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Visualizza Versione Completa : Caro Maschio Italiano Moderno, mi spiace ma tu soffri di figafobia... [daiuccia][wot]



Cesarino
21-05-16, 10:53
Caro Maschio Contemporaneo,

ti scrivo questa lettera perché ci sono alcune cose che vorrei dirti.

In primis vorrei tranquillizzarti e spiegarti che no, non è solo la tua virilità a essere in crisi in questa epoca segnata
dall'iperconnessione, dall’inesauribile pluralità d’offerta, dalla disponibilità e gratuità del porno e dalla totale confusione tra i generi sessuali.

Siamo tutti un po’ in crisi: lo sono le relazioni, le sono le generazioni, lo sono i nostri genitori che ci mandano emoticon su Facebook; lo sono i giovani che fanno più sexting che sesso; lo siamo noi donne single perennemente in conflitto tra la nostra indipendenza e la nostra solitudine; lo sono le donne sposate, che devono lavorare, ramazzare casa, adempiere ai doveri coniugali e a un certo punto anche sfornare prole. E sì, evidentemente, lo sei anche tu, caro Maschio Contemporaneo. Mi sei in crisi. Mi sei in crisi se devi crescere. Mi sei in crisi se devi assumerti delle responsabilità. Mi sei in crisi di fronte alla famiglia, di fronte ai figli, di fronte al sesso, di fronte a un motore a scoppio o a un cavo elettrico (in compenso cucini meglio di me, non che ci voglia molto). E mi sei in crisi di fronte alle donne.

Sarebbe difficile, forse impossibile, parlare della tua crisi senza parlare della nostra “emancipazione”. E uso le virgolette perché, in verità, noi donne siamo ancora incatenate da innumerevoli sovrastrutture culturali, retaggi del passato, a cui si sono aggiunte nuove paturnie, squisitamente post-moderne. Fatto sta che alcune cose sono cambiate, per esempio è cambiato il nostro approccio al sesso e - di conseguenza, oserei dire - anche il vostro.




Siamo tutti d’accordo, presumo, nel dire che la nostra generazione di donne concede la propria virtù in dosi e tempi diversi rispetto alle generazioni precedenti (leggi: la diamo via come fosse mangime ai piccioni, solo che voi a differenza degli altri volatili, che s’ammassano tutti lì a beccare il beccabile, iniziate a ritrarvi). Ciò comporta un mutamento sostanziale nelle condizioni del mercato, l’equilibrio tra domanda e offerta s’inverte, l’eccesso di disponibilità e la semplicità di reperimento rendono la merce (la passera) meno pregiata e il suo valore diminuisce. Semplice microeconomia del pelo.

Così noi donne ci ritroviamo circondate di figafobici e criptochecche, una generazione di uomini che piuttosto-mi-sego, rimpiangendo quei tempi antichi in cui se a un uomo volevi concederla, quello se la prendeva, di buon grado e il prima possibile, perché era la Sacra Fregna e in quanto Sacra Fregna andava onorata. E andava bene su per giù in qualunque modo: roscia, bionda, nera, grassa, magra, giovane, vecchia, glabra, afro, verticale, orizzontale e pure di traverso. Oggi no. Oggi non è più così.

Oggi siamo tarati sull’estetica dello YouPorn, troviamo uomini col pube bello ordinato e ci spalmiamo cera bollente sulle grandi labbra e strappiamo via, perché non vorremmo mai salire agli onori della cronaca nera con il primo caso di “Uomo Contemporaneo ucciso da un pelo pubico in gola”. Oggi ci mandiamo le foto. Le foto delle tette. Le foto del culo. Le foto dell’uccello, viviamo in uno stato di permanente e facile eccitazione che ci porta a non eccitarci mai davvero, a non afferrarlo nemmeno quel culo, a non toccarle nemmeno quelle tette, a non incassarlo nemmeno quell’uccello. Mercato del pelo e tecnologia ci hanno cambiati e ciò è innegabile.Ma non è solo questo.

Oggi abbiamo uomini che ci chiedono esplicitamente «vuoi scopare stasera?» oppure quelli che ci mandano messaggini e faccine gialle per un anno senza quagliare mai. È scomparso il corteggiamento, quello misurato e consapevole. E anche la “trombamicizia” è un concetto ontolgicamente messo in discussione. Latita la disponibilità a mettersi in gioco sul piano umano, senza un fine garantito, un Roi sentimental-sessuale. La cena, la chiacchiera, il tentativo e anche l’eventuale due di picche che, signori, è solo un due di picche, mica una crisi energetica mondiale. Si può gestire facilmente.



Dieci anni fa era nell’ordine delle cose che il maschio ci provasse e la femmina si riservasse la possibilità di elargire la vituperata carta del rimbalzo. Era persino auspicabile o strategico, rimbalzare, se il tipo ti piaceva. Adesso sotto casa ci salutate col bacetto sulla guancia, anche al terzo appuntamento, anche quando è evidente che potreste osare, perché i segnali (inclusi quelli di fumo e il codice morse) ve li abbiamo mandati tutti (e sì, prima che qualche mente illuminata dica: «Non ti viene in mente che forse non ti bacia perché non gli piaci poiché sei un cesssssso?», rispondo: «Se non gli piaccio può benissimo smetterla di cercarmi, e flirtare, e fare allusioni»).

Perché in fondo vi dite che c’è la parità, perché dovete provarci sempre voi? Perché siete maschi. Ecco perché.

Ma il problema è proprio qui. È che i concetti di “maschio” e “femmina” sono un po’ come quelli di “destra” e “sinistra”. Categorie del pensiero, ormai superate, obsolete. E riflettendoci, se provo a vestire i tuoi panni, caro Maschio Contemporaneo, mi accorgo che nemmeno i tuoi sono comodissimi. Che le Donne Contemporanee sono bizzarre.

Che stra-lavorano e sono stra-stressate perché giustamente vogliono essere Miranda Priestley ma anche Mary Poppins. Che vogliono trovare l’uomo giusto mentre alternano sapientemente (meglio dei peggio bad boys) tre trombatori in contemporanea. Che anelano alla tenerezza e poi chiamano i propri amanti con soprannomi indicibili e ne compilano la pagella dopo ogni prestazione erotica (pagella che viene prontamente inviata in triplice copia su whatsapp alle amiche). Che parlano di cazzi e orifizi manco fossero smalti e ombretti, ma poi sognano la favola. Che si dichiarano pubblicamente illuminate pompinologhe, ma però vogliono il messaggino della buonanotte. Che sono onnipotenti ma crollano per un paio di doppie spunte blu senza risposta. Che se non dai attenzioni sei uno stronzo, e se ne dai troppe sei uno sfigato. Che sono amazzoni metropolitane ma deve invitarmi prima lui. E deve accettarmi per quella che sono, ma comunque come cazzo si veste?!

Che un cuore dichiarano d’avercelo, ma in fondo alla vagina. Che sono emancipate ma il conto per piacere pagalo tu (perché sì, è una questione di eleganza). Che le dimensioni contano, e per piacere non eiaculare nel tempo di uno starnuto, e ti serve mica il gps per trovarmi il clitoride? Che vorrei sapessi montare un mobile, ma anche stirarti le camicie, ma anche cogliere le mie sofisticate citazioni, ma anche consigliarmi i migliori libri da leggere, ma anche farmi ascoltare la musica più figa, ed essere divertente, sagace, piacente e naturalmente pazzo di me. Altrimenti stiamo meglio da sole o con il vibratore azzurro, principe indiscusso della nostra sessualità, capace di arrivare dove nessun uomo potrà mai, facendoci scoprire inediti orizzonti del piacere grazie alla sua meccanica precisione e ricaricabile batteria.

Ecco, sai cosa c’è, Caro Maschio Contemporaneo? Non saprei indicarti la soluzione. So che siamo in questa situazione qua. Che noi siamo così e tu (e i tuoi esimi colleghi) siete lì. Che preferite guardarvi qualche puntata della vostra serie del momento e poi praticare del sano onanismo, che non contempli l’interazione con una di noi, curiose creature femminili dell’oggi.

Posso solo dirti, caro Maschio Contemporaneo, che come tu hai paura d’avere il cazzo piccolo, io ce l’ho che non ti piaccia il mio corpo. Posso solo dirti che come io cerco conferme, le cerchi anche tu. Posso solo dirti che possiamo provare a evolverci, come si fa sempre dopo le crisi, e diventare persone nuove, con fragilità e insicurezze assimilabili. Adulti imperfetti che provano a stare al mondo, trovando un equilibrio e tendendo al benessere condiviso. Posso solo dirti, caro Maschio Contemporaneo, che ormai siamo cresciuti. E che abbiamo tutti, uomini e donne, le nostre paure, le nostre nevrosi, i nostri fallimenti e le nostre storie di merda alle spalle. Che non è una gara. Che non c’è da aver così tanta paura.




E, francamente, credimi: fare l’amore è meglio che vederlo, toccare un culo è più appagante che guardarlo in foto, e una fellatio - se ben fatta - è più conciliante di una passeggiata in alta montagna. E no, non pretenderemo che ci porti all’altare poi. E te lo giuro: nessuno è mai morto soffocato da un pelo pubico.

E quando sei a letto con una donna, amala, anche solo per 30 minuti (che slancio d’ottimismo): ama la sua pelle, ama la sua bocca, ama i suoi capelli, e i suoi occhi, e la sua fica. Che sia roscia, bionda, nera, grassa, magra, giovane, vecchia, glabra, afro, verticale, orizzontale e pure di traverso. Amala così, anche solo per 30 minuti, che ci serve a riscoprirci umani. Fatti di carne, e istinti, e sapori, e odori, così come siamo. Non come appariamo.

Tivvubbì,

Vagina

Lux !
21-05-16, 10:56
non erano i giappi? :uhm:

Cesarino
21-05-16, 11:09
Stefania ****** Condivido quanto scritto nell'articolo e credo sia più facile per noi donne "individuare le nostre nevrosi" . Uomini che paiono aver paura delle donne ne ho trovati anch'io. Vogliamo parlare di quelli "Infiniti mesi per darti il primo appuntamento e poi non mi presento facendo poi finta quel primo appuntamento non sia mai stato fissato " ( leggi:continuano a vivere di "le donne non me la danno",solo che quando ho l'opportunità di averla diserto ).Vogliamo parlare di quelli seduti a bere un caffè con te,donna,che ti sei fatta un attimo carina ma lui niente,preferisce chattare via watts con il suo amico facendoti morire di noia? . Di esempi ce ne sarebbero infiniti. Troppi uomini ( Non tutti!) han paura delle donne . Temo che nella loro intimità, a 30 e passa anni, sian ancora lì con il cm a misurarselo,che una seppur timida virilità vorrebbero tirarla fuori ( ecco,misuratevelo di meno,confrontatevi di più) .

Ginzo
21-05-16, 11:19
Minchia, piuttosto che mettermi con l'italiana media me lo taglio. Cazzo vogliono queste?

- - - Updated - - -

Ovviamente non ho letto tutto, quindi forse ho perso qualche passaggio

Lux !
21-05-16, 11:20
Com'è l'italiana media? :pippotto:

Ginzo
21-05-16, 11:22
Nella mia limitata esperienza, stronza, moderatamente troia e maniaca del controllo

Moloch
21-05-16, 11:26
com'è il pan per focaccia, bitches?

mattex
21-05-16, 11:28
Com'è l'italiana media? :pippotto:dice che la dà ma non la dà

Zhuge
21-05-16, 11:29
luoghi comuni e, come tali, statisticamente rilevanti

- - - Aggiornato - - -


dice che la dà ma non la dà

dice che la dà, ma la dà a tutti e a te non la dà

TeoN
21-05-16, 11:34
ammetto che da quando mi dedico all'estero le italiane mi son scese parecchio. e paradossalmente ora mi cagano molto di piu' per la regola del trattale male

Cesarino
21-05-16, 11:36
Facciamo ordine. Di chi stiamo parlando? Del maschio alpha della banda dei cacciatori preistorici, del patriarca poligamo all’alba della storia o del severo padre di famiglia dell’Ottocento? Non sono mica la stessa persona, anche se in comune hanno il pistolino. Il primo è un guerriero e un capo. Eccolo che corre spensierato in testa alla sua banda di giovinastri. È giovane ed esiste da duecentomila anni, da quando è apparsa l’umanità sulla terra. All’inizio c’era solo lui, quando l’umanità era fanciulla al tempo dei cacciatori-raccoglitori ed è sempre stato il più felice tra i maschi. Lo contempliamo nella sua giungla o nella sua savana, insieme ai suoi amici, sono tutti belli e tutti felici, se ne sta lì a cacciare un paio d’ore al giorno, giusto il tempo di raccogliere il suo pasto quotidiano a base di carne.




Torna alle sue capanne coperto di gloria e di bullaggine, ed è un simpaticone, un tipo da discoteca e un grande figlio di puttana. La sua dieta è varia, oltre la carne ci sono radici, bacche e frutta ma niente pane e questo gli fa molto bene. La sua dentatura è perfetta anche in età avanzata, non ci sono carboidrati in giro e non vi è nemmeno l’ombra di una carie a guastargli la nobile forza delle zanne bianche. La sua muscolatura è scolpita e corre sotto la pelle. Il nostro giovane amico si agita il giusto, non più di due ore al giorno come abbiamo detto, e poi finita la caccia dormicchia, ciondola, se ne a lì con la sua banda di 10-20 amici mentre altrettanto si divertono le 10-20 donne della banda, fanno anch’esse quel che loro aggrada, raccogliere frutta e bacche, chiacchierare con le amiche e badare un po’ ai pargoli. Sono tutti un po’ promiscui, fanno sesso casuale e i bimbi crescono tutti assieme, non si capisce bene chi sia figlio di chi, in fondo non importa. Pare fosse così, almeno così la racconta Donald Symons in The Evolution of Human Sexuality. Bel libro, leggetelo (tranquilli, non vi dico come va a finire, no spoiler).

La popolazione però cresce e le bestie da cacciare e le bacche da raccogliere vanno cercate sempre più lontano, e qui iniziano i guai per il nostro maschione alpha. In teoria è facile: basta tenere il numero dei componenti della banda sotto controllo. Si tratta solo di far fuori un po’ di bambini – come racconta con cruda tranquillità Marvin Harris in Cannibali e Re - e l’equilibrio tra bocche da sfamare e cibo cacciato e raccolto si mantiene. Dite che far fuori bambini sia un sistema un po’ forte? Beh, è quello che pensarono anche i nostri antenati settemila anni fa, quando non ce la fecero più a sacrificare bambini e inventarono l’agricoltura. Diventammo sentimentali e fu l’inizio della fine, come scriveva quella bestia fanfarona di Nietzche, in realtà incapace di far male a una mosca.

Diventammo sentimentali e incapaci di seguire il sanguinario ritmo della natura, della caccia e della raccolta e dell’eliminazione delle bocche infantili sovrannumerarie, scoprimmo i buoni sentimenti e la carità. Il sacrificio di Dionisio-bambino, attirato nella cerchia dei Titani con giocattoli, ovvero tra gli adulti destinati a ucciderlo, diventò emotivamente gravoso fino a trasformarsi in una croce che nessuno voleva portare. Chissà perché poi, lo si era fatto per centonovantatremila anni, poi basta. Fatto sta che emersero tutti assieme i nostri guai: l’agricoltura, il lavoro, la società, la politica, il senso morale, la capacità empatica di identificarsi con l’altro, la pena per il bambino o la bambina da sacrificare. E morì la bestia bionda di Nietzsche, il maschio alpha, colui che dice di si alla vita. E al sangue.

Non era però finita per il maschio. Al posto del cacciatore arrivò il patriarca, il capofamiglia poligamo e capotribù, alla testa di un’azienda agricola con decine di lavoranti: una tribù, una città, un impero. Emersero le differenze di classe e quelle di genere. Le donne furono confinate nella cura dei bimbi – non era più possibile farli fuori e quindi le donne se ne vedevano appioppare a decine e decine, uno nuovo ogni anno per l’intera vita fertile. Roba da ammazzarsi. D’altronde non c’erano anticoncezionali e il patriarca e i suoi accoliti avevano sempre voglia di fare il solito sesso, che ci vuoi fare. La dieta peggiorò, carboidrati a bizzeffe e solo quelli, sempre meno proteine, denti cariati, corpi deformati dalla fatica e dalle calorie ora carenti ora eccessive e sempre di scarsa qualità: riso e grano; un misto di denutrizione e obesità imbruttì l’umanità ben prima dell’era industriale.


I capi, però continuavano a fare una vita da guerrieri, ogni estate si davano alla guerra lontano dai doveri agricoli che erano già doveri di ufficio: l’agricoltura richiede sei ore di lavoro al giorno, non le due orette dell’età dell’oro quando il cibo si cacciava e si raccoglieva. Questi doveri dell’aratro e del vomere dovevano essere così gravosi che la banda dei patriarchi aristocratici – stressatissimi come degli impiegati - non esitava a fuggire di casa per una decina d’anni e più all’assedio di Troia, pur di staccare dalla routine quotidiana. Salvo poi tornare e farsi trucidare in bagno dalla moglie incarognita, come accadde ad Agamennone. Il quale non si era fatto mancare il sacrificio della figlia Ifigenia, a dimostrazione che le epoche storiche sono intrecciate tra loro e l’agricoltura non aveva significato la fine dei sacrifici umani, lontana eco dell’abitudine ancestrale di uccidere la popolazione infantile in sovrannumero.

Come abitudini sessuali il patriarca è ancora un po’ promiscuo ma anche legalitario, sistema le intemperanze del pene e del cuore con la poligamia e/o il concubinaggio. Si concede ancora divertimenti con il suo stesso sesso, ma comincia a vergognarsene, lo fa di nascosto, si capisce e non si capisce, insomma Achille e Patroclo andavano a letto assieme o no? Boh! Non si sa. Odisseo è già un marito borghese, l’unico che pensa a tornare a casa e l’unico che ama sua moglie e la vita in famiglia in quella banda di achei appassionati solo di guerra e della vita tra maschi.

Al patriarca poligamo succede il terzo tipo di maschio, che discende da Odisseo. Nel migliore dei casi affettuoso, amante della vita in famiglia, lavoratore indefesso e rispettoso degli orari di ufficio, romantico nei sentimenti e negli affetti. Il suo trionfo è nell’interno familiare borghese, anche se poi, come Odisseo, si concede le sue scappatelle da maschio alpha. Anche lui va in guerra, conquista colonie in mezzo mondo, sta via per anni, s’intrattiene nei resort di Circe e Calipso ma poi torna sempre dalla sua Penelope. Anche se fa figli all’estero con una Madama Butterfly poi si sistema con una moglie del suo paese. Alla lunga si deprime, la vita nell’interno borghese è un carcere in cui si passa la giornata a fumare l’ultima sigaretta e a immaginare di far finire il mondo in un immane attentato terroristico.

