Kronos The Magazine - Elogio alla Follia Kronos The Magazine - Elogio alla Follia - Pagina 6

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Discussione: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

  1. #101
    Mr.Cilindro
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    questa era poco splatter

  2. #102
    Bannato
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    son finite le vere tragedie, mo' si passa a cogne e garlasco

  3. #103
    Kronos The Mad
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Una sfortunata esecuzione



    Il volume Celebrated trials of all countries, and remarkable cases of criminal jurisprudence (1835) raccoglie 88 resoconti di fatti di sangue e curiosi processi.
    Diversi aneddoti sono interessanti, ma una doppia impiccagione avvenuta nel 1807 è particolarmente stupefacente per gli inattesi effetti collaterali che provocò. Il 6 novembre 1802 John Cole Steele, proprietario di un deposito di acqua di lavanda, stava viaggiando da Bedfont, alla periferia di Londra, alla sua casa di Strand. Era notte fonda e il commerciante, non avendo trovato una carrozza, camminava da solo.
    La luna era appena sorta, quando Steele fu accerchiato da tre uomini che si nascondevano nei cespugli. Erano John Holloway e Owen Haggerty — due piccoli criminali che vivevano di espedienti, continuamente dentro e fuori dal carcere; assieme a loro, il complice Benjamin Hanfield, reclutato qualche ora prima a una locanda.
    E proprio Hanfield si sarebbe rivelato l’anello debole. Quattro anni più tardi, su promessa amnistia per altri reati, avrebbe vividamente raccontato agli inquirenti la scena a cui aveva assistito quella notte:

    Vedemmo un uomo venire verso di noi e, avvicinatici, gli ordinammo di fermarsi, cosa che fece immediatamente. Holloway gli passò attorno, e gli disse di darci i soldi. Lui rispose che li avremmo avuti, e che sperava che non gli avremmo fatto del male. [Steele] mise una mano in tasca, e diede i soldi a Haggerty. Io gli chiesi il portafoglio. Lui rispose che non ne aveva uno. Holloway insistette che doveva avere un portafoglio e che se non gliel’avesse consegnato, l’avrebbe steso a terra. A quel punto io gli presi le gambe. Holloway stava alla sua testa, e giurò che se avesse gridato gli avrebbe spaccato il cervello. [Steele] ripeté che sperava che non lo avremmo maltrattato. Haggerty si mise a perquisirlo quando [Steele] fece qualche resistenza, e si divincolò così tanto che finimmo dall’altra parte della strada. Si mise a gridare forte, e siccome stava arrivando una carrozza, Holloway disse “Attenti, farò star zitto io questo bastardo”, e immediatamente gli inferse diversi violenti colpi sulla testa e sul corpo. [Steele] lanciò un pesante grugnito, e si allungò senza vita. Io mi allarmai, e dissi, “John, l’hai ucciso”. Holloway replicò che era una bugia, che era solo stordito. Io dissi che non sarei rimasto più a lungo, e subito partii verso Londra, lasciando Holloway e Haggerty con il corpo. Arrivai a Hounslow, e mi fermai alla fine della città per quasi un’ora. Holloway e Haggerty arrivarono, e dissero che avevano finito il lavoro, e come prova mi misero in mano il cappello del morto. […] Io dissi a Holloway che era stato un affare crudele, e che mi dispiaceva avervi partecipato in alcun modo. Girammo per una strada, e tornammo a Londra. Mentre camminavamo, chiesi a Holloway se avesse preso il portafogli. Lui rispose che non importava, perché siccome avevo rifiutato di condividere il pericolo, non avrei condiviso il bottino. Arrivammo al Black Horse di Dyot Street, ci facemmo mezza pinta di gin, e ci lasciammo.




    Una rapina finita male, dunque, come ce ne sono tante. Holloway e Haggerty l’avrebbero di certo passata liscia: le investigazioni non portarono a nulla per quattro anni, finché Hanfield non si mise a spifferare tutto.
    I due vennero arrestati grazie alle deposizioni di Hanfield , nonostante si fossero dichiarati innocenti, la giuria emise il verdetto di morte per entrambi gli imputati: Holloway e Haggerty sarebbero stati impiccati un lunedì, il 22 febbraio 1807.
    Durante tutta la notte di domenica, i condannati continuarono a gridare la loro estraneità ai fatti, lacerando “la terribile calma della mezzanotte“.





    La mattina del 22 febbraio 1807, i due vennero portati al patibolo di Newgate. Assieme a loro sarebbe stata impiccata anche Elizabeth Godfrey, colpevole di aver accoltellato il suo vicino di casa Richard Prince.
    Tre esecuzioni in contemporanea: era uno spettacolo raro, da non perdere. Per questo motivo circa 40.000 persone si erano radunate per assistere all’evento, stipate in ogni centimetro di spazio fuori da Newgate e davanti all’Old Bailey.





    Haggerty fu il primo a salire sulla forca, silenzioso e rassegnato. Il boia, William Brunskill, gli coprì il capo con il cappuccio di tela bianca. Poi fu il turno di Holloway, che invece perse il suo sangue freddo, e cominciò a urlare “Sono innocente, innocente, per Dio!”, mentre il suo volto veniva coperto con il sacco. Infine anche la tremante Elizabeth Godfrey fu fatta accomodare accanto agli altri due.
    Alla fine delle preghiere, il prete fece cenno al carnefice di compiere la sua opera.
    Alle 8.15 circa, le botole si aprirono sotto ai piedi dei condannati. Haggerty e Holloway morirono sul colpo, mentre la donna si agitò convulsamente per qualche tempo prima di spirare. “Dying hard“, morire difficile, era il modo di dire all’epoca.



    Ma i tre non sarebbero stati le uniche vittime di quella fredda mattinata di morte: la folla, d’un tratto, cominciò a muoversi come un’immensa marea fuori controllo.

    La pressione della folla era tale che prima che i malfattori apparissero, numerose persone urlavano in vano per sfuggirvi: il tentativo aumentava soltanto la confusione. Diverse donne di bassa statura, che erano state così imprudenti da inoltrarsi nella folla, erano in una penosa situazione: le loro grida erano terribili. Alcune fra loro, che gli uomini non riuscirono più a proteggere, caddero e vennero calpestate a morte. Fu così anche per molti uomini e ragazzi. Ovunque c’erano grida continue di “Assassinio! Assassinio!” in particolare dalle spettatrici e dai bambini, alcuni dei quali furono visti spirare senza possibilità della minima assistenza, poiché tutti erano intenti a preservare la propria stessa vita. La scena più toccante fu vista a Green-Arbour Lane, quasi all’opposto del patibolo. La deplorevole catastrofe che accadde in quel punto venne ricondotta al fatto che mentre due uomini vendevano torte al pubblico, a uno di loro cadde il cesto, e una parte della folla, ignara di quello che era successo e al tempo stesso pressata, cadde sul cesto e sull’uomo che stava raccogliendolo con le torte che conteneva. Coloro che caddero una volta non poterono alzarsi mai più, vista ala pressione esercitata dalla folla. In questo punto fatale, un uomo di nome Herrington fu gettato a terra mentre aveva in braccio il suo figlio più giovane, un bel giovinetto di circa dodici anni. Il pargolo fu presto calpestato a morte; il padre si riprese, anche se ricoperto di lividi, e finì tra i feriti al St. Bartholomew’s Hospital.


