FIFA 18 - Recensione

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Nota Bene: Questa recensione di FIFA 18 è divisa in due parti, pubblicate in momenti diversi. La prima contempla l’analisi di tutta la parte per giocatore singolo e qualche primo commento sul poco che abbiamo potuto testare riguardo l’online nei primi giorni; nella seconda, invece, abbiamo analizzato a modo tutto ciò che era inizialmente castrato (a cominciare da FUT) e abbiamo completato l’opera con commento, pro, contro e voto.


FIFA 18, proprio come lo storico rivale nipponico di cui vi ha parlato Ivan in questi giorni, è un titolo molto più complesso del previsto da raccontare, un po’ perché è straripante nei suoi contenuti e nella quantità di piccole modifiche apportate rispetto all’edizione dello scorso anno, ma soprattutto perché c’è la sensazione che, in termini di sistema, EA Sports abbia fatto una scelta ben precisa nella direzione del supporto al multiplayer competitivo, in tutto e per tutto. Ancora più degli anni scorsi, FIFA 18 è profondamente votato all’online: data la necessità di costruire un prodotto che metta in risalto le skill degli sfidanti, l’intero sistema di gioco ha subito modifiche importanti, che sicuramente centrano lo scopo in senso assoluto, ma che rischiano di sbilanciare gli equilibri.

Scherzando con Ivan riguardo il suo brutto rapporto con la community online del titolo di Electronic Arts, gli dico sempre che quando si va online a FIFA bisogna staccarsi un attimo dal calcio reale: sono simili, ma ciò che funziona sul campo di calcio non è detto che lo faccia sulla controparte virtuale; anzi, mediamente chi gioca in maniera competitiva sfrutta giustamente al meglio il sistema a disposizione, anche a costo di produrre uno spettacolo poco attraente. FIFA ha un suo metagaming che influenza non poco lo sviluppo del gameplay e l’edizione di quest’anno è in parte figlia di questo tipo di ragionamento. Per capire completamente a cosa portino questi cambiamenti ci vorrà ancora qualche giorno, dal momento che ho avuto modo di dedicarmi principalmente ai contenuti single player e a poche sfide online, prevalentemente con colleghi italiani. Nei prossimi giorni completerò la recensione dedicandomi specificamente all’online e, chiaramente, a FUT, che ha diverse nuove frecce al proprio arco. Insomma, allacciate gli scarpini e prepariamoci a un’intensa settimana di ritiro pre-campionato.

SEMISPAZI E COPERTURE

Partiamo dunque dal sistema, ovvero da quello che in gergo potremmo definire la zona nevralgica del campo. Un anno di esperienza in più sul Frostbite è servito tanto a EA per tarare la fisica, regalando alle partite un ritmo leggermente diverso; non lento, come vi ho io stesso raccontato nelle scorse anteprime, perché il gioco completo è sensibilmente più rapido, ma sicuramente più cadenzato e variabile in base allo stile di manovra adottata e alle caratteristiche dei calciatori. La palla pesa di più ed è molto più soggetta alla forza con cui viene calciata, ergo si moltiplicano tanto le traiettorie sporche, le deviazioni e i falsi rimbalzi, tutti fenomeni che danno tantissima varietà alle situazioni in campo e costringono ad adattarsi molto alle circostanze. Di tanto in tanto capita che qualche rimpallo non sia coerente e che si abbia quell’atavica sensazione di leggerezza sui palloni lunghi, ma complessivamente siamo davanti a un netto passo avanti, che porta con sé tiri dalla lunga distanza molto più tesi (ed efficaci, ma ci torniamo dopo) e cross finalmente non a banana, ma pienamente controllabili.

