Avventurarmi nella tela dipinta della Pittrice con la recensione di Clair Obscur: Expedition 33 ha risvegliato alcuni timori che non credevo di poter far proliferare nella mia persona, ovvero la paura, l’insicurezza nel portare a termine un lavoro che mi è stato affidato.
Perdonatemi dunque se mi prendo altre righe, oltre quelle già digitate, per parlarvi di una cosa che mi preme molto, in particolare quando si tratta di raccontare un videogioco, consigliarvelo, cercare un approccio sempre diverso o comunque, cercare di consegnare il miglior lavoro possibile per i vostri occhi.
Partiamo dalla sfida di Expedition 33: la densa mole di snodi narrativi (come di meccaniche) lo ha reso un gioco difficile da narrare al grande pubblico, giacché il rischio di cadere in spoiler era facile. Da una parte ho subito pensato che questo è uno di quei titoli che rappresentano una forbice ben precisa di pubblico: se ne hai giocato due orette e ti esponi, probabilmente qualcuno che lo ha finito riconosce le bufale che stai dicendo, ma al tempo stesso, esporti per raccontare Expedition 33 dopo l’Atto 1, è un’azione avventata. A questo aggiungeteci che durante la stesura della recensione, è emerso quel senso del dovere ancor più di altre volte, proprio perché in presenza di un gioco di proporzioni enormi. Sulla bilancia sono arrivati altri pesi, come la voglia di poter e voler raccontare dettagli in particolare, che spesso fanno a cazzotti con quello che un lettore voglia trovare scritto nella recensione.
oggi vengono assalito dalla paura di quello che un lettore vorrebbe trovare in una recensione, chiedendo se coincide con quello che io voglio scrivere.
Quando studiavo analisi e critica cinematografica all’università, il professore ci disse una cosa che mai ho scordato in questi quasi 15 anni di attività sul web: “la più classica delle recensioni è la chiave di lettura per qualunque lettore, dovete dare gli strumenti per capire che tipo di opera sia”.
Negli ultimi giorni è sembrato di muoversi in un campo minato, complice anche la direzione che il settore, come tutti i servizi satelliti, ha intrapreso. Nel dettaglio mi riferisco al nuvolone innalzato riguardo l’effettivo numero del team di sviluppatori che compongono Sandfall Interactive, quasi per voler trovare la possibilità o il margine – a mio avviso sterile – per intavolare una critica a Expedition 33. Il gioco è ottimo, sicuramente lontano dalla perfezione (per fortuna non esiste, altrimenti il nostro stesso lavoro diverrebbe vano), ma santa miseria, neanche a catalizzare così tanto la questione dimenticandoci del cuore della discussione: il videogioco.
Allora mi sono reso conto che oggi, parlare di videogiochi, sta diventando impossibile, perché non è questo il metodo che vedo utile alla fruizione finale delle nostre passioni. Dopo aver passato quasi quaranta ore nel mondo di Expedition 33, ero estremamente curioso di come il pubblico avrebbe accolto quest’opera . Ritorniamo dunque al mio timore iniziale, quella responsabilità di far coincidere quello che vorrei scrivere in un testo con quello che il pubblico si aspetta di trovare e leggere in una recensione. Forse le due cose stanno andando in una direzione diversa, dato che la discussione ormai sembra essersi focalizzata esclusivamente sulla diatriba riguardo i membri del team di sviluppo, e in tutta sincerità speravo in un’accoglienza migliore, come se il valore stesso del gioco possa essere messo in dubbio a seconda di un team più o meno nutrito.
invece di celebrare il successo di un grande gioco come Clair Obscur: Expedition 33, si montano discussioni sul numero effettivo del team pur di screditare un cristallino ottimo lavoro. Non è la giusta direzione per la stampa di settore.
Eppure, in tutto questo, io mi aspettavo una nutrita azione di analisi e approfondimento sul gioco, trovandomi invece tutt’altro. Lungi dal criticare il lavoro di altri colleghi, io stesso ancora non ho affrontato analisi e approfondimenti su Expedition 33, ma penso che le stesse energie per discutere sul team di sviluppo si possano – anzi, si devono – investire nella misura in cui noi della stampa abbiamo la possibilità di offrire al pubblico un’analisi più lucida e profonda, proprio per le nostre conoscenze crossmediali. Ecco dunque il timore: affrontando delicate analisi sul ruolo e le sfumature di Expedition 33, c’è un pubblico che leggerebbe volentieri queste righe, oppure è squisitamente deliziato dall’attenzione riguardo i report sul team? A mio avviso, queste chiacchiere non sono i giusti strumenti per leggere il gioco in oggetto.
Rileggendo quel che ho scritto nella recensione di Expedition 33 mi rendo conto di avere altre considerazioni, tanto da riempire almeno un altro paio di cartelle, per sviscerare altri piccoli dubbi, lodi o criticità di alcune meccaniche e simili, ma se l’interesse lì fuori è quello di andare in Francia e contare quanti siano realmente i membri interni del team di Sandfall Interactive, allora scrivere di videogiochi non è solo impossibile, ma serve una rivoluzione interna per annientare i nostri dubbi e cercare di offrire al lettore il miglior prodotto possibile. Tutto il resto, a mio avviso, è decisamente superfluo.