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Visualizza Versione Completa : Il rosso il nero e gioventù ribelle. Videogiochi italiani, storia e politica.



Valeriano Castiglione
16-06-16, 18:48
(Peggior titolo di sempre)

In una libreria del mio paese la settimana scorsa stavo leggendo, anzi scroccando a tradimento, "Uomini in grigio: storie di gente comune nell'Italia della guerra civile" di Carlo Greppi. Il mio sguardo cade su questo passo dell'Introduzione:

«Anni fa si scatenò un'ondata di polemiche in seguito all'uscita del videogioco Il rosso e il nero perché, giocando ai tempi dell'occupazione nazista e della guerra civile, si poteva combattere contro o in difesa della Repubblica sociale italiana di Mussolini. Il titolo si ispirava al best seller del 1995 Rosso e nero, libro-intervista dello storico "revisionista" Renzo de Felice che aprì nello spazio pubblico la strada dell'equivalenza morale tra partigiani e "ragazzi di Salò", insistendo proprio sullo "attendismo" o "attesismo" che secondo l'autore aveva connotato i comportamenti di buona parte degli italiani, che non si schierarono né con la Resistenza, né con la RSI.
Nell'Italia virtuale percorsa solo da fascisti e partigiani comunisti, il grigio su cui De Felice aveva insistito provocatoriamente non era contemplato. D'altra parte un videogioco è funzione, si potrebbe obiettare, perché dovrebbe avere qualcosa a vedere con la realtà? Dal momento che l'immedesimazione è il suo principio cardine, Il rosso e il nero ci restituisce una prospettiva, un modo di guardare alla Storia che abbiamo noi che, come scrive la fotografa Susan Sontag in Davanti al dolore degli altri, "non riusciamo a immaginare davvero come è stato", che "non possiamo immaginare quanto è terribile e terrificante la guerra; e quanto normale diventa". Noi che abbiamo bisogno di appigli, di certezze, di tonalità sicure per leggere quel "altrove".»

Personalmente non ricordo nessuna polemica simile, anni fa avevo sentito il nome del videogioco, ma principalmente come videogioco italiano mediocre dimostrazione dell'arretratezza tremenda dell'industria videoludica italiana.

Chiedo agli utenti di Tigiemme, soprattutto a quelli più anziani, recensori, collaboratori e così via; mi potete dare informazioni su questa bella polemica? È davvero esistita una polemica o un esempio/esagerazione dell'autore del libro? Esistono testimonianze di questa polemica?

Personalmente ricordo le polemiche su "gioventù ribelle". Il videogioco che doveva formare una memoria nazionale nei più giovani.
Ma anche lì più che polemiche, fu la triste contestazione di una "figura di niente" italiana, dell'arretratezza tecnologica italiana, e di come alcuni eventi sui i 150 anni dell'Unita furono organizzati con una superficialità tremenda.

Anche qui se qualcuno mi chiarisce qualche aspetto o mi indica qualcosa sarei molto contento.

Ricordo che nel nostro Parlamento arrivarono Mafia (videogioco stereotipo e cattivo esempio per i giovani) e Sims 2/3 (promuove la "demoniaca" cultura gender)

Grazie mille. Baci e Abbracci

Richter
19-06-16, 11:05
Oh cavoli, le polemiche su gioventù ribelle erano tutt'altro che politiche, o meglio, non la parte della politica a cui stai pensando. C'è sotto una storia ben più viscida di classiche italianate, che nulla ha a che fare con arretratezza o mancanza di talento. Fu fatto letteralmente in poche ore, da tipo tre persone, avvisate all'ultimo minuto di doverci lavorare sopra. Una roba imbarazzante, ma non per motivi formativi o filosofici.

stregatox
20-06-16, 22:35
Carlo Geppi ha scritto senza accertarsi se stesse scrivendo fesserie.