Il padre di famiglia è strettamente eterosessuale, e man mano che si inoltra nel Novecento, diventa sempre meno propenso a scappatelle extraconiugali, o comunque le effettua in maniera sempre più coperta salvo incappare in Monica Lewinski. Eppure dietro Odisseo c’è sempre l’ombra di Achille: ancora in pieno Novecento l’esplosione nazista riproduce il gruppo dei cacciatori guerrieri, le giovani belve assetate di sangue saltano fuori dalle trincee e sconvolgono il mondo di sangue, di spari e d’innovative forme di sacrificio umano. Così fan tutti.




Infine, si arriva a questa nostra età, che si dice confusa e che forse è felice. Le donne evadono dal carcere e dalla condanna alla maternità, con metodi ora gioiosi e giocosi e ora un po’ più tristi. Così è la vita. Il benessere economico ci regala calorie di qualità migliore rispetto ai terribili carboidrati cariatori di denti dell’età agricola. Possiamo perfino permetterci di essere vegetariani, ma nello spirito stiamo tornando all’età della caccia e della raccolta. Lasciamo alle spalle i ruoli rigidi richiesti dalla società agricola e ci abbandoniamo al flusso, siamo tutti un po’ donne e un po’ uomini e tutti siamo maschi e anche femmine, il sesso diventa un breve divertimento a cui in fondo non dare troppo peso, è più divertente semmai parlarne. Una nuova promiscuità è possibile, i ruoli sono meno importanti di un tempo e ci si concedono esperimenti con i propri co-gender, si tratta di esperienze da non drammatizzare troppo, vanno vissute tra lo sbadiglio e l’orgasmo.

Io non credo che il maschio scompaia. Egli è sempre li tra noi, intento a giocare il suo eterno gioco di caccia. È stato cacciatore, guerriero, prete, missionario, esploratore, artista e perfino a volte amorevole padre di famiglia, che poi è stato quello il suo ruolo e il suo momento meno maschile, nel borghese Ottocento, e non questo nostro tempo che si dice infelice e non lo è. Non è mai sparito e oggi è più che mai presente, anche quando assume un aspetto femmineo: come Achille, si veste da femmina per imboscarsi ed evitare di andare alla guerra, poi ci va e va a letto con Patroclo.

Ciome
21-05-16, 11:39
"Microeconomia del pelo" is now a meme. Comunque dove peschi sta roba?

Ginzo
21-05-16, 11:42
Ma chi cazzo scrive ste robe :rotfl:

Zhuge
21-05-16, 11:42
Cesarello, non più di un wottone alla volta prego :snob:

Ginzo
21-05-16, 11:43
Fra l'altro che concezione hanno della storia umana :rotfl:

Moloch
21-05-16, 11:48
http://i.imgur.com/PvtRtUZ.jpg

Lux !
21-05-16, 11:52
ogni estate si davano alla guerra lontano dai doveri agricoli che erano già doveri di ufficio: l’agricoltura richiede sei ore di lavoro al giorno, non le due orette dell’età dell’oro quando il cibo si cacciava e si raccoglieva

https://i.imgur.com/UAMuZ6v.jpg

TeoN
21-05-16, 11:52
Ovvio che ho letto un po' del primo poi amen

Ginzo
21-05-16, 11:53
>l'agricoltura richiede 6 ore di lavoro al giorno

Sono abbastanza sicuro che non sia vero :asd:

Lux !
21-05-16, 11:55
>l'agricoltura richiede 6 ore di lavoro al giorno

Sono abbastanza sicuro che non sia vero :asd:

Il vicino contadino si fa una tirata dal mattino al tramonto con il trattore quando deve dissodare, piantare e raccogliere. Eccetto quei 3 giorni non lo si vede mai :look:

Lo Zio
21-05-16, 11:55
6 ore alla mattina, 6 ore prima di pranzo, 6 ore nel pomeriggio, 6 ore la sera

:asd:

Moloch
21-05-16, 11:57
ogni estate si davano alla guerra lontano dai doveri agricoli che erano già doveri di ufficio: l’agricoltura richiede sei ore di lavoro al giorno, non le due orette dell’età dell’oro quando il cibo si cacciava e si raccoglieva

buon dio quanto ritardo
davvero, pensavo che certe trisomie fossero incompatibili con la vita postnatale, ma mi sa che mi sbagliavo

Lux !
21-05-16, 12:04
Il padre di famiglia è strettamente eterosessuale, e man mano che si inoltra nel Novecento, diventa sempre meno propenso a scappatelle extraconiugali, o comunque le effettua in maniera sempre più coperta salvo incappare in Monica Lewinski. Eppure dietro Odisseo c’è sempre l’ombra di Achille: ancora in pieno Novecento l’esplosione nazista riproduce il gruppo dei cacciatori guerrieri, le giovani belve assetate di sangue saltano fuori dalle trincee e sconvolgono il mondo di sangue, di spari e d’innovative forme di sacrificio umano. Così fan tutti.


Davanti a gente che ha fatto il classico, ci sentiamo tutti ignorantelli :piange:

Ginzo
21-05-16, 12:04
Fra l'altro:

>agricoltura richiede due ore al giorno per cacciare e raccogliere

:uhm:

Ciome
21-05-16, 12:04
>l'agricoltura richiede 6 ore di lavoro al giorno

Sono abbastanza sicuro che non sia vero :asd:

Se è per questo non è nemmeno nata 7000 anni fa...

Ginzo
21-05-16, 12:06
>nazisti
>gente che salta fuori dalla trincee

GHHHHHN

- - - Updated - - -


Se è per questo non è nemmeno nata 7000 anni fa...

Non ho letto tutto ovviamente

Ciome
21-05-16, 12:07
Non ho letto tutto ovviamente

nemmeno io. ho letto il primo, poi il secondo mi sono fermato quando ho letto questa.

Lux !
21-05-16, 12:10
Che poi, a dirla tutta, a me le ball gag non piacciono, però in questi casi, ne capisco l'utilità :look:

Cesarino
21-05-16, 12:12
Molocchio, in realtà leggevo in giro che i nuovi studi archecosi hanno un po' ribaltato la storia per cui i cacciatori-raccoglitori facevan una vita di merda appresso ai mammut, mentro i contadini eran belli, forti, sicuri e spensierati. sarebbe il contrario. la caccia richiedeva effettivamente poche ore di impegno a fronte pasti lauti e abbondanti, while l'agricoltura sedentaria incatena effettivamente il contadino a ore di lavoro sfiancante. prova ne sarebbe (tra le varie) che gli scheletri dei cacciatori paleolitici eran più alti e con ossa e denti meglio messi rispetto ai contadinozzi di millemila anni dopo

Moloch
21-05-16, 12:23
sisi, 2000 kcal/die per individuo in una tribù di trenta persone, da recuperare ogni santo giorno da fonti instabili, erratiche e mobili. immagino il tempo libero guarda, ore e ore da dedicare alla filosofia :asd:
la vita dei contadini era una merda uguale, ma almeno erano in grado di produrre surplus.

Cesarino
21-05-16, 12:35
tie molocchio, beccati sto malloppone:

http://discovermagazine.com/1987/may/02-the-worst-mistake-in-the-history-of-the-human-race





The Worst Mistake in the History of the Human Race


To science we owe dramatic changes in our smug self-image. Astronomy taught us that our earth isn't the center of the universe but merely one of billions of heavenly bodies. From biology we learned that we weren't specially created by God but evolved along with millions of other species. Now archaeology is demolishing another sacred belief: that human history over the past million years has been a long tale of progress. In particular, recent discoveries suggest that the adoption of agriculture, supposedly our most decisive step toward a better life, was in many ways a catastrophe from which we have never recovered. With agriculture came the gross social and sexual inequality, the disease and despotism, that curse our existence. At first, the evidence against this revisionist interpretation will strike twentieth century Americans as irrefutable. We're better off in almost every respect than people of the Middle Ages, who in turn had it easier than cavemen, who in turn were better off than apes. Just count our advantages. We enjoy the most abundant and varied foods, the best tools and material goods, some of the longest and healthiest lives, in history. Most of us are safe from starvation and predators. We get our energy from oil and machines, not from our sweat. What neo-Luddite among us would trade his life for that of a medieval peasant, a caveman, or an ape?

For most of our history we supported ourselves by hunting and gathering: we hunted wild animals and foraged for wild plants. It's a life that philosophers have traditionally regarded as nasty, brutish, and short. Since no food is grown and little is stored, there is (in this view) no respite from the struggle that starts anew each day to find wild foods and avoid starving. Our escape from this misery was facilitated only 10,000 years ago, when in different parts of the world people began to domesticate plants and animals. The agricultural revolution spread until today it's nearly universal and few tribes of hunter-gatherers survive.

From the progressivist perspective on which I was brought up, to ask "Why did almost all our hunter-gatherer ancestors adopt agriculture?" is silly. Of course they adopted it because agriculture is an efficient way to get more food for less work. Planted crops yield far more tons per acre than roots and berries. Just imagine a band of savages, exhausted from searching for nuts or chasing wild animals, suddenly grazing for the first time at a fruit-laden orchard or a pasture full of sheep. How many milliseconds do you think it would take them to appreciate the advantages of agriculture?

The progressivist party line sometimes even goes so far as to credit agriculture with the remarkable flowering of art that has taken place over the past few thousand years. Since crops can be stored, and since it takes less time to pick food from a garden than to find it in the wild, agriculture gave us free time that hunter-gatherers never had. Thus it was agriculture that enabled us to build the Parthenon and compose the B-minor Mass.

While the case for the progressivist view seems overwhelming, it's hard to prove. How do you show that the lives of people 10,000 years ago got better when they abandoned hunting and gathering for farming? Until recently, archaeologists had to resort to indirect tests, whose results (surprisingly) failed to support the progressivist view. Here's one example of an indirect test: Are twentieth century hunter-gatherers really worse off than farmers? Scattered throughout the world, several dozen groups of so-called primitive people, like the Kalahari bushmen, continue to support themselves that way. It turns out that these people have plenty of leisure time, sleep a good deal, and work less hard than their farming neighbors. For instance, the average time devoted each week to obtaining food is only 12 to 19 hours for one group of Bushmen, 14 hours or less for the Hadza nomads of Tanzania. One Bushman, when asked why he hadn't emulated neighboring tribes by adopting agriculture, replied, "Why should we, when there are so many mongongo nuts in the world?"

While farmers concentrate on high-carbohydrate crops like rice and potatoes, the mix of wild plants and animals in the diets of surviving hunter-gatherers provides more protein and a bettter balance of other nutrients. In one study, the Bushmen's average daily food intake (during a month when food was plentiful) was 2,140 calories and 93 grams of protein, considerably greater than the recommended daily allowance for people of their size. It's almost inconceivable that Bushmen, who eat 75 or so wild plants, could die of starvation the way hundreds of thousands of Irish farmers and their families did during the potato famine of the 1840s.


So the lives of at least the surviving hunter-gatherers aren't nasty and brutish, even though farmes have pushed them into some of the world's worst real estate. But modern hunter-gatherer societies that have rubbed shoulders with farming societies for thousands of years don't tell us about conditions before the agricultural revolution. The progressivist view is really making a claim about the distant past: that the lives of primitive people improved when they switched from gathering to farming. Archaeologists can date that switch by distinguishing remains of wild plants and animals from those of domesticated ones in prehistoric garbage dumps.

How can one deduce the health of the prehistoric garbage makers, and thereby directly test the progressivist view? That question has become answerable only in recent years, in part through the newly emerging techniques of paleopathology, the study of signs of disease in the remains of ancient peoples.

In some lucky situations, the paleopathologist has almost as much material to study as a pathologist today. For example, archaeologists in the Chilean deserts found well preserved mummies whose medical conditions at time of death could be determined by autopsy (Discover, October). And feces of long-dead Indians who lived in dry caves in Nevada remain sufficiently well preserved to be examined for hookworm and other parasites.

Usually the only human remains available for study are skeletons, but they permit a surprising number of deductions. To begin with, a skeleton reveals its owner's sex, weight, and approximate age. In the few cases where there are many skeletons, one can construct mortality tables like the ones life insurance companies use to calculate expected life span and risk of death at any given age. Paleopathologists can also calculate growth rates by measuring bones of people of different ages, examine teeth for enamel defects (signs of childhood malnutrition), and recognize scars left on bones by anemia, tuberculosis, leprosy, and other diseases.

One straight forward example of what paleopathologists have learned from skeletons concerns historical changes in height. Skeletons from Greece and Turkey show that the average height of hunger-gatherers toward the end of the ice ages was a generous 5' 9'' for men, 5' 5'' for women. With the adoption of agriculture, height crashed, and by 3000 B. C. had reached a low of only 5' 3'' for men, 5' for women. By classical times heights were very slowly on the rise again, but modern Greeks and Turks have still not regained the average height of their distant ancestors.

Another example of paleopathology at work is the study of Indian skeletons from burial mounds in the Illinois and Ohio river valleys. At Dickson Mounds, located near the confluence of the Spoon and Illinois rivers, archaeologists have excavated some 800 skeletons that paint a picture of the health changes that occurred when a hunter-gatherer culture gave way to intensive maize farming around A. D. 1150. Studies by George Armelagos and his colleagues then at the University of Massachusetts show these early farmers paid a price for their new-found livelihood. Compared to the hunter-gatherers who preceded them, the farmers had a nearly 50 per cent increase in enamel defects indicative of malnutrition, a fourfold increase in iron-deficiency anemia (evidenced by a bone condition called porotic hyperostosis), a theefold rise in bone lesions reflecting infectious disease in general, and an increase in degenerative conditions of the spine, probably reflecting a lot of hard physical labor. "Life expectancy at birth in the pre-agricultural community was bout twenty-six years," says Armelagos, "but in the post-agricultural community it was nineteen years. So these episodes of nutritional stress and infectious disease were seriously affecting their ability to survive."

The evidence suggests that the Indians at Dickson Mounds, like many other primitive peoples, took up farming not by choice but from necessity in order to feed their constantly growing numbers. "I don't think most hunger-gatherers farmed until they had to, and when they switched to farming they traded quality for quantity," says Mark Cohen of the State University of New York at Plattsburgh, co-editor with Armelagos, of one of the seminal books in the field, Paleopathology at the Origins of Agriculture. "When I first started making that argument ten years ago, not many people agreed with me. Now it's become a respectable, albeit controversial, side of the debate."

There are at least three sets of reasons to explain the findings that agriculture was bad for health. First, hunter-gatherers enjoyed a varied diet, while early fanners obtained most of their food from one or a few starchy crops. The farmers gained cheap calories at the cost of poor nutrition, (today just three high-carbohydrate plants -- wheat, rice, and corn -- provide the bulk of the calories consumed by the human species, yet each one is deficient in certain vitamins or amino acids essential to life.) Second, because of dependence on a limited number of crops, farmers ran the risk of starvation if one crop failed. Finally, the mere fact that agriculture encouraged people to clump together in crowded societies, many of which then carried on trade with other crowded societies, led to the spread of parasites and infectious disease. (Some archaeologists think it was the crowding, rather than agriculture, that promoted disease, but this is a chicken-and-egg argument, because crowding encourages agriculture and vice versa.) Epidemics couldn't take hold when populations were scattered in small bands that constantly shifted camp. Tuberculosis and diarrheal disease had to await the rise of farming, measles and bubonic plague the appearnce of large cities.

Besides malnutrition, starvation, and epidemic diseases, farming helped bring another curse upon humanity: deep class divisions. Hunter-gatherers have little or no stored food, and no concentrated food sources, like an orchard or a herd of cows: they live off the wild plants and animals they obtain each day. Therefore, there can be no kings, no class of social parasites who grow fat on food seized from others. Only in a farming population could a healthy, non-producing elite set itself above the disease-ridden masses. Skeletons from Greek tombs at Mycenae c. 1500 B. C. suggest that royals enjoyed a better diet than commoners, since the royal skeletons were two or three inches taller and had better teeth (on the average, one instead of six cavities or missing teeth). Among Chilean mummies from c. A. D. 1000, the elite were distinguished not only by ornaments and gold hair clips but also by a fourfold lower rate of bone lesions caused by disease.

Similar contrasts in nutrition and health persist on a global scale today. To people in rich countries like the U. S., it sounds ridiculous to extol the virtues of hunting and gathering. But Americans are an elite, dependent on oil and minerals that must often be imported from countries with poorer health and nutrition. If one could choose between being a peasant farmer in Ethiopia or a bushman gatherer in the Kalahari, which do you think would be the better choice?

Farming may have encouraged inequality between the sexes, as well. Freed from the need to transport their babies during a nomadic existence, and under pressure to produce more hands to till the fields, farming women tended to have more frequent pregnancies than their hunter-gatherer counterparts -- with consequent drains on their health. Among the Chilean mummies for example, more women than men had bone lesions from infectious disease.

Women in agricultural societies were sometimes made beasts of burden. In New Guinea farming communities today I often see women staggering under loads of vegetables and firewood while the men walk empty-handed. Once while on a field trip there studying birds, I offered to pay some villagers to carry supplies from an airstrip to my mountain camp. The heaviest item was a 110-pound bag of rice, which I lashed to a pole and assigned to a team of four men to shoulder together. When I eventually caught up with the villagers, the men were carrying light loads, while one small woman weighing less than the bag of rice was bent under it, supporting its weight by a cord across her temples.

As for the claim that agriculture encouraged the flowering of art by providing us with leisure time, modern hunter-gatherers have at least as much free time as do farmers. The whole emphasis on leisure time as a critical factor seems to me misguided. Gorillas have had ample free time to build their own Parthenon, had they wanted to. While post-agricultural technological advances did make new art forms possible and preservation of art easier, great paintings and sculptures were already being produced by hunter-gatherers 15,000 years ago, and were still being produced as recently as the last century by such hunter-gatherers as some Eskimos and the Indians of the Pacific Northwest.

Thus with the advent of agriculture and elite became better off, but most people became worse off. Instead of swallowing the progressivist party line that we chose agriculture because it was good for us, we must ask how we got trapped by it despite its pitfalls.

One answer boils down to the adage "Might makes right." Farming could support many more people than hunting, albeit with a poorer quality of life. (Population densities of hunter-gatherers are rarely over on person per ten square miles, while farmers average 100 times that.) Partly, this is because a field planted entirely in edible crops lets one feed far more mouths than a forest with scattered edible plants. Partly, too, it's because nomadic hunter-gatherers have to keep their children spaced at four-year intervals by infanticide and other means, since a mother must carry her toddler until it's old enough to keep up with the adults. Because farm women don't have that burden, they can and often do bear a child every two years.

As population densities of hunter-gatherers slowly rose at the end of the ice ages, bands had to choose between feeding more mouths by taking the first steps toward agriculture, or else finding ways to limit growth. Some bands chose the former solution, unable to anticipate the evils of farming, and seduced by the transient abundance they enjoyed until population growth caught up with increased food production. Such bands outbred and then drove off or killed the bands that chose to remain hunter-gatherers, because a hundred malnourished farmers can still outfight one healthy hunter. It's not that hunter-gatherers abandoned their life style, but that those sensible enough not to abandon it were forced out of all areas except the ones farmers didn't want.