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FIFA ha un suo metagaming che influenza non poco lo sviluppo del gameplay

La sensazione di dominio sul gioco, nonostante la molteplicità di situazioni differenti che si può verificare durante le partite, è sempre ad altissimi livelli, e la fase offensiva è un vero piacere da orchestrare. Il primo nemico del bel calcio che EA Sports ha voluto sfidare è stato quello degli atleti super veloci e dei dribbling a zig zag che sfruttano la protezione del pallone e i passettini laterali: in FIFA 18 è molto difficile fare un coast to coast con i vari Sadio Mané e Musa, un po’ perché c’è una generale inerzia che impedisce di partire a tutta velocità, un po’ perché basta poco per chi difende per sbilanciare gli attaccanti, a patto di riuscirci (e anche qui, continuate a leggere in seguito); il controllo con L2 + R2 è stato praticamente spazzato via e, in generale, tutti i movimenti che passano per la protezione del pallone (L2) sono decisamente meno efficaci. Questo non perché non serva, anzi: il fisico in FIFA 18 conta anche più che in passato, ma in precedenza anche con Messi o Insigne bastava puntare i piedi a terra per tenere lontani avversari ben più fisici; adesso non è più così, e utilizzare il corpo, in attacco o in difesa, è diventata un’arte da padroneggiare con pazienza e tempismo.

Queste due qualità diventano sostanzialmente gli estremi del vettore su cui si basa l’intera esperienza, perché se in attacco saper leggere la situazione può portare a innumerevoli modi per andare in porta, in difesa c’è da soffrire molto, molto di più. In sostanza, per quanto tutti i reparti si muovano in maniera più intelligente e sincronica (lasciando i mezzi spazi decisamente più presidiati di prima, laddove è difficile che i terzini si perdano per strada), nella fase attiva della difesa non c’è più nessun supporto della CPU. Questo, di fatto, ridurrà l’uso di centrocampisti difensivi con estrema reattività che vanno a mordere le caviglie in automatico agli attaccanti avversari, ma vuol dire anche dover gestire in maniera completamente manuale le operazioni di marcatura, con effetti abbastanza disastrosi sulle prime battute. In FIFA 18 difendere è difficile e il sistema è chiaramente sbilanciato nei confronti dell’attacco: la stessa inerzia che non permette di partire a tutta velocità palla al piede rende anche i difensori meno scattanti dalla fase di difesa tattica a quella normale, con la conseguenza di essere più esposti alle imbarcate. Come se non bastasse, peccare di impazienza e sbagliare un intervento (con quadrato) porta via un numero di istanti infiniti, complice forse un’animazione fin troppo lunga, e diventa eccessivamente punitivo. Certo, basta una manciata di partite per correggere il tiro, diventare più accorti e cominciare a ragionare maggiormente prima di effettuare gli interventi, utilizzando la difesa tattica per gli anticipi e, soprattutto, per frapporre il corpo fra attaccante e difensore, però va sostanzialmente imparato tutto da zero.

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la difesa è un punto critico di FIFA 18 e richiede parecchie partite contro avversari umani per essere metabolizzata

In single player mi ha aiutato molto gestire i movimenti della squadra e dei singoli dal pannello delle tattiche, cercando in tutti i modi di avere le linee di difesa e centrocampo molto vicine tra loro, e devo dire che la soluzione ha pagato. Nei pochi test online fatti sinora è bastato sfidarmi con giocatori abituali di FIFA per avere partite con almeno quattro o cinque gol nel complesso. Si tratta probabilmente di una questione di tempo, ma è chiaro che la difesa è un punto critico di FIFA 18 e richiede parecchie partite contro avversari umani per essere metabolizzata. Di contro, sviluppare la manovra è estremamente piacevole e il coefficiente di difficoltà più alto delle varie skill in termini di tempismo rende il tutto più gradevole, premiando il giocatore in grado di leggere ogni situazione e di adattarsi più velocemente possibile. Paradossalmente, nonostante un approccio paziente e attendista renda moltissimo, FIFA 18 ha completato una transizione notevole da una filosofia di possesso fine a se stessa a quella dell’occupazione degli spazi in maniera intelligente. Il Frostbite, in questo, ha aiutato molto: la replica dei movimenti in campo dei giocatori, almeno di quelli più famosi, è impressionante, con azioni che, quando orchestrate a dovere, riescono a trasmettere un appagamento e una soddisfazione estrema. Complessivamente, il campo di FIFA 18 racconta di un titolo più complesso, profondo e skill-based (nel bene e nel male) del precedente. Avendo il multiplayer come naturale orizzonte, per essere apprezzato appieno va studiato, dedicandogli tanto tempo, altrimenti il rischio di scottarsi è davvero enorme.

