Final Fantasy XVI – Recensione

PS5

Final Fantasy XVI completa il firmamento di un mese popolato da uscite di pregio, tuttavia la fiamma della Fenice fatica ad ardere come sperato.

Sviluppatore / Publisher: Square Enix Creative / Square Enix Prezzo: € 79,99 Localizzazione: Presente Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile su: PS5Data d’uscita: 22 giugno 2023

Ci sono più sangue, mutilazioni, scene di sesso e turpiloquio in Final Fantasy XVI che in un paio di stagioni di Game of Thrones. Il fatto che il team creativo abbia visionato la controversa serie HBO per trarre ispirazione appare chiaro dopo le primissime ore; diavolo, ci hanno messo dentro anche un clone di Hodor! Questo non è il Final Fantasy della vostra fanciullezza, poco ma sicuro.

Al di là dei temi maturi, il sistema di combattimento in tempo reale ricalca quello dei giochi d’azione à la Devil may Cry tra attimi al rallentatore in seguito a magistrali schivate, combo e juggle. Inoltre non dovrete temere alterazioni di stato come cecità o avvelenamento, salutando familiari oggetti come colliri, code di fenice o antidoti. Addirittura dovete scordarvi le proprietà elementali: centrate un Piros incandescente con una palla di fuoco e il mostro incasserà mestamente il danno al posto di curarsi. Cosa sta succedendo?

LA COMPLICATA STORIA DI FINAL FANTASY XVI

Forse la cosa più incredibile è che la trama di Final Fantasy XVI mi è piaciuta parecchio, un’affermazione che non proferivo dal 1999 circa. È sicuramente merito di una sekaikan riuscita, con l’equilibrio di forze del mondo di Valisthea in continuo mutamento. Al centro di tutto ci sono i colossali Cristalli Madre, fonte di magia e dunque di potere assoluto; la loro esistenza è profondamente radicata nella vita quotidiana del popolo, tanto che i loro preziosi frammenti sono usati per raffreddare il cibo o illuminare la notte. Alcuni individui chiamati Portatori sono però in grado di generare incantesimi spontaneamente, mentre altri, definiti Dominanti, vengono scelti dagli stessi Cristalli Madre come loro campioni, incarnando la potenza di Ramuh, Shiva e tutto il resto del patheon di evocazioni a cui la saga ci ha abituato, qui chiamati Eikons.

Gli scontri tra Eikons sono assolutamente straordinari.

Non è il caso di Clive Rosfield, giovane principe del Granducato di Rosaria, le cui flebili capacità magiche si limitano a donare personalità al suo stile di scherma. Doti insufficienti per assicurarsi il completo favore di Fenice che, invece, ha deciso di benedire il fratello minore Joshua, un bimbo di buon cuore con tanta strada da fare per arrivare ad utilizzare appieno l’incredibile potere ereditato dal padre, amatissimo reggente del ducato. Evito ulteriori rivelazioni a vantaggio di chi è riuscito ad arrivare all’uscita del gioco evitando spoiler nocivi, ma mi preme sottolineare come la trama sia ricca di colpi di scena e personaggi molto interessanti, esaltati da una messa in scena maestosa e un doppiaggio italiano di qualità cinematografica. Ci vuole però un certo physique du rôle per comprendere il quadro generale delle cose, ché Final Fantasy negli ultimi anni ha dimostrato di non aver voglia di narrare una storia in maniera canonica.

Flashback e intermezzi faranno del loro meglio per chiarire gli antefatti, ma la migliore risorsa sarà la cosiddetta Cronaca dei tempi moderni, un compendio richiamabile in qualunque momento.

Il sedicesimo capitolo inizia dunque in medias res, con un Clive evidentemente provato che si aggira furtivamente su un capo di battaglia dove eserciti avversari si fronteggiano all’ombra della furia di Titano e Shiva. Flashback e intermezzi faranno del loro meglio per chiarire gli antefatti, ma la migliore risorsa sarà la cosiddetta Storia dei tempi moderni, un compendio richiamabile in qualunque momento (anche durante i dialoghi) con dettagliate descrizioni su tutto quello che ruota attorno agli avvenimenti mostrati sullo schermo. È uno strumento interessante con cui tenere traccia dei continui sviluppi e magari ricordare il nome di personaggi apparsi decine di ore prima, tuttavia richiede un deciso sforzo in più da parte del giocatore per assorbire un quantitativo indubbiamente notevole di nozioni. Sicuramente lo mette in una posizione migliore rispetto al caotico uragano di nomi propri con cui si apriva a bruciapelo Final Fantasy Type-0, senza neppure tirare in ballo l’avventura del principe Noctis e della sua boy band, decisamente indigesta senza la fruizione del film Kingsglaive e dei successivi DLC, tardivamente racchiusi nella Royal Edition.