At this point it's instructive to recall the common complaint that archaeology is a luxury, concerned with the remote past, and offering no lessons for the present. Archaeologists studying the rise of farming have reconstructed a crucial stage at which we made the worst mistake in human history. Forced to choose between limiting population or trying to increase food production, we chose the latter and ended up with starvation, warfare, and tyranny.

Hunter-gatherers practiced the most successful and longest-lasting life style in human history. In contrast, we're still struggling with the mess into which agriculture has tumbled us, and it's unclear whether we can solve it. Suppose that an archaeologist who had visited from outer space were trying to explain human history to his fellow spacelings. He might illustrate the results of his digs by a 24-hour clock on which one hour represents 100,000 years of real past time. If the history of the human race began at midnight, then we would now be almost at the end of our first day. We lived as hunter-gatherers for nearly the whole of that day, from midnight through dawn, noon, and sunset. Finally, at 11:54 p. m. we adopted agriculture. As our second midnight approaches, will the plight of famine-stricken peasants gradually spread to engulf us all? Or will we somehow achieve those seductive blessings that we imagine behind agriculture's glittering facade, and that have so far eluded us?

Rot Teufel
21-05-16, 13:02
com'è il pan per focaccia, bitches?

Il perfetto tl/dr del wottone :asd:

macs
21-05-16, 13:04
Sento puzza di ritardo mentale e trisomia 21, forse pure 18

Ginzo
21-05-16, 13:45
sisi, 2000 kcal/die per individuo in una tribù di trenta persone, da recuperare ogni santo giorno da fonti instabili, erratiche e mobili. immagino il tempo libero guarda, ore e ore da dedicare alla filosofia :asd:
la vita dei contadini era una merda uguale, ma almeno erano in grado di produrre surplus.

Non ho letto il wot di cesarcoso ma quoto moloch in toto. Mi sono dovuto sorbire giusto qualche mese fa un intero capitolo di sociologia sul come le disuguaglianze economiche sono state create dall'agricoltura perchè ha permesso di accumulare quantità sempre maggiori di cibo.

EddieTheHead
21-05-16, 14:01
secondo certe teorie, l'uomo non è diventato sedentario agricoltore per produrre il pane, ma per produrre la birra :sisi: non scherzo

Moloch
21-05-16, 14:11
tie molocchio, beccati sto malloppone:

http://discovermagazine.com/1987/may/02-the-worst-mistake-in-the-history-of-the-human-race



ne ho letto metà, qualcosa non mi tornava, ho aperto il link.

JARED DIAMOND





cesarino ammazzati

Cesarino
21-05-16, 14:18
:fag:

Cesarino
21-05-16, 15:13
Maschilismo 2016, anche gli uomini si sentono discriminati

Il 19 novembre si celebra l’International Men’s Day, diventata un’occasione per attirare l’attenzione sul mondo maschile, investito da problemi nuovi come i disturbi alimentari e i frequenti suicidi. C’è chi ha anche chiesto un ministero per la tutela dei maschi




Sul calendario, da celebrare, non c’è solo l’8 marzo. Forse non tutti lo sanno, ma anche gli uomini hanno la loro festa: l’International Men’s Day (Imd), che si celebra dal 1999 ogni 19 novembre. In Italia è riconosciuta dal 2009, anche se non si vedono in giro molte donne intente a fare gli auguri ai compagni, mariti, padri, fratelli. L’idea di una festa maschile era già nata in Russia negli anni Venti per celebrare il valore dei poderosi maschi sovietici, che non ritenevano giusto che ci fosse una festa per le donne e non una per gli uomini. Ma negli anni, davanti al declino della cultura patriarcale, la celebrazione si è trasformata in una sorta di rivendicazione della mascolinità. Quasi fosse una categoria da proteggere, ora che il maschio alfa è diventato più debole. Celebrando le gesta e i sacrifici che gli uomini hanno fatto per contribuire al progresso della società. Se l’orgoglio femminile esiste, meglio ricordare anche quello maschile.

«È un’idea eccellente per garantire l’equilibrio di genere», disse Ingeborg Breines, direttrice della sezione Donne e cultura della pace dell’Unesco, a proposito della festa. Come se, con l’emergere della questione di genere, femminile, si fosse innescata una battaglia tra i sessi. Con una discriminazione al contrario, che porta a una disattenzione verso le esigenze maschili. La polemica emerge puntuale sui social network ogni 8 marzo, con una lunga fila di post di uomini arrabbiati che rivendicano una celebrazione anche per sé, ignari dell’esistenza di una festa equivalente al maschile. Tant’è che quest’anno il comico inglese Richard Herring si è messo di santa pazienza e ha risposto a ogni tweet polemico che l’8 marzo maschile esiste, ed è il 19 novembre.

Finora parole come oppressione, pregiudizio, discriminazione, sessismo sono state agitate dalle donne. E gli uomini sono sempre stati gli imputati, non le vittime. Ma ora pure il sesso forte ha qualcosa di cui lamentarsi. I maschi si sentono oppressi proprio come le donne. Ecco perché recriminano una festa tutta per loro. Ecco perché in Gran Bretagna, in risposta allo storico programma della Bbc, Woman’s Hour, nel 2010 è partito anche Men’s Hour, «la trasmissione per gli uomini moderni». Che hanno le loro paturnie, soffrono (uno degli ultimi podcast si chiama “Boys don’t cry?”) e rivendicano la propria mascolinità.

Anche in Italia, in risposta all’associazionismo femminile, sono spuntati i comitati maschili. Come il “Cerchio degli uomini”, che oltre a riflettere sul cambiamento della figura maschile, fa cose molto utili, come la promozione di una linea telefonica dedicata agli uomini che si accorgono (per tempo) di avere reazioni violente. Ma ci sono anche nomi come l’Associazione uomini casalinghi (il vero uomo sa anche lavare, dicono) e Maschile Plurale, che raccoglie uomini con orientamenti sessuali diversi.

Davanti al declino della cultura patriarcale, l’International Men’Day si è trasformato in una sorta di rivendicazione della mascolinità. Quasi fosse una categoria da proteggere, ora che il maschio alfa è diventato più debole

Qualche anno fa fece molto rumore un libro scritto dal filosofo sudafricano David Benatar, The Second Sexism. Discrimination Against Men and Boys. Secondo Benatar, una nuova forma di sessismo latente opprime gli uomini nel mondo occidentale. Fatta eccezione per la violenza sessuale e la violenza domestica, dice Benatar, gli uomini sono vittime della violenza molto più delle donne. Ed elenca una serie di esempi. Sono arruolati molto più delle colleghe per combattere le guerre. Tra i senzatetto, la popolazione maschile è prevalente. Fanno lavori più usuranti. In caso di divorzio, hanno minori probabilità di tenere la casa coniugale e ottenere la custodia dei figli. E nel caso di un naufragio, sulle scialuppe di salvataggio salgono per ultimi. Se a questo aggiungiamo il fatto che gli uomini hanno una tendenza al suicidio dieci volte maggiore rispetto alle donne, viene fuori quello che secondo Benatar è il “secondo sessismo”. Secondo, perché il primo, quello verso le donne, esiste eccome. E Benatar non lo nega, vuole soltanto fare giustizia e dire che anche gli uomini hanno i loro problemi.

Se nell’immaginario collettivo le donne sono oppresse da figure femminili scolpite e perfette, anche gli uomini subiscono lo stereotipo dei muscoli a tutti i costi. Una ragazza può sentirsi inadeguata mentre guarda l’ultima pubblicità di Irina Shayk, un ragazzo può avere le stesse sensazioni davanti alle foto di David Beckam. Non a caso, come abbiamo già scritto su Linkiesta, i disturbi alimentari non sono più solo un problema femminile. Se fino a vent’anni fa una persona su dieci tra chi soffriva di problemi legati all’alimentazione era di sesso maschile, oggi l’incidenza è aumentata a uno su quattro. Non solo anoressia e bulimia, gli uomini sconfinano spesso e volentieri nella ortoressia e vigoressia, l’ossessione per i muscoli, nata nella cultura del benessere a tutti i costi, delle palestre e dello sport eccessivo.

Per identificare l’uomo attento all’estetica è stato coniato anche il termine metrosexual, utilizzato per indicare una nuova generazione di uomini consumatori di prodotti cosmetici e molto curati nell’aspetto. In controtendenza rispetto allo stereotipo dell’uomo rude “che non deve chiedere mai”. Come per le donne, anche per gli uomini, spiegano gli psichiatri, il corpo è diventato teatro di rappresentazioni e di conflitti. Dall’adolescenza all’età adulta. E poiché i disturbi alimentari sono stati considerati finora con una connotazione prevalentemente femminile, gli uomini hanno difficoltà a chiedere aiuto agli specialisti. Anche perché se ci sono giustamente centri per le donne, case per le donne ecc, sono pochi gli equivalenti maschili. E anche le strutture specializzate nella gestione delle patologie specifiche degli uomini. Basta pensare che fino a due anni fa, il Dsm (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), la Bibbia dei disturbi psicologici, tra i criteri per descrivere l’anoressia indicava addirittura “l’assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi”. Gli uomini non venivano neanche presi in considerazione.

Secondo David Benatar, una nuova forma di sessismo latente opprime gli uomini nel mondo occidentale. Fatta eccezione per la violenza sessuale e la violenza domestica, dice Benatar, gli uomini sono vittime della violenza molto più delle donne

Come spiegano Laura Dalla Ragione e Marta Scoppetta nel libro Giganti d’argilla, se l’identità dell’uomo in passato si costruiva attraverso il lavoro, in un momento di crisi si punta tutto sul corpo. La costruzione di un corpo perfetto può diventare un obiettivo che distrae da una vita non proprio soddisfacente. Non a caso, rispetto alle donne, negli uomini che soffrono di disturbi alimentari si registra una forte prevalenza di disturbi psichiatrici. E spesso alle spalle di un uomo anoressico o bulimico ci sono storie di obesità infantile, più ricorrente tra i maschi che nelle femmine. Che subiscono gli insulti e le prese in giro dei coetanei tanto quanto accade tra le bambine, provocando nei ragazzi le stesse sofferenze delle ragazze.

L’organizzazione inglese CALM, acronimo che sta per Campaign Against Living Miserably , ha pubblicato in occasione di una delle ultime Feste dell’uomo uno studio dal titolo “Crisi nella moderna mascolinità: capire i suicidi maschili”. In Inghilterra e Galles il suicidio è la principale causa di morte tra gli uomini nella fascia d’età 20-49 anni. E gli uomini rappresentano il 78% di tutti i suicidi nel Regno Unito, mentre quelli femminili sono in declino. Lo studio analizza le pressioni e le aspettative che uomini e donne affrontano nella vita di tutti i giorni, concludendo che gli uomini non riescono a reagire ai problemi perché tendono a non parlarne, tenendosi tutto per sé. Tra gli intervistati, il 42% degli uomini quando va al lavoro dice di sentirsi oppresso dalla necessità di “portare il pane a casa”. Tra le donne, si scende al 13 per cento. Non solo: quasi un uomo su tre teme di perdere il lavoro, perdendo così la stima della propria compagna. E a proposito di relazioni, tre uomini su dieci ritengono di non avere le qualità e le abilità che una partner cerca in un uomo. Senza dimenticare che, soprattutto in un periodo di crisi, gli uomini ammettono di sforzarsi per mostrarsi forti e padroni della situazione, senza lasciare intravedere debolezze ed emozioni. Finché non scoppiano, appunto. Tanto che qualcuno in Inghilterra si è spinto fino a chiedere un “ministero degli Uomini”. I pesci, ha scritto Tim Samuels sul Telegraph, hanno maggiori rappresentanti in politica degli uomini: c’è chi combatte per la loro tutela e per la sostenibilità della pesca. È tempo che qualcuno combatta anche per la tutela dell’uomo nuovo, contro il logorio della vita moderna.

Decay
21-05-16, 15:20
no però solo peggio del femminismo ci può essere solo il "maschilismo"

fuserz
21-05-16, 16:11
no però solo peggio del femminismo ci può essere solo il "maschilismo"

o quattro wot nello stesso thread

Ginzo
21-05-16, 16:15
no però solo peggio del femminismo ci può essere solo il "maschilismo"

Cioè inteso come il femminismo al maschile? :uhm:

Per carità, io li abolirei entrambi, ma visto che ormai le donne hanno la loro ideologia per millantare diritti/privilegi non vedo perchè lasciare a loro tutta la torta.

Mr.Cilindro
21-05-16, 17:19
minchia ma voi state malissimo

fanculo le donne e fanculo anche i wot di cascarino

Ciome
21-05-16, 17:33
supporto il "ministro dei maschi". voglio vedere di cosa si occupa e cosa oserà proporre.

Ginzo
21-05-16, 17:37
Ridurre il numero di insegnanti donne nelle scuole mi sembra il minimo, visto che con il loro aumentare la media delle alunne femmine è MISTERIOSAMENTE aumentata in modo proporzionale e quella dei maschi è diminuita :asd:

Ciome
21-05-16, 17:44
Ridurre il numero di insegnanti donne nelle scuole mi sembra il minimo, visto che con il loro aumentare la media delle alunne femmine è MISTERIOSAMENTE aumentata in modo proporzionale e quella dei maschi è diminuita :asd:

non è che se assumi insegnanti femmine, queste si mettono ad ammazzare i maschi nelle varie classi eh... non mi pare una correlazione molto sensata...

poi comunque al mondo la proporzione maschi femmine è 1:5

Mr.Cilindro
21-05-16, 17:46
non è che se assumi insegnanti femmine, queste si mettono ad ammazzare i maschi nelle varie classi eh... non mi pare una correlazione molto sensata...

poi comunque al mondo la proporzione maschi femmine è 1:5

ma per favore :rotfl:

la proporzione maschi femmine è pari, ancora co ste cagate che al mondo ci sono più donne.

poi da che mondo e mondo abbiamo avuto tutti le mastrine spastiche a scuola che "le femmine gnegne sono più brave sono più educate", maestrine che poi vanno letteralmente sparendo quando si sale di ranking e si arriva alle superiori in scuole serie e a quel punto le donne insegnanti spariscono se non per rimanere due ore a settimana come materia secondaria

Ginzo
21-05-16, 17:49
non è che se assumi insegnanti femmine, queste si mettono ad ammazzare i maschi nelle varie classi eh... non mi pare una correlazione molto sensata...

poi comunque al mondo la proporzione maschi femmine è 1:5


Le femmine non sono state sempre più brave a scuola, il trend si è invertito negli anni 90'. E capita quasi solo in Occidente.

Magari i maschi sono diventati stupidi e le femmine intelligenti contemporaneamente in tutto il mondo occidentale, hai ragione :sisi:

>la proporzione

Ma sei autistico?

Moloch
21-05-16, 17:50
poi comunque al mondo la proporzione maschi femmine è 1:5

fermo restando che NON E' 1:5, è una proporzione falsata dalla maggiore speranza di vita, le nascite hanno distribuzione di sesso 1:1

Ginzo
21-05-16, 17:54
Ed è anche un problema grave, perchè se uno va male a scuola e la lascia diventa praticamente un fallito. Attualmente la percentuale di donne-uomini che vanno all'università è circa 60%-40%.

Eh ma il patriarcato!!!!1!!!1

macs
21-05-16, 18:05
I maschi devono pensare alla figa, c'è mica il tempo per studiare eh

Ciome
21-05-16, 18:34
devo aver toccato un argomento sensibile, la gente si è agitata peggio di quando derek smart se la prese con chris roberts...

Decay
21-05-16, 23:38
Cioè inteso come il femminismo al maschile? :uhm:

Per carità, io li abolirei entrambi, ma visto che ormai le donne hanno la loro ideologia per millantare diritti/privilegi non vedo perchè lasciare a loro tutta la torta.

si inteso come movimento che ricalca la retorica femminista in chiave maschile.

io direi che fottesega, il punto fondamentale che molta gente non riesce a capire è che siamo una società fondata su diritti/doveri DEL SINGOLO individuo, statistiche che mettono in luce differenze tra uomini e donne di per sè non vogliono dire un cazzo. prenderle per propagandare una propria ideologia, in larga parte stridente con la realtà, vuol dire essere pirla o in mala fede.

Ginzo
22-05-16, 01:09
Non ti seguo onestamente

Necronomicon
22-05-16, 01:13
Parrebbe una lettura calvinista della questione

hoffmann
22-05-16, 06:55
In classe, io vedo tra i maschietti una massa di fessi inutilizzabili allarmante. Tra le ragazze le cose vanno già molto meglio. C'è evidentemente qualcosa che non va nel modo di tirarli su; non so che cosa sia cambiato negli ultimi 10-15 anni.
Non parlo solo di attitudine allo studio, ma di un atteggiamento rinunciatario e vile che mi preoccupa molto; peraltro sono coccolatissimi dalle famiglie, come se fossero merce rara. Parlo sempre dei maschietti.

ugotremila
22-05-16, 08:30
Che é sta roba? La Lucarelli?

Mad_One
22-05-16, 08:44
la prima è il classico caso di predico bene e razzolo male al 95%

il secondo è quello che risponde mettendo tutto l'impegno che può nella prosa, dimostrando la sua ""cultura"", con la speranza di trombare la prima :caffe:

gli altri lettouncazzo :caffe:

Zhuge
22-05-16, 11:23
Ridurre il numero di insegnanti donne nelle scuole mi sembra il minimo, visto che con il loro aumentare la media delle alunne femmine è MISTERIOSAMENTE aumentata in modo proporzionale e quella dei maschi è diminuita :asd:

aggiungerei anche le quote blu obbligatorie in magistratura

non è possibile che ogni mese vengano pubblicate sentenze di cause decise in base all'andamento ormonale :snob:

- - - Aggiornato - - -


fermo restando che NON E' 1:5, è una proporzione falsata dalla maggiore speranza di vita, le nascite hanno distribuzione di sesso 1:1

secondo me non tieni conto debitamente anche dell'incidenza della fagganza :snob:

Ginzo
22-05-16, 11:24
Vai a piangere su Life is Strange, coso :asd:

Zhuge
22-05-16, 11:25
Vai a piangere su Life is Strange, coso :asd:

:piange:

ryohazuki84
22-05-16, 12:13
Siamo tutti d’accordo, presumo, nel dire che la nostra generazione di donne concede la propria virtù in dosi e tempi diversi rispetto alle generazioni precedenti (leggi: la diamo via come fosse mangime ai piccioni, solo che voi a differenza degli altri volatili, che s’ammassano tutti lì a beccare il beccabile, iniziate a ritrarvi). Ciò comporta un mutamento sostanziale nelle condizioni del mercato, l’equilibrio tra domanda e offerta s’inverte, l’eccesso di disponibilità e la semplicità di reperimento rendono la merce (la passera) meno pregiata e il suo valore diminuisce. Semplice microeconomia del pelo.

ma dove? :rotfl: in quale universo? :rotfl:

Necronomicon
22-05-16, 12:15
Devi immaginare chi si scopa questa e quindi di che genere di uomo si lamenta. Se ci riesci, capirai quanto sia stupidamente misera la questione che pone nel suo wot

Questa si sarà fatta l'universo di bellocci che non fanno alcuna fatica a tirar su nulla ma ora tic tac ha bisogno di sistemarsi ma scopre che il bravo ragazzo che la sposerebbe ha il sacro timore di incasinarsi con una che ha la fama di essere un buco nero per cazzi.

