I luoghi infestati sono un classico dei film e giochi horror. Quasi sempre a finirci dentro sono incauti visitatori ansiosi di passare a miglior vita. In Fatal Frame: Maiden of Black Water sono tre le povere anime destinate a confrontarsi con spiriti che vagano in cerca di nuove vittime. L’unico strumento capace di sconfiggerli e rivelare la terribile verità celata tra le pendici del Monte Hikami è una macchina fotografica dai poteri mistici, la Camera Obscura.
Sviluppatore / Publisher: Koei Tecmo / Koei Tecmo Prezzo: 39,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile Su: PC, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch Data di Lancio: 28 ottobre
“Gli esseri umani sono nati dall’acqua e nell’acqua devono tornare alla fine dei loro giorni”. Questa massima riassume alla perfezione i tragici e per certi versi romantici eventi che fanno da sfondo al quinto capitolo di Project Zero, un tempo esclusiva Wii U e ora pronta a sbarcare praticamente su tutte le piattaforme disponibili. Nota oltreoceano con il ben più affascinante ed evocativo titolo Fatal Frame (e quello che useremo in questa sede, ndr) questa saga si è ritagliata una generosa fetta di appassionati agli inizi degli anni 2000, cavalcando l’onda di un filone cinematografico che mise i brividi sulla schiena di milioni di spettatori con pellicole come Ringu, Ju-On e relativi remake occidentali.
Proprio quando sembrava che il franchise fosse destinato ad affermarsi definitivamente diventando seriale al pari di blasonate saghe come Silent Hill e Resident Evil, Tecmo fermò le rotative. Anni dopo, spinta dalle continue richieste dei fan, produsse una nuova avventura decidendo però stranamente di darla in esclusiva a Nintendo e alla sua sfortunatissima console casalinga, la Wii U. Risultato: in pochissimi giocarono Maiden of Black Water e Fatal Frame sprofondò nuovamente nel limbo. Fino ad oggi.
TRE ANIME DANNATE
Yuri Kozukata, Ren Hojo e Miu Hinasaki. Sono tre i protagonisti di questo quinto capitolo di Fatal Frame che loro malgrado saranno costretti a confrontarsi con le leggende e le maledizioni che circondano il Monte Mikami, luogo un tempo considerato sacro ma diventato con il tempo teatro di accadimenti terrificanti e di decine di suicidi che hanno tinto di rosso le pendici di questo luogo. Yuri è una ragazza apparentemente normale, che in seguito ad un incidente (nel quale persero la vita i genitori) ha però acquisito poteri che le permettono di comunicare con gli spiriti ma anche di percepire le “vibrazioni” degli oggetti e rivivere tramite esse eventi passati. Ren è l’unico personaggio maschile del gioco, è uno scrittore e a condurlo in quel luogo maledetto è un sogno ricorrente, in cui lui uccide una giovane fanciulla durante uno strano rituale. Per scoprire di chi si tratti chiede ad Hisoka Kurosawa, la tenutaria di un negozio di antiquariato dotata di poteri paranormali, di indagare sugli eventi accaduti sul Monte Mikami.
Durante le sue indagini la stessa Hisoka salverà la vita di Yuri e ne diventerà la mentore. L’ultimo personaggio giocabile, Miu, è invece la figlia di Miku Hinasaki, che i fan della serie ricorderanno come eroina del primissimo capitolo di Project Zero/Fatal Frame. Su di lei preferiamo non rivelarvi nulla in anticipo perché il rischio di spoiler sarebbe grande come una casa. Infestata, ovviamente. I tre protagonisti di Fatal Frame: Maiden of Black Water sono quindi legati tra loro in qualche modo.
ALL’INIZIO NON SARà FACILE DARE UN SENSO ALLE COSE, MA POCO ALLA VOLTA TUTTI I PEZZI ANDRANNO AL LORO POSTO
PUNTA, MIRA… SCATTA
È l’atmosfera a giocare un ruolo fondamentale in questo franchise, forse più che in altri titoli horror. Il gameplay ha un ritmo sempre molto basso, l’esplorazione è lenta e metodica ma gravata da una costante sensazione di non essere soli. Ora, sebbene il comparto grafico di Fatal Frame tradisca un po’ i suoi anni, tale atmosfera è rimasta intatta e l’avventura non fa mancare qualche improvviso salto sulla sedia. Gli scontri con le presenze si combattono a colpi di scatti fotografici. Ogni protagonista verrà in possesso di una Camera Obscura all’inizio della loro avventura e sebbene ognuna di esse abbia degli accessori in grado di sbloccare poteri diversi a seconda delle esigenze, il loro funzionamento è identico.
In presenza di, scusate il gioco di parole… presenze, potrete attivare la fotocamera mistica con la pressione di un pulsante (Triangolo nel caso delle piattaforme PlayStation) e a quel punto non dovrete fare altro che centrare il più possibile il bersaglio nell’obiettivo. Ogni scatto toglierà un po’ di energia spiritica al fantasma di turno. Riuscendo a catturare nello stesso istante più bersagli aumenterete la potenza di “fuoco” e in particolari circostanze potrete anche attivarre dei poteri superiori capaci di respingere i fantasmi o addirittura di eliminarli con un unico, fatale scatto. Con il passare dei giochi tuttavia la Camera Obscura ha acquisito anche dei poteri accessori, e in questo particolare frangente potrete utilizzarla anche per cercare indizi ma soprattutto per riportare nella dimensione terrena oggetti appartenenti a quella spiritica. Pian piano riuscirete a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle e la terrificante storia del Monte Mikami si svelerà sotto i vostri occhi.
OCCASIONE (QUASI) MANCATA PER FATAL FRAME
C’è un altro elemento di gameplay molto interessante che distingue Maiden of Black Water dai precedenti Fatal Frame. L’elemento acquatico citato nel titolo ha una valenza ben precisa ai fini del gioco. Per la quasi totale durata dell’avventura verrete a contatto con laghi, fiumiciattoli, pozzanghere e soprattutto con una pioggia quasi incessante che inizierà a bagnare e successivamente ad inzuppare i vestiti dei protagonisti. Lo stesso avverrà nel caso veniate afferrati da uno o più fantasmi. Ovviamente non è acqua comune, è maledetta e tenerla addosso per troppo tempo attirerà le attenzioni non solo dei normali spiriti ma anche delle guardiane che hanno poteri ben superiori alla media.
Per potervi togliere di dosso tale maledizione (che più o meno corrisponde ad “asciugarsi i vestiti”) avrete due strade: sconfiggere tutti i nemici presenti nella zona o usare un particolare oggetto chiamato Brace Purificatrice. Il problema è che di tali oggetti non se ne trovano tanti quindi vi consigliamo di tenere d’occhio l’indicatore che si trova in basso a destra sullo schermo, se lo vedrete riempirsi troppo correte al riparo o sarete un bersaglio facile e fragile. L’idea di base di questa meccanica è ottima, anche se siamo ben lontani dalla genialità dell’Insanity Meter di Eternal Darkness, il problema è che nel corso del gioco la sua importanza tende a diradarsi così come la qualità e “potenza” della narrazione. Nella sua ultima parte Fatal Frame: Maiden of Black Water ha un calo di tono piuttosto evidente che fortunatamente tende a rialzarsi in prossimità dell’epilogo.
In termini di operazione di restauro siamo su buoni livelli, anche se il team che se ne è occupato avrebbe potuto togliere di mezzo un paio di fastidiosi problemi già presenti nel gioco originale: eliminare le inutili sequenze di apertura porte e superamento ostacoli, ma soprattutto porre un limite al fastidioso ed esagerato effetto “traballante” della telecamera che si attiva quando i protagonisti camminano e corrono. Si sarebbe sicuramente potuto fare anche qualcosa in più per sfruttare le peculiarità delle diverse piattaforme. Su PS5 ad esempio i caricamenti sono leggermente più rapidi ma neanche minimamente paragonabili ai risultati ottenuti da altri giochi e anche il DualSense e l’audio 3D non sono stati sfruttati come speravamo. Ciliegina sulla torta la mancanza della localizzazione: anche l’originale per Wii U non aveva i sottotitoli in italiano ma è una magra consolazione per un gioco in cui l’immersione nella componente narrativa gioca un ruolo piuttosto importante.
In Breve: Il tentativo di riportare in auge la serie Project Zero è andato a buon fine solo parzialmente. Fatal Frame: Maiden of Black Water ha mantenuto intatta la sua atmosfera e garantisce un’avvincente esperienza survival horror grazie a meccaniche di gioco rodate e impreziosite da qualche buona idea di fondo. L’opera di restauro è stata sufficiente, ma si poteva fare sicuramente di più per immergere il giocatore ancora più a fondo nelle tristi ed inquietanti storie dei protagonisti.
Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Su PlayStation 5 nessun problema particolare da segnalare. I tentennamenti che abbiamo riscontrato erano presenti anche nell’originale Wii U ma dovuti più che altro a imperfette scelte di game design che difficilmente potevano essere modificate.