CLIVE COME DANTE, O QUASI

Clive vanta un arsenale iniziale piuttosto completo, da migliorare spendendo i punti abilità ottenuti dopo ogni scontro assieme alla canonica esperienza. C’è tutto quello che potreste aspettarvi se bazzicate il rissoso mondo dei giochi d’azione, vedi combinazioni, colpi caricati, veloci affondi in corsa e deboli proiettili magici con cui intercettare bersagli a distanza. Il suo legame con la casata benedetta da Fenice gli conferisce anche l’uso di un paio di attacchi magici da usare al termine del cooldown di rito, ma la situazione è destinata a cambiare strada facendo. Senza sconfinare nei soliti spoiler, Clive sarà presto in grado di “prendere in prestito” (è una cosa complicata) parte dell’energia degli altri Eikons, incrementando a dismisura le sue abilità. Non si tratta però di semplici attacchi, giacché ogni entità dona garantisce anche l’uso di un’abilità unica che cambierà drasticamente lo stile di gioco.

Jill è l’amica d’infanzia di Clive e Joshua, una donna forte e compassionevole. I personaggi sono generalmente scritti molto bene.

Garuda ad esempio scaglia un artiglio con cui attirare i nemici in maniera simile al braccio di Nero, mentre Titano concederà l’uso di uno scudo impenetrabile che, se eretto al momento giusto, martellerà i nemici con feroci contrattacchi. Clive arriverà presto a portare in battaglia le proprietà di tre diversi Eikons, da alternare a piacimento con la pressione di un pulsante, garantendo agli scontri grande flessibilità senza un attimo di incertezza, tanto che gli oggetti curativi, disponibili in numero finito, potranno essere consumati in qualunque momento con la croce direzionale, risparmiando la seccatura di navigare qualche menu. Non solo: ogni attacco magico può essere migliorato più volte fino ad essere padroneggiato, e a quel punto nulla vieta di legarlo al kit di un altro Eikon, creando moveset personalizzati e intercambiabili.

Clive sarà presto in grado di “prendere in prestito” parte dell’energia degli altri Eikons, incrementando a dismisura le sue abilità.

Qualche incertezza come la difficoltà nel cambiare bersaglio nel cuore della lotta c’è, ma in genere funziona tutto molto bene e ogni battaglia è una gioia, specialmente quelle contro i boss che si qualificano tra le più memorabili della serie: una, ad esempio, potrebbe essere presa dal seguito di Panzer Dragoon su PS5 che non avete mai osato chiedere, ma generalmente quelle presenti verso la fine del gioco fanno apparire gli scontri di Gurren Lagann come bisticci tra pensionati in coda alle Poste. Il problema è che si tratta di un sistema di combattimento totalmente arcade, peraltro focalizzato su un solo personaggio, il che porta in dote qualche dubbio. Il primo riguarda il moveset base, che userete sempre tra un cooldown e l’altro: bello e completo, ma in questo genere di giochi uno dei punti di forza è la scoperta di nuove tipologie di armi con cui provare combo inedite e rinfrescare la cadenza degli scontri. Clive invece usa dall’inizio alla fine il solo spadone, e dopo le prime decine di ore comincerete ad avvertire un po’ di stanchezza, esacerbata dai modelli dei nemici tutto sommato molto simili tra di loro.

Non c’è nulla di meglio che prendere il sole assieme al fido chocobo.

Poi, ovviamente, l’approccio puramente arcade potrebbe non accontentare tutti. I fanatici degli episodi classici saranno spiazzati dalle defezioni che elencavo all’inizio e dalla pochezza di opzioni: al di là dell’equipaggiamento e della scelta degli oggetti da abbinare alla selezione rapida c’è poco altro da personalizzare, anche considerando che i comprimari che accompagneranno Clive nel corso dell’avventura si muovono per i fatti loro e non possono essere modificati dal giocatore in nessuna maniera.

Quello di Final Fantasy XVI è un mondo bello ma artificiale, che non stuzzica la curiosità del giocatore

Addirittura il fido segugio Torgal (una presenza fissa a cui si possono impartire semplici comandi nel cuore della lotta) aumenterà autonomamente le sue abilità con un valore chiamato pedigree, destinato a crescere accompagnando il proprio padrone. I fan di Bayonetta e simili, invece, potrebbero rimanere delusi dalla carenza di sfida; ci sono due livelli di difficoltà, ma nessuno sarà in grado di impensierirvi se siete forti nei giochi d’azione, almeno fino al NG+. Io sono morto un paio di volte verso la fine, dove si avverte un sensibile inasprimento della cattiveria, ma imparate a usare bene la schivata alla moviola e complessivamente non avrete problemi.