Bigio
22-05-16, 12:19
ma dove? :rotfl: in quale universo? :rotfl:

L'unico modo di fare sesso prima del matrimonio è rivolgersi ad una casa chiusa.

ryohazuki84
22-05-16, 12:20
Devi immaginare chi si scopa questa e quindi di che genere di uomo si lamenta. Se ci riesci, capirai quanto sia stupidamente misera la questione che pone nel suo wot

Questa si sarà fatta l'universo di bellocci che non fanno alcuna fatica a tirar su nulla ma ora tic tac ha bisogno di sistemarsi ma scopre che il bravo ragazzo che la sposerebbe ha il sacro timore di incasinarsi con una che ha la fama di essere un buco nero per cazzi.

sarà, ma io sti famosi "buchi neri per i cazzi" di cui sento tanto parlare li vedo sempre chiudersi all'improvviso quando si avvicina il mio

Lux !
22-05-16, 12:42
Devi muoverti più rapidamente, tipo Indy che rotola sotto la porta del tempio :snob:

ryohazuki84
22-05-16, 12:42
Devi muoverti più rapidamente, tipo Indy che rotola sotto la porta del tempio :snob:


troppo faticoso, rinunzio

Maelström
22-05-16, 12:45
>l'agricoltura richiede 6 ore di lavoro al giorno

Sono abbastanza sicuro che non sia vero :asd:

E' un errore di battitura, intendevano 16 ore al giorno

Lux !
22-05-16, 12:45
http://img.izismile.com/img/img9/20160521/640/these_jokes_might_be_just_the_sort_of_thing_that_w ill_crack_you_up_640_high_05.jpg

Decay
22-05-16, 12:59
Non ti seguo onestamente

che molte delle istanze femministe, job gap in primis, sono frutto non di una società che persegue la donna in quanto tale, ma il frutto della libera scelta dei singoli individui. la somma di questi comportamenti non porta ad un risultato identico tra i due sessi e questo viene visto come ingiustizia, dove non lo è perchè l'insieme delle donne nel complesso non è un essere senziente, è una astrazione, ina idea che non ha un vero riscontro reale, un gruppo statistico.

l'arrivo no è tutti felici realizzati con lavoro rettribuito, l'arrivo è tutti liberi di scegliere quello che più si desidera senza uno/a che ti viene a dire quello che devi fare/essere della tua vita.

Ginzo
22-05-16, 13:14
I singoli individui formano la società, se la grande maggioranza dei singoli individui è avversa a un gruppo sociale, affermare che la società persegue quel gruppo sociale non è una cosa tanto bizzarra.

Probabilmente non è questo il caso con le donne, perchè non direi che la società le perseguiti, anzi, ma può succedere tranquillamente.

A livello di caso specifico sono d'accordo con te, comunque.

Biocane
22-05-16, 13:19
le seghe mentali, basta cacciare la lingua in bocca e via, e se uno non lo fa è perchè in fondo non vuole. punto. thread internet via lattea

Cesarino
22-05-16, 13:23
Tinder Chronicles 1 – Il tipo da Modelle


Quando sei single da un po’, amici e conoscenti iniziano a raccontarti leggende metropolitane di amiche di amiche che sul Tinder hanno addirittura trovato l’amore. E che quindi sì, insomma, dovresti usarlo anche tu. E non importa che tu dica “no ma figurati se uno si mette con uno di Tinder, no dai ti prego, non mi va, io ste cose le ho già fatte quando erano meno mainstream, io voglio conoscere qualcuno nella vita reale e blablabla“. Quelli ti dicono che no, che devi usarlo, perché male non fa, perché puoi sempre conoscere gente nuova. Tu ci pensi un po’, rifletti sullo scorso autunno di astinenza sessuale (che hai deciso di non replicare nel 2016) e ti dici: va bene, okay, proviamo.

Così mi sono rimessa sulla piazza delle dating app e ho constatato che esse richiedono un gran dispendio di tempo che potrebbe essere destinato a più edificanti attività sociali e personali, ma che in effetti c’è un sacco di materia prima e questo è un fatto.

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Ho conosciuto un tipo, che chiameremo Tinder 1. Tinder1 ha 27 anni. Oh yes, è un under30 e capite bene che anche solo questo non poteva che indurmi a uscirci per condurre un’accurata indagine etnometodologica sulle possibilità di interazione con i millennials (dicesi millennials quelli che erano ancora minorenni quando è nato youtube, per capirci). Inoltre abbiamo un amico in comune, una persona vera, per cui la cosa assume delle sembianze molto rassicuranti, quasi familiari, nel grande apeiron delle staffette sessuali digitali.

Il Tinder1 se la cava grandemente. Prima uscita pomeridiana, un paio d’ore piacevoli, normali, tranquille. Si fa sentire nei giorni a seguire e il weekend successivo ci vediamo per aperitivo che in realtà diventa una cena. Poi lui sarebbe andato a una festa giovanilistica e io avrei raggiunto i miei amici 30enni per bere un amaro del capo in qualche locale sovraffollato sui Navigli.

A metà della cena e al secondo bicchiere di bianco so già che gliela darei senza riserve, perché lui mi fa ridere, perché è insolente ma mi fa anche una specie di tenerezza, perché sto mangiando pesce, il locale è bello, lui è bello, cioè non è Michael Fassbender ma ha delle robe che a me soggettivamente piacciono molto, da sempre, tipo essere alto, altissimo, più alto di me coi tacchi, e moro, e barbuto, attento a darmi la precedenza quando c’è da varcare una soglia e molto attento a rabboccarmi il vino (ho fatto diverse cene con alcolizzati latenti che si scolavano la bottiglia da soli, tracannando a un ritmo assai più sostenuto del mio). Il cameriere gay è innamorato di lui, evidentemente, e al tavolo accanto c’è un crogiolo di commilitone over30 che parlano di maternità e gravidanze. E io sono felice di essere lì con un bel figliolo under30 che voi non potete capire quanto. Ho anche la piega fatta e un look total black (così, per essere originali) che mi fa sentire bene. Insomma mi sento una figa a cena con un figo (non sposato/fidanzato/convivente con altra ignara donna, primo vantaggio dell’under30: esiste la possibilità concreta che sia casualmente – e non cronicamente – single). E questa cosa non mi capitava da un pezzo e me la godo anche se lui poi andrà a quella festa e io penso che anzi meglio così, almeno non gliela do e non faccio la parte della vagina facile. Tutto molto bene.

Al terzo bicchiere mi dice che darà pacco alla festa (che apprendo essere una festa con modelle, di cui una già destinata a lui, nel senso che lo aspetta proprio, perché hanno già limonato in passato, ottimo).

“Perché pacchi?”, gli chiedo con fasullissima apprensione mentre in realtà i miei ormoni stanno facendo il trenino sulle note di Com’è bello far l’amore da Trieste in giù.

“Perché sto benissimo con te”.

Uau. Dammi il cinque.

Vagina 1 – Strafiga-20enne-di-40-kg 0.

Nel frattempo gli arrivano whatsapp multipli da altri amici under30 che, a seguito del suo pacco alla festa con le ultrafighe, gli danno del frocio. Mi è utile notarlo per accertarmi che lui non sia un mitomane che ha inventato tutto.

Le cose procedono a quel punto in maniera eccellente e, dopo aver pasteggiato e bevuto a sufficienza, andiamo da me.

Il prosieguo è lasciato alla fantasia del lettore.

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Avremmo potuto non sentirci mai più, come di solito avviene con le one-shot. Invece mi ha riscritto (la sera stessa, ndr) e il giorno dopo, domenica, è tornato da me, per un appassionante e appagante secondo round. Tutto molto bene.

Avremmo potuto non sentirci mai più, come di solito avviene con le two-shots. Invece mi ha riscritto dopo poche ore che sarebbe tornato da me, di nuovo, e che insomma ne avevamo ancora voglia entrambi. Ed eravamo stati entrambi bene, senza disagi, senza sbattimenti. Tutto molto naturale, liscio, quasi normale.

Se non fosse che poi, raccontandocela su, torna sul tema modelle e mi manda il link alle foto della extreme-gnocca-deluxe che aveva mandato in bianco la sera prima. A seguire mi gira il link di un’altra gnocca, persino meglio della prima, che lui proprio vorrebbe farsi.

Io tentenno, titubo e mi chiedo: ma perché? A me cosa interessa del tuo campionario di modelline perfette con lunghi capelli setosi e sorrisi bianchissimi che manco una join venture tra Mentadent e Omino Bianco (sì, è l’invidia della fumatrice che mi fa parlare)? D’un tratto è stato come se la realtà fosse arrivata all’improvviso, tutta insieme, siamo a Milano baby, qua un milanese piacente esce con le modelle, quelle che di solito si vedono sulle riviste, sulle passerelle e affisse seminude sui palazzi. Pura pappa reale per l’ego delle donne normali, quelle che da tutta la vita s’impegnano a combattere o ad accettare i propri difetti e le proprie imperfezioni. Cose che ti mettono a tuo agio come un uomo sarebbe a suo agio a sentirsi dire “Il mio ex era il gemello genitale di Rocco Siffredi“.

In sintesi: dovrei sentirmi lusingata di aver vinto il trofeo virile per 1 notte, o forse 2, o forse 3? Le foto delle tope servono a mettere una distanza e a dirmi con una sofisticata forma di comunicazione non verbale “ei sappi che io mi trombo gnocche più gnocche di te, ma siccome sei intelligente mi sono fatto pure te“? Avrei forse dovuto dire: “Uau, facciamolo in tre!“?

Perché a me va bene che sono adulta, indipendente, mentalmente aperta e sessualmente libera, ma sono pur sempre una vagina. Inoltre, in passato, sono stata tradita (da un eunuco che amavo) con una pseudo-modella, quindi ho proprio un’idiosincrasia scoperta sul tema. Aggiungici che sono, come tutte, culturalmente programmata fin dalla più tenera età a essere insicura. E quella menata della bellezza, ommioddio, quante inutili paturnie sulla bellezza, sulla sensazione di non esserlo mai abbastanza: che siamo grasse, che siamo basse, che non abbiamo le tette, che abbiamo la cellulite, la buccia d’arancia e le smagliature, che stiamo invecchiando e DIOPECCATOMORTALEINVECCHIARE. Ettucheffai? Mi mandi le modelle.

Ho concluso dicendogli che doveva uscire con la super-figa, invece che con me, che era più giusto e più coerente così. Credo anzi di aver proprio detto “Sei un tipo da modelle“, come se fosse una categoria antropologica con la quale io non posso naturalmente avere nulla a che spartire. Non saprei dire se lo pensassi davvero, ma mi era scattata l’artiglieria autodifensiva pesante e quando lui mi ha detto “Ma sto uscendo con te”, ho proprio insistito: esci con la prossima copertina di ELLE, dai.

Comunque sono state 36 ore molto belle. Questo è un fatto.

Come è un fatto che da tutta questa storia possiamo trarre una sola grande morale: puoi anche essere una strafiga di straordinaria bellezza e, ciononostante, essere paccata di sabato sera. Succede a tutte. Anche alle modelle.

Quindi noi stiamocene tutte molto tranqui.

Ginzo
22-05-16, 13:24
Il ritardo

Biocane
22-05-16, 13:31
poi perchè discutere dei wot delle femmine? eh branco di froci disadattati

macs
22-05-16, 13:35
Ma chi cazzo lo legge quel wot

Cesarino
22-05-16, 13:40
Tinder Chronicles 2 – Il conto da pagare


Sono uscita con il secondo tipo conosciuto su Tinder. Ci sono uscita in friendzone, o meglio, per usare un neologismo più preciso, coniato da un mio amico a cui devo riconoscerne la paternità, in no-fuck-zone, in quanto, di fatto, non si può definire “friend” uno che conosci da 5 minuti.

Il concetto di base resta comunque lo stesso: non si ciula.

Glielo avevo detto anticipatamente, a Tinder2, sostenendo “sei fuori dalla mia portata”, perché questo era uno dei match più fighi mai capitati e – come vi ho già spiegato – sono in un periodo profondo e sensibile della mia vita, per cui esco solo con i belli (per lo meno se sono rimediati sulla più popolare dating app del momento).

Ci esco senza tirarmi a lucido ma rendendomi giusto presentabile e lo incontro tardo pomeriggio-ora aperitivo in modo da divincolarmi eventualmente con “Devo raggiungere gente a cena” qualora si riveli una sòla umana.

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Così non è stato, ce la siamo chiacchierata, raccontata, ho collezionato nuovo materiale umano, bevuto vino bianco fermo, abbiamo parlato di lavoro, di amicizie, di relazioni, di Tinder, di socialità milanese, di locali, di standard estetici, di chirurgia plastica, di altri date. E per me è stato come sempre un utile esercizio dialettico perché, naturalmente, io e Tinder2 non avevamo assolutamente un cazzo in comune, ma proprio nulla, dalla provenienza geografica, al vissuto, ai gusti musicali, alle abitudini e alla tipologia di lavoro svolto.

La serata si è rivelata non memorabile, ma piacevole, e tutto è andato liscio fino al momento in cui ho fatto una macabra scoperta, rovistando nella mia borsa: avevo dimenticato il portafogli a casa (nello zaino della palestra), cazzo.

Mi astraggo per qualche secondo, pensando che – merda – ho pure ordinato il secondo bicchiere e non ho cash, ma nemmeno carte, ma nemmeno il libretto degli assegni e così, mentre lui mi spiega che gli piacciono le tipe come Melissa Satta e io confermo che non gliela darò mai per principio, mi chiedo come gestire la situazione. Così lo interrompo su “A me piacciono filiformi, anzi no, sportive” e gli dico qualcosa tipo “Senti, è successa una cosa che mi imbarazza molto, ma mi sono appena accorta di non avere con me il portafogli, però quando usciamo se vuoi passo da casa mia che è qui vic...”.

Tinder2 mi interrompe, mi dice che naturalmente non c’è problema, che avrebbe pagato lui, ci mancherebbe. Che paga sempre lui in queste situazioni, anche quando le tipe sono (f)rigide e non simpatiche come me (che comunque sono anche carina eh, non devo dire quelle cose che gli uomini sono fuori dalla mia portata, che ho delle belle gambe lunghe e si vede anche se ho il jeans, che ho la maglia larga ma che dovrei mettere più in mostra, che tirata “come dice lui” non sono mica male, così gli rispondo che sì sì, non è che sono un mostro – infatti, non hai dei brutti lineamenti – no no, lo so, ma ho delle occhiaie pazzesche, mi fanno schifo i miei denti e ho un brutto culo – perché? – perché è piatto – eh, brutta storia – lo so, vorrei tanto avercelo il culo a mandolino, ma non ce l’ho – t’ammazzi di squat almeno? – no mi fanno male le ginocchia, faccio quelli per handicappati, con il pallone, appoggiata al muro – ah però – si vabbé, ma è una battaglia persa).

Poi torno sul topic e insisto, dico che mi spiace, che se ci rivedremo offrirò io. Lui mi tranquillizza, in maniera in verità molto carina, e da lì iniziamo a disquisire di questo spinoso argomento, pour parler, ovvero la gestione del conto da pagare tra uomini e donne, confrontando il suo punto di vista virile con il mio vaginale.

Lui mi dice che la maggior parte delle donne da per scontato che a pagare sia l’uomo e che moltissime non fanno nemmeno la parte (che sarebbe quella gag per cui tiri fuori il portafogli quando arriva il conto e dici cose come “Senti per piacere, non devi, possiamo dividere, insisto, guarda che le lotte femministe del 68, guarda che siamo emancipate, guarda che lavoriamo, abbiamo la patente e anche il diritto di voto e blablabla” alla quale lui deve tuttavia, improrogabilmente, rispondere che no, che paga lui, punto e basta e così dev’essere perché se per caso quello ha la sciagurata idea di fare 50 e 50 – a meno che non sia davvero SOLO un amico forever – a noi scende la catena in un modo che non ne avete l’idea).

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Inoltre qualsiasi estremizzazione di questa dinamica risulta ulteriormente grottesca, per esempio quelle situazioni in cui alla cassa tiri fuori il contante ed entrambi avete una banconota in mano e la porgete al ristoratore, il quale rimane interdetto, e tu gli dici “ei, ei, sono una donna evoluta, prendimi in considerazione” ma quello inevitabilmente tenderà ad accettare il pagamento dal maschio, non da te. E mentre uscite dal locale vi augurerà buona serata, sperando che per lo meno tu gli offra una fellatio di cortesia.

Insomma, forse Tinder2 ha ragione. Tendenzialmente è socialmente previsto (da noi, ma anche dal ristoratore che ci ignora mentre gli porgiamo il contante o la carta) che a pagare sia l’uomo. E questa cosa vale a prescindere dal tipo di rapporto che intercorre tra le parti, che siano una coppia, che siano amanti, che siano sconosciuti, che te la darò, che non te la darò, che non ci rivedremo mai più.

Scartabello nella memoria le mie esperienze e quelle delle mie amiche, i commenti che ho ricevuto, e per quanto mi renda conto che questa dinamica non sia particolarmente giusta, piuttosto sessista, formalmente obsoleta, antipatica persino, non ci sono cazzi, funziona così.

Chiaro è che ci deve essere equilibrio, dico, non è che una debba approfittarsene e diventare una tassa fissa a carico del povero uomo. Io sono per una divisione iniqua dei costi, del tipo 60 e 40, 70 e 30, a seconda dei casi specifici.

Però tocca ammettere che, tendenzialmente, se sei uomo è statisticamente probabile che il tuo reddito sia superiore al mio, e poi è una questione di etichetta, di cavalleria, e per lo stesso motivo per cui io non esco con te con i baffi in faccia e il pube di un orango, perché la cultura mi impone purtroppo di non essere Frida Khalo, ebbene per la stessa ragione culturale tu puoi anche offrirmi la cena (che non deve essere per forza da Cracco, ma pure dallo Zozzone della Periferia, va bene); del resto io quei soldi li ho devoluti all’estetista, o al parrucchiere, o all’ultima crema antirughe, o al mascara – hai un’idea di quanto costi un mascara? – per risultare gradevole ai tuoi sensi.

Quindi, uomini, non siate spilorci, perché la generosità è una dote che noi donne apprezziamo e il braccino è un difetto che non perdoniamo (peggiore persino del Minipeny).

