Ci salva solo il covid, forza spadafora
Io ricordo che voi ilicic lo sputavate, com'è possibile?
Parla per loro
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Per lo stesso motivo per il quale voi sputavate su Gilardino
Veramente era solo Tiziano che ce l'aveva con Ilicic.
Veramente Ilicic faceva schifo a tutti, non ci pigliamo per le mele. Al massimo la cazzata è stato venderlo a soli 5 milioni.
E per me comunque è il classico sopravvalutato che ha beccato un anno fortunato, in questa atalanta alla Re Mida poi anche il raccattapalle diventerebbe un fuoriclasse
In una piccola può fare grandi cose, ma sente la pressione, in una medio grande durerebbe meno di 1 anno, basterebbero un paio di fischi
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fischi, grande , piccole quante frasi fatte
non è neanche vero sia 1 anno buono: volendo già palermo, ora a bergamo sta fecendo sempre meglio non solo in questa stagione ma anche nelle scorse
è in fiducia, in una squadra che sta andando alla grande
ma sarà anche maturato come giocatore (non è più un bocia)
non è un fenomeno da top 10 mondiale del calcio assolutamente, ma è un buonissimo giocatore
Ma riguardatevi la finale di coppa Italia contro il Napoli di genny la carogna porco covid prima di parlare
Ilicic ha fatto una buona stagione l'ultimo anno di Montella e una ottima il primo anno di Sousa.
Per il resto è sempre stato altalenante o sotto il suo potenziale.
Ha bisogno di un ambiente sano e che gli dia fiducia, se no sente parecchio la pressione.
Tecnicamente è molto forte, ma quello lo è sempre stato.
Certo non era un giocatore da 5 milioni
State sopravvivendo?
Per ora sì.
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stai a casa tiziano che voi terroni siete tutti fuori a fare le giratine
No cazzo, è morto Rialti.
Mi dispiace tantissimo.
https://farfalle.blogautore.repubbli...05/uno-di-noi/
"E così sei andato via. Tu che arrivavi per primo e te ne andavi via quando ormai non c'era più nessuno, coi giornali sottobraccio, ingobbito nel tuo mondo fatto di parole e pensieri. Quanto ci sentivi. Quanto. Lo stadio era casa tua, e poi, comunque, la tua vera casa era lì, cento metri più in là. Quando lo stadio era chiuso abitavi al bar Marisa, immerso nei campanelli dei tifosi. Arringavi la folla. E ascoltavi, acchiappavi idee, spunti, frammenti di emozioni. Eri capace di andare in conferenza stampa anche nel tuo giorno libero. La Fiorentina era dentro di te, era la tua splendida ossessione. Quanto amore, quanta rabbia, quanti pugni stretti al cielo nei giorni felici. Abbiamo visto e vissuto tanto insieme. Ho cominciato con te accanto. Ho cercato di imparare qualcosa. Chissà. E ora sei andato via. Non ho altro da aggiungere, non ora. Solo che mi mancherai, ci mancherai. Noi qui, a raccontare il nostro mondo, il tuo mondo. Quello che firmavi ogni giorno col tuo nome e cognome: Alessandro Rialti. Ti immagino andare via, uscire dallo stadio coi giornali sotto braccio. Irruento, arguto, appassionato, vero. Ciao Ciccio, Uno di noi."
"Potrei dire tante cose su Ale, Sandro, Alessandro, Ciccio, chiamatelo come volete, non gli è mai importato niente dei soprannomi, al Rialti. Tante cose, che sono qui dentro di me che premono per uscire, e che io con la mano spingo giù, state giù, siete cose mie. Ne farò uscire solo due, una piccola e una grande, una dell’inizio e una della fine.
Bar Marisa, 1989.
Io sono da poco entrata a Repubblica Firenze, ho vent’anni, scribacchio un po’ di tutto, ma Sconcerti, Mario Sconcerti allora capo della redazione, si è fissato che io mi occupi di sport, di Fiorentina. Il giornale ha già la miglior firma in circolazione, Alessandro Rialti, il numero uno (via, il numero due, visto che Sconcerti è Sconcerti), ma insomma il Rialti è il Rialti. Io però questo Rialti non l’ho mai visto in faccia, leggo la sua firma, ma non ci ho mai parlato, collabora da fuori lui, e io di Fiorentina non so praticamente niente. Mario mi chiama nella sua stanza: vai, Ricottina, vai al Bar Marisa e senti gli umori dei tifosi, tranquilla, tanto lì troverai anche il Rialti. Sei giovane, cominci con i servizi dei tifosi, no? Bene, mi fiondo in Vespa al Bar Marisa e mi intrufolo nei capannelli dei tifosi, lì in strada, comincio a chiedere di qui e di là. Di botto mi si piazzano davanti due ragazzotti, mai visti: noi noi, intervista noi. Bene, faccio io, ottimo, due volontari. Tu come ti chiami, Luca?, e tu, Alberto?, perfetto, e quindi ditemi di questa Fiorentina. I due cominciano a parlare, io prendo appunti come una pazza. E poi. Poi mi sento prendere per un braccio da un uomo con i baffi: guarda che quei due ti stanno prendendo in giro, sono Calamai e Polverosi, due colleghi…
L’ho conosciuto così, il Rialti.
Per trent’anni mi ha coperto le spalle. Prima nel lavoro, miliardi di trasferte insieme, di dritte, di risate, di musiche, di insegnamenti; poi nella vita, solo nella vita. L’ho sempre avuto accanto, Ale, ce l’ho sempre accanto.
Bar Marisa, 2019. Quei miei vent’anni sono diventati cinquantuno. Lui è sempre lì, nel dehors, incapsulato fra i tavolini, che riceve tifosi, amici, tutti. È il suo vero ufficio. Mi affaccio. Toh, eccola, fa lui. Mi siedo, Ale manda via tutti, e io come sempre gli rovescio addosso i miei soliti casini esistenziali, le mie insicurezze, le mie paure, insomma come sempre. Lui mi guarda, ascolta pazientemente, poi scuote la testa. Forse smania per un semifreddo al caffè, non so. E poi s’incazza, il Rialti s’incazza: ora basta, mi hai rotto i coglioni, sì i coglioni, sono trent’anni che mi dici le stesse cose, possibile che tu non riesca mai a vedere quello che sei? Ma come faccio, Ale, non ci riesco. Non guardarti con i tuoi occhi, Claudia, guardati con i miei.
Ecco, è questo che io oggi vorrei dire a voi, rubandogli quelle parole: quando siete giù, quando non riuscite più a vedervi, andate da una persona che vi vuole bene, ma parlo di un bene profondo, e fate come dice il Rialti: guardatevi attraverso quegli occhi"
di CLAUDIA RICONDA