    Il passo seguente è particolarmente agghiacciante:

    Una donna, che era stata così avventata da portare con sé il figlioletto al seno, fu tra gli uccisi: mentre cadeva, forzò il bambino fra le braccia dell’uomo vicino a lei, chiedendogli in nome del Cielo di salvargli la vita; l’uomo, accorgendosi di necessitare di tutta la sua fatica per rimanere in vita, lanciò l’infante lontano da sé, il quale fu fortunosamente preso al volo da un altro uomo che, parimenti trovando difficile assicurarsi la salvezza, se ne sbarazzò allo stesso modo. Il bambino venne di nuovo preso da una persona, la quale trovò il modo di lottare fino a un carro, sotto il quale depose il bambino fino a che il pericolo non era passato, e la folla dispersa.
    Altri si salvarono fortunosamente, come riporta The Annual Register del 1807:
    Un giovanotto […] era caduto […] ma aveva tenuto la testa scoperta, e si era fatto strada sopra ai cadaveri, che giacevano in un mucchio alto quanto la folla, finché non fu in grado di arrampicarsi sulle teste della gente fino a un lampione, da cui entrò nella finestra del primo piano di Mr. Hazel, fabbricante di candele di sego, all’Old Bailey; era molto malconcio, e avrebbe sofferto lo stesso destino del suo compagno, se non fosse stato posseduto da grande forza.
    La turba impazzita lasciò una scena di devastazione apocalittica.

    Dopo che i corpi furono tirati giù dalle corde, e il patibolo rimosso dal cortile dell’Old Bailey, i marescialli e gli sceriffi liberarono le strade dov’era successa la catastrofe, quando quasi un centinaio persone, morte o in stato di incoscienza, furono trovate sulle strade. […] Una madre fu vista mentre portava via il corpo senza vita di suo figlio; […] un giovane marinaio era rimasto ucciso dall’altra parte di Newgate, per soffocamento; in una piccola sacca che portava c’era una buona quantità di pane e formaggio, e si pensa che fosse venuto da lontano per assistere all’esecuzione. […] Fino alle quattro di pomeriggio, la maggior parte delle case adiacenti contenevano feriti, che vennero poi portati via dai loro amici sulle barelle o in carrozze a pagamento. Al Bartholomew’s Hospital, dopo che i cadaveri furono spogliati e lavari, vennero ordinati in una sala, coperti da lenzuoli, e i loro vestiti furono posti come cuscini sotto le teste; i loro volti erano scoperti, e c’era un corrimano al centro della stanza; le persone che erano ammesse allo scioccante spettacolo, e che ne identificarono molti, entravano da una parte e ritornavano dall’altra. Fino alle due, gli ingressi dell’ospedale furono assediati da madri che piangevano i loro figli! mogli che piangevano i mariti! e sorelle i loro fratelli! e vari individui, i loro parenti e amici!


    C’è però un ultimo colpo di scena in tutta questa storia: c’è un’alta probabilità che Holloway e Haggerty fossero davvero innocenti.
    Henfield, il testimone chiave, potrebbe infatti aver mentito al fine di vedersi prosciolto dalle sue imputazioni.
    L’avvocato difensore James Harmer (lo stesso che, per inciso, ispirerà Charles Dickens per il suo Great Expectations), pur sicuro inizialmente della colpevolezza degli imputati, continuò a investigare dopo la loro morte e finì per cambiare parere, pubblicando addirittura un pamphlet a sue spese per denunciare l’errore della giuria. Tra le altre cose, Harmer scoprì che Hanfield aveva già provato il trucchetto in precedenza, quando era stato accusato di diserzione nel 1805: aveva tentato di confessare una rapina per evitare la punizione marziale.
    La Corte stessa era consapevole della probabilità che i veri criminali non fossero mai stati puniti, visto che nel 1820, 13 anni dopo la rovinosa impiccagione, dell’omicidio di Steele venne accusato un certo John Ward, poi prosciolto per mancanza di prove (cfr. Linda Stratmann in Middlesex Murders). In un solo giorno la giustizia aveva causato la morte di decine e decine di innocenti — inclusi i condannati.
    Davvero una delle più sfortunate esecuzioni che Londra avesse mai visto.


    Fonte: Bizzarro Bazar


  4. #104
    Kronos The Mad
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Lista completa delle peggiori torture cinesi moderne



    Le torture in Cina, anche se tecnicamente illegali, sono ancora largamente usate soprattutto su due categorie di soggetti:
    • I praticanti del Falun Gong
    • I residenti del Tibet


    Cos’è il Falun Gong

    Attualmente in Cina una fra le categorie più torturate dal governo è quella dei praticanti del Falun Gong: una serie di pratiche e di esercizi che prevedono la meditazione, la concentrazione mentale e particolari movimenti. Serve a purificare corpo e mente con una serie di 5 esercizi ed è stato introdotto al pubblico nel 1992.
    Nonostante non abbia niente a che vedere con la politica, il governo cinese lo reputa una minaccia per il Partito Comunista Cinese.
    Il Falun Gong è un’organizzazione molto grande, con molti iscritti e il Governo Cinese ha paura di non poterla controllare.
    Nel 1999 comincia quindi la repressione a livello nazionale. Perché le torture ai tibetani?

    Anche i tibetani da anni sono vittime della persecuzione e della tortura da parte del governo cinese.
    Il Tibet è una regione che rientra nei confini geopolitici della Cina, ma da decenni rivendica una sua indipendenza.
    Il governo cinese non ne vuole sapere e reprime le manifestazioni, o qualsiasi idea diversa da quella del Partito Comunista, con il carcere e la tortura.



    Torture usate su entrambi i gruppi

    Ci sono alcune torture usate più su un gruppo che sull’altro, mentre altre sono comuni a entrambi. Ho deciso di cominciare proprio con le torture cinesi usate in entrambi i casi.


