In memoria dei miei ricordi, fatti anche di Game Boy sotto l’ombrellone in attesa di andare a giocare a pallone al mare dopo pranzo (ché c’era ancora il mito delle due ore postprandiali, che diventavano sempre meno, estate dopo estate) sono tornato a Sorrento, mi sono steso sul lettino, e mi sono goduto Monument Valley 2 in multiplayer, con la mia ragazza. Un livello a testa, come ai vecchi tempi.

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