Offrite e fatelo di buon grado.

Assolutamente NON accettate il fifty fifty, che è veramente cheap (immaginate Nanni Moretti che mi schiaffeggia adesso)

Al massimo, mentre la donna di turno insiste, rispondete “La prossima volta” o “Il prossimo giro”

E se quella non fa nemmeno la parte, beh valutate se vi risulta sufficientemente figa da essere a vostro carico come manco un figlio.

Per contro, voi, donne, non andate in bagno a incipriarvi il naso nel momento esatto in cui il conto arriva a tavola.

E non insistete nemmeno oltremisura se quello dice che offre lui, che diventate moleste. Accettate che offra e basta, non è attraverso il conto da pagare che passa il vostro femminismo. O se lui offre la cena, voi offrite gli amari che andate a bere dopo.

E ogni tanto, tipo 1 volta su 3, offrite voi e mettetelo in chiaro da principio “stasera offro io”.

E non accettate obiezioni.

Educateli a pensare che siamo abbastanza equilibrate da accettare che offrano loro, e da decidere quando offriamo noi.

Che dite, vi fila così?

ryohazuki84
22-05-16, 13:54
ese ciaone proprio cesarì :rotfl:

ugotremila
22-05-16, 13:57
Non sa nemmeno che per il Galateo quando si entra in un posto pubblico deve entrare prima il gentiluomo a controllare la situa.

NABBA

Mad_One
22-05-16, 14:08
entro sempre prima io perché nei locali che conosco di solito volano coltelli e sedie

Qoelet
22-05-16, 14:24
Ma questa manda a cagare un figaccione che aveva mandato in bianco una modella per copulare seco lei... perché? Perché "iopenso cheluipensa echemaallora". Ma ci credo che gli uomini scappano, la vita con una così è peggio della galera.

Mad_One
22-05-16, 14:29
donne AKA ufficio complicazioni cose semplici

Rot Teufel
22-05-16, 14:36
Ma questa manda a cagare un figaccione che aveva mandato in bianco una modella per copulare seco lei... perché? Perché "iopenso cheluipensa echemaallora". Ma ci credo che gli uomini scappano, la vita con una così è peggio della galera.

seghe mentali senza LSD, aka la logica femminile :fag:

Mr.Cilindro
22-05-16, 14:56
poi perchè discutere dei wot delle femmine? eh branco di froci disadattati

quello che sto pensando da quando hanno cominciato, fin dall'altro topic. ma chi si incula sti wot porca zozza puttana

pasquaz
22-05-16, 17:07
che cazzo di thread trovo di domenica pomeriggio

TeoN
22-05-16, 17:26
State facendo analisi nei wot di cesarino. Quella che ha paccato la strafiga latina per un amore immaginario.

Nevvah forget

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Cesarino
22-05-16, 19:37
Un Uomo non educato dal dolore rimane sempre bambino

TeoN
22-05-16, 21:42
Il.dolore delle recinzioni elettrificate pare non basti

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Decay
22-05-16, 22:25
State facendo analisi nei wot di cesarino. Quella che ha paccato la strafiga latina per un amore immaginario.

Nevvah forget

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Ma parliamo di questa storia

Moloch
22-05-16, 22:33
Il.dolore delle recinzioni elettrificate pare non basti

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i secchi d'acqua

Cesarino
23-05-16, 05:46
http://67.media.tumblr.com/8c4e154d1cd2125d01a20e3c6a767975/tumblr_o6tqjlEcwT1rmin5no1_400.gif

TeoN
23-05-16, 07:58
Ti ho detto che quel fatto oscurera' per sempre il tuo internet.

Nemmeno andare a mosca per studi e ficcare l'unica italiana mezza cessa può oscurare l'impresa

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Robin
23-05-16, 08:58
In classe, io vedo tra i maschietti una massa di fessi inutilizzabili allarmante. Tra le ragazze le cose vanno già molto meglio. C'è evidentemente qualcosa che non va nel modo di tirarli su; non so che cosa sia cambiato negli ultimi 10-15 anni.
Non parlo solo di attitudine allo studio, ma di un atteggiamento rinunciatario e vile che mi preoccupa molto; peraltro sono coccolatissimi dalle famiglie, come se fossero merce rara. Parlo sempre dei maschietti.
forse ida magli aveva ragione.

Ginzo
23-05-16, 10:34
forse ida magli aveva ragione.

Secondo me era Erodoto ad aver ragione: "In soft regions are born soft men."

mattex
23-05-16, 10:39
la donna aggredisce fa l'emancipata pio pio ma poi se ti butti addosso chiama la boldrini

Moloch
23-05-16, 10:59
Nemmeno andare a mosca per studi e ficcare l'unica italiana mezza cessa può oscurare l'impresa


era fica!

TeoN
23-05-16, 11:00
era fica!
Cercare di recuperare è peggio!

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Mr.Cilindro
23-05-16, 11:08
subito fuori la storia di cesarino e moloch e la latina e la donna inventata e mosca

ryohazuki84
23-05-16, 12:39
Secondo me era Erodoto ad aver ragione: "In soft regions are born soft men."

l'aveva detto proprio così, in inglese

Bigio
23-05-16, 12:54
l'aveva detto proprio così, in inglese

Altrimenti non gli veniva il gioco di parole :snob:

Milton
23-05-16, 15:41
Secondo me era Erodoto ad aver ragione: "In soft regions are born soft men."

Da quando Erodoto scriveva in inglese?

Decay
23-05-16, 15:49
Da quando c'è l'internet

Ginzo
23-05-16, 16:39
Beh, scriverlo in greco non son capace. La versione italiana della citazione non la conosco. Quindi beccatevela in inglese che di solito rende anche meglio

Chiwaz
23-05-16, 16:45
Topo questo thread sono sempre più innamorato di Pornhub.

Decay
23-05-16, 16:54
il futuro della prostituzione maschile non è l'uccello, ma è il farsi pagare per star ad ascoltare le menate femminili e cercar di portar ordine e consiglio, io vi lo dico

Cesarino
23-05-16, 16:59
Se è figo, se non è figo


Ho deciso di fare coming out. Ho deciso di dire la verità su come noi donne reagiamo ai flirt.

Perché, dopotutto, siamo convinte di essere molto più sofisticate e complesse degli uomini (e per certi aspetti senz’altro lo siamo), ma inciampiamo anche noi in una riduzione fastidiosa seppur verosimile, subendola ma anche applicandola, e cioè: non gli piaci abbastanza/non ti piace abbastanza.

Per capire meglio a cosa facciamo riferimento, entriamo nel dettaglio di alcune situazioni che tipicamente si verificano nei primi approcci con l’altro sesso e scopriamo quanto, sottoposte alle stesse sollecitazioni, reagiamo in maniera diversa a seconda di quanto sia figo l’uomo in questione. I due scenari che prospettiamo, cum figus e sine figus, non si riferiscono al mero aspetto estetico, ovviamente, ma a quell’insieme di elementi – alcuni evidenti, altri imperscrutabili e nascosti nelle profondità del nostro inconscio – che rendono un soggetto particolarmente appetibile per noi.

SE E' FIGO



Controlliamo il telefono ogni 3 minuti
Se vediamo una sua notifica, sorridiamo compiaciute e ci fiondiamo a leggerla
Per rispondere aspettiamo circa 10 secondi, il tempo di pensare alla cosa più sagace da dire (che spesso non è poi così sagace, a esser franche)
Riponiamo il telefono e lo controlliamo ogni 30 secondi per vedere se ri-risponde
A un certo punto, per non fare le groupie, ci imponiamo di non visualizzare e di non accedere a whatsapp per almeno 15 minuti. Generalmente al settimo minuto non resistiamo più e leggiamo.
L’ultimo messaggio della conversazione è il nostro, ed è un messaggio inutile tipo un’emoticon
Se invece ha troncato lui la conversazione, ci offendiamo un po’, in segreto, e giuriamo a noi stesse che non ci faremo sentire più finché non si farà vivo lui (lasso di tempo accuratamente monitorato e misurato in minuti, poi in ore, poi in giorni)
Lui non si fa vivo, quindi pensiamo che in effetti è così figo che possiamo fare un’eccezione, che vale lo sforzo e che possiamo scrivergli noi. Per riuscirci consumiamo circa 350 kcal e mandiamo al macero tutta la nostra educazione sentimentale borbonica che vuole che l’iniziativa sia maschia (ma, del resto, viviamo nel 2016 e, tra criptochecche e amazzoni metropolitane, è difficile discernere il giusto dallo sbagliato, senza contare che “non esistono leggi in amore“)
Visualizza, non risponde. Noi controlliamo le spunte. Controlliamo che sia online. Andiamo a controllare se per caso è attivo su Facebook. Se per caso ha pubblicato qualcosa sulla bacheca. Se per caso non è rimasto vittima di un attentato terroristico e per questo non ci degna dell’attenzione che altresì meriteremmo. Niente.
Riappare dopo 15 ore. Noi c’abbiamo i coglioni di traverso, ma non diciamo nulla perché siamo donne emancipate e poi sei mica pazzah, che cosa vuoi, ha una vita. Ci vendichiamo al massimo facendolo attendere 30 minuti.
I nostri messaggi sono prolissi, viaggiano a gruppi di almeno 3-4 paragrafi per volta. Lui risponde a monosillabi. Comunque non più di cinque parole. Figurati una subordinata.
Se ci scrive 50 messaggi al giorno pensiamo che non vediamo l’ora di vederlo
Se ci manda una nota audio pensiamo che ha una voce adorabile, la ascoltiamo 8 volte, la forwardiamo all’amica più intima, a cui possiamo dimostrare di aver perso la dignità intellettuale
Se ci manda delle sue fotografie pensiamo che avremo dei figli bellissimi, le salviamo e ci intasiamo la gallery di sue effigi nelle quali inciamperemo quando la cosa sarà inevitabilmente andata a mignotte
Se ci parla di sua madre, ci chiediamo se piaceremo a nostra suocera
Se ci parla del figlio del suo amico, pensiamo che è stupendo, ha anche l’istinto di paternità
Se ci manda dei meme pensiamo che sia divertente e se ci manda dei link li guardiamo tutti fino all’ultimo secondo anche se non ce ne frega una minchia
Se ci fa una telefonata, sta diventando una cosa importante, quasi amore
Se ci invita a uscire, accettiamo. Se abbiamo impegni li spostiamo con tripli salti mortali. Pacchiamo le amiche senza rimorso e senza ritegno, e non mentiamo nemmeno, fiduciose del fatto che le amiche vere capiscono. Le vere amiche sanno.
Se ci passa a prendere ci sembra rassicurante e premuroso, e apprezziamo un casino questo fatto che non ci fa sciupare a guidare e cercare parcheggio, o a prendere i mezzi, o a spendere soldi per il taxi.
Se durante la cena è loquace, che bello, si sta aprendo, stiamo comunicando! Se invece tace, è tenebroso e affascinante.
Se non ci invita a uscire, convochiamo un summit di tutte le nostre consulenti sentimentali, incluse le quote finocchie, per analizzare il caso, decifrare i suoi contrastanti segnali e diagnosticare quale forma di disadattamento abbia, perché è evidentemente che è un disadattato
Se ci prova alla prima o alla seconda uscita, va bene. Anzi, forse siamo noi che ci proviamo.
Se a letto non è il top, non importa, sono stata molto bene lo stesso. Se a letto è il top, iniziamo a chiederci se cerimonia civile o religiosa.
Se dopo la prima uscita non vuole rivederci, iniziamo a patire e a lamentarci della totale assenza di uomini single eterosessuali, non egofroci, equilibrati.
Se dopo la prima uscita vuole rivederci, affrontiamo la giornata con un sorprendente buon umore, il ché è la scientifica dimostrazione del fatto che sì, è vero: quando siamo acide è perché non scopiamo abbastanza (o abbastanza bene)
Se fa qualche progetto al futuro il cuore ci salta via dallo sterno, perché ei forse allora al matrimonio della mia amica avrò il mio +1. Te pensa.
Quando l’affair finisce pensiamo che niente, non avremo mai più una storia, ormai è impossibile, piangiamo e scriviamo alle nostre amiche intime, a cui possiamo dimostrare di aver perso la dignità intellettuale; quelle ci dicono le cose che si dicono in questi casi e noi le ascoltiamo ma in fondo non riusciamo a liberarci della modalità “futura gattara inesorabilmente disgraziata” per almeno una settimana.


SE NON E' FIGO



Controlliamo il telefono e proviamo delusione mista a fastidio quando rileviamo 5 notifiche di quello che non ci piace. Invece che del figo.
Non c’è nessuna fretta di accedere a whatsapp e visualizzare i messaggi, del resto sto stalkerando su Facebook la nuova tipa del mio ex. Leggerò quando arriveranno notifiche rilevanti, tipo quelle del gruppo “Assorbenti con le ali per lanciarsi col paracadute” con le amiche della scuola materna.
Tra una risposta e l’altra lasciamo passare circa 15 minuti, di modo che anche il più solerte interlocutore sarebbe degnamente scoraggiato.
L’ultimo messaggio della conversazione è il suo. Non è colpa mia se mi sono addormentata all’improvviso. È stata una giornata pesante.
Non ci facciamo sentire. Se non si fa sentire lui ce ne accorgiamo dopo 1 mese.
Magari gli scriviamo un “come va?”, perché in fondo siamo educate e non ha fatto nulla di male
Visualizziamo, non rispondiamo. Ricompariamo dopo 15 ore e non osare dirmi nulla, cazzo vuoi, ho una vita
Rispondiamo a monosillabi o quasi. Usiamo l’emoticon del pollice per dire “ok” e chiudere la conversazione
Se ci scrive 50 messaggi al giorno, pensiamo di bloccarlo
Se ci manda una nota audio pensiamo ma che sbatti, sono in pubblico, ma che vuoi, ma non puoi scrivere?
Se ci manda delle fotografie sue, notiamo tutti i terribili errori di stile che commette
Se ci parla di sua madre pensiamo che vabbé, dai, cresci un po’
Se ci parla del figlio del suo amico, pensiamo che voglia usarci come incubatrici e no, scusa, ma io non sono pronta
Se ci manda dei meme pensiamo che sia adolescenziale e se ci manda dei link non ci clicchiamo nemmeno sopra dicendo “lo guardo appena riesco” e non riusciremo mai più.
Se ci fa una telefonata, è invadente.
Se ci invita a uscire, abbiamo impegni. Siamo piene per le prossime 3 settimane. Guarda sono infognata. Periodo pazzesco. Gli diamo pacco numerose volte consecutive. Alla fine cediamo perché, in fondo, non si può mai sapere.
Se vuole passarci a prendere, è uno stalker che vuole sapere dove abitiamo esattamente. No tranqui, prendo un’enjoy.
Se durante la cena è loquace, per noi è logorroico; se tace è un disagiato
Se ci invita a uscire convochiamo un summit di tutte le nostre consulenti sentimentali per valutare come gestire la possibilità che ne voglia, mentre noi non ne vogliamo
Se ci prova alla prima o alla seconda uscita è un inetto, ma non lo capisce, ma per chi ti ha presa, ma perché gli uomini devono sempre sessualizzare tutto così in fretta? Che stress.
Se a letto non è il top, addio. Se a letto è bravo e zelante, sì, magari lo rivedo, però insomma non so. Al limite come trombamico nei periodi di arsura.
Se dopo la prima uscita non vuole rivederci, tiriamo un sospiro di sollievo
Se dopo la prima uscita vuole rivederci, iniziamo a pensare cosa fare per scollarcelo di dosso
Se fa qualche progetto al futuro: SENTI STAI CALMO, IO SONO UNA DONNA SINGLE, NON RINUNCIO ALLA MIA LIBERTÀ SIA CHIARO, NON POTRAI INGABBIARMI MAI, NON POTRAI LIMITARE I MIEI SPAZI Né LA MIA INDIPENDENZA E POI GUARDA CHE IO SONO UN CASINO LASCIAMI PERDERE.
Quando l’affair finisce pensiamo che niente, è andata così, sono una donna contemporanea e contundente, mi amo & mi odio, forse la mia dimensione è questa perché sì, sai, io non mi accontento, perché io valgoh.

E lo scriviamo alle altre amiche single che, anche lì, comprendono il nostro stato e ci dicono “si, si, certo”. Perché è tutto vero e tutto sarà così, finché non troveremo un altro figo a cui non piacciamo abbastanza. E il ciclo ricomincerà da capo.

macs
23-05-16, 17:05
Quante seghe mentali :smugpalm:

Lux !
23-05-16, 17:40
Capito perchè sono lesbica? :fag:

Tene
23-05-16, 17:55
I primi wot ovviamente saltati, tanto saranno le solite seghe mentali da donne.
L'ultimo, se è figo, se non è figo, è la verità. Ma è la stessa cosa che fanno anche gli uomini, che c'è di strano?

mattex
23-05-16, 17:57
se aprissero le case chiuse...

Lux !
23-05-16, 17:58
se aprissero le case chiuse...

...sarebbero case aperte :wat2:

DayDream
23-05-16, 18:02
ommaigod! cosa sono questi wot? :O

col cactus che li leggo :fag:

Lux !
23-05-16, 18:04
ommaigod! cosa sono questi wot? :O

col cactus che li leggo :fag:

Potresti aprire una rubrichina di consigli sentimentali :snob: Ci sono tante fanciulle che hanno perso la retta via :snob:

DayDream
23-05-16, 18:07
sono la persona meno adatta a dare certi consigli :fag:

Lux !
23-05-16, 18:11
sono la persona meno adatta a dare certi consigli :fag:

Sei la persona più dolce che ci sia, non ti interessano i regali alle feste comandate, rispetti sempre la parola data, non consideri lo zum-zum un'arma di ricatto, non vai dietro alle campane tibetane, prediligi i pipini brevi, non vuoi farti sposare rimanendo incinta e...

...ti depili le braccia http://a.deviantart.net/avatars/b/e/begplz.gif?1

DayDream
23-05-16, 18:13
e la parte nello spoiler è fondamentale direi :V

Biocane
23-05-16, 18:15
Beh, scriverlo in greco non son capace. La versione italiana della citazione non la conosco. Quindi beccatevela in inglese che di solito rende anche meglio

σε μαλακό περιοχές γεννιούνται μαλακό άνδρες :smugprof:
liceo classico here, media del 3 in greco scritto :smugprof:

Lux !
23-05-16, 18:16
e la parte nello spoiler è fondamentale direi :V

Già quella da sola ti mette al disopra del 99% della popolazione femminile mondiale :snob: Se poi aggiungiamo che non fumi ne ti ubriachi, ed è evidente quanto tu sia unica :snob:

Biocane
23-05-16, 18:17
Sei la persona più dolce che ci sia, non ti interessano i regali alle feste comandate, rispetti sempre la parola data, non consideri lo zum-zum un'arma di ricatto, non vai dietro alle campane tibetane, prediligi i pipini brevi, non vuoi farti sposare rimanendo incinta e...