DAL CAMPO ALLA PANCHINA

Nonostante FIFA 18 manifesti un’evidente natura competitiva, questo non vuol dire che il single player contro la CPU sia stato trascurato. In termini di contenuti siamo davanti al solito stuolo di modalità che permette di contendersi le gioie sul campo attraverso partite veloci, campionati più o meno personalizzabili e, ovviamente l’immancabile carriera, che quest’anno utilizza il Frostbite per raccontarci più da vicino le gesta dei nostri eroi.

fifa 18 recensione ps4 pc xbox oneNella modalità più manageriale del lotto alcune sequenze animate regalano annunci dei passaggi di mercato più importanti, ma soprattutto dominano lo scenario durante il calciomercato, sostituendo la noiosa trafila di mail con la grazia e l’accuratezza del motore grafico. Chiaramente, dopo tre scenette con procuratore al seguito saremo lì pronti a skippare le animazioni, ma ciò che resta è un sistema di mercato molto più intuitivo, bello e immediato da gestire, con la possibilità di lavorare ai fianchi giocatori e team avversari per spuntare offerte più vantaggiose, grazie anche a molte più clausole che in passato (percentuale su vendita futura, o obiettivi stagionali). In generale, anche per chi, come me, predilige le sfide online, la modalità Carriera di quest’anno è notevole sotto ogni punto di vista, e fotografa una realtà calcistica abbastanza verosimile. Per dirvi, con il Napoli ho dovuto immediatamente gestire il contratto di Reina, mentre l’osservatore mi sottolineava che Rulli avrebbe fatto al caso mio: sono tocchi di classe notevoli, supportati da un sistema di giovanili e di rete di scout finalmente funzionante, nonché da un mondo che si evolve con molta più credibilità che in passato. Certo, vince sempre un po’ la legge che i club grossi non si fanno scrupoli a comprare senza ritegno alcuno, ma è anche vero che l’ultimo mercato estivo ci ha sbattuto in faccia proprio questa realtà.

la modalità Carriera di quest’anno è notevole sotto ogni punto di vista, e fotografa una realtà calcistica abbastanza verosimile

Detto ciò, l’enormità del database (con Liga e MLS che si aggiungono a Premier e Bundesliga nella riproduzione completa di tutto, grafiche in sovrimpressione incluse), la presenza di obiettivi sulla lunga e breve distanza e la cura maniacale riposta nella presentazione di ogni aspetto regalano esperienze tarate su misura, sia dentro che fuori dal campo. Scendendo di nuovo sul rettangolo di gioco, è importante sottolineare quanto il fenomeno per cui a livello Leggenda qualsiasi squadra sembrava il Barcellona in termini di possesso di palla è stato finalmente debellato, con squadre che conservano una personalità commisurata al loro livello e una difficoltà che a me è sembrata più accessibile che in passato, soprattutto se si parte da favoriti. Unico neo del single player è relativo – guarda un po’ – alla fase difensiva delle squadre controllate dalla CPU, che spesso lasciano troppo spazio per calciare sui 20 metri. Considerando che con la nuova fisica del pallone partono delle staffilate mica da ridere, il risultato è una tendenza all’abuso del tiro da fuori, con risultati spesso devastanti. C’è da sottolineare che i portieri mi sono sembrati tanto più pronti sui cross e sui tiri a giro quanto meno preparati sulle conclusioni tese dalla media e lunga distanza, ma è anche vero che il numero di conclusioni imparabili a là Asensio è forse un pelo eccessivo. Al netto di questo, l’esperienza in singolo di quest’anno è incredibilmente piacevole, divertente e coinvolgente, con un racconto della partita stracolmo di dettagli, complice un contorno monumentale, fatto di festeggiamenti col pubblico, inquadrature televisive di grande impatto e una telecronaca più vivace del solito, per quanto non mancano strafalcioni vari e assortiti e, soprattutto, un Nava come al solito tendente all’insopportabile.