    Pestaggio

    Questa è la forma più semplice di tortura da portare a termine.
    I prigionieri sono pestati a sangue, picchiati con bastoni, cinghie, tubi di metallo o semplicemente con calci e pugni. Spesso durante questo trattamento le vittime hanno i polsi legati a una corda che pende dal soffitto e sfiorano appena il pavimento con le punte dei piedi. Alcuni sopravvissuti hanno raccontato le loro esperienze come Phuntsog, un ragazzo di 33 anni, che dichiara:

    Mi hanno picchiato con una pala talmente forte che si è rotto il manico
    O come Wang Yukun che racconta:

    Mi hanno fratturato la gamba sinistra e mi hanno distrutto la rotula
    A volte nelle ferite, negli occhi o nel naso viene versata una miscela di acqua e peperoncino. Spesso le vittime che sopravvivono devono essere ricoverate in ospedale per molti mesi per potersi riprendere dalle ferite. In carcere infatti non hanno diritto a nessun trattamento medico, nemmeno in casi di vita o di morte.

    Torture con l’elettricità

    Durante il pestaggio è comune che i detenuti vengano picchiati con i bastoni elettrici. Questi sono dei manganelli elettrificati che scaricano sulla vittima elettricità ad alto voltaggio e provocano bruciature. Sono usati su ogni parte del corpo ma specialmente sul viso, in bocca, sui capezzoli e sui genitali, causando un dolore terribile e perdita di conoscenza. Ogni colpo lascia sulla pelle una bruciatura che in seguito può infettarsi, aumentando anche il dolore delle successive scosse.


    Alimentazione forzata

    Anche l’alimentazione forzata è una tortura usata dal governo cinese. Ai prigionieri viene inserito un tubo nel naso e viene spinto fino a raggiungere lo stomaco. Poi cibo liquido viene versato nel tubo, causando dolori allo stomaco. A volte gli aguzzini inseriscono il tubo molto lentamente per aumentare il dolore e provocano lesioni al naso e allo stomaco. Altre volte la tortura consiste nell’inserire e togliere il tubo dal naso molte volte di seguito. Oppure il tubo viene lasciato nello stomaco per ore intere e il prigioniero, legato, non può toglierlo. Questo metodo è utilizzato soprattutto con i prigionieri che decidono di fare lo sciopero della fame come protesta. Ciò che viene inserito nel tubo, però, non è sempre cibo. A volte vengono inserite sostanze come aceto, soluzioni saline, acqua bollente, urina o feci per indurre il vomito. Lavoro forzato

    I detenuti in carcere, quando non sono torturati, sono costretti ai lavori forzati. Molti sopravvissuti ricordano di come venissero svegliati alle 5 per cucire abiti o per creare fiori secchi o di plastica. Il turno comincia alle 5 del mattino e finisce alle 9 di sera. Le guardie ricevono un premio se i loro detenuti producono di più, e quindi fanno fare turni massacranti ai loro prigionieri. Durante il turno sono permesse due brevi pause per i due pasti e qualcuna per il bagno. Se qualcuno non riesce a finire il lavoro in tempo, dovrà continuare per tutta la notte provocando una privazione del sonno.

    L.X racconta:

    Facevamo dei fiori essiccati e di plastica. […] Le mie mani erano sanguinanti per le piccole ferite delle spine
    I prodotti, che includono vestiti, lenzuola, cuscini e bandierine, vengono poi esportati.
    Inoltre nelle prigioni sono presenti piantagioni di frumento e i detenuti sono obbligati a coltivarlo e lavorarlo, dovendo spostare sacchi pesanti anche 50kg.

    La sedia



    Una tortura ampiamente usata è la sedia. Il prigioniero viene legato, mani e piedi, a una sedia di metallo e viene lasciato così anche per parecchi giorni di fila.
    Questo causa dolori atroci e sanguinamenti alle gambe e ai glutei.
    In altri casi le vittime vengono legate alla sedia in modo che non abbiano nessun appoggio per la parte superiore del corpo e che il loro peso gravi completamente sulle gambe.

    Golog Jigme racconta la sua esperienza con la sedia:

    Il dolore causato dalla sedia era talmente estremo che non sentivo il dolore causato dalle altre torture. Quando mi hanno picchiato con il bastone elettrico non ho sentito alcun dolore. Ho solo sentito l’odore di bruciato della mia stessa carne.
    Golog è stato legato per talmente tanto tempo alla sedia che i suoi piedi si sono gonfiati così tanto da fargli cadere tutte le unghie dei piedi.


    Privazione di cibo, acqua e sonno

    Le razioni di cibo sono molto scarse nelle carceri cinesi. Vengono serviti due pasti al giorno, ma a volte il prigioniero viene lasciato senza cibo per giorni.
    Quando viene concesso di mangiare, il pasto non è nutritivo e si compone da riso bollito in acqua con sabbia o cibo andato a male.
    Viene somministrata pochissima acqua il che, con le grandi perdite di sangue che hanno i prigionieri, è molto pericoloso. Alcuni detenuti, disperati per la sete, sono costretti a bere dalla latrina, andando incontro al rischio di infezioni.
    A volte viene proibito ai prigionieri di dormire.
    Questo si ottiene legandoli in posizioni dolorose o esponendoli a luce e suoi intensi. Se il prigioniero cerca di dormire viene preso a calci e pugni.
    La privazione del sonno può portare a un crollo del sistema nervoso e a danni sia psicologici che fisici.


    Isolamento

    Ai detenuti non è permesso parlare fra di loro o fare contatto visivo gli uni con gli altri. A volte però vengono messi in isolamento completo.
    Ciò significa che vengono messi in celle piccolissime, in cui a malapena entra una persona. Queste celle sono completamente buie, non hanno finestre, né letto né bagno e spesso i prigionieri sono incatenati alla porta senza potersi muovere.
    Vengono tenuti così per giorni o mesi interi.
    A volte vengono messi in celle di metallo che poi vengono immerse in acqua fino a raggiungere la gola del detenuto. In questo modo è impossibile dormire ma anche solo appoggiarsi ai bordi della gabbia, dato che sono ricoperti di punte.
    Se un prigioniero perde conoscenza, morirà affogato.


    Torsione e allungamento degli arti e posizioni forzate

    Un’altra tortura che richiede poco sforzo è quella della torsione o allungamento eccessivo degli arti. Questo provoca la dislocazione delle giunture e un dolore atroce.
    Per fare questo gli aguzzini torcono le braccia dei detenuti dietro la schiena, oppure lo fanno con l’uso di una fune, proprio come nel supplizio della corda.


