Per la serie “gli editoriali frivoli e pressoché inutili del venerdì”, mi punge vaghezza di condividere con voi il fatto che ieri sera ero lì bel bello che stavo espletando i miei bisogni fisiologici, quando ho cominciato a ragionare su come io stia diventando particolarmente abitudinario nell’utilizzare quel tempo per soddisfare la mia infinita sete di videogiochi. Fino a un paio di anni fa – quando mi sedevo in quel posticino là – ero uso portarmi appresso il mio fido Kindle e immergermi così nella lettura di cose perlopiù impegnate. Ultimamente, tuttavia, la solfa è cambiata: Switch e smartphone sono diventati compagni di viaggio talmente immersivi che il resto della famiglia non ringrazia mai a sufficienza il fatto di aver traslocato in un nuovo appartamento dotato di due bagni.
Il mio principale oggetto di trastullo, nell’occasione, è Scopa (niente pensieri sconci, eh), un’app per Android che – intuitivamente – replica una normalissima partita al gioco di carte più celebre del Bel Paese. Di base, Scopa è per me l’intrattenimento perfetto quando so che le cose non andranno tanto per le lunghe o quando mi serve qualcosa che mi tenga occupate le mani (ho detto niente pensieri sconci, non fate i furbetti!) mentre la mente è impegnata a elucubrare sui mali del mondo o sulla quantità di burro da mettere nella cheescake che ho da poco imparato ad assemblare. Se, invece, prevedo tempi lunghi, nell’ultimo periodo mi sono preso benissimo con quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Mini Metro (qui la versione Android, qui quella iOS), che ha il solo difetto di tenermi attaccato alla tazza davvero più del dovuto, con il simpatico corollario dei crampi alle chiappe quando arriva il momento di alzarsi e tornare a far vita comune col resto della famiglia.
mi viene spontaneo chiedermi come passerò il tempo in bagno tra una decina d’anni
Quando ero un giovane sbarbatello, sulla lavatrice del bagno c’erano pile di Topolino e di riviste di videogiochi (sì, pure The Games Machine, anche se, da quando ho la fortuna di confezionarla, ho perso l’abitudine di leggerla in bagno). Con l’andare degli anni – e col ridursi degli spazi disponibili per le “mie” cose – il cartaceo non è stato più argomento di quei delicati momenti, ed ecco quindi l’uso spasmodico del Kindle di cui vi ho reso edotti a inizio articolo, sostituito poi dai videogiochi in formato mobile. Visto l’andazzo, mi viene spontaneo chiedermi come passerò il tempo in bagno tra una decina d’anni: magari farò come la simpatica figliola che trovate nell’immagine di apertura del pezzo, con addosso un dispositivo di realtà virtuale (da togliere rigorosamente prima di impugnare la carta igienica, s’intende). Ora, però, sono curioso: voi con cosa passate il tempo, quando arriva l’attimo della riflessione sulla tazza?