E dopo tutti questi anni in cui ci hanno fatto una testa così che “non ruberesti mai una borsa o un televisore“, che scaricare qualsiasi cosa è un reato, e soprattutto che l’industria creativa – musica e film in testa – ha rischiato di morire per colpa della pirateria, salta fuori che *forse* la situazione non è così drammatica come ce l’hanno dipinta. Forse.
Nel 2015, l’Unione Europea ha commissionato uno studio (costato 428mila dollari, tra l’altro) per stabilire “quanto il consumo di materiale pirata intacchi gli acquisti legali di libri, film, musica e videogiochi“. Questo rapporto è rimasto praticamente chiuso in un cassetto fino a un paio di giorni fa, quando l’europarlamentare Julia Reda del Partito Pirata Europeo ha diffuso lo studio realizzato da Ecorys (link al file in formato .pdf). Le motivazioni del perché lo studio sia saltato fuori solo adesso, e solo grazie agli sforzi di una giovane parlamentare, possono essere varie e lasciano spazio a qualsivoglia teoria, comunque esulano dal discorso principale, e per il momento le lasciamo da parte.
La Commission a « oublié » de nous dire ce qu’elle a découvert sur les violations du droit d’auteur #fixcopyright https://t.co/zC2eFAm999 pic.twitter.com/viL2lessUR
— Julia Reda (@Senficon) 22 settembre 2017
Lo studio dice che non ci sono sufficienti prove statistiche per dimostrare che la pirateria sia effettivamente dannosa
Curioso, invece, il risultato per quanto riguarda i videogiochi: stando al rapporto, i download illegali e la pirateria in realtà sortirebbero l’effetto di aiutare l’industria, senza impatti negativi sulle vendite. Nella fattispecie, «l’impatto delle transazioni illegali sulle vendite è positivo, a suggerire che il consumo illegale porta a un maggior consumo legale».
Incredibilmente, dallo studio sembra emergere la tesi secondi cui la pirateria aiuterebbe l’industria del videogioco
Ora, che la pirateria, in fin dei conti, in un certo qual modo, possa in ultima analisi aver aiutato il boom dell’industria (soprattutto negli anni Novanta, con l’avvento della prima PlayStation), non è cosa che scopriamo oggi o di cui ci si debba ancora sorprendere. Devo comunque ammettere che il dato dello studio – condotto su un pool di sei nazioni, di cui l’Italia non fa parte – comunque mi stupisce, anche se non mi fa cambiare idea sul fatto che sia profondamente sbagliato scaricare giochi senza pagarli, e che non vale neanche la scusa di considerare la warezza come una sorta di demo sotto steroidi, che lo provo, se poi mi piace lo compro. Troppo comodo.
C’è giusto un dato, che nello studio non viene citato, ossia che di fatto, sulle nuove console, piratare è diventato davvero complicato, se non impossibile: ammetto di non frequentare troppo l’ambiente, ma una rapida visita su un paio di siti piuttosto noti mostra la pressoché totale assenza di titoli pirata per PlayStation 4, Xbox One e Switch, con il PC rimasto praticamente “solo” in questa antipatica corsa. Da questo punto di vista, i dati assumono forse più senso, almeno nel tempo: se la generazione di console precedente pagava la presenza di titoli pirata, la percentuale di giocatori illegali su queste piattaforme – leader di mercato – si è andata sensibilmente assottigliando con l’arrivo delle nuove generazioni. E questo, ahimé, non ci dice molto sulla propensione del giocatore all’approccio illegale: ci sono meno giochi pirata perché la gente si è davvero convinta che sia meglio il “pacchetto completo”, o perché è più complicato metterci le mani sopra?
Cominciamo a parlarne, che di cose da dire ce ne sono parecchie, e torneremo presto sull’argomento.