    La panca della tigre



    Per l’allungamento delle gambe è invece usata la cosiddetta “panca della tigre”. Questa è una tavola di legno o di metallo dove il prigioniero viene fatto sedere con le gambe allungate.
    Poi le mani gli vengono ammanettate dietro la schiena e le gambe legate alla panca. Sotto ai piedi gli vengono messi dei mattoni fino a provocare un eccessivo allungamento delle gambe che causa forti dolori.
    Oppure il prigioniero viene fatto sedere a terra con le gambe distese.
    Poi la parte superiore del corpo viene spinta verso le cosce e il detenuto viene messo sotto a un letto.
    Questa posizione provoca dolori fortissimi a gambe e schiena, a volte accentuati dalle guardie che saltano sul letto.
    posizioni forzate

    I prigionieri sono obbligati a rimanere in posizioni scomode per ore o giorni interi. Ad esempio in posizione accovacciata, oppure in piedi ad uno sgabello, o ancora incatenati alle porte.
    I dolori provocati da queste posizioni innaturali sono così forti, che spesso la fame, la sete e il sonno passano in secondo piano.
    Torture cinesi inflitte ai seguaci del Falun Gong


    Alcune torture sono poi riservate ai prigionieri che praticano il Falun Gong, soprattutto alle donne.


    Abusi sessuali

    Le donne che praticano il Falun Gong vengono abusate sessualmente. A volte vengono messe, nude, in una cella maschile e i detenuti sono spronati ad abusare sessualmente della vittima.
    Altre volte vengono inseriti oggetti nella vagina o nell’ano come spazzole per le scarpe o spazzolini da denti per provocare lesioni o bastoni elettrici. Spesso dopo avere inserito oggetti e aver lacerato la carne, la zona viene cosparsa di peperoncino.
    Torture sessuali nei confronti degli uomini comprendono la violenza sessuale da parte di altri carcerati o guardie, l’inserimento di oggetti nell’ano, o torture sul pene.


    Aborto forzato

    Nemmeno le donne incinte vengono risparmiate dalla tortura. Anzi, vengono spesso fatte abortire forzatamente.
    L’aborto può essere provocato facendo cadere ripetutamente la donna incinta da varie altezze, tramite pestaggio o con dei farmaci.
    A volte le madri che allattano vengo prelevate forzosamente dalle loro case, lasciando il neonato senza le cure materne a morire di fame.


    Arrostire una pecora intera



    Questo metodo è stato usato soprattutto con i praticanti del Falun Gong. Al prigioniero vengono legate le mani dietro la schiena. Poi le mani e i piedi vengono legati a una sbarra di metallo simile a uno spiedo e vengono lasciati in questa posizione parecchie ore.


    Torture cinesi inflitte ai prigionieri tibetani

    Alcune torture sono praticate specialmente sui detenuti tibetani, anche a causa delle condizioni atmosferiche presenti nella zona.


    Esposizione al freddo


    I prigionieri vengono lasciati dormire fuori al freddo, senza vestiti. Oppure in celle con finestre spalancate. Alcuni raccontano che il clima è così freddo che sulle pareti si forma il ghiaccio.
    Questo porta i prigionieri ad ammalarsi e a indebolirsi oltre che alla privazione del sonno.
    A volte invece vengono messi a sedere fuori in una pozza d’acqua. A causa del freddo questa si congela e a volte i piedi vengono inglobati dal ghiaccio che si forma.


    Torture con acqua bollente o calore

    Spesso ai detenuti viene gettata acqua bollente in testa o sul corpo in modo da provocare ustioni, che poi si infetteranno.
    Altre volte, invece, vengono ammanettati al tubo di una stufa che poi viene accesa. In questo modo le braccia e il viso subiscono serie ustioni.
    Queste sono le torture principali che ogni giorno stanno subendo i detenuti cinesi. Il governo cinese nega ogni accusa di tortura, ma alcuni sopravvissuti riescono a scappare dalla Cina e a dare la loro testimonianza.

    L’unico limite alle torture cinesi è quello della fantasia degli aguzzini.


    Fonte: Emadion
    Ultima modifica di Kronos The Mad; 29-12-16 alle 21:45

  5. #105
    macs
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    la prossima Sverdlovsk del 79

  6. #106
    Bannato
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    Jan 2016
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    8.847

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia


  7. #107
    Mr.Cilindro
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    questa era notevole

  8. #108
    Kronos The Mad
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Citazione Originariamente Scritto da Shogun Visualizza Messaggio
    questa era notevole
    Quale?

    Ne ho ancora a milioni di cose succulente, naturalmente non posso partire in quarta con le cose più splatter, devo introdurre l'atmosfera

  9. #109
    Kronos The Mad
    Guest

    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Il sorriso del Clown


    John Wayne Gacy è sicuramente uno dei Serial killer più controversi della storia della criminologia moderna.
    Gacy, meglio conosciuto come “Killer Clown” nasce a Chicago il 7 Marzo del 1942.
    La sua infanzia, a prima vista, appare quasi normale. Non significatamene diversa dalle altre.
    Ha due sorelle e fin da piccolo si farà amare da tutti.
    Da ragazzino incappa in qualche incidente che gli causerà alcuni problemi fisici.
    A 11 anni una mazza di un compagno lo colpisce alla testa durante una partita di baseball.
    Il colpo gli causa un grumo di sangue interno, che sarà scoperto e curato solo cinque anni più tardi.
    Nel frattempo il giovane Gacy soffre anche e soprattutto di problemi alla vista.
    A 17 anni viene ricoverato per curare un'indisposizione cardiaca. Il disturbo non rappresenterà mai un grosso problema. C'è però un'ombra nella sua esistenza e in quella delle sorelle. Il padre, alcolizzato, che sfoga la sua violenza su tutta la famiglia, figlio maschio compreso.
    Johnny, tuttavia, cercherà sempre di entrare nelle grazie dell’uomo. Al quarto anno di liceo si trasferisce a Las Vegas in cerca di fortuna. Trova il suo primo impiego in un'agenzia di pompe funebri.

    Dopo qualche mese, e diversi racconti macabri che lo vedono addirittura sdraiato al fianco di alcuni cadaveri, decide di tornare a casa. Si iscrive a una scuola di amministrazione e affari. Vengono fuori le sue vere doti: prende facilmente il diploma e si lancia nel mondo del lavoro, a Springfield, nell'Illinois, riesce a diventare manager di un negozio per vestiti. E' un periodo magico, Johnny fa parte anche di associazioni di volontariato e in una di queste diviene anche vice-presidente.

