ALL THE WAY TO RINO
Ricominceremo senza Rino Gattuso, che abbandona la scena con un'eleganza e un senso delle istituzioni che è persino superfluo sottolineare. Quelli che lo hanno insultato per un anno intero, andando oltre le legittime critiche, saranno felici - e siamo felici per loro: che dire, è ovvio che speriamo che il prossimo allenatore faccia meglio di lui. Ma sappiamo (temiamo) che non sarà così semplice. Gattuso ha commesso tanti errori e li ha candidamente ammessi, con quella disarmante trasparenza che nella vita è una virtù ma nel calcio, specie quello immerso nei media (quelli tradizionali e quelli social) è un problema.
Ci sono tanti motivi per i quali non siamo andati in Champions League. Su 38 partite di una serie A sempre più estenuante, il Milan ne ha vinte 19. Quindi, i due punti fatidici dovevano/potevano venire da una delle altre 19. Ognuno ha il suo rimpianto preferito. Ma in effetti quei due punti potevano venire da tante partite, dalla prima col Napoli al pareggio a Bologna, dalla sconfitta interna con la Fiorentina al pareggio interno con l'Atalanta, persino con la dittatrice Juventus sono stati dei rigori a fare la differenza sul tabellino.
Tuttavia sia l'allenatore che il capitano Romagnoli hanno indicato come cruciale la crisi di risultati più recente. Le cinque partite tra marzo e aprile (derby di ritorno, Sampdoria, Udinese, Parma, Torino) in cui abbiamo totalizzato 2 punti su 15, smarrendo completamente il gioco e il cervello.
Gattuso, è giusto dirlo, non ha avuto la fortuna dalla sua, malgrado qualcuno insistesse che a tenerci a galla fossero gli analoghi appannamenti delle altre squadre (quanto sia sensato questo ragionamento, lo lasciamo giudicare a voi). Arbitri, infortuni e immaturità dei giocatori (ma anche di qualche dirigente) gli hanno soffiato contro, e forte. Ma lui ha precise responsabilità nel modo in cui ha preparato e disputato queste partite, dalla comunicazione alla tattica passando per le sostituzioni.
E non le ha mai nascoste.
Volendo, pure troppo. Fallendo in uno dei dogmi degli allenatori capaci di stare a galla in serie A, da Mourinho ad Allegri (ma anche SimoneInzaghi) non ha mostrato polsi ammanettati (fermo restando che è stato espulso per i minimi pretesti), non ha creato un clima da squadra "sola contro tutti", non ha irriso gli opinionisti in diretta. Al contrario ha fustigato sé stesso e la squadra più del dovuto dopo la lite Kessié-Biglia, ha lasciato intendere troppo apertamente che c'erano dissidi interni con Leonardo, e prima della coppa Italia e del Torino è sembrato quasi lasciarsi andare, incoraggiando avversari non più brillanti di noi. Peccati di umanità, che ora paga. Pochi allenatori possono permetterseli, specie in Italia: nelle quattro squadre che ci hanno preceduti, due (forse tre) festeggeranno cambiando allenatore. E questo vuol dire qualcosa, anche se personalmente vorremmo che tutti i nostri giocatori e allenatori - ma che diciamo: tutti i nostri amici e parenti - avessero l'onestà intellettuale che ha avuto Gattuso in questi 18 mesi nel chiedere scusa e assumersi ogni responsabilità, più di quelle che gli spettavano. Arriverà un altro allenatore, probabilmente migliore, certamente più esperto, ma nella Serie A 2019-2020 l'uomo Gattuso sarà difficilmente battibile.
Se l'idea non turba gli animi di chi è comprensibilmente ossessionato da certi slogan politici, noi speriamo sia italiano, perchè è sempre più evidente la necessità di avere nella stanza dei bottoni qualcuno che capisca gli umori e le tendenze del campionato, visto che in Italia purtroppo il silenzio non è regola di vita. Quanto al mercato, vi leggiamo preoccupatissimi - aspettiamo prima qualche nome, no? Visto l'inquietante rendimento dei due cosiddetti top player arrivati al Milan nelle ultime due estati, non pretendiamo nulla di tutto ciò.
Mentre è lecito pretendere ciò che altre società e altre dirigenze fanno da anni. Qui sotto, qualche esempio:
Vidal - dal Bayer Leverkusen alla Juventus - 10,5 milioni (2011)
Pjanic - dal Lione alla Roma - 11 milioni (2011)
Callejon - dal Real Madrid al Napoli - 8,9 milioni (2013)
Mertens - dal PSV al Napoli - 8,5 milioni (2013)
Icardi - dalla Sampdoria all'Inter - 13 milioni (2013)
Koulibaly - dal Genk al Napoli - 8 milioni (2014)
Manolas - dall'Olympiakos alla Roma - 13 milioni (2014)
Allan - dall'Udinese al Napoli - 15,4 milioni (2015)
Milinkovic-Savic - dal Genk alla Lazio - 10 milioni (2015)
Alisson - dall'Internacional alla Roma - 8 milioni (2016)
Non stiamo necessariamente parlando di plusvalenze (per qualcuno una parola meravigliosa, per altri, disgustosa). Quanto di scoprire e valorizzare gente che sa giocare a pallone. E non necessariamente per rivenderli, diventando delle Udinesi di lusso. Metà dei nomi che leggete sopra non si sono più mossi.
Ricominceremo anche senza Leonardo, che In dieci anni di carriera da allenatore e dirigente è alle quinte dimissioni, spontanee o indotte, in quattro società diverse (Milan-1, Inter, PSG, Antalyaspor, Milan-2). Tra tre mesi compirà 50 anni: l'età in cui si dà sempre la colpa agli altri dovrebbe essere passata da un pezzo. Se ha bisogno di qualcuno da cui imparare a farlo, può guardare al suo ex allenatore.