Da una parte c’è la vicenda giudiziaria. Dall’altra, quella legislativa. La prima ha come protagonista il cognato di
Matteo Renzi e i suoi due fratelli, indagati dalla Procura di Firenze rispettivamente per riciclaggio e
appropriazione indebita: secondo gli inquirenti circa
6,6 milioni di dollari dei 10 con cui
Unicef ,
Fondazione Pulitzer e onlus americane ed australiane credevano di finanziare attività benefiche di
Play Therapy Africa, sarebbero finiti in conti bancari personali riconducibili a vario titolo ai tre. La seconda ha al centro un decreto legislativo emanato dal
governo Gentiloni dopo la sconfitta del
4 marzo, che esclude la
procedibilità d’ufficio per il reato di appropriazione indebita. Le due storie si incrociano quando i pm di Firenze informano l’Agenzia Onu per l’infanzia e le altre organizzazioni che, data quest’ultima modifica normativa, per recuperare il denaro occorre che si costituiscano contro i tre.
Entrambe le vicende ruotano attorno al
decreto legislativo 36 del 10 aprile 2018, che contiene “disposizioni di modifica della disciplina del regime di
procedibilità” per alcuni reati. La norma abroga il terzo comma dell’
articolo 646 del codice penale, che prevedeva la procedibilità d’ufficio per un detto reato in alcune circostanze. In che modo questa modifica traduce nell’indagine della procura di Firenze? Con il fatto che il reato di appropriazione indebita, quello di cui sono accusati Alessandro e Luca Conticini (fratelli di Andrea, cognato dell’ex premier), non rientra più tra quelli per i quali i pm possono muoversi automaticamente, ma è diventato procedibile solo a
querela di parte, solo dopo cioè che il presunto derubato ha sporto denuncia e innescato così il lavoro dei magistrati.
“Che bisogno aveva un governo dimissionario – domanda il quotidiano
La Verità – in carica per gli
affari ordinari, di approvare pochi giorni prima che arrivasse il nuovo esecutivo una misura per depenalizzare appropriazione indebita e truffa aggravate?”. Ancora: “Che necessità c’era di varare un provvedimento che influisse su vari processi in corso, spingendo le Procure a sollecitare le vittime per poter proseguire le indagini?”. Risposta implicita: per favorire i parenti dell’ex segretario.
Il provvedimento era stato deliberato nel Consiglio dei ministri del
21 marzo riunitosi sotto la presidenza di Paolo Gentiloni, segretario la Sottosegretaria alla Presidenza Maria Elena Boschi – due giorni prima dell’insediamento del nuovo Parlamento – varato il
10 aprile e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il
26 dello stesso mese. Il testo era stato emanato
in attuazione della legge 103 del 23 giugno 2017, ovvero la riforma della Giustizia firmata dal ministro Andrea Orlando. Si tratta, cioè, un provvedimento che fa parte di un contesto normativo più ampio, a una delle cui parti dà esecuzione.
“Il decreto
amplia l’istituto della procedibilità a querela di parte – si legge nel comunicato stampa del Cdm del 21 marzo – estendendola a quei reati contro la persona e contro il patrimonio che si caratterizzano essenzialmente per il valore privato dell’offesa o per il suo modesto valore offensivo, con l’obiettivo di
migliorare l’efficienza del sistema penale, favorendo
meccanismi di conciliazione per i reati di minore gravità”.