    Non si risparmia mai, tanto che a un certo punto viene ricoverato per esaurimento nervoso, causato proprio dal troppo lavoro.
    Nel settembre del 1964 le prime nozze con Marlynn Myers, una sua collega.
    I genitori di lei gestiscono una catena di fast food, la Kentucky Fried Chicken.
    La coppia si trasferisce nell'Iowa e John inizia a collaborare con il suocero. Contemporaneamente cominciano a girare strane voci sul suo conto. Inizialmente si dice che John Wayne Gacy è un omosessuale, poi qualcuno afferma che avrebbe anche molestato alcuni dipendenti del fast food di cui è comproprietario.
    E' il 1968 quando scoppia lo scandalo: Mark Miller, un adolescente della zona, lo accusa apertamente di violenza, raccontando di essere stato vittima di torture.
    Il tribunale della Contea di Black Hawk condanna per sodomia Gacy, l'uomo nega la violenza, ma ammette di avere pagato il giovane per le sue prestazioni sessuali.
    Per la famiglia gli articoli sui giornali sono un’umiliazione ma il suocero, nonostante tutto lo perdona, per lui è una piccola macchia nella vita di un uomo irreprensibile: gli restituisce la sua fiducia.
    Meno di quattro mesi dopo John è chiamato nuovamente in tribunale. L'accusa è di avere pagato un diciottenne per dare una lezione a quel Mark Miller che gli ha rovinato la reputazione. Dwight Andersen effettivamente picchia il giovane Miller, ma viene fermato dalla polizia. Confessa tutto, anche di aver avuto rapporti sessuali con il suo mandante. Scatta la perizia psichiatrica e dopo la confessione per Gacy c'è una condanna al massimo della pena per sodomia: 10 anni di carcere.
    All'epoca ha 26 anni, la giovane moglie, che nel frattempo gli aveva dato due figli, chiede il divorzio, ammette di non riconosce più l'uomo che aveva sposato anni prima.
    John si rivela un carcerato modello. Dopo meno di due anni viene rilasciato sulla parola.
    E' il 18 giugno del 1970 e Gacy decide di tornare a casa, a Chicago, per vivere con la madre e le sorelle. Il padre nel frattempo è morto mentre lui si trovava dietro le sbarre. Trova lavoro come chef. Come era successo anni prima, riesce a farsi ben volere dai suoi vicini. Di nuovo sono mesi di bagordi e la cosa fondamentale è che nessuno conosce il suo inquietante passato.
    Riprende anche a travestirsi da clown (“Pogo” è il suo nome d’arte) e si iscrive all'albo dei lavoratori ambulanti e del circo, ramo pagliacci, per dare maggiore serietà al suo ruolo di intrattenitore di corsia.
    Bambini e anziani vanno in delirio per lui.
    Nel giugno del 1972 John si risposa, con Carole Hoff, una donna che ha un divorzio alle spalle e due figlie a carico. Sono anni tranquilli che gli consentono di mettersi in proprio: Gacy fonda la Painting Decorating and Maintenance. Da questa sua attività iniziano di nuovo a circolare delle voci su di lui.
    Infatti pare che l'uomo assuma solo giovani scapestrati e nessun mastro esperto, lui si giustificherà dicendo che questa condotta gli consente di risparmiare sulla manodopera. Sono anche gli anni in cui qualcuno, soprattutto i due vicini, Edward e Lilla Grexa, che lo considerano quasi un figlio, nota che dalla casa dei Gacy giunge un odore acre e terribile.
    Lilla glielo fa notare più volte dopo essere stata invitata a cena, ma John si giustifica dando la colpa all'umidità che sembra aver impregnato le fondamenta della sua casa.

    Inizia la trasformazione che lo porterà a diventare un mostro sanguinario. L'uomo che fuori sembra solare, dentro casa è ambiguo.
    Un momento è felicissimo e ride come un bambino, un attimo dopo si inalbera per motivi banali.
    E' la moglie Carole la prima a preoccuparsi, lei sa del suo passato in carcere e si accorge che quei problemi stanno rivenendo a galla.
    Mentre “Pogo” il clown intrattiene i bambini dell'ospedale, Gacy, un omone grande e grosso, sta facendo riemerge la sua omosessualità violenta.
    Un giorno Carole entra in garage e per caso trova uno scatolone pieno di riviste pornografiche, foto che ritraggono bambini in catene, ammanettati in pose scabrose. Tutto va oltre ogni immaginazione. Carole decide di affrontare il marito, ma Gacy non solo non si scompone, la invita anche a chiedere il divorzio.
    E' il 1975, la pornografia maschile è al centro della vita di John e nemmeno davanti alla moglie riesce a negare.
    Da qui in poi inizia a uccidere.
    All'inizio, però, è maldestro e non riesce a ottenere lo scopo.
    Tony Antonucci, 16 anni fu uno dei pochi a scampare alla violenza di Gacy.
    Alla fine di una festa l'uomo tentò di ammanettarlo per violentarlo ma il ragazzo fu più svelto, o forse solo più fortunato, e minacciando l'uomo riuscì a liberarsi e scappare.
    Solo tre anni dopo si rese conto di quanto fosse stato vicino alla morte. Tocca poi al diciassettenne Johnny Butkovich, appassionato di auto da rally. E' il 1976 e Gacy gli nega la paga di due settimane. Il ragazzo si presenta alla porta di casa del suo datore di lavoro con due amici per riscuotere. Non riesce ad ottenere nulla. Dopo essersi allontanato dall'abitazione di Gacy nessuno lo rivedrà più.
    Scompare nel nulla. Da questo momento in poi il pagliaccio “Pogo” non avrà più nessun limite.
    Comincia ad essere ossessionato dalla compagnia.
    Va alla ricerca di ragazzi disponibili a "giocare" con lui. Ormai ha anche un certo occhio per quelli che, abbandonate le proprie case, arrivavano al terminal degli autobus con pochi spiccioli nelle tasche. Lui offre a tutti ospitalità per una notte, il tempo sufficiente per compiere i suoi macabri riti.
    E’ la volta di Billy Carroll, un ragazzo che aveva avuto a che fare con la giustizia fin da piccolissimo dopo anni passati sulla strada a prostituirsi facendo da intermediario fra gli omosessuali.
    Anche lui non tornerà mai più a casa. E' il 13 giugno 1976.
    Alcune settimane dopo Michael Bonnin, un diciassettenne con la passione per la falegnameria, va alla stazione per incontrare uno zio. Non farà più ritorno.

