Stefansen
02-10-19, 11:00
Non ho mai apprezzato particolarmente le teorie pseudoscientifiche lombrosiane (che la scienza ha prontamente smentito relegandole ad un superstizioso positivismo ottocentesco). Di contro, in campo economico sociale, ho sempre creduto e continuo fortemente a credere esista un fattore ambientale preponderante che determina la brillantezza, la freschezza intellettiva e di conseguenza, in un mondo fortemente capitalista e competitivo come il nostro, il successo professionale e non solo. Se un brillante chirurgo, un capacissimo manager, invece che in una famiglia benestante o comunque in un paese con un welfare efficace, fosse cresciuto in mezzo alla povertà ora, oltre ad essere povero pure lui, agli occhi di molti sembrerebbe molto più stupido e "ritardato" intellettualmente di quello che in realtà sarebbe.
Tutta questa premessa perchè oggi (ma già altre volte ho avuto tali pensieri) mi è capitato di transitare davanti una chiesa con diversi bisognosi in attesa che aprisse la caritas. Ora, stranieri a parte (lì è un problema geopolitico diverso), quasi tutti gli italiani trasmettevano un non so che di tristemente disagio fisico e intellettuale. Uomini di mezza età con la panza, con difficoltà anche ad esprimersi, vestiti in modo orrendo (no, non è tautologico, ci sono anche vestiti decenti a prezzi stracciati, lì era proprio una forma di noncuranza estetica) che pur guidando auto scassinate (quindi presumibilmente hanno la patente) si vedeva avessero dei deficit. Padri e madri di famiglia che, a differenza dei soliti sdolcinati luoghi comuni "poveri ma con tanto affetto", difficilmente riesco a credere potessero trasmettere una qualche forma di affetto e cura per la prole che vada oltre il semplice assicurarsi la sopravvivenza dei figli fornendogli un tozzo di pane e un panno da mettersi. Cioè non ce li vedo quei genitori a dare un foglio bianco e una matita ai loro figli chiedendogli di disegnare maghi, fate, principi e principesse stimolando la fantasia e le capacità intellettuali dei piccoli, che in quell'età è fondamentale, e parlando con loro tra una carezza e l'altra. Lì immagino (ma ahimè temo di non sbagliarmi troppo) che quando tornano a casa si piazzano davanti la tv a riempirsi di cibo spazzatura guardando Uomini e Donne o Bonolis.
Gente a cui pur volendo difficilmente affideresti un lavoro perchè al di là dell'analfabetismo proprio ti trasmettono insicurezza intellettiva.
Al che mi domando: è solo un fattore ambientale, povertà genera altra povertà, o esiste pure una predisposizione seppur minima al disagio sociale?
No, il mio non è un discorso da borghesotto chic. So perfettamente che se nel XVIII l'Illuminismo non avesse prodotto quella corrente di rinnovamento intellettuale (concretizzatasi poi nelle teorie sociali del secolo successivo) molti di noi oggi continuerebbero a vivere in povertà e degrado. Semplicemente mi sono rotto di tutte quelle descrizioni bucoliche della povertà che per me invece deve essere dipinta per il degrado e la durezza che è, solo così ci si può impegnare di più per sconfiggerla
Tutta questa premessa perchè oggi (ma già altre volte ho avuto tali pensieri) mi è capitato di transitare davanti una chiesa con diversi bisognosi in attesa che aprisse la caritas. Ora, stranieri a parte (lì è un problema geopolitico diverso), quasi tutti gli italiani trasmettevano un non so che di tristemente disagio fisico e intellettuale. Uomini di mezza età con la panza, con difficoltà anche ad esprimersi, vestiti in modo orrendo (no, non è tautologico, ci sono anche vestiti decenti a prezzi stracciati, lì era proprio una forma di noncuranza estetica) che pur guidando auto scassinate (quindi presumibilmente hanno la patente) si vedeva avessero dei deficit. Padri e madri di famiglia che, a differenza dei soliti sdolcinati luoghi comuni "poveri ma con tanto affetto", difficilmente riesco a credere potessero trasmettere una qualche forma di affetto e cura per la prole che vada oltre il semplice assicurarsi la sopravvivenza dei figli fornendogli un tozzo di pane e un panno da mettersi. Cioè non ce li vedo quei genitori a dare un foglio bianco e una matita ai loro figli chiedendogli di disegnare maghi, fate, principi e principesse stimolando la fantasia e le capacità intellettuali dei piccoli, che in quell'età è fondamentale, e parlando con loro tra una carezza e l'altra. Lì immagino (ma ahimè temo di non sbagliarmi troppo) che quando tornano a casa si piazzano davanti la tv a riempirsi di cibo spazzatura guardando Uomini e Donne o Bonolis.
Gente a cui pur volendo difficilmente affideresti un lavoro perchè al di là dell'analfabetismo proprio ti trasmettono insicurezza intellettiva.
Al che mi domando: è solo un fattore ambientale, povertà genera altra povertà, o esiste pure una predisposizione seppur minima al disagio sociale?
No, il mio non è un discorso da borghesotto chic. So perfettamente che se nel XVIII l'Illuminismo non avesse prodotto quella corrente di rinnovamento intellettuale (concretizzatasi poi nelle teorie sociali del secolo successivo) molti di noi oggi continuerebbero a vivere in povertà e degrado. Semplicemente mi sono rotto di tutte quelle descrizioni bucoliche della povertà che per me invece deve essere dipinta per il degrado e la durezza che è, solo così ci si può impegnare di più per sconfiggerla