Qualcuno, come il nostro antichissimo eppur giovane Mirko Marangon, usa ancora l’espressione “la grafica del bar” per descrivere la palese superiorità di un gioco sotto il profilo visivo; allo stesso tempo, la frase dell’immarcescibile appassionato di mojito fa sempre sorridere al ricordo di quel compagno di banco o di uscite che, almeno una volta, ha apostrofato in questo modo un po’ smargiasso un prodotto videoludico casalingo tra gli anni ’80 e ’90. Le cose stavano esattamente così, naturalmente, in termini meramente tecnici: per quasi due decadi, dagli albori dei videogiochi fino ad anni ‘90 inoltrati, in mezzo alla rivoluzione del NES e dei PC da gioco sempre più performanti, i coin-op delle sale giochi sono rimasti l’avanguardia tecnologica di un settore in continuo movimento, sulla quale quali si riversavano i sogni più bagnati degli utenti non solo per quel che i videogiochi “da bar” erano già, ma anche per ciò che sarebbero potuti diventare.
Qualcuno usa ancora l’espressione “la grafica del bar” per descrivere la palese superiorità di un gioco sotto il profilo visivo
La nascita di console e PC non impediva di pensare alle sale giochi del 2000 come a qualcosa di sci-fi, con VR o proiezione olografiche
Per paradosso, nel nostro presente esistono anche i progressi che un tempo potevamo solo sognare: GPU in parallelo potenzialmente in grado di raggiungere il fotorealismo in tempo reale, sistemi di cattura dei movimenti che farebbero impallidire le prime pistole ottiche per videogiochi, o la tanto agognata prima generazione di (vera) realtà virtuale, i cui costi nelle future risoluzioni 4 o 8K appaiono fuori dalla portata di moltissime tasche. Quindi, non posso che girarvi la stessa domanda che mi sono posto, alla quale io stesso fatico a trovare una risposta: esisterebbero, oggi, le condizioni per dar vita a una nuova generazione di sale giochi? Al millesimo like inizio a cercare gli investimenti per un “Virtual Reality Bar”, ma la vedo dura.