Multitasking videoludico? No, grazie!

multitasking

Una delle cose in cui, nel corso degli anni, mi sono scoperto poco efficiente – e sempre meno col passare del tempo – è il multitasking, ossia la capacità di fare più cose contemporaneamente. Posso farlo, sì, ma con risultati deprimenti. Preferisco (mi riesce meglio, e ottengo risultati migliori) concentrarmi su una cosa alla volta, “chiuderla” e passare ad altro, in una check-list più o meno immaginaria – e ahimé infinita – che riesco a ripulire solo un item alla volta.

Quello che vale in ambito lavorativo si applica anche in quello personale, e degli hobby. Non sono capace di leggere più libri contemporaneamente, per esempio. Mia figlia lo fa, e non so come faccia, o come possa godersi l’esperienza. Se comincio un romanzo, non sono capace di iniziarne un altro senza prima averlo finito. E se lo faccio, so che l’altro rimarrà interrotto per sempre (o, nella più remota delle ipotesi, se lo riprenderò in mano sarà dal principio). Lo stesso con un film: non esiste che ne comincio uno, lo lascio lì, ne inizio un altro due giorni dopo, e poi a distanza di una settimana riprendo e finisco il primo. È una questione di memoria, non lo nascondo, ma anche di ordine mentale.

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C’è chi gioca più titoli contemporaneamente, o legge tre libri alla volta, e non so come faccia

Riesco a essere un goccio più elastico giusto con le serie TV, ma perché son talmente tante, e con tempi spesso così diluiti, che è davvero difficile ragionare per comparti stagni. Anche qui, però, esistono delle differenze: ci sono quelle “toste” che monopolizzano la mia attenzione (non inizio una stagione di American Horror Story se non sono sicuro di poterla esaurire in tre giorni, per intenderci), e altre come Brooklyn 99 che possono serenamente vivere nella loro pigra routine settimanale.

Sul fronte videogiochi, manco a dirlo, le cose funzionano nello stesso modo. Quando ne inizio uno, prima di passare ad altro devo per forza di cose finirlo; e dato che la definizione di “finire” un videogame rischia di essere complicata, nel 2017, e non è lineare come arrivare ai titoli di coda di un film, diciamo che devo quantomeno arrivare a un punto che considero adeguato e congruo per l’esperienza che il titolo offre. Anche qui, ovviamente, esistono le dovute eccezioni: ci sono sempre, e meno male che è così, i giochi che ti impegnano poco, che hanno la valenza di passatempo e poco più, dove non c’è una vera progressione, una storia da seguire o missioni da portare a termine. L’equivalente moderno del solitario di carte, il Tetris di turno, l’Archibald’s Adventures che va sempre bene per rilassarsi dieci minuti. Sui titoli “corposi”, invece, ho bisogno di essere presente e impegnato al 100%, senza sentirmi diviso su mondi lontani tra loro, con identità e ruoli completamente diversi. Ci ho provato, tante volte (in alcuni casi mi è toccato, per banali esigenze lavorative), ma come per libri e film, ho bisogno di godermi un gioco alla volta, non di saltare senza troppo ordine da uno all’altro. Ne guadagna il valore complessivo dell’esperienza, da qualunque punto di vista. Ma magari sono solo io, eh, vai a sapere.

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