...ti depili le braccia http://a.deviantart.net/avatars/b/e/begplz.gif?1


perchè predilige i pipini brevi? che problema ha la femmina?

Lux !
23-05-16, 18:22
perchè predilige i pipini brevi? che problema ha la femmina?

Hai fatto il classico e non sai perchè i pipini brevi sono meglio? :tsk: Pensa a tutte le statue greche :snob:

TeoN
23-05-16, 19:29
Lux riaprì il circolino e limita il disagio a quello

Inviato dal mio SM-G920F utilizzando Tapatalk

ryohazuki84
23-05-16, 19:41
cos'è sta storia dei pipini brevi che la cosa mi riguarda in prima persona

Decay
23-05-16, 20:45
cos'è sta storia dei pipini brevi che la cosa mi riguarda in prima persona

sei tu un merovingio?

Lo Zio
23-05-16, 20:46
cos'è sta storia dei pipini brevi che la cosa mi riguarda in prima persona

day, hai trovato la concorrenza :uhm:

DayDream
23-05-16, 20:59
:asd:

Lux !
23-05-16, 21:47
Lux riaprì il circolino e limita il disagio a quello

Inviato dal mio SM-G920F utilizzando Tapatalk

Tieni :snob: (http://www.thegamesmachine.it/forum/just-4-spam-/8886-il-pizzaioloso-circolino-di-teoncina.html#post302264)

ryohazuki84
23-05-16, 23:48
sei tu un merovingio?

mi stai dando del francese? potrei trascinarti in tribunale per questo sappilo

Baddo
24-05-16, 07:42
Tutto vero

Cesarino
24-05-16, 10:23
Tranquille ragazze, anche Wonder Woman ha la cellulite

http://media2.internazionale.it/images/2016/05/13/124699-hd.jpg

Credo di essere una donna intelligente.

Ma allora perché penso ventiquattr’ore su ventiquattro alla mia cellulite?

Sono nata da genitori somali a Roma. Mi definisco spesso afroitaliana, a volte afroeuropea, per semplificare somala/italiana o italosomala. Amo le mie due identità, l’odore del cardamomo e la pastasciutta trovano una sintesi perfetta nelle mie narici, ma ecco, devo dirla questa mia verità: ogni tanto penso che della chiappa africana avrei fatto a meno. E ogni volta che questo pensiero mi attraversa la mente, mi sento in colpa. La chiappa africana è grande, a pera, deborda dove tu non vorresti, fa sì che comprarti un paio di pantaloni sia un inferno. Insomma, si fa notare un po’ troppo, da te e dagli altri. E, insieme alle cosce, sprizza cellulite e smagliature da tutte le parti. Ma possibile che una donna intelligente pensi davvero a questo ammasso di sciocchezze?

Come mai do la colpa alla mia chiappa e non al pantalone?

Perché nonostante la laurea e il dottorato di ricerca cado nella trappola di sentirmi sbagliata?

E poi, che male mi ha fatto la cellulite? Perché a volte la considero un flagello peggiore della peste bubbonica che faceva strage nel 1300?

Ogni donna, non importa di quale parte del pianeta, perde tempo prezioso dietro argomenti del genere. Succede a tutte, almeno una volta nella vita. Cominciamo a ragionare e a parlare come una rivista patinata. E tutte, prima o poi (confessiamolo), compriamo creme che promettono di ridurre la cellulite e far sparire in un battibaleno ogni rotolino di grasso in più. Sappiamo che le creme non funzionano, ma le compriamo lo stesso. Perché tentar non nuoce, e perché siamo sull’orlo di una crisi di nervi. E poi la televisione non aiuta, soprattutto il telegiornale che ci ossessiona (sempre a primavera, mai che ci lasci godere questa stagione in pace) con mille servizi sulla prova costume.

Non siamo sole. Anche Wonder Woman si è arresa

Insomma, ogni volta, ogni santo anno, stiamo lì a impastare le nostre cosce come il pane per vedere quanta quantità di adipe si è accumulata sopra. E non importa se si è atee, ebree, musulmane o cristiane. La cellulite supera ogni confine, ogni scontro di civiltà. Ci ha fregato tutte. Ed eccoci ridotte a compratrici compulsive di creme snellenti. È il mercato, baby, che ci rema contro, che vuole solo i nostri soldi. Ma il mercato ha vinto, ci ha fregato, ammettiamolo. Nel momento in cui ci ha detto che la cellulite è una malattia e noi ci abbiamo creduto, ecco, da quel momento non siamo più state libere.

Non siamo sole. Anche Wonder Woman, quella con la cintura magica, che vola come un missile terra-aria, che salva le persone, che ha insomma i superpoteri, anche lei si è arresa davanti alla cellulite.

La notizia è uscita sulla storica testata Sensation Comics, recentemente rilanciata in formato digital first, dove le strisce sono pubblicate prima in digitale e poi in versione cartacea. Alex De Campi, uno degli autori, ha cercato di infondere nuova umanità nella supereroina e, non a caso, ha cominciato proprio dalla cellulite. La reazione dei lettori non si è fatta attendere: il 23 gennaio 2015 Tumblr è stato preso d’assalto e, nel giro di poche ore, più di centomila utenti hanno commentato o rilanciato la striscia in questione. Via via i contatti sono aumentati e la cellulite di Wonder Woman è diventata un trending topic su Twitter. Nell’episodio un’amica della supereroina la vede con un nuovo costume. “Mi piaceva di più quello tradizionale”, commenta.




Quello tradizionale è quello dove le gambe di Wonder Woman sono in bella vista. Invece nella striscia la supereroina si è bardata con una sorta di corazza medievale, che la copre tutta con una ferraglia degna di Lancillotto. L’amica è perplessa e Wonder Woman le svela l’arcano: qualcuno ha messo su Instagram la sua foto mentre, a gambe nude, salvava migliaia di persone dopo un terremoto devastante in Messico. L’immagine è diventata subito virale perché, appunto, mostrava la sua cellulite. Con ironia, la supereroina commenta che se avesse ricevuto un dollaro da ogni persona che ha visto quella foto, avrebbe potuto ricostruire seduta stante le case distrutte dal sisma. E, affranta, ammette che le persone si sono interessate di più a quel dettaglio che agli sforzi compiuti per salvare la gente.

Diciamolo, a Superman (che in quanto a costume ridicolo non scherza, indossa una calzamaglia) queste cose non succedono. Perché a Wonder Woman sì?

Mondo canaglia!

Tra gli anni venti e trenta l’obesità viene dichiarata nemico pubblico in Francia. E la moda si adegua

Ma quando è cominciata questa storia della cellulite? È sempre stata il delirio che è oggi?

Guardando i quadri rinascimentali o barocchi non sembrerebbe, anzi. Le donne non solo sono in carne, ma spesso sono fornite di una buona dose di cellulite. Da Tiziano a Rubens, le nostre antenate ci davano dentro. Ma non venivano considerate meno belle, meno donne o, come succede oggi, malate.

E allora, quando è cominciata questa prigione mentale in cui siamo tutte rinchiuse?

La cellulite ha una data e un luogo di nascita: è nata a Parigi intorno al 1920. A dirlo è la storica Rossella Ghigi nel saggio Le corps féminin entre science et culpabilisation (Il corpo femminile tra scienza e colpevolizzazione). Il termine era già apparso nel 1873 nella dodicesima edizione del Dictionnaire de médecine diretto da Littré e Robin, ci informa Ghigi. La cellulite è indicata come una infiammazione dei tessuti cellulari. Ma è solo dopo che si crea una vera cellulitemania. Tra gli anni venti e trenta del novecento l’obesità viene dichiarata nemico pubblico in Francia. C’è un vero stigma per il grasso. E la moda si adegua al nuovo modello di donna longilinea, che si sviluppa tutta in verticale. Un’eterna adolescente che deve far sparire ogni curva attraverso le linee dritte di gonne e vestiti. È in quest’epoca che appaiono i primi reggiseni, che servono a comprimere il seno più che a valorizzarlo. La donna moderna, la vera parigina, deve essere magra, dice la moda.

Il processo trova il suo coronamento, continua Ghigi, in un numero della rivista femminile Votre Beauté, anno 1933, dove la cellulite fa il suo debutto nelle riviste patinate come “problema femminile”. L’articolo, che porta la firma di tale dottor Debec, crea di fatto l’incubo che tutte conosciamo. Votre Beauté era la rivista di Eugène Schueller, fondatore nel 1909 dell’Oréal, destinata a diventare azienda leader della cosmetica.

E saranno proprio le aziende cosmetiche a fare tesoro dell’articolo del dottor Debec. A Parigi cominciano a nascere come funghi centri estetici pronti a debellare quel male incurabile, quel mix di tossine e residui che diventa il peggior nemico delle donne. Accanto a loro, si moltiplicano anche rimedi, pillole, prodotti. Il mercato fiuta l’affare e comincia una campagna anticellulite diffusa e capillare. L’articolo di Debec aveva suscitato un certo panico tra le lettrici, in molte avevano scritto alla rivista. Alcune chiedevano al dottore: “Sono malata?”. L’ansia della cellulite si era insinuata subdolamente nelle nostre vite. Da quel momento viene alimentata ad arte. Dopo poco anche Marie Claire pubblica, il 7 maggio 1937, un articolo dove quel residuo adiposo viene trattato come una patologia insostenibile, da combattere a tutti i costi. E i costi dei primi rimedi sul mercato sono davvero elevati. Le donne, però, stoicamente si sottopongono a tutto. A nessuna piace essere bollata come “malata”.

Poi per un attimo, durante la seconda guerra mondiale, la vertiginosa ascesa della cellulite si attenua (senza però fermarsi del tutto). C’erano argomenti ben più importanti da trattare.

Ma mentre cadevano città e si assisteva a bombardamenti spaventosi, la cellulite se ne stava acquattata in attesa di tempi migliori. E questi arrivarono.

In America, per fare la sua marcia trionfale, la cellulite scelse un anno decisamente non banale, il 1968

Dopo la guerra, la mania dalla Francia si diffuse un po’ in tutto il mondo. In America, per fare la sua marcia trionfale, la cellulite scelse un anno decisamente non banale. Quel 1968 delle lotte giovanili e della protesta contro la guerra in Vietnam. Il sessantotto nel nostro immaginario è fatto di manifestazioni, abiti hippie, controcultura, ascesa del femminismo. Un anno antisistema, pacifico e libero. Ma forse non è un caso che proprio nel 1968, esattamente il 15 aprile, la versione americana di Vogue si presentò alle lettrici con un articolo dal titolo Cellulite, the new word for fat you couldn’t lose before (Cellulite, la nuova parola per il grasso che prima non potevi perdere). Anche dopo questo articolo, le lettrici preoccupate scrissero al giornale. Pian piano la ragnatela della cellulite si andava estendendo a tutto il mondo, ma ci vorranno altri vent’anni perché il termine diventi di uso corrente.

Rossella Ghigi nel suo saggio – uno dei pochi dedicati alla storia della cellulite e alle sue ricadute sul corpo sociale della donna – mostra come il termine entra nei nostri vocabolari solo di recente. Se negli anni ottanta del secolo scorso la cellulite era ancora descritta con il suo significato originale di infiammazione, che nulla aveva a che fare con la cosmetica, negli anni novanta a questa descrizione si affianca quella di cellulite come deposito di grasso. La Treccani, alla voce cellulite, dice: “Nel linguaggio comune, presenza di adipe non uniformemente distribuito nelle parti esterne del corpo, soprattutto nelle donne”.

Ed è così che la cellulite, affare del tutto moderno, diventa una gabbia per le donne.

Ora il mercato delle creme anticellulite fattura uno sproposito in tutti i paesi, soprattutto in occidente. Per non parlare poi dei trattamenti chirurgici, a volte anche pericolosi. Ma serve tutto questo? Leggendo Rossella Ghigi ho pensato che la cellulite moderna è un po’ come il corsetto che le donne europee dovevano usare nel 1800. Sono andata a curiosare per capire com’era questa faccenda del corsetto. E mi sono imbattuta in questa riflessione di Thorstein Veblen, sociologo ed economista statunitense, che nel suo libro La teoria della classe agiata scrisse: “Il busto è uno strumento di mutilazione al fine di ridurre la vitalità del soggetto e di rendere la donna evidentemente inadatta al lavoro. Certo esso menoma le attrattive personali di chi lo porta, ma la perdita subita in questo senso è compensata dall’evidente accrescimento del suo valore di mercato”. I busti erano veri strumenti di tortura. Servivano a dare alle donne un vitino di vespa e quella forma a S che spingeva il seno in avanti e inarcava le reni all’indietro. Il busto non permetteva dei movimenti fluidi e relegava la donna al ruolo marginale di semplice decorazione. La donna poteva solo occuparsi di bellezza, della sua bellezza, e lasciare le cose serie agli uomini.

Ai tempi del busto le donne non votavano e quelle che si lanciarono nella lotta per una vera parità con gli uomini, non solo dovettero abbattere il muro costruito intorno al loro corpo dal privilegio maschile, ma prima ancora dovettero affrontare il loro stesso corpo, spezzando quella gabbia dove il seno, gli organi interni e il bacino erano compressi. Per esempio, per mettere un paio di pantaloni le scultrici (che erano davvero impossibilitate a lavorare con quegli abiti lunghi e scomodi) a Parigi nel 1866 dovevano avere un regolare permesso dal prefetto. Anche se stavano chiuse nel loro atelier.

C’è chi rema contro

I discorsi sulla cellulite sono una moderna gabbia per le donne. La cellulite fa parte della vita, ma i discorsi che facciamo su di essa relegano le donne, al pari del corsetto, nel solito angolo. La donna è solo corpo e non deve occuparsi di altro. La cellulite è un distrattore sociale, ci inferiorizza e ci distoglie da preoccupazioni più serie. Ed è anche un grande, grandissimo, business. Sulla cellulite le multinazionali fanno affari d’oro. Allora, se sappiamo tutto questo, cosa ci impedisce di ribellarci? Non è facile uscire dal coro. Non è facile quando intorno a te ci sono cosce perfette, taglie 40, pelle liscia come le piste automobilistiche di Indianapolis. Anche le modelle curvy, quelle che del loro essere in carne hanno fatto un mestiere, non fanno vedere la cellulite. Anche le curvy hanno la cellulite fotoshoppata.

Per fortuna c’è chi invece rema contro. Recentemente, grazie alla mia amica archeologa Enza Spinapolice, ho scoperto il poeta, rapper, artista e fototerapista Saddi Senghor Ibin Abo Khali. È un uomo dai mille talenti. Nato nel Queens, a New York, e cresciuto a New Orleans, ha infuso nel suo lavoro poesia e realismo. Soprattutto nelle sue fotografie la sua poetica riesce a esprimersi al meglio. I suoi corpi nudi sono veri, sensuali e affascinanti. Fotografa donne afroamericane con tutti i loro difetti. Fotografa smagliature, rotoli di grasso, cellulite. Non nasconde nulla. Tuttavia le sue immagini risultano spesso non solo erotiche – di certo più erotiche di quelle che troviamo nelle riviste patinate, dove la cellulite è vietata – ma anche intime e quotidiane. Il messaggio è che non esiste un corpo regolare. Che non possiamo aderire a un unico modello. Che, insomma, non possiamo rovinarci la vita inseguendo un ideale o una taglia che non raggiungeremo mai. Ed ecco che nelle sue foto ci sono baci, abbracci, figli e cellulite. La quotidianità è fatta di questo, di corpi uno diverso dall’altro. Corpi che si amano e che non sono ossessionati dalle proprie imperfezioni. Anzi, che fanno di quelle imperfezioni l’oggetto dell’amore stesso.

È un discorso che piano piano sta capendo anche la moda. L’estate scorsa il brand Swimsuits for all ha scelto per la sua campagna pubblicitaria lo slogan “Beach body. Not sorry” (Corpo da spiaggia. Non sono dispiaciuta). La testimonial della campagna era Denise Bidot, una bellissima modella curvy immortalata in tutta la sua giunonica bellezza, compreso il famigerato lato B. E senza l’ausilio di photoshop, con la cellulite in bella mostra. Gli hashtag della campagna – #‎BeachBodyNotSorry, #‎NotSorry, #‎Unretouched – parlano chiaro. E Bidot stessa sul suo sito proclama: “Non c’è un modo sbagliato di essere donna”. Tutto quello che detestava da adolescente, tutti i suoi cosiddetti difetti, erano alla fine solo se stessa.

E se cominciassimo a pensare tutte così?

Curare il corpo, fare attività fisica, mangiare sano sono cose che dobbiamo continuare a fare.

Ma non ci dobbiamo più disperare se abbiamo la cellulite e qualche smagliatura.

Nonostante le pubblicità dicano il contrario, ricordiamoci sempre che la cellulite non è una malattia. E, per favore, qualcuno lo dica pure a Wonder Woman. Si può salvare il mondo anche con la cellulite, ragazze.

TeoN
24-05-16, 10:33
No

Inviato dal mio SM-G920F utilizzando Tapatalk

Cesarino
24-05-16, 10:39
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-1.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-2.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-3.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-4.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-5.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-6.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-7.jpg
http://fashionablygeek.com/wp-content/uploads/2015/01/wonder-woman-8.jpg

Moloch
24-05-16, 13:33
http://le-citazioni.it/media/authors/24443_igiaba-scego.jpeg

oddio, non è proprio proprio la cellulite il problema :asd:

Cesarino
24-05-16, 15:53
http://i.imgur.com/fp9pFvp.jpg

Decay
24-05-16, 15:58
http://i.imgur.com/fp9pFvp.jpg

mi piacerebbe sentire la definizione di rispetto da rondella

Ginzo
24-05-16, 16:17
http://i.imgur.com/fp9pFvp.jpg

Ricordo un doppio headshot su call of duty 4 nel 2010 o nel 2011.

Ecco, dopo aver letto mi sono immaginato fossero loro.

Cesarino
27-05-16, 10:02
http://i.imgur.com/OQzVdDt.jpg

macs
27-05-16, 10:06
"La mia migliore amica"

ryohazuki84
27-05-16, 10:06
complimentoni, proprio migliori amiche :uhlol:

Ginzo
27-05-16, 10:07
>amica

fulviuz
27-05-16, 10:22
http://i.imgur.com/OQzVdDt.jpg

boja càn :asd:

Cesarino
27-05-16, 10:23
vabbè, ma è milano :snob:

Zhuge
27-05-16, 11:36
vabbè ma la amicizia tra donne non esiste :asd:

ryohazuki84
27-05-16, 11:48
vabbè ma la amicizia tra donne non esiste :asd:

eppure in certi porno lesbo si vogliono così bene...