TUTTA QUI, LA POTENZA DI PS5?

Per essere un’esclusiva, mi aspettavo di più da Final Fantasy XVI. Scelta la modalità grafica che predilige la fluidità a discapito della risoluzione, il gioco mi ha ricompensato con 60fps bene o male inamovibili durante il combattimento, deludendomi però nell’esplorazione, dove i fotogrammi al secondo fluttuano costantemente (e fastidiosamente) tra i 59 e i 50 fps circa. Sia al chiuso che all’aperto, e non parliamo di un mondo esteso da visitare in ogni singolo anfratto come accadeva in Xenoblade 3, ma della solita serie di corridoi e “stanzoni” più o meno estesi che compongono le singole regioni, da raggiungere selezionando la destinazione sulla classica mappa. Il feedback aptico è ridotto all’osso, opponendo resistenza all’apertura di pesanti portoni e poco altro, un vero peccato. Al netto della direzione artistica inappuntabile, è un po’ una delusione che tutto quello che gravita al di fuori del combattimento trasmetta un’aria trascurata. Gli scontri godono di un’importanza tale da essere approfonditi toccando un monolite nel rifugio di Cid, ovvero l’hub dove organizzarsi tra una sortita e l’altra.

Visitare un villaggio è sempre bello. Con un filo di interazione in più sarebbe anche meglio.

Tra le opzioni potrete entrare in un’area libera dove fare pratica, oppure affrontare nuovamente i livelli in una modalità arcade con tanto di valutazione finale, una prospettiva che spedirà sul sentiero di guerra gli aficionado più austeri! Il resto, come già detto, non è sempre esaltante. Prendete i centri abitati che incrocerete nei vostri viaggi: a parte determinati momenti imposti dalla trama, non potrete mai entrare nelle case o nei negozi, con gli eventuali bottegai convenientemente disposti sull’uscio.

L’approccio puramente arcade potrebbe non accontentare tutti.

È un mondo bello ma artificiale quello di Final Fantasy XVI, che non stuzzica la curiosità del giocatore. Senza contare le missioni secondarie, la fiera delle fetch quest su cui però bisogna spendere due parole. Portarle a termine frutta fama, un valore con cui riscattare a intervalli finiti ricompense sfiziose come ninnoli unici e massicce iniezioni di punti abilità; inoltre, premi consistenti – tra cui figura l’utilissima possibilità di cavalcare i chocobo – si nascondono dietro richieste apparentemente banali. Bisogna dunque scavare nella noia per ottenere vantaggi meritevoli, e il mio consiglio è quello di accettare tutte le richieste e portarle a termine qualora le incrociaste per strada: male che vada intascherete un po’ di fama.

In Breve: Final Fantasy XVI è una bestia difficile da giudicare, un esperimento divisivo che si sarebbe trovato più a suo agio come spin-off, piuttosto che negli scomodi panni dell’ultimo capitolo ufficiale di una serie tanto amata. Una trama appassionate e un sistema di combattimento riuscito tengono alta l’attenzione per le circa 30 ore necessarie a finire il gioco, ma purtroppo sono costretti a dividere la scena con meccaniche “ruolistiche” all’acqua di rose e un mondo tristemente arido e artificiale, al netto di una lodevole direzione artistica. Sul fronte JRPG ci troviamo di fronte a un risultato assai controverso, ma nel complesso un gioco più che discreto.

Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Prediligendo la fluidità i combattimenti sono una gioia assoluta, ma anche così l’esplorazione soffre un framerate ballerino, ingiustificato considerata la limitata estensione delle ambientazioni. Sembra quasi che i due aspetti del gioco siano stati affidati a squadre diverse, incapaci di collaborare tra di loro. Anche la colonna sonora di Masayoshi Soken pare un po’ sottotono, specie se messa sullo stesso piano di un doppiaggio italiano assolutamente stellare.

 

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Pro

  • Trama appassionante e personaggi interessanti / sistema di combattimento arcade riuscito / Direzione artistica maestosa.

Contro

  • Livello di sfida complessivamente basso / Esplorazione e meccaniche da gioco di ruolo basilari / Mondo affascinante, ma vuoto.
8

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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