    Gregory Godzik è bellissimo, qualcuno diceva che avesse dei tratti che ricordano James Dean. Da circa due anni lavora per Gacy, allo scopo di comprarsi le parti di ricambio per la sua Pontiac d'epoca. Il 12 dicembre 1976, dopo avere riaccompagnato la sua ragazza a casa svanisce nel nulla.
    A dare l'allarme sono i suoi genitori.
    La sua macchina verrà ritrovata giorni dopo.
    Un poliziotto nota il forte odore di cloroformio al suo interno.
    Passa qualche tempo, John Szyc, diciannovenne, il 20 gennaio del 1977 saluta il padre per uscire a bordo della sua Plymouth Satellite del 1971.
    Al volante della stessa macchina, giorni dopo, un ragazzo, appena fatto il pieno di benzina tenta di scappare senza pagare. Immediato l'intervento della polizia che riconosce l'auto scomparsa. Il ladruncolo dice che possono avere spiegazioni dall'uomo con cui abita.
    Di chi si tratta? Ma di "John Wayne Gacy".
    “Pogo” non si scompone, afferma di averla comprata da Szyc e specifica di avere incontrato il ragazzo solo per la compravendita. Sarebbe bastato guardare la data e la firma sul documento per accorgersi che c'era sotto qualcosa.
    In tutto questo tempo nessuno li ha mai ricollegati tra loro.
    Arriviamo al 15 settembre del 1977, Robert Gilroy, 18enne amante dei cavalli e della montagna, scompare mentre si sta recando ad un appuntamento con alcuni amici.
    Il padre di Robert, un sergente della polizia di Chicago, guida le ricerche per mesi. Gacy continua ad uccidere. L'odore acre che proviene dalla sua abitazione aumenta e lui continua a giustificarsi con i vicini. Sempre quella maledetta muffa nelle fondamenta. Intanto “Pogo” inventa un altro metodo per "reclutare" le sue vittime. Non è difficile trovare ragazzi tra le corsie d'ospedale. E' facile fare amicizia con quel pagliaccio sempre sorridente.
    Nel gennaio del '78 Gacy rapisce Robert Donnelly: il sedicenne sale sulla sua auto e subito viene stordito con il cloroformio.
    Subirà torture, ripetute violenze carnali da un uomo "grassissimo e nudo, con la maschera da clown sul volto".
    Robert viene rilasciato nella periferia della città dallo stesso Gacy.
    E' uno dei tre sopravvissuti al pagliaccio assassino.
    Un altro fortunato, se così lo si può definire, è Jeffrey Ringall.
    La notte del 22 maggio del 1978 Jeff sale sull'auto di Gacy senza pensarci due volte, pensando che la serata possa fruttargli qualcosa. Anche lui dopo poco viene stordito con il cloroformio.
    Appena sveglio scopre di essere nella casa di Johnny. Gravemente traumatizzato, nel fisico e nella mente, anche lui viene rilasciato il giorno dopo. La polizia non crede al suo racconto, così dopo una denuncia quasi inutile, Jeff si mette a caccia del suo aguzzino. Dopo mesi riesce ad incontrarlo, avverte immediatamente la polizia che ha ricevuto un'altra segnalazione.
    Si tratta di quella della madre di Robert Piest, un quindicenne, scomparso nelle ultime ore. Secondo il racconto di chi l'ha visto per l'ultima volta, era un compagnia di un uomo grasso.
    Si riferiscono a Gacy.
    Arriviamo al 13 dicembre 1978. L'investigatore Joe Kozenczak, va a casa di “Pogo”, ma non riesce a portarlo alla stazione di polizia. John Wayne Gacy, si scusa dicendo di avere subito un grave lutto in famiglia, che rispettino il suo dolore.
    L'indomani Kozenczak, che nella scheda di Gacy trova la condanna per sodomia, ritorna con un mandato di perquisizione, ma la notte prima Gacy l'ha impiegata a ripulire tutta la sua casa.
    Nonostante ciò durante la ricerca vengono trovati molti oggetti compromettenti: dei gioielli, un anello con le iniziali J.A.S., marijuana, film porno, Valium, libri pornografici per pedofili, un paio di manette, una Beretta, un coltello a scatto, distintivi da poliziotto, una fune di nylon, ma anche vestiti di taglie molto più piccole di quella che veste l'uomo. Immediato il sequestro delle automobili e del camioncino di Gacy, all'interno del quale vengono trovati dei capelli che all'esame del Dna sembrerebbero appartenere proprio a Robert Priest.
    Inoltre quell'odore di morte riempie l'aria della villetta.
    Però non ci sono prove dei cadaveri. Dopo giorni di interrogatori che non portano a nulla, gli agenti fanno scattare, nei confronti di Gacy, un mandato d'arresto per il possesso illegale di Valium e marijuana. I pezzi cominciano a combaciare. L'anello con le iniziali apparteneva a John Alexius Szyc, il padre lo conferma; un impiegato della ditta di Gacy afferma che l'omone gli ha confessato alcuni omicidi.
    Nella casa viene ritrovato un rullino fotografico che un collega di Robert Piest riconosce come del ragazzo. Ma c'è anche la denuncia di Jeffrey Ringall. E' il 22 dicembre del 1978 quando Gacy, davanti al tenente Kozenczak, confessa di essere un assassino dalla personalità multipla.
    Quella che uccide si chiama Jack Hanley.
    Afferma di avere assassinato 24 ragazzi. Aiuta a rinvenire 28 corpi dicendo ai poliziotti dove scavare. Racconta anche di averne gettati almeno 5 nel fiume. In casa non c'era più posto. Spiega dove ha raccolto le sue vittime. Come le ha avvicinate. Ricorda di avere tenuto i cadaveri anche sotto il letto prima di poterli seppellire senza essere visto. Nella villetta dell'uomo si organizza un vero e proprio scavo archeologico. Molti dei corpi ritrovati hanno qualcosa in gola, i ragazzi sono morti per soffocamento. Quando gli si chiede di tutta quella violenza, suggerisce di rivolgersi a "Jack", non è lui l'autore di quegli atroci delitti. Ma i medici dicono che Gacy non è pazzo, è invece ben consapevole di quanto è successo nella sua casa.
    Del resto non si è mai pentito.
    Dalla morte di quei giovani traeva piacere sessuale.
    E' il 13 marzo del 1980 quando comincia il processo che lo vede come imputato. Innumerevoli persone si siedono sul banco dei testimoni e Gacy non farà mai una piega, nemmeno quando Jeffrey Ringall, piangendo e vomitando, racconta le violenze subite da “Pogo” il pagliaccio. Dopo due ore di riunione della giuria, viene emessa il verdetto: condanna a morte.

    Gacy passa quattordici anni dietro le mura del carcere di Menard da dove scrive lettere, dipinge quadri e diventa una star per centinaia di ammiratori.
    Ai suoi fan, per natale spedisce cartoline con la sua immagine da clown. I suoi quadri, dopo la morte, sono stati acquistati dai collezionisti e ancora oggi si comprano su internet.
    Prima di morire, la sera del 9 maggio 1994, si fa servire un piatto di pollo fritto del Kentucky, gamberi e patate fritte, fragole fresche con un po' di zucchero.
    I giornalisti si insediano attorno al penitenziario fin dalle prime luci dell'alba del 10 maggio.
    Poco prima della mezzanotte comincia tra la folla, stimata in circa 2000 persone, un conto alla rovescia.
    A mezzanotte in punto il pagliaccio John Wayne Gacy detto “Pogo” viene ucciso con un'iniezione letale.
    Un faretto lampeggiante sul tetto della prigione ne dava notizia.
    Si chiude così il tormentato capitolo della sua vita.
    Le ultime parole del condannato prima della morte furono semplicemente: «Baciatemi il culo».