Cesarino
27-05-16, 13:02
Le principesse Disney sono cambiate?
Pare di sì: stanno diventando più toste e meno interessate al Principe Azzurro (era ora) disney


Una delle parole più spesso associate a Disney è “principessa”. La prima principessa Disney è stata Biancaneve, protagonista insieme ai sette nani del famoso film del 1937: fu il primo dei classici Disney, i film d’animazione prodotti dalla Walt Disney Animation Studios. Tra qualche mese uscirà Oceania, il 56esimo classico Disney, e la protagonista sarà una principessa di 16 anni che vive nel Pacifico meridionale. Tra Biancaneve e la principessa di Oceania ci sono state, tra le altre, le protagoniste o co-protagoniste di Cenerentola, La bella addormentata, La sirenetta, La bella e la bestia, Aladin, Mulan, Rapunzel – L’intreccio della torre, Pocahontas, Mulan, La principessa e il ranocchio e Frozen – Il regno di ghiaccio. Sono quasi tutte vere principesse – cioè figlie di re o mogli di principi – e secondo Adam Pulver del Guardian da qualche tempo sono cambiate: «Dopo decenni in cui Disney ci ha propinato giovani donzelle in pericolo, ora finalmente ha fatto una serie di film con forti personaggi femminili».

Pulver parte dal concetto di “principesse” dei classici Disney, ma estende le sue osservazioni a tutti i più recenti film Disney, quindi anche quelli non d’animazione. Secondo lui questi nuovi film fanno parte di «un progetto che prevede di dare più sostanza e forza alle spettatrici adolescenti e pre-adolescenti». Pulver scrive che anche solo un decennio fa sarebbe stato difficile ipotizzare che Disney sarebbe potuta essere portatrice di un «cambiamento sociale e femminista» di questo tipo; «era la casa cinematografica più conservatrice, con le sue favole fatte per insegnare a generazioni di ragazzine l’arte di fare le cose di casa, vestirsi bene e aspettare il Principe Azzurro».

Le protagoniste di Ribelle – The Brave, Frozen e Alice in Wonderland sono invece «ragazze e donne autonome per cui l’amore romantico non è l’obiettivo principale della vita, e nelle loro storie le azioni degli uomini sono state eliminate o comunque messe in secondo piano». Secondo Pulver se prima i «motori tematici» delle storie erano i fidanzati, ora sono madri e sorelle.

Pulver ha chiesto un parere sulla questione a Melissa Silverstein, fondatrice dell’associazione “Women and Hollywood” e una delle più ascoltate esperte di cinema e questioni di genere. Silverstein in realtà è meno convinta di Pulver: ha spiegato che qualcosa è cambiato ma che intanto Disney continua a fare cose molto tradizionali. Per esempio Principesse Disney, un franchise che esiste dai primi anni Duemila e mette insieme alcune delle più famose e tradizionali principesse Disney per farci giochi, vestiti, accessori e serie tv. Le critiche – di Silverstein ma non solo – riguardano soprattutto il fatto che, vecchie o nuove che siano, le protagoniste di “Principesse Disney” finiscono per essere fossilizzate in uno stereotipo che spesso le porta anche più indietro rispetto agli eventuali progressi fatti dai loro personaggi nei film.

principesse-disney

Anche le linguiste Carmen Fought e Caren Eisenhauer si stanno occupando delle principesse Disney, studiando quanto e come parlano nei film di cui sono protagoniste. La ricerca non è ancora conclusa ma alcuni mesi fa Fought e Eisenhauer hanno presentato i primi risultati, notando che nei primi tre film sulle principesse le donne parlano quanto o più degli uomini: in Biancaneve il rapporto è 50-50; in Cenerentola 60-40. In La bella addormentata, invece, i dialoghi femminili sono addirittura il 71 percento. Nei film usciti tra il 1989 e il 1999 – il cosiddetto “Rinascimento Disney” – succede il contrario: i personaggi maschili parlano per il 68 per cento della durata de La sirenetta, il 71 per cento in La bella e la bestia, il 90 per cento in Aladdin, il 76 per cento in Pocahontas e il 77 per cento in Mulan (dove la protagonista è stata contata come donna anche nelle scene in cui impersona un uomo).

È vero però che le battute di un personaggio non possono essere prese come unico parametro: Ariel, la protagonista di La Sirenetta, rimane muta per una parte del film. Valgono quindi forse di più pareri meno analitici e più soggettivi: il famoso critico cinematografico Roger Ebert scrisse che «Ariel è un personaggio femminile pienamente realizzato, che pensa e agisce in modo indipendente e quasi ribelle»; il New York Times la definì una «una tipa tosta e spericolata».

Proprio come non esiste un chiaro parametro oggettivo per giudicare se e quanto le principesse Disney sono cambiate, è difficile dire quando e perché ci sia stato un effettivo cambiamento. È evidente che i personaggi femminili di alcuni recenti film Disney – l’esempio migliore è Frozen, ma va benissimo anche l’Angelina Jolie di Maleficient – siano più dinamici, determinati e vivaci di quelli di anni fa. Decidono da sé cosa vogliono (non più solo che il Principe Azzurro s’innamori di loro), sanno cosa fare per ottenerlo e a volte ci riescono pure. Parte del merito sta forse anche nel fatto che stiano aumentando le donne nei team che progettano e realizzano i film Disney: Frozen è stato co-sceneggiato e co-diretto da Jennifer Lee e Maleficient è stato scritto da Linda Woolverton, la cui prima sceneggiatura è stata quella di La bella e la bestia. Proprio con una nuova versione di quel film potrebbe arrivare una nuova e consistente svolta per quanto riguarda le principesse Disney: nel nuovo film, che uscirà nel marzo 2017, la protagonista Belle è interpretata da Emma Watson, un’attrice che da anni si impegna contro le discriminazioni di genere e per il femminismo.

Rot Teufel
27-05-16, 13:03
complimentoni, proprio migliori amiche :uhlol:


Logica femminile, what else?

fulviuz
27-05-16, 13:16
http://le-citazioni.it/media/authors/24443_igiaba-scego.jpeg

oddio, non è proprio proprio la cellulite il problema :asd:

intendi che è il colore della pelle il vero problema? :uhm:


vabbè, ma è milano :snob:

https://i.imgur.com/t3InRwo.gif

Cesarino
27-05-16, 13:44
https://www.youtube.com/watch?v=nlSh8u_tsmI

Zero/2
27-05-16, 13:50
che denti :rotfl:
che voce :rotfl:

Ben altre... DUE persone :asd:

fulviuz
27-05-16, 13:51
bof, per me è figa, fra qualche anno dico... CBCR.

Cesarino
27-05-16, 16:52
Manifesti elettorali, a Bologna candidato mette il sedere di una modella sul volantino

http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2016/05/elezioni-675.jpg


In primo piano campeggia il lato b di una modella, e accanto il messaggio elettorale: “Elezioni amministrative del 5 giugno, scrivi Turrini”. Il manifesto, infatti, non è la pubblicità di una noto marchio di lingerie, ma la trovata di un candidato al Consiglio comunale di Bologna, Mario Turrini, in corsa con la lista civica Uniti si vince che sostiene Lucia Borgonzoni, concorrente alla poltrona di sindaco per la Lega Nord di Matteo Salvini. Una foto senza veli, il fondoschiena della modella non è coperto nemmeno dalla biancheria intima, che il giostraio originario di Cento, in provincia di Ferrara, classe 1971, ha pubblicato sul proprio profilo Facebook allo scopo, dice, di indurre i naviganti a soffermarsi sul messaggio. “La foto è servita per attirare la tua attenzione – scrive infatti Turrini, accanto all’immagine che ritrae la modella di spalle – altrimenti non l’avresti mai letto”.

Una trovata che da diversi utenti della rete è stata definita “sessista”, tanto che c’è chi chiede il ritiro dalla campagna elettorale di Turrini. “Dire vergogna è poca cosa – scrive Lilli Bard – perché non chiediamo a chi di competenza di obbligare il ritiro di un simile candidato?”. “Sono molto indecisa su chi votare – è il commento della scrittrice bolognese Francesca Sanzo – ma so certamente per chi non votare e mi auguro che questa persona, a fronte di questo cartello elettorale offensivo, anacronistico e contro all’etica che ha fatto propria anche il comune di Bologna, decida spontaneamente di ritirarsi”.

“Forse Turrini immagina che per farsi ascoltare le future consigliere dovranno mostrargli le tette? – attacca anche Barbara Spinelli, avvocato impegnato nell’assistenza alle donne vittime di violenza e candidata al Consiglio comunale di Bologna con la Coalizione Civica dell’aspirante sindaco Federico Martelloni – Turrini dovrebbe sapere che il Comune di Bologna ha firmato la Carta Europea per la parità fra donne e uomini nella vita locale. Il suo è un post sessista, che non offende solo le donne ma tutta la comunità che è chiamata al voto, e che stride con l’impegno istituzionale a farsi rappresentanti di tutti, e a non veicolare messaggi di odio verso i singoli gruppi sociali. A Turrini per certo mancano le tette e le altre curve che ha esposto per farsi ascoltare con piacere, ma forse un pò di sale in zucca gli sarebbe stato sufficiente a non farsi disprezzare per la sua manifesta misoginia”.

Ma, sempre su Facebook, c’è anche chi batte le mani al candidato, “solo per questo ha guadagnato un + 5%”, chi fa battute di spirito, “hai ragione, qualcuno ha letto”, e chi, in generale, ha apprezzato l’iniziativa. Tra i ‘mi piace’, infatti, spiccano quelli dei colleghi di lista di Turrini, il consigliere comunale ricandidato Michele Facci e Saverio Quadrelli. Tanto che Turrini poco più tardi, sempre sul suo profilo, rincara la dose: “Se vinco – scrive – faccio la foto girata”.

Lux !
27-05-16, 16:54
eppure in certi porno lesbo si vogliono così bene...

Noi lesbiche siamo un'isola felice :timido:

DayDream
27-05-16, 20:36
http://i.imgur.com/OQzVdDt.jpg

non ci voglio credere :uhoh:

Cesarino
28-05-16, 08:47
http://i.imgur.com/ibN65RB.png

Ginzo
28-05-16, 09:45
>il diritto di amare
>è già sposato

Mamma mia che coglione

Lo Zio
28-05-16, 09:55
è che ne ha tanto da dare, una sola donna non riuscirebbe a riceverlo tutto :snob:

ryohazuki84
28-05-16, 13:20
è che ne ha tanto da dare, una sola donna non riuscirebbe a riceverlo tutto :snob:

questa frase mi ha fatto tornare in mente il negro monstercock del pm di lux

Cesarino
28-05-16, 14:01
The two worst times for dicks on the New York subway: when the train car is empty or when it’s crowded. As a teenager, if I found myself in an empty car, I would immediately leave – even if it meant changing cars as the train moved, which terrified me. Because, if I didn’t, I just knew the guy sitting across from me would inevitably lift his newspaper to reveal a semihard cock, and even if he wasn’t planning on it, I sure wasn’t going to sit there and worry about it for the whole ride.

On crowded train cars I didn’t see dicks – I felt them. Pressing into my hip, men pretending that the rocking up against me was just because of the jostling of the train.

The first time I saw a penis on the subway, I was on the platform for the N train three blocks from my house in Queens, on my way to school. I was 12. I had just missed a train, so I was the only person there other than a man all the way at the other end of the platform. He was so far away that I could see only the outline of his shape, but soon I noticed his hand moving furiously – and that he was walking quickly towards me with his penis in his hand. I had always thought myself prepared for something like this; I knew I was supposed to yell or run, but I just stood there. I didn’t look away or turn around, and even though I felt my knees giving out, my feet felt strongly planted to the ground.


As another train started to pull into the station, he stopped midway down the platform and zipped himself up. The doors of the train opened and he walked on, normally. My feet still in the same place, I tapped a man in a suit coming off the car on the shoulder and asked for help in a small voice, but he didn’t stop moving. So I stood there. When the next train came, I got on, figuring I should get to school, but I got off one stop later, to call my parents from a station phone booth. I noticed that my hands and face had pins and needles.

***

It’s called the cycle of violence, but in my family, female suffering is linear: abuse is passed down like the world’s worst birthright, largely skipping the men and marking the women with scars, night terrors (and fantastic senses of humour). My aunts and my mom joked about how often it happened to them when they were younger: the man who flashed a jacket open and had a big red bow on his cock; the neighbourhood pervert who masturbated visibly in his window as they walked to school as girls. (The cops told them the man could do whatever he wanted in his own house.) “Just point and laugh,” my aunt said. “That usually sends them running.” Usually.

Of course, what feels like a matrilineal curse is not really ours. We don’t own it; the shame and disgust belong to the perpetrators. At least, that’s what the books say. But the frequency with which women in my family have been hurt or sexually assaulted starts to feel like a flashing message encoded in our DNA: Hurt. Me.

My daughter is five and I want to inoculate her against this. I want Layla to have her father’s lucky genes – genes that walk into a room and feel entitled to be there. Genes that feel safe. Not my out-of-place chromosomes that are fight‑or-flight ready.

This is the one way in which I wish she was not mine.


For months after the man showed me his penis on the subway platform, my father walked me up the stairs every morning to wait for the train. The booth worker let him through the gate without paying, after my dad explained what had happened. He gave him a bag of cherries from the tree that grew in our yard as a thank you every week.

As we were talking on the platform under the sun, I noticed an odd shape under my father’s jacket. He tried to distract me with a joke, but when I asked him about it a second time, he pulled up his shirt to show me a metal pipe sticking out of the top of his trousers. He assured me that no cop would ever arrest him for beating a man who flashes children. Today he tells me he knew that was a lie, but he brought the pipe with him anyway.

On the worst day – a few years later – I didn’t notice the man at all. The train was crowded; my mind was elsewhere. I was listening to A Tribe Called Quest on my Walkman and thinking about how warm it was. When I stepped out of the subway, the sun hit my face and I was happy to be almost home. But when I started to put my hand in my back pocket, I felt something wet: I had made it the whole ride back without noticing that a man, whose face I would never see, had come on me.

I wiped my hand on the lower leg of my jeans and looked around to see if anyone had noticed. I walked the three blocks home with my backpack slung as low as possible, so that no one walking behind me could see what had happened or could think I had peed myself.

I peeled the jeans off when I got home and, even though most of the semen had landed on the pocket – giving me two, rather than just one, layers of protection – the skin on my ass was still damp from it. I ran the tub until there were two inches of scalding water along the bottom, squirted in some of my sister’s Victoria’s Secret vanilla-scented bath gel, and sat in it quickly, my shirt still on.

I wrapped a pink towel around myself when I stepped out of the tub and turned my jeans inside out before putting them in the laundry basket so my mother wouldn’t find out. I knew she would cry. I piled some sheets on top of the jeans to be safe.


Later I would find out that the guy rubbing up on you in the subway isn’t just an asshole – he has a disorder. In the Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, the American Psychiatric Association describes “frotteurism” as “recurrent, intense, or arousing sexual urges or fantasies, that involve touching and rubbing against a nonconsenting person”. There are online forums for men – because, let’s be real, frotteurs are almost exclusively men – who rub on women and girls on the train, in bars, wherever they can do it while getting off unnoticed.

They have handles like “Bum Feeler” and “Rock Hard”, and share stories of their exploits and pictures of the women they have surreptitiously dry-humped. Some give advice, such as backing away occasionally, so your victim gets the impression that you’re working hard not to touch her and that any contact is the fault of the crowd.

“Women are forgiving if you can make it seem like this,” Rock Hard writes. “Almost like you can’t help it, not like you’ve preyed on them like a piece of meat.”

***

There was a large mirrored cabinet above the sink at the house I grew up in. If I pulled out all three of the doors, I could create a three-way mirror to look at my face from all possible angles.

I wrote in my diary at the time, I’m so ugly I can’t stand it. I have a big gross nose, pimples, hairy arms. I will never have a boy like me or a boyfriend. All of my friends are pretty and I will be the one with no one.

I was feeling that loneliness acutely at the time, because I was obsessed with a boy named Matt. Matt – the first in a long line of blond boys I would fall for – told me once that I would be so, so pretty if not for my big nose. All I heard was, he thought I could be pretty!

I started to measure my nose. First with my fingers, which I would try to keep the same distance apart as they were when they were on my face and then bring them over to my mother and her nose to demonstrate just how much bigger mine was compared with hers. She would insist that my nose was smaller – the kind of well-meaning parenting that just inspired fury and distrust. The nicest thing someone said to me was that a lot of people my age had big noses, and that I would eventually “grow into it”. The comment acknowledged that the ugliness I was feeling was valid and not some childish self-hatred. It was the only thing that gave me hope, the idea that my face would slowly morph into something more proportional than the monstrosity I was currently working with.

The thing about hating your face so intently is that it takes an extraordinary amount of care and attention. The obsession is almost contradictory, because you start to love the self-hatred a little bit. It becomes a part of your routine – you whisper, “I hate you” when you pass by a mirror, or you think it when trying on clothes or putting on makeup, acts that feel foolish at the time, because you know you’re not tricking anyone into thinking you’re beautiful. There’s nothing that you could pile on your body or face that would make it worthy.

But at least I could bear to look. A friend I lived with for a short while had an ID card for work that she was supposed to keep around her neck at all times. To avoid having to look at the picture of herself, she carefully cut a small piece of yellow paper into a square and taped it over her face. Later, I would find plastic bags of vomit hidden underneath her bed, wrapped in towels meant to mask the smell that eventually led to their discovery.

I started carrying a piece of paper with me that I would position over the bump on my nose when I looked in that three-way mirror to see what I might look like if it were gone. My father tells me my nose is part of my Italian heritage, that getting rid of it would be a slap in the face to our ethnicity. I tell him we’ll always have spaghetti. He is not convinced.

I imagined all of the things that would go right if I were just to have a smaller nose. I would have a boyfriend and the girls in school would stop making fun of me. That year, several girls would bring me to a playground to have a “talk” about why we could not be friends any more. Because I am too loud, because I agree with everything they say – desperate for approval in a way that is unseemly. We’re not trying to be mean, they say, it would just be better if you ate lunch somewhere else. I know if I looked more like them, with a small nose and long, light hair in braids and bows, I would not have to go to the building where the younger children are to eat lunch with my sister.

I find out from my male friends that there are cute girls, pretty girls, hot girls, sexy girls, and sometimes variations or combinations of all of the above. The worst to be is a fat girl or an ugly girl. I was an ugly girl who became a sexy girl once my breasts grew in and I started telling dirty jokes with abandon.

As soon as I “got a chest”, as my mom would say, the taunts about my face stopped as boys became more interested in feeling me up than making me cry. I started to forget about my face and mean girls, and focused on the things my body could do and inspire. During summer break, a male friend whom I had known since childhood put his hand on my breast as we watched a movie in the room over from our parents, saying nothing. I remained frozen, unsure what to do. Wasn’t he supposed to kiss me first? I was 11.

