Almeno una volta a settimana... Almeno una volta a settimana... - Pagina 2

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Discussione: Almeno una volta a settimana...

  1. #21
    koba44
    Guest

    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da Zhuge Visualizza Messaggio
    notevolmente peggiorati con gli anni, in linea con la società
    Non concordo sul peggioramento: i giornali di una volta erano praticamente ingessati fra guerra fredda e provincialismo.

    Merda ma di altro tipo, però non c'erano alternative a cui fare confronto, per cui risultava buona per ogni palato.

  2. #22
    koba44
    Guest

    Re: Almeno una volta a settimana...

    Cimunque guardate che sono tutti con un piede nella fossa, in primis il giornale che dovrebbe essere il più autorevole e sopra le parti, "Il Sole 24 ore", oltre a essere stato gestito dimmerda, è nella mmerda ed ha imbrogliato gli azionisti inventando migliaia di finti abbonamenti alka versione digitale. In galera! Fate presto! -.-

  3. #23
    koba44
    Guest

    Re: Almeno una volta a settimana...

    E ditemi come si fa a considerare Feltri un grande giornalista: solo perché porta belle cravatte?

    Un coglionazzo!

  4. #24
    Senior Member L'avatar di Nightgaunt
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Una volta ho comprato "Il Bolscevico"

  5. #25
    Il Drago Dormiente L'avatar di Zhuge
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da ZTL Visualizza Messaggio
    Orologiuo, mi sono iscritto a List (il coso di Sechi).
    Se fa schifo te meno.
    pur'io

    - - - Aggiornato - - -

    Citazione Originariamente Scritto da koba44 Visualizza Messaggio
    E ditemi come si fa a considerare Feltri un grande giornalista: solo perché porta belle cravatte?

    Un coglionazzo!
    è un grande giornalista perché mangia al Baglioni e ci va con la sua berlina tedesca

    - - - Aggiornato - - -

    Citazione Originariamente Scritto da Nightgaunt Visualizza Messaggio
    Una volta ho comprato "Il Bolscevico"
    tu sei uno di quelli che femano la gente in galleria san babila cercando di appioppiarli il quotidiano comunista?

    - - - Aggiornato - - -

    Citazione Originariamente Scritto da Nightgaunt Visualizza Messaggio
    Una volta ho comprato "Il Bolscevico"
    tu sei uno di quelli che femano la gente in galleria san babila cercando di appioppiargli il quotidiano comunista?

    https://www.worldoftrucks.com/en/onl...e.php?id=92274
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  6. #26
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Aspetto le recensioni di albezhuge sul servizio

  7. #27
    Early Access L'avatar di Orologio
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da ZTL Visualizza Messaggio
    Orologiuo, mi sono iscritto a List (il coso di Sechi).
    Se fa schifo te meno.
    Senza l'impaginazione è più duro da leggere, ma tant'è...se interessa l'argomento uno lo legge...


    Fatto. Analisi. Impatto. Agenda
    Crisi (e rivoluzione) di May e Trump
    Trump e Brexit. Popolo contro élite. Un difficile passaggio di governo. La sfida di Stati Uniti e Regno Unito, l'Europa da rifare, l'ascesa della Cina di Xi e il ritorno della Russia di Putin. Un’indagine di List tra crisi e rivoluzione

    Stati Uniti e Regno Uniti sono al tramonto? I cicli della storia non sono un capriccio, esistono, sono l'alternarsi di fasi che esplodono come un fiume carsico. La fine della Seconda guerra mondiale innescò un lungo periodo di dominazione globale, l'era americana, che oggi sembra volgere al termine. Prima fu l'impero inglese a svolgere quel ruolo, Londra decideva il destino del mondo in un'epoca in cui il controllo della terra e dei mari era ancora sufficiente a garantire il primato sulle altre nazioni. Poi venne il dominio dell'aria e gli Stati Uniti furono il gendarme del mondo in grado di sorvegliare le tre dimensioni.

    L'economia aveva il suo motore primario nell'Occidente, l'Asia era un luogo dove si acquistavano materie prime e si scambiavano merci con piccoli numeri e bassa intensità. Quello scenario è morto per sempre: l'ascesa delle tigri asiatiche, il ruolo fondamentale della Cina e dell'India, il rientro dell'Orso nel Grande Gioco geopolitico hanno messo gli Stati Uniti di fronte alla realtà: il primato non è eterno.

    L'elezione di Trump e la Brexit rappresentano la fine del Novecento e l'apertura di un nuovo tempo e spazio della storia. Il crollo del Muro di Berlino e la fine dell'ordine mondiale di Yalta hanno trovato una prima risposta. Non è quella definitiva, siamo chiaramente in una fase di transizione, ma ci sono elementi sufficienti ormai per dire che un capitolo della storia si è chiuso.

    Il fatto più importante accaduto negli ultimi mesi è il vertice dei BRICS a Xiamen, in Cina. Il titolare di List ne è rimasto sinceramente colpito, i discorsi di Vladimir Putin e Xi Jinping sono stati il ruggito di potenze che hanno chiaro il futuro. Russia e Cina stanno entrando con gli artigli nel campo della tecnologia e dell'intelligenza artificiale, i veri strumenti del dominio di oggi e domani. Gli Stati Uniti in questo settore sono una straordinaria fabbrica, ma il loro primato è già messo in discussione e il talento umano a disposizione di Cina e Russia nei settori della programmazione, analisi e costruzione di supercomputer sono enormi. I migliori hacker del mondo sono in Oriente e basta questo elementare passaggio, dato di fatto, per capire che nel giro di pochi anni assisteremo a una guerra e rivoluzione tecnologica senza confini.