    Ultima modifica di Kronos The Mad; 31-12-16 alle 00:54

  10. #110
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Citazione Originariamente Scritto da Kronos The Mad Visualizza Messaggio
    ora fa il pagliaccio con me
    \
    Ultima modifica di manuè; 31-12-16 alle 09:34
    se lasciati a se stessi i problemi tendono a risolversi da soli, se così non accade, allora è meglio lasciar perdere il tutto e passare ad altro.

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  11. #111
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Citazione Originariamente Scritto da Kronos The Mad Visualizza Messaggio
    Il sorriso del Clown

    John Wayne Gacy è sicuramente uno dei Serial killer più controversi della storia della criminologia moderna.
    EOF

  12. #112
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Storie interessanti ma che fanno tremare a volte!
    Bravo kronos tu si ch sai usare l internet

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  13. #113
    Kronos The Mad
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Bollitura a morte



    La bollitura a morte è stata una forma di tortura e di pena capitale in uso in varie parti del mondo.

    Nell’immaginario collettivo la bollitura a morte è associata agli indigeni di isole lontane, questo è però dovuto ai primi racconti degli esploratori che descrivevano come gli indigeni uccidessero i missionari cristiani citando, erroneamente, come uno dei metodi la bollitura a morte. Questa versione si estese presto e molti film vennero girati in cui tribù cannibali bollivano vivi missionari ed esploratori, facendo diventare questo dato errato un cliché.

    La bollitura a morte veniva eseguita in un grande recipiente, come ad esempio un calderone. Questo recipiente veniva riempito di liquidi come acqua, olio, catrame o sego ed era dotato di un gancio unito ad una carrucola per tenere fermo il condannato.
    La morte sopraggiungeva per le severe scottature che provocavano ustioni di quarto grado.

    La pelle veniva distrutta, lasciando scoperto il grasso sottocutaneo che veniva anch’esso distrutto dal forte calore.

    Quando la si voleva usare come tortura si immergeva solo un arto della vittima, altrimenti veniva immerso nel calderone tutta la parte inferiore del corpo.

    Nella città olandese di Deventer è possibile ancora oggi vedere un calderone usato per queste esecuzioni.



    La prima testimonianza di bollitura a morte risale al 203 a.C. in Cina, dove questo trattamento venne riservato ad una spia.

    Nel XVI secolo invece venne usata in Giappone per uccidere il bandito Ishikawa Goemon in un’esecuzione pubblica. Questa pena di morte però non venne usata solo in Asia, ma anche in Europa.

    In Inghilterra, per esempio, divenne una forma di pena capitale nel 1532 sotto il regno di Enrico VIII.

    Era usata con gli avvelenatori e i traditori. Nel 1531 venne usata con Richard Roose colpevole di aver servito porridge avvelenato a varie persone. Della sua esecuzione pubblica ci giunge questa descrizione:

    “Urlò fortissimo e varie donne si sentirono male a quella vista e dovettero essere portate via mezze morte; altri non sembravano spaventati dalla bollitura ma avrebbero preferito vedere una decapitazione.”

    Anche in Scozia non mancano esecuzioni tramite bollitura, ad esempio nel 1222 vennero bolliti vivi il vescovo Adam of Melrose e un monaco colpevoli di avere chiesto i tributi in modo troppo aggressivo.

    Un altro nobiluomo venne bollito vivo nel 1321 dopo essere stato accusato di stregoneria.

    Nel Sacro Romano Impero la bollitura in olio era riservata ai contraffattori di monete e a chi commetteva omicidi particolarmente gravi.
    Nel 1392 a Norimberga un uomo venne condannato alla bollitura a morte per aver violentato e ucciso la propria madre.
    Si hanno registri di una bollitura a morte anche nel 1687 ai danni di un contraffattore di monete.

    Nell’attualità la bollitura sarebbe stata usata, secondo le Nazioni Unite, dal governo dell’Uzbekistan di Islom Karimov contro dei terroristi.



    Fonte emadion
    Ultima modifica di Kronos The Mad; 31-12-16 alle 13:31

  14. #114
    Senior Member L'avatar di GenghisKhan
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia


  15. #115
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Da domani needo altri racconti

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  16. #116
    Kronos The Mad
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Citazione Originariamente Scritto da Echein Visualizza Messaggio
    Da domani needo altri racconti
    Per festeggiare l'anno nuovo, prossima settimana un racconto ogni sera

    Per stasera invece, che categoria vorreste?

    Così più tardi metto per farvi addormentare meglio

  17. #117
    Senior Member L'avatar di Nico
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Roba strana, non horror, magari paranormale

  18. #118
    Kronos The Mad
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    JAMES LEININGER, IL BAMBINO CHE VISSE DUE VOLTE


    James Leininger, nato in USA (Louisiana) nel 1998, intorno ai 2 anni di età iniziò ad avere terribili incubi che destarono preoccupazione ai genitori.
    In particolare, il bambino piangeva ininterrottamente ed urlava in modo spaventoso stringendo i pugni.
    In alcune circostanze, il piccolo James veniva trovato sul suo lettino che tirava calci all’aria, quasi come se, affannato ed impaurito, stesse cercando di liberarsi da qualcosa che lo opprimeva o teneva prigioniero.
    Secondo il racconto dei genitori, pare che questi incubi e comportamenti anomali, in relazione alla tenerissima età, fossero iniziati dopo la visita ad un Museo dell’aviazione a Dallas, ove il padre lo portò quando il bambino aveva solo 18 mesi.
    Dopo quella visita a Dallas, James manifestò una eccezionale attrazione per i modellini di aeroplano.

    All’età di 3 anni, la madre sentì James pronunciare queste parole “airplane crash. on fire! il piccolo uomo non può uscire“.
    Ciò accadeva mentre il figlio stava giocando con alcuni modellini, quasi a simulare un’azione bellica.
    I genitori gli chiesero chi fosse “il piccolo uomo” ed il bimbo rispose “sono io, James. Sono stato colpito a motore“.
    Disse anche che il suo aereo veniva da una “nave“.
    James Leininger cominciò a comporre strani disegni (del tutto fuori tema per un bambino della sua età) raffiguranti aerei in volo, battaglie aeree e navi da guerra in mare. James ritraeva gli aerei “con la grande palla rossa” che denominava “Zekes” o “Bettys” (epiteti che,come si scoprì in seguito,venivano affibiati dai piloti dell’US Navy agli aereoplani Giapponesi).



