la forza del film sta nell'evidente parallelo fra il linguaggio filmico e l'esistenza umana come esperienza schiava del tempo.
un film ha un inizio, una durata e una fine, esattamente come la vita di ciascuno di noi.
nel cinema un ricordo passato si simula tramite montaggio (l'incipit fino alla notizia dell'arrivo) e contrasto di stile di ripresa (il malick citato in questo stesso topic).
il contrasto fra i ricordi e quello che avviene nel presente filmico è evidente, esagerato.
si passa da camera a mano, dettagli e primi piani sfocati a glaciali piani sequenza in cui ogni frame sembra degno di una cornice.
è lo stesso meccanismo che usiamo per rapportarci col passato, con in mente le persone, i luoghi a cui più teniamo.
il cinema è funzionale a questo concetto perchè usa lo stesso linguaggio per suggerire una fruizione diversa della propria esistenza, in cui la vita non è più schiava del tempo. rimpianto e nostalgia possono diventare attesa e proposito, come capita alla protagonista. è inevitabile non pensare alla propria di vita in questi termini, anelando una prospettiva analoga.
villeneuve non si inventa niente quando i pezzi vengono messi al proprio posto. la narrazione continua a scorrere come prima.
di certo non è capolavoro, ma non capire il senso del film e la portata della riflessione proposta mi sembra veramente difficile.
riguardo malick, si era già notato che in uno degli ultimi film i ricordi erano tutti ripresi tramite cellulari e tecnologia di massa di bassa qualità, come se in quest'epoca stessimo generandoli con questo filtro specifico.
probabilmente è così. di certo uno è un maestro e l'altro un degno allievo.