SOGNANDO CALIFORNIA

Infine, impossibile non citare la seconda stagione de Il Viaggio, che racconta sei nuovi capitoli della storia del prodigio del calcio inglese Alex Hunter. Rispetto allo scorso anno i passi in avanti sono notevoli sia in termini di narrazione che di impatto delle scelte sul prosieguo della carriera del giovane attaccante. Certo, in base alle scelte non cambierà tantissimo in termini di trama, ma alcuni passaggi sono molto coinvolgenti e, soprattutto, si ha la sensazione che anche gli avvenimenti obbligatori in termini di script, sia in campo che fuori, non strattonino mai il giocatore dalla sua bolla di incredulità.

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Si arriva alla fine della (lunga) storia di Alex Hunter con il desiderio di volerne ancora

Al di là di un racconto che viaggia molto meglio dal punto di vista della scorrevolezza, con scene che, anche quando scontate, riescono nell’intento di coinvolgerci grazie a un taglio cinematografico più che discreto, la struttura del racconto è geniale e riesce a servire sia allo scopo di assecondare le partnership commerciali (l’introduzione della MLS e dei Galaxy come tappa obbligata è un piccolo capolavoro), sia di tirare dentro protagonisti reali del mondo del calcio. L’atmosfera è comunque supportata adeguatamente da scelte di gameplay sorprendenti, che sfruttano diverse variazioni sul tema per far vivere a fior di pelle l’avventura di Hunter nella maniera più vivida possibile. In questo senso, l’apertura alla personalizzazione estetica dell’avatar e la possibilità di decidere davvero della carriera del giovane sono due elementi su cui costruire il futuro di quella che, rapidamente, è diventata una modalità centrale nell’universo FIFA. Il risultato è che si arriva alla fine della (lunga) storia con il desiderio di volerne ancora: vive in me la speranza che l’egemonia di EA in termini di diritti porti a una versione globale e sempre più libera dell’esperienza. Soprattutto, spiace che l’Italia sia ancora fuori dai giochi, e vedere ancora Calcio A e Calcio B è una fitta al cuore difficile da sopportare. L’unico neo dell’esperienza con Alex Hunter riguarda, a mio modo di vedere, il doppiaggio a metà: per preservare l’autenticità dei campioni reali integrati nella storia, infatti, i vari Henry, Ferdinand, Ronaldo e compagnia non sono doppiati in italiano, creando un caos linguistico che vede Hunter parlare nel nostro idioma e ricevere una risposta in inglese. Certo, si può optare per avere tutti i dialoghi in inglese dal menu, quindi di fatto è un non problema, ma è una scelta che out of the box mi ha lasciato un po’ basito.

ROAD TO FUT

In attesa del ragguaglio finale su come si comporta il gioco una volta entrati nel fantastico mondo della competizione online, vi racconto le impressioni nate dalle prime partite. Intanto, l’introduzione delle sostituzioni rapide sulla base di preset è una manna dal cielo, giacché permette di cambiare i calciatori al volo senza spezzare il ritmo, preservato anche dall’introduzione della pausa a richiesta, che ora si attiva solo a palla inattiva e non sul possesso di palla. Alla ripresa del gioco, inoltre, è presente un countdown di tre secondi che permette di ritrovare la concentrazione e non essere colti alla sprovvista.

l’introduzione delle sostituzioni rapide sulla base di preset è una manna dal cielo

L’online è, ancora una volta, FUT-centrico: restano sia le Stagioni che il Pro Club, ma è ovviamente nella modalità con le carte che ci sono le maggiori novità. La prima, già raccontata nel post gamescom, è quella delle Squad Battle, che ci permettono di sfidare le rose migliori degli altri giocatori secondo la stessa logica della squadra della settimana, con un sistema di punteggi e ricompense che ricorda quello di FUT Champions, ma che si presta a chi si diverte a in single player. Il secondo elemento che salta all’occhio, invece, riguarda le aste e prevede un cap al prezzo massimo di ogni calciatore, sulla base di fasce di abilità. Una scelta intelligente per calmierare il mercato, ma che andrà verificata una volta che saranno disponibili i top player. Cosa che accadrà a ridosso del day one, e di cui vi racconterò nella chiusura del nostro viaggio alla scoperta di FIFA 18.