    I segnali sono evidenti: Europa e Stati Uniti stanno cercando di bloccare i take over di aziende occidentali da parte di Pechino, ma si tratta di piccole dighe che non potranno fermare l'ascesa dell'Impero Celeste. La Russia nel settore della programmazione di codice e ricerca di linguaggi e soluzioni per l'intelligenza artificiale è un gigante che si è appena svegliato e a ogni passo crea vuoti intorno. Non è casuale che proprio ieri l'amministrazione Trump abbia ordinato a tutte le agenzie federali di rimuovere l'antivirus di Kaspersky (su cui torneremo tra poco) motivando la decisione con il timore che i servizi segreti russi possano introdursi nei sistemi del governo americano attraverso il software dell'azienda russa con sede a Mosca fondata nel 1997 da Evgenij Kasperskij. Cyberwarfare. La prossima guerra, quella su cui Elon Musk - come riportato da List - ha lanciato l'allarme: l'attacco preventivo deciso da un computer sulla base della teoria dei giochi. Vedo, gioco, vinco.

    Questo scenario di intensa competizione tra aree del mondo in piena trasformazione ha bisogno di essere letto e interpretato con attenzione. Sono i temi che contano. Quelli che pesano e lasciano il segno sulla nostra esistenza.

    Gli inglesi stanno cercando un futuro fuori dalle maglie della legge europea senza per forza rompere l'accesso al mercato unico dell'Unione. Non sarà un passaggio indolore, ma l'Armageddon economico dipinto dagli oracoli della fine del mondo non c'è: la disoccupazione nel Regno Unito è al minimo storico degli ultimi 42 anni e l'economia non è una scienza esatta, ma il regno del possibile e spesso dell'impossibile. Cadranno? Può darsi, ma il problema europeo - come spiega Lorenzo Castellani in questo numero di List - non è risolto. Il titolare di List l'ha scritto tante volte, la rivolta britannica - largamente sottostimata dal sistema dei mainstream media e dall'accademia, intenti a guardarsi l'ombelico - è prima di tutto culturale, come scriveva il poeta Novalis "ogni inglese è un'isola". E il 22 settembre l'isola la vedremo emergere a Firenze nel discorso che la premier Theresa May terrà sulle linee negoziali della Brexit. A casa di Machiavelli si vedrà un pezzo di Europa decollare verso un altro mondo.

    Gli americani hanno detto con l'elezione di Trump che il loro paese è in crisi di identità e che la grande ricchezza economica prodotta ha un problema di reddito (e distribuzione tra le classi sociali) enorme che la globalizzazione non ha curato. Angela Merkel, con la sua solita acutezza, in un passaggio ripreso da List qualche giorno fa l'ha messo in evidenza: i perdenti della globalizzazione non hanno un sistema di welfare che li protegga dalla caduta nella povertà. Questo è esattamente quello che è successo. Come scrive Daniela Coli in questo numero di List, Trump ha detto che "il re è nudo", che il declino della potenza americana non è una fantasia impossibile, ma un fatto concreto che cavalca nella notte. Ma anche in questo caso i profeti di sventura si sono dovuti accomodare di fronte allo spettacolo della realtà: il crollo dell'economia americana con Trump non solo non c'è stato, ma la locomotiva a vapore ammirata da Winston Churchill ha accelerato con l'amministrazione Trump al comando e Wall Street ha demolito tutti i record. Questa corsa ha un macigno all'orizzonte, la Cina.

    List prova a indagare la contemporaneità in questo suo gioco di fumo e specchi, vetro e acciaio, missili e super-computer, senza moral bias, nessun pregiudizio, grande umiltà, devozione alla storia e all'analisi. Buona lettura.
    Fine (e nuovo inizio) dell'era americana

    di Daniela Coli

    “How Trump Is Ending the American Era” è il titolo di un lungo articolo di Eliot A. Cohen sul numero di ottobre della prestigiosa rivista The Atlantic, a cui Obama affidò le riflessioni sulla sua disastrosa politica estera. Cohen è un repubblicano, specialista di Medio Oriente, un neocon di ferro, favorevole alla guerra in Iraq, noto per avere lodato nel 2003 il discorso di Colin Powell all’Onu sulle famose armi batteriologiche di Saddam, e per avere lavorato con Condoleeza Rice dal 2007 al 2008. Considera Trump un disastro, però dà ragione a Trump, quando dice di avere ereditato un’America a pezzi e debole. Cohen non ha dubbi che la crisi globale della leadership americana sia il risultato di amministrazioni fallimentari (da Bush sr a Bush jr fino a Obama) che hanno prodotto l’ascesa della Cina a superpotenza economica, da cui gli Stati Uniti dipendono per l’enorme debito pubblico, senza contare la perdita di credibilità per la guerra in Iraq, la crisi finanziaria del 2008 e lo smacco di Obama in Medio Oriente.

    Cohen è durissimo con Trump: sta accelerando la fine dell’impero americano, ma giunge alle conclusