“Casa” è quel posto dove il Wi-Fi si connette in automatico

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Questo autunno comincia nel modo più infuocato possibile: il sottoscritto e – per qualche curioso scherzo del destino – anche altri ceffi della redazza, stanno sopravvivendo a un trasloco. Ho sempre vissuto male il dover cambiare casa, un po’ a causa per il mio preponderante lato autistico che mi fa odiare i cambiamenti, un po’ per la mia mastodontica pigrizia che cozza, per forza di cose, con il caricare pacchi, imbiancare, svuotare pacchi, imbiancare ancora e cercare di portare armadi per ripidissime rampe di scale. Questa volta però è diverso: sto abbandonando il “nido” da studente che mi ha accompagnato per gli anni universitari più duri e che mi ha visto inviare una e-mail, nel lontano 2011, a una scapestrata e piccina redazione per propormi come improbabile “scrittori di giochini”.

Chiudo un grosso capitolo della mia vita. Certo, il prossimo è già lì pronto a essere vissuto, ma rispetto a una manciata di mesetti fa è tutto cambiato: la vita “reale”, quella lontano dalle nottate passate a dominare il Crogiolino™ e a rimpiangere Ultima Online, reclama sempre più tempo, e le possibilità di dedicare qualche oretta al proprio passatempo preferito è sempre più difficile. Eppure la passione, quella vera (e brutta) non è così facile da abbandonare, e si riesce a ritagliarsi sempre il proprio angolo di paradiso.

Curiosamente (ma nemmeno tanto) ho caricato l’automobile con le prime cose da portare verso la nuova abitazione: un bagagliaio zeppo di giochi da tavolo e scatole colorate di videogiochi in edizione da collezione. Non sono tantissime, ma sono pesanti, delicate e decisamente ingombranti. Il restante spazio libero, tra un sedile e l’altro, l’ho occupato con una minuscola parte dell’altro mio più grande tesoro: i libri. Tomi di anatomia e fisiologia, testi accademici specialistici, romanzi di vario tipo e – ovviamente – una mostruosa quantità di numeri di The Games Machine. Cosa ho capito dopo aver rischiato un’ernia lombare? Che adoro il Digital Delivery.

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Cosa ho capito dopo aver rischiato un’ernia lombare? Che adoro il Digital Delivery!

Steam mi permette di avere quasi mille titoli con me, e non devo nemmeno noleggiare un furgone per portarli in casa nuova. Certo, senza una connessione internet tutto ciò non esiste, e sono pienamente consapevole che – in qualche modo – non possiedo “veramente” le copie di tali prodotti, ma non potrei più fare a meno alla comodità di avere sempre tutto a portata di mano. Persino per la mia fidata PS4 (fino a quattordici mesi fa mi sarei preso a schiaffi per una frase del genere) possiedo appena cinque o sei titoli “fisici”, mentre il resto è rigorosamente digitale, pronto a essere scaricato in qualsiasi momento.

Un piccolo dramma, in realtà, l’ho vissuto: credevo che, spostandomi un pochino fuori città, mi sarei dovuto accontentare di una linea telefonica “obsoleta”, e tutto questo bello discorso delle “comodità da scaricare con un click” stava andando a farsi benedire. Mi ero già organizzato i piani di battaglia: con un piccolo backup delle cose fondamentali e tanta, tantissima pazienza in caso di nuovi download. Poi ho scoperto che, per motivi a me ignoti, il ridente paesino vanta comunque una buona copertura per quanto riguarda la fibra, e son tornato subito sulle mie idee iniziali.

Lo stesso non vale solo per i videogiochi: con Netflix e Prime Video non mi serve una videoteca composta da decine e decine di scatoline, e soprattutto con l’avvento degli e-reader, per quanto io adori visceralmente la carta stampata, posso avere sempre in tasca l’intera biblioteca universitaria. Ora più che mai, nella disperazione del trasloco, mi rendo conto di quanto siano meravigliose tali tecnologie. E ora più che mai farei fatica ad aver nuovamente bisogno di quei curiosi dischi argentati. Ah, un piccolo appunto per quel che concerne l’e-reader: volevo esternare la mia appartenenza al #TeamKobo, con buona pace del Todeschini e del Mancini che mi stanno ancora prendendo in giro (sei proprio una brutta persona, ndKikko).

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