Dopo una settimana di sfide matte e disperatissime, FIFA 18 si conferma anche online un gioco complesso, che manca l’appuntamento con la gloria imperitura soltanto per il suo innato sbilanciamento verso l’attacco. Come le prime impressioni avevano suggerito, il vero problema di questa fase è che, una volta che si incontrano due giocatori mediamente bravi (o più bravi in attacco che a difendere, cosa peraltro non così rara) le possibilità che la partita finisca “tanto a tanto più uno” sono altissime, ed è in base a come vi sentite a riguardo che può cambiare la vostra predisposizione nei confronti del multiplayer di quest’anno.

CATENACCIO NO MORE

Per fortuna, però, non siamo davanti a un sistema rotto come quello di FIFA 15, quanto più a una fase difensiva, come già detto, totalmente da ripensare. In sostanza, la differenza con il capitolo dello scorso anno è che, abbandonando il pad, i propri giocatori difensivi non provano comunque a riconquistare la palla da soli, mentre piuttosto occupano più o meno intelligentemente le linee di passaggio. Il risultato è un movimento della squadra molto più coeso a livello tattico, ma anche una difesa uno contro uno clamorosamente più difficile, che unita alla già citata mancanza di reattività sul primo controllo da parte dei difensori e lo storico problema (ancora non risolto) di un cambio manuale non sempre precisissimo, dà un chiaro vantaggio a chi attacca.

Non è impossibile arginare gli avversari, ma si sente la mancanza del filtro “automatico” sulla trequarti, per cui diventa vitale conoscere le caratteristiche della propria squadra e agire sugli slider della tattica in maniera adeguata, compiendo una scelta ben precisa: provare a intercettare più palloni possibili o, in alternativa, scappare dietro e creare densità davanti alla porta. Optando per una difesa alta, il rischio imbarcata è dietro l’angolo, perché un intervento sbagliato crea spazi sanguinolenti impossibili da coprire e contropiedi impossibili da fermare, ma ha l’indubbio vantaggio di offrire tante possibilità di ripartenza. L’approccio aggressivo, per quanto pericoloso, riesce molto meglio che negli anni passati: la personalità difensiva dei giocatori di movimento che hanno nella loro indole il sacrificio (vedi Callejon) è un’arma da sfruttare con cura, ma torna utile soprattutto la reattività dei controlli in fase di anticipo, decisamente più precisi che in passato.

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FIFA 18 si conferma anche online un gioco complesso

L’approccio della difesa bassa è chiaramente più sicuro, nonché più utilizzato, ma per fortuna la grande piaga dello scorso anno di chi si barricava davanti alla porta per poi ripartire in contropiede è stato comunque limitato. Difendere bassi dà sì più copertura, ma espone molto alle conclusioni dalla distanza, che quest’anno possono fare davvero tanto male, mentre le sgroppate dritto per dritto dalla propria metà campo sono praticamente impossibili, vuoi per un’inerzia dei calciatori molto più marcata, vuoi perché tatticamente le squadre sono messe meglio anche quando si spingono in avanti.

Detto ciò, le armi a disposizioni nell’uno contro uno restano comunque poche: l’unica via per arginare i giocatori abilissimi nel dribbling resta temporeggiare, intervenire solo quando si è sicuri di poter prendere il pallone e chiudere le traiettorie di tiro e passaggio. Fa meno male invece la corsa, in generale, dove basta lanciarsi con il fisico tra corpo dell’attaccante e difensore. In questo senso, almeno finora, fa piacere che non abbia ancora trovato giocatori overpowered in grado di scardinare qualsiasi logica, se non quelli che fenomeni lo sono davvero anche nella realtà: insomma, subire una serpentina da Dybala o soccombere per lo strapotere fisico di Nainggolan fa meno male che essere scherzato da Musa, quindi giusto così.

FUT IS THE WAY

Inutile ribadire che il centro delle attività online di FIFA 18 è ancora una volta Ultimate Team, che è l’unica modalità che vede grosse novità; per il resto, Pro Club e Stagioni Online restano lì a offrire un’esperienza solida, ma uguale a sempre. Un peccato quello del mancato supporto con aggiornamenti di rito sulla modalità 11vs11, perché se affrontata con creanza alla fine riesce a dare davvero sensazioni da campo vero.