    I suoi genitori notarono che quando il piccolissimo James si avvicinava all’aeromobile giocattolo a pedali che aveva voluto assolutamente in regalo, eseguiva un giro di controllo tutto intorno prima di salirci sopra, proprio come se fosse un vero pilota.
    Lo stesso comportamento si verificava quando il bimbo veniva portato accanto ad un aereoplano vero.
    Inoltre James conosceva i pezzi che compongono un aereo. Infatti quando la madre gli regalò un aeroplanino gli fece notare la presenza di una bomba sul lato inferiore, ma il bambino subito la corresse dicendole che non si trattava di una bomba, bensì di un “serbatoio sub-alare“, un termine sconosciuto ai genitori e difficile da apprendere per un bambino così piccolo che vedeva solo cartoni animati.
    Altro comportamento bizzarro era che il piccolo James faceva atterrare il suo modellino sempre sulla stessa striscia di tavolo,sbattendolo leggermente al momento del “contatto”con modalità che ricordavano un appontaggio.
    Superati i 3 anni, James fu portato dai preoccupati genitori da un terapeuta specializzato per la cura dei bambini in difficoltà, che spronò il bambino a parlare di quel che ricordava prima di addormentarsi.



    In tali momenti, James raccontò ai genitori che era un pilota e faceva volare un aereo chiamato “Corsair“. Riferì, anche, che era assegnato ad una nave chiamata “Natoma” e che il suo aereo era stato abbattuto nei pressi di Iwo Jima. Quando il padre gli chiese chi lo avesse abbattuto, il piccolo rispose indignato “i Giapponesi“. Inoltre ricordò che era in servizio con un amico di nome Jack Larson.
    Continuando a raccontare i suoi ricordi ai genitori, James disse che il Corsair presentava alcuni fastidiosi problemi, aveva sempre le gomme sgonfie e tendeva a deviare da un lato durante una certa manovra.

    Incuriosito da questi racconti dettagliati, il padre di James (Bruce), scoprì che il Corsair era un tipo di velivolo utilizzato dall’aviazione americana nel Pacifico e che presentava esattamente i limiti descritti da suo figlio. Bruce cominciò a documentarsi e, consultando i registri storici dell’aviazione americana, appurò che era esistita una piccola portaerei denominata “Natoma Bay”, impiegata nella battaglia di Iwo Jima.
    Un giorno, mentre Bruce sfogliava un libro che descriveva la battaglia di Iwo Jima, James gli si avvicinò ed, osservando acune immagini, indicò l’isola di Chichi Jima sulla cartina, affermando che era propio lì che il suo aereo era stato colpito ed abbattuto.
    Fece anche il nome di un suo compagno d’armi, tale Jack Larson.
    Bruce, volendo andare a fondo nella vicenda, contattò la Natoma Bay Association, che confermò che Jack Larson era stato uno dei piloti (ancora in vita) nella battaglia di Iwo Jima e che solo un pilota della Natoma Bay era stato abbattuto a Chichi Jima: si trattava del 21enne James M. Huston Jr: aveva ricevuto un colpo diretto al motore ed il suo aereo (un Corsair) era precipitato nella baia.
    Il suo corpo non era mai stato ritrovato.
    Un altro fattore curioso di questa storia è che ad un certo punto James iniziò a giocare con tre bambolotti della linea GI Jo,da lui ribattezzati come Leon, Walter e Billie.
    Ulteriori ricerche (presso gli archivi militari) consentirono di appurare l’inquietante notizia che tre piloti, colleghi di James M. Huston, sulla Natoma Bay, deceduti in combattimento, si chiamavano Leon S. Conner, Walter J. Devlin e Billie R.
    Interrogato sul perchè avesse chiamato così i suoi bambolotti, James rispose che erano suoi amici piloti e che “lo avevano accolto dopo che era andato in cielo“.

    Vi era però in tutta la faccenda un particolare che non collimava: la Natoma non portava a bordo Corsair ma Avengers e Widldcats (su quest’ultimo aereo era stato abbattuto il Tenente Houston).
    Tuttavia, Bruce scoprì che la sorella di James Houston (Anne Baron Houston) era ancora in vita e contattò la donna dicendole di essere uno scrittore che stava facendo ricerche sulla Natoma e sui suoi caduti.
    La Sig.ra Anne Houston inviò a Bruce un pacco con copie di fotografie del fratello. Bruce notò che una delle foto ritrareva James Houston accanto ad un Corsair.
    Approfondendo la questione,il padre di James scoprì negli archivi che il Tenente James M Houston aveva servito per la maggior parte su Corsair, nello squadrone VF-301 ,e che era stato trasferito ai Wildcats della Natoma, solo pochi mesi prima del suo abbattimento.
    Continuando i suoi rapporti epistolari e telefonici con la Signora Anne,Bruce le aveva infine raccontato tutta la storia.
    La signora turbata, dopo una pausa rievocò che il giorno della morte del fratello,alcuni giorni prima che fosse comunicata la notiza,aveva avvertito una stranissima sensazione, come se fosse presente nella sua stanza.
    Poco dopo accettò di vedere il piccolo James Leininger.
    Durante il singolare incontro, James chiamò la donna “Annie“, il diminutivo che ella aveva da giovane e cosa più inquietante guardando fotografie di famiglia ricordò il soprannome, ben più difficile, della sorella maggiore ormai defunta da tempo. Inoltre, riferì particoloari di famiglia che solo Annie ed il deceduto James Houston potevano conoscere. Successivamente, i genitori condussero James ad una cerimonia celebrativa cui parteciparono alcuni reduci della Natoma Bay. Il fatto, in sè incredibile, fu che James ricordava i nomi di molti militari (ormai anziani), chiamandoli per nome e discutendo con loro di fatti precisi.
    James continua a ricordare le sue esperienze passate anche oggi, ma col tempo esse sono meno vivide.
    Secondo alcuni studiosi della materia gran parte della facilità di rammentare vite precedenti inizia a svanire passati i sette anni.



    Alcuni video recenti:



    Ultima modifica di Kronos The Mad; 01-01-17 alle 23:09

  19. #119
    Senior Member L'avatar di manuè
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    quello della foto non è nè un avenger, nè un wildcat e nemmeno un corsair, ma un hellcat.

    questo è un avenger



    questi sono wildcat



    questi sono corsair

    Ultima modifica di manuè; 01-01-17 alle 23:10
    se lasciati a se stessi i problemi tendono a risolversi da soli, se così non accade, allora è meglio lasciar perdere il tutto e passare ad altro.

    - gli ignoranti ignorano -

  20. #120
    Kronos The Mad
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    Re: Kronos The Magazine - Elogio alla Follia

    Citazione Originariamente Scritto da manuè Visualizza Messaggio
    quello della foto non è nè un avenger, nè un wildcat e nemmeno un corsair, ma un hellcat.
    L'ho trovata a caso su Google cercando ragazzi volanti sisi
    Ne ho messa una più coerente ora mh
    Ultima modifica di Kronos The Mad; 01-01-17 alle 23:10

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