***

When I left junior high, I had what I thought seemed like a reasonably womanish body and improving makeup skills. I was optimistic that I could leave behind my reputation as the nerdy one of my friends. In my new school, a top school, full of maths and science aficionados, the girl with well-developed boobs was queen. I was being asked on a lot of dates. Proper dates to pool halls and movie theatres, lunches at a diner on the weekend or a walk to Central Park. I had boyfriends. Later, in between high school relationships, my male friends would jokingly/not jokingly ask to “talk business” with me – code for “Let’s negotiate how it’s in your best interest to suck my dick.” I turned them down, but was secretly pleased nonetheless. It hadn’t yet occurred to me that the boys my age would want to hook up for any other reason than they liked me.

At first I was thrilled to be in a class in my junior year of high school with a teacher whom I’ll call Mr Z. He was a well-known easy grader and kind of a joke in a sad-old-man way; he had what we suspected was a glass eye, a hard time keeping drool in his mouth as he spoke, and walked with difficulty. The kind of classes he taught were normally held on the sixth floor, but administrators made sure he was out of sight on the 10th.


On the first day of class, Mr Z told us that if anyone came in to observe the class – “an important-looking person” – we should raise our hand no matter what question he asked. “If you don’t know the answer, raise your right hand. If you do know the answer, raise your left. I’ll only call on you if you’re raising the left!”

Everyone looked around at each other, smirking.

Mr Z didn’t really teach as much as he showed movies like Braveheart, but one day he had an actual lesson. And though he almost never called on students, he called on me. “Come up to the board, Jessica.” He smiled, small bits of white spit accumulating at the corners of his mouth. “We all want to get a closer look at your shirt.”

He laughed, but the class was silent. I wasn’t really wearing a shirt but a brown bodysuit, which was popular at the time – it snapped at the crotch and I wore it with jeans baggy enough to see the cutout above my hips. I remember the way I slid sideways through rows of desks, my arms crossed over my chest. I don’t remember what I wrote on the board. I never went back to the class.

***

When I started at high school, I went from being one of the smartest kids to being a nominally good student without the same drive and pedigree as my cute and smart girlfriends. Their parents had gone to college, grad school even. They lived on the Upper West Side or in Park Slope, in apartments filled with books and paintings and cabinets full of alcohol. One friend had an entire floor of a four-storey park-side brownstone as their “room”. I lived in a house where once or twice a week my mom would go outside wearing yellow rubber gloves to clean up the used condoms that littered the sidewalk.

One of my best girlfriends was a lithe dancer who had professional head shots for when she did the occasional acting job. She was the kind of Wasp-y pretty I desperately wanted to be – the type of beauty that provoked starry-eyed crushes instead of ass slaps. She lived in a duplex apartment with a spiral staircase, and we bonded over our older boyfriends. The first time she came to my house, she remarked how much she liked my mom’s “uneducated” accent. “It’s cute!” she said, smiling as she helped herself to a soda from the fridge.

That same year I was called to the board in Mr Z’s class, 1995, the school started investigating an English teacher for describing sex fantasies and his masturbation routine during class. He talked about having a dream in which he raped a maid who had his wife’s face. Another student said he asked her to play spin the bottle with him and later let her off writing an essay because she was “pretty”. He was suspended for a few months, and then four years later – after a different man, an assistant principal, was arrested for fondling and exposing himself to a freshman – he was suspended again. That first time, though, the feigned outrage in the school lasted as long as the newspaper articles did. We had a brief student assembly on the subject and moved on.

A few weeks before the semester was going to end, I ran into Mr Z in the hallway, and he pointed at me, smiling. He was wearing a striped shirt that was slightly discoloured in spots, and his belly was hanging low over his trousers. “I’ve been missing you!” he said as he walked up to me. He was breathing heavily, as if the walk down the hall had taken effort. He asked if I still wanted a good grade. I responded that of course I did.

Just give me a hug, then, he said, opening his arms. All I want is a hug from you.

I aced the class.

***

We know that direct violence causes trauma; we have shelters, counsellors, services. We know that children who live in violent neighbourhoods are more likely to develop PTSD. Yet we still have no name for what happens to women living in a culture that hates them.

When you catch a cold or a virus, your body has ways of letting you know that you are sick. But what diagnosis do you give to the shaking hands you get after a stranger whispers “pussy” in your ear on your way to work? What medicine can you take to stop being afraid that the cab driver is not actually taking you home? And what about those of us who walk through all this without feeling any of it – what does it say about the hoops our brain had to jump through to get to ambivalence? I don’t believe any of us walk away unscathed.

I do know, though, that a lot of us point and laugh. The strategy of my aunts and mother is now my default reaction when a 15-year-old on Instagram calls me a cunt or when a grownup reporter writes something about my tits. Just keep pointing and laughing, rolling your eyes in the hope that someone will finally notice that this is not very funny.

Pretending that these offences roll off our backs is strategic – don’t give them the satisfaction – but it isn’t the truth. You lose something along the way. Mocking the men who hurt us, as mockable as they are, starts to feel like acquiescing to the most condescending of catcalls: “You look better when you smile.” Because even subversive sarcasm adds a cool-girl nonchalance, an updated, sharper version of the expectation that women be forever pleasant. This sort of posturing is a performance that requires strength I do not have any more.

My daughter is happy and brave. When she falls down or gets hurt, the first words out of her mouth are always: “I’m all right, Mom. I’m OK.” And she is. I want her to be OK always. So while my refusal to keep laughing or making people comfortable may seem like a real fucking downer, the truth is that this is what optimism looks like.

Naming what is happening to us, telling the truth about it – as ugly and uncomfortable as it can be – means that we want it to change. That we know it is not inevitable. I want the line of my mother and grandmother, that world’s worst birthright of violations, to stop here.

Ginzo
28-05-16, 14:36
Cesario, spero ti esplodano le orbite

mattex
28-05-16, 14:47
Woot

Cesarino
28-05-16, 18:57
http://i.imgur.com/ZNQb73V.jpg

Zhuge
28-05-16, 18:59
Nell'armadio ho ancora una decina di numeri di Internazionale intonsi che non ho fatto in tempo a leggere prima di smettere di comprarlo :sisi:

Ginzo
28-05-16, 19:00
Laurie Penny è imbarazzante, cazzo.

Zhuge
28-05-16, 19:02
a proposito, Ginzo, domanda sociologica: ma il femminismo in che rapporto sta con l'invidia del cazzo? di proporzionalità diretta?

Ginzo
28-05-16, 19:09
Non ne ho idea perchè l'evidenza empirica in quella direzione è scarsa :asd:

Però ricordo di aver letto una ricerca che sosteneva che bambine esposte a grandi quantità di testosterone prima di nascere sono più propense a diventare femministe. Spiegherebbe anche perchè la maggior parte di loro è brutta da morire.

Cesarino
29-05-16, 20:08
https://www.facebook.com/sessodrogaeitalizio2/videos/1632728010370816/

Tiziana ***** vorrei dire tanto su questo essere....ma la vita prende le sue decisioni. ...

Cesarino
31-05-16, 16:25
https://youtu.be/tS9gpgnBwfo

koba44
31-05-16, 17:04
Letto due wot della tizia di Tinder. Basta così. Mal di testa.
Non uscirei mai con una così.

Cesarino
31-05-16, 19:51
https://memoriediunavagina.wordpress.com/2016/05/24/uomini-dating-app/



Uomini & Dating App

Posted on maggio 24, 2016

Il mese scorso sono andata a una festa di compleanno, alla quale ho conosciuto un tipo, che era con una tipa ma che però era single e che ha iniziato a parlarmi di quanto sia complessa la vita per gli uomini single a Milano. Ma-cosa-dove-come-quando-minchia-dici? mi son detta, tra me e me, figacentrica come sono, pensando come sempre che sia complesso solo per noi vagine, sopravvivere alla carneficina sentimentale e alla macelleria sessuale del mondo d’oggi. Invece no. Pare che anche per loro, per i portatori di pene, non sia poi così semplice.

“È una guerra, lì fuori è una guerra!”, mi ha detto il tipo. E la cosa mi ha incuriosita a sufficienza da dirgli: “Ok, ti intervisto per il blog”, lasciandogli i miei contatti (e no, non avevo alcun fine di broccolo, lo giuro).

Così dopo una decina di giorni ci siamo visti per un aperitivo al Deus, un posto in zona Isola dove sedersi è quasi impossibile e dove ti servono i cocktail nei barattoli invece che nei bicchieri e, sorseggiando il mio Moscow Mule, mi sono fatta raccontare un po’ dei suoi ultimi date. Così mi ha parlato di quella che si vantava di non pagare mai quando esce, perché lei è una pheega vera; e di quell’altra che nei primi 10 minuti gli ha raccontato i più macabri dettagli della sua promiscua vita sessuale; e di quella che dopo averlo limonato gli ha detto “Sì però scusa, amo un cinquantenne sposato”; e di quella che ha detto che non vuole necessariamente un compagno ma vuole un figlio, un figlio e basta, perché ha l’età per avere un figlio. Ma anche di un’altra che a letto gli ha sbuffato in faccia, e di quella che non voleva che se ne andasse e mentre cercava di persuaderlo armeggiava pericolosamente con un coltello da cucina.

Schermata 2016-05-25 alle 01.22.32

Urca, ho pensato.

“Ma dove le hai trovate?”, ho chiesto.

“Amici in comune, colleghi, palestra”, mi ha risposto.

“Ah, mi aspettavo mi rispondessi: Tinder, avrebbe avuto più senso”

“Tinder con me non funziona. Non matcho”

“Com’è possibile?”

“Non lo so, eppure sono bellissimo”

“Certo, infatti…per me fare match è la cosa più divertente, regala facili e superficiali conferme al mio claudicante ego”

“Sei donna”

“Hai ragione, voi uomini mettete like alla qualunque, noi no. Ora che ci penso, un altro mio amico lamenta difficoltà a fare match e quando ho provato a giocare col suo account, una sera che eravamo insieme, è stato leggermente frustrante”

“Sì, non solo, anche se fai match non si parla. Dobbiamo contattarvi sempre noi, sempre, non esiste una donna che ci contatti. E poi cosa vi diciamo?”

“Vabbè un’idea ve la potete far venire, non state a lamentarvi per mandarci un messaggino su”

“Ma sì, però non funziona lo stesso. E poi è pieno di casi umani”

“Ahem…”

“Presenti esclusi”

“Ma io sono sulle dating app perché le studio sociologicamente, sia chiaro…”

“Naturalmente”

“Però ci sono anche alcune tra le mie amiche più gagliarde…forse dovrei presentartele”

Ed è stato allora che mi è venuto in mente di suggerirgli questa nuova dating app con la quale sto smanettando di recente, sempre a scopo di ricerca etnometodologica.

“Si chiama Once”

“Sì, l’ho sentita…me ne aveva parlato un mio amico a Londra”

“Ecco, io la sto usando in questi giorni”

“E com’è? Cosa cambia rispetto a Tinder? Intanto scarico…”

Ciò che cambia, rispetto a Tinder, è che Once ti mostra un partner al giorno, ogni mattina alle ore 12. Di lì, scattano 24 ore di tempo per matchare e contattarsi. La proposta non si basa solo su un algoritmo e sulla prossimità geografica ma è super-visionata da degli esseri umani, persone in carne ed ossa intendo, i cosiddetti “match-makers” (praticamente versioni digitali di Marta Flavi, per chi se la ricorda).

“A differenza di Tinder, poi, non sei obbligato a fare log-in con Facebook. Puoi, certo, ma hai anche la possibilità di farti un account specifico. E se ti loggi con Facebook, comunque non ti matcha con i tuoi contatti, il ché non è male per la privacy”

“Così la collega evita di vedere che sei un disperato su un’app”

“Ma smettetela con questa menata che le app sono da disperati. La gente ha sempre usato la tecnologia per flirtare e rimorchiare. Sempre. Dalla “chat piccante” di Arianna, a mIRC (che era un arcipelago di community, le “room”, create sulla base di argomenti specifici; ma anche un posto dove ci si appartava “in pvt”, in privato); passando per c6, che ti dava direttamente la possibilità di cercare gli utenti con cui parlare sulla base di filtri geografici e anagrafici, oltre che vedendo in anteprima interessi e descrizione. Fino ad arrivare ai vari social network da rimorchio, di cui Badoo e Meetic sono solo 2 dei numerosissimi esempi. E oggi, che viviamo nell’era delle dating app, siamo alla definitiva sublimazione di questa istanza: usare i nostri device allo scopo di inzuppare il biscotto.”

“Tu dici”

“Ma certo. Le dating app fanno ormai parte a tutti gli effetti delle nostre relazioni, può piacere o meno, ma è così, basta usarle con criterio…e anzi il fatto che hai la possibilità di fare un match al giorno ha degli aspetti positivi”

“Tipo?”

“Tipo che evita quell’effetto da ‘polli in batteria’, hai un partner al giorno da vagliare, non 20, puoi non guardare solo le foto ma addirittura spulciare gli interessi in comune, così magari ti viene in mente qualcosa per attaccare bottone!”

“Ma tu che ci hai raccattato li?”

“Esco settimana prossima con un copywriter, ma sempre per fini di indagine antropologica”

“Sì, beh, ovvio…quindi tu dici che la devo provare”

“Sì, dico che devi provarla. Tra l’altro questa offre anche un sacco di info, tipo l’altezza, che è utilissima perché se sei una vichinga puoi valutare se uscire con uno gnomo oppure no, e viceversa. Oppure l’etnia, o la religione”

“E se sono ateo?”

“È una delle opzioni naturalmente…”

“Va bene…ma non sarà pieno anche qui di casi umani?”

“Ma caro, i casi umani sono ovunque: sono in mezzo alla strada, al supermercato, in ufficio, in metropolitana, sui giornali, in televisione, su facebook e pure sulle dating app, basta avere un po’ di pazienza e scegliere”, gli rispondo, mentre nella mia mente passo in rassegna un’etologia completa dei casi umani maschili da dating app:

Schermata 2016-05-25 alle 01.21.32

– Quello che ti chiede alle 2 di notte se vuoi uscire, e tu gli rispondi che no, grazie, ma te pare. E allora tronca perché “scusa, ma mi rompo a parlare”. Hai ragione, infatti non sei mica su una chat.

– Quello che ha tutte le foto con gli occhiali da sole che o sei Jim Morrison, o sei guercio, non c’è altra spiegazione

– Quello che ha la sindrome del bimbominchia anche se ha 40 anni e si fa i selfie con la bocca a culo di gallina che DIOMADRE

– Quello che ha tutte le foto in cui è con altri amici, che devi concentrarti tantissimo sulla sua fisionomia per riconoscerlo e – salvo che non siano gruppi di rugbisti – ti passa rapidamente il sentimento

– Quello che ha la foto della sua motocicletta, o del suo cane, o della montagna con la neve che, ti voglio bene, ma non uscirò col tuo bolide, né con la tua bestia, né con le Dolomiti intere. Posso vedere la tua faccia?

– Quello palesemente fidanzato o sposato che mette solo foto di schiena, così che tu possa scegliere oculatamente con quale schiena uscire, e andare chessò al cinema, e sederti nella fila dietro di lui per continuare a interagire con la sua schiena

– Quello con le stock photos “sexy” in bianco e nero prese da google, con tacchi a spillo e cravatte, che pensa di sedurci con papiri che manco 50 sfumature di minchia

– Quello che scrive tutto in CAPS LOCK contravvenendo alle basilari norme della netiquette, ed elenca tutto ciò che odia, tutti i tipi di donne che non sopporta, che ti verrebbe voglia di dirgli: “Perché non provi a cambiare gusto del gelato e non solo?”

e via discorrendo. Però non condivido con il mio compagno d’aperitivo questo freak show da dating app. Perché non voglio scoraggiarlo. Perché si può trovare anche qualcuno di simpatico, interessate o piacevole. Perché si può persino fare networking con le dating app (io ho un’amica che in questo è bravissima).

…ma anche perché, nel frattempo, scegliamo il posto dove trasformare l’aperitivo in una cena e l’intervista in una chiacchiera. Tra due single, adulti, metropolitani, che si scambiano suggerimenti per sopravvivere emotivamente nella selva delle relazioni post-moderne.

[Per chi se lo stesse chiedendo: sì, sono stata contattata da Once per testare l’app e parlarne, e qui c’è il link per scaricarla. Scaricatela, curiosateci su per qualche tempo – non un giorno o due – e fatemi sapere la vostra, se v’aggrada :)]

fuserz
01-06-16, 15:18
porco razzo cesarì metti direttamente il link al blog di memorie di una vagina e bon, almeno uno si evita lo scroll di venti minuti :facepalm:
dai, fai il piacere :bua:

Mr.Cilindro
01-06-16, 15:35
Zio can che disagio

Inviato dal mio SM-G357FZ utilizzando Tapatalk

Tene
01-06-16, 18:12
porco razzo cesarì metti direttamente il link al blog di memorie di una vagina e bon, almeno uno si evita lo scroll di venti minuti :facepalm:
dai, fai il piacere :bua:

Però così c'è il pro di non dare visualizzazioni a blog discutibili :asd:

Va beh che abbiamo tutti adblock :asd:

koba44
01-06-16, 18:36
non ci voglio credere :uhoh:

È come per le lettere della Posta del Cuore: tutta roba inventata per stuzzicare il lettore.

Cesarino
02-06-16, 15:10
http://i.imgur.com/xFhJi3t.jpg

Cesarino
02-06-16, 18:14
http://imgur.com/gallery/jHwr5

Cesarino
07-06-16, 15:27
Dopo le polemiche esplose di fronte al manifesto pubblicitario di X-Men: Apocalisse che istigherebbe alla violenza contro le donne, Fox ha deciso di scusarsi pubblicamente.

Il manifesto incriminato mostra il villain Apocalisse (Oscar Isaac) intento ad afferrare per la gola Mystica (Jennifer Lawrence). Il poster vede Mystica semisoffocata, incapace di ribellarsi, il tutto accompagnato dalla scritta: "Solo chi è forte sopravviverà."

L'immagine è stata subito oggetto di critiche perché rievoca tante, troppe situazioni di abusi e delitti contro le donne che sono ormai all'ordine del giorno, e sembra quasi voler giustificare la violenza in modo decontestualizzato dal film.

Tra le voci più critiche l'attrice Rose McGowan, la quale ha dichiarato: "C'è un grosso problema quando le persone che lavorano a 20th Century Fox pensano che la violenza casuale contro le donne sia un modo per vendere un film. In questo manifesto non c'è un contesto, solo una donna che viene strangolata. Trovo tutto questo offensivo e francamente anche stupido."

Le locandine in questione sono apparse sia a Los Angeles che a New York. A seguito delle critiche, Fox ha deciso di scusarsi in un comunicato in cui spiega: "Non abbiamo compreso immediatamente la connotazione negativa di questa immagine in forma stampata. Non giustificheremmo mai alcuna forma di violenza contro le donne".


https://twitter.com/ThatSashaJames/status/735119914776834048/photo/1?ref_src=twsrc^tfw

Zero/2
07-06-16, 15:52
old cesarino, fai cacare