Sale giochi di un futuro passato

sale giochiQualcuno, come il nostro antichissimo eppur giovane Mirko Marangon, usa ancora l’espressione “la grafica del bar” per descrivere la palese superiorità di un gioco sotto il profilo visivo; allo stesso tempo, la frase dell’immarcescibile appassionato di mojito fa sempre sorridere al ricordo di quel compagno di banco o di uscite che, almeno una volta, ha apostrofato in questo modo un po’ smargiasso un prodotto videoludico casalingo tra gli anni ’80 e ’90. Le cose stavano esattamente così, naturalmente, in termini meramente tecnici: per quasi due decadi, dagli albori dei videogiochi fino ad anni ‘90 inoltrati, in mezzo alla rivoluzione del NES e dei PC da gioco sempre più performanti, i coin-op delle sale giochi sono rimasti l’avanguardia tecnologica di un settore in continuo movimento, sulla quale quali si riversavano i sogni più bagnati degli utenti non solo per quel che i videogiochi “da bar” erano già, ma anche per ciò che sarebbero potuti diventare.

Qualcuno usa ancora l’espressione “la grafica del bar” per descrivere la palese superiorità di un gioco sotto il profilo visivo

I cabinati più avveniristici, i sistemi di controllo dedicati e i pensieri dei più audaci su realtà virtuale e ologrammi della fantascienza facevano immaginare un futuro in cui le “penny arcade” avrebbero trovato il modo di sopravvivere, magari continuando a offrire ai videogiocatori – se non altro per questioni banalmente economiche – ciò che a casa sarebbe stato impensabile avere. Qualcuno ha iniziato a prevedere che Amiga, PlayStation o Pentium vari avrebbero preso la strada dell’evoluzione veloce e straordinaria che si è poi verificata, ma ciò inizialmente non impediva di pensare alle sale giochi del 2000 come a qualcosa di davvero sci-fi, con gente immersa “fisicamente”in scenari di sfida immateriali, picchiaduro olografici o rappresentazioni visive multi-schermo quasi indistinguibili dalla realtà. Cose per cui avrebbe avuto ancora senso rubare gli spiccioli al fratello maggiore del caso, o prolungare la propria adolescenza videoludica anche al di fuori delle mura domestiche, accompagnando i figli nelle sale giochi per poi buttarsi in, non so, Aliens Sedicesimo, Tube Panic 2017 o in un erede di Battlezone con un qualche visore sulla faccia.sale giochi

La nascita di console e PC non impediva di pensare alle sale giochi del 2000 come a qualcosa di sci-fi, con VR o proiezione olografiche

Oggi, scusate l’ovvietà, lo scenario è un tantino diverso: piccole sacche di resistenza “tradizionalista” rimangono in Giappone e in pochi altri luoghi al mondo, magari per la caparbietà di qualche facoltoso appassionato, ma in molti casi i cabinati – comunque con grafica mai superiore all’intrattenimento elettronico domestico – rimangono fianco a fianco con le dannate macchinette che deturpano il resto del globo, spesso nascoste per pura (e giusta) vergogna dietro a vetri oscurati. Anche personalmente ho visto amici e parenti rovinarsi dietro a qualche slot machine di quartiere, e certo non poteva esistere un futuro più opposto a quello in cui qualcuno di noi aveva ingenuamente sperato.

Per paradosso, nel nostro presente esistono anche i progressi che un tempo potevamo solo sognare: GPU in parallelo potenzialmente in grado di raggiungere il fotorealismo in tempo reale, sistemi di cattura dei movimenti che farebbero impallidire le prime pistole ottiche per videogiochi, o la tanto agognata prima generazione di (vera) realtà virtuale, i cui costi nelle future risoluzioni 4 o 8K appaiono fuori dalla portata di moltissime tasche. Quindi, non posso che girarvi la stessa domanda che mi sono posto, alla quale io stesso fatico a trovare una risposta: esisterebbero, oggi, le condizioni per dar vita a una nuova generazione di sale giochi? Al millesimo like inizio a cercare gli investimenti per un “Virtual Reality Bar”, ma la vedo dura.

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