Qualche giorno fa mi sono svegliato con una tosse fastidiosa. Mi sono dunque recato all’armadietto dei medicinali per vedere se c’era qualche sciroppo in grado di calmarla. Apro, e vedo sedici flaconi. Per un momento, mi è sovvenuta la situazione Fantozziana in cui il caro Ugo si trova la casa invasa da forme di pane e arriva a sospettare che Pina lo tradisca con il fornaio Cecco. Il mio dubbio però era ben più serio: davvero avrei voluto veder diminuire le scorte mediche solo per un po’ di tosse? E se quello sciroppo assunto oggi alla leggera mi fosse servito per scopi più importanti l’indomani?

Pina sta forse tradendo Ugo? Ma soprattutto, è opportuno prepararsi un panino o sarebbe meglio non intaccare le scorte?
È difficile immaginare un’emergenza diversa dalla tosse risolvibile con un semplice sciroppo per la tosse, ma decisi comunque che non avrei intaccato delle scorte così esigue, ripromettendomi di assumere il medicinale qualora ne avessi trovato in maggior quantità. Deciso a guidare fino alla farmacia, volgo uno sguardo distratto alla lancetta della benzina e vedo che è già a due millimetri di distanza dalla tacchetta che indica il pieno. E se rimanessi senza carburante proprio sul più bello? Si sa, le auto consumano molto di più quando si tratta di compiere azioni di vitale importanza, e recarsi in farmacia per combattere la tosse è proprio una di queste.
Dove si trova il confine tra parsimonia e corretto utilizzo delle risorse? Sempre qualche passo più in là
ACCUMULATORI SERIALI VIRTUALI
I videogame sono da sempre permeati di misteri che affliggono milioni di videogiocatori in tutto il mondo. Chi è veramente James Sunderland e che ha fatto a sua moglie? Quale legame unisce Booker DeWitt ed Elizabeth? E soprattutto: perché accumuliamo montagne di monete, pozioni e munizioni nei videogiochi senza mai usarle? Sappiamo tutti che se aprissimo l’inventario di un giocatore scelto a caso in un qualsiasi RPG, troveremmo un vero e proprio museo delle occasioni mancate: centinaia di mega pozioni con ancora il sigillo di garanzia, materiali rari inutilizzati “per sicurezza” e un’arma leggendaria così devastante che non è mai stata usata per paura di consumarla, perché una volta andata distrutta, come si fa? Nel frattempo, il personaggio sta rischiando la pelle dotato solo di spada di legno, calzamaglia base e due hit point. “Hey, questo gioco è troppo difficile, il boss andrebbe nerfato”. Qualcosa non torna. Nei videogiochi, così come nella vita, ci viene insegnato che le risorse vanno gestite con attenzione.
Ma mentre nella realtà siamo inclini a essere ottimisti riguardo le nostre finanze, soprattutto quando arrivano i saldi di Steam, nei videogame abbiamo sviluppato la malsana abitudine di conservare oggetti “per dopo”. Quando arriverà questo fatidico “dopo”? Probabilmente mai. Finiremo il gioco, o magari lo abbandoneremo, con l’inventario ancora strapieno di item mai utilizzati, alcuni dei quali di funzionalità ignota. Quali ricette si possono realizzare con l’ingrediente “Feci liquide di drago colpito da dissenteria”? Non si sa, ma nel dubbio perché non stoccarne otto quintali? E la ciliegina sulla torta arriva quando, leggendo nelle varie wiki, ci accorgiamo che potevano essere utilizzate per cucinare un manicaretto in grado di farci recuperare un numero di punti vita ormai troppo scarso per il nostro livello attuale. No problem, teniamole lo stesso, che fastidio potranno mai dare? Tanto, potremo sempre svenderle in un secondo momento.
LA PAURA DEL RIMPIANTO
Questa sindrome dell’accumulatore virtuale ha radici profonde nel nostro cervello. La paura di sprecare una risorsa rara è reale, anche se stiamo parlando di pixel su uno schermo. E l’illusione di cavarcela alla grande anche con le nostre sole forze – spoiler: consumare una pozione da noi guadagnata rientrerebbe alla grande nel concetto di “nostre sole forze” – nonostante stiamo respawnando allo stesso checkpoint da oltre due mesi ci invita a comportarci come la formichina di Esopo, con la differenza che spesso siamo circondati da boss pronti a prenderci a ciabattate. Lo stesso concetto si applica alle monete d’oro, o a qualsiasi altra valuta vigente nelle nostre scorribande; accumulate con sacrificio, poi lasciate intatte fino alla fine dell’avventura, perché “forse uscirà un oggetto migliore nel prossimo negozio“.
E quei coltelli da lancio? “Li dropperà sicuramente qualche nemico, a costo zero”. Del resto, come suggeriva Zio Paperone, un centesimo risparmiato è un centesimo guadagnato, e se iniziamo a sperperare comprando armature ci ritroveremo sul lastrico nel giro di ottantasei anni. Dunque, no grazie, avido vendor, non ci casco. Dove non arriva la parsimonia, arriva il grinding, l’arte zen del ripetere la stessa insulsa azione mille e mille volte per accumulare più risorse del necessario. Nessuno vuole arrivare impreparato alla battaglia finale, dunque eccoci impegnati a scannare ragnetti e topolini da 1XP ciascuno per guadagnare, nel giro di qualche settimana, un paio di livelli in più.
Ho bisogno di quante più pozioni possibili per… per… mi verrà in mente prima o poi
IL GAME DESIGN CI PRENDE IN GIRO
Gli sviluppatori sono al corrente di queste nostre debolezze, e giocano con esse. Ci forniscono un inventario gigantesco, sapendo che lo riempiremo di oggetti di cui non avremo mai il coraggio di liberarci, facendoci perdere tempo a cercarli lungo pagine e pagine mentre i nemici ci martellano. O, peggio ancora, limitano lo spazio a nostra disposizione per costringerci a prendere decisioni difficili. Meglio tenere quest’erba curativa o quel metallo prezioso? E rimaniamo fermi ore a pensare, come l’asino di Buridano che posto a metà strada tra due balle di fieno identiche, non essendo in grado di decidere di quale nutrirsi finisce per morire di fame.
E mentre giochiamo a Tetris per incastrare fucili e munizioni nella pochette di Resident Evil, perdiamo di vista la Stella Polare del divertimento. Un altro grande classico dell’accumulatore digitale è la questione dei punti abilità mai spesi. Dopo aver faticato tanto per ottenerli, una volta disponibili per essere investiti nel personaggio, siamo colti da un nuovo, atroce dilemma: e se stessimo sbagliando build? E se quella skill all’apparenza utile si rivelasse una fregatura? Meglio aspettare una guida online. Sarà affidabile? Meglio aspettarne due. E se fossero discordanti? Meglio aspettarne trecento. Nel frattempo, rimaniamo pure deboli e incapaci di sfruttare ciò che il game design vorrebbe metterci a disposizione. Del resto, potremmo diventare Dei della Guerra ma siamo persone umili. Umili, e che non sbagliano build.
QUANDO NON ABBIAMO PIÙ NULLA DA PERDERE
Non possiamo non menzionare il paradosso delle cinque vite, dove “cinque” è un qualsiasi numero superiore a “tre”, valore abbastanza ricorrente nei vecchi arcade. L’idea che il numero sia finito innesca il panico. Cinque? Sono pochissime! Meglio giocare con prudenza, avanzare piano, magari evitare i nemici più pericolosi. Poi, dopo qualche livello, persa la prima, persa la seconda, si arriva a lanciarsi in imprese impossibili con l’ultimo omino, perché ormai la partita è considerata persa.
Siamo rimasti con una sola vita, tutto è perduto e finalmente possiamo iniziare a divertirci senza pensieri