Detto ciò, il mondo delle carte è oramai quasi un gioco a parte, e quest’anno saluta anche una nuova web app praticamente rifatta da zero e incredibilmente più comoda per gestire qualsiasi aspetto della squadra. Come vi raccontavo nella prima parte, le Squad Battle sono la grande novità dell’anno, utilissime per vincere bustine e premi, nonché competere ad alti livelli anche senza affrontare il dramma della FUT Champions e dei suoi 40 scontri del weekend: si tratta di una modalità in single player, dove si sfidano team realizzati da esponenti di spicco della community e calciatori reali, totalizzando un tot di punti in base al livello di difficoltà scelto. Senza requisiti di iscrizione oppure oboli da pagare, ogni giocatore ha a disposizione quattro partite al giorno per dimostrare la propria bravura: alla fine della settimana, in base al punteggio, ha una ricompensa (mediamente ricca), proprio come in FUT Champions. Ottime per tirare su carte, le Squad Battle, affrontate a modalità Estrema sono anche un fantastico allenamento per ragionare ad alti livelli competitivi, perché l’IA avversaria gioca davvero da PRO e costituisce una sfida adeguata per chi si vuole impegnare seriamente in FIFA.

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le Squad Battle sono la grande novità dell’anno

Per il resto, FUT è il solito marchingegno perfetto, con l’intesa che gioca un ruolo davvero fondamentale per esprimere un calcio decente ed efficace. Complessivamente, fra FUT e le altre modalità, il multiplayer di quest’anno è assolutamente di livello, e per quanto difendere sia clamorosamente complesso, mi è successo solo in un paio di occasioni di essere frustrato per aver perso a causa di situazioni in cui non avrei potuto fare di più. Spiace che, chiaramente, l’idea alla base debba essere far fronte allo sbilanciamento del gioco, ma è anche vero che tutti sono nelle stesse condizioni e che ogni anno ci sono degli squilibri che nel corso dei mesi vengono parzialmente arginati. Mi ha fatto piacere trovare portieri gagliardi da fuori, laddove le uniche vere incertezze le hanno sugli incroci in uno contro uno, situazione in cui è umano che un attaccante di livello possa comunque far gol. Più in generale, ho trovato una community mediamente più disposta a giocare la palla, che vuol dire in ogni caso che la qualità di gioco è cresciuta rispetto all’anno scorso. Insomma, quest’anno c’è da soffrire tutti insieme, provando a fare un gol in più degli avversari.

FIFA 18 è la naturale prosecuzione del capitolo dello scorso anno, ritoccato sensibilmente in ogni aspetto e in grado di restituire un calcio spettacolare, piacevole da vedere ed estremamente vario e imprevedibile. La consapevolezza dei ventidue in campo è decisamente migliorata rispetto al passato e, in generale, i passi in avanti fatti grazie al Frostbite sono ancora più evidenti rispetto a FIFA 17. Spiace che l’attacco sia decisamente favorito rispetto alla difesa, ma è anche vero che l’assenza di meccanismi automatici fa emergere molto di più le abilità dei giocatori. In termini di contenuti, FIFA 18 è ottimo su ogni fronte, con la seconda stagione de Il Viaggio che è un vero e proprio gioiellino di immersività e divertimento, una Carriera che ha fatto passi da gigante in avanti e un universo online che è sostanzialmente un mondo a sé. A questo proposito, FUT di quest’anno è sicuramente più equilibrato e piacevole anche per chi non ha intenzione di investire moneta sonante, visto che ci sono tantissime possibilità per accumulare crediti semplicemente giocando.

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Pro

  • Si può giocare un calcio più credibile…
  • Migliorato in ogni aspetto.
  • Occupazione degli spazi decisamente più convincente.
  • Il Viaggio vale da solo l'acquisto del gioco.
  • Carriera molto più appassionante di prima.
  • FUT più equilibrato.

Contro

  • … ma arrivare in porta è troppo facile.
  • Fase difensiva difficile e sbilanciata.
  • In single player, portieri poco reattivi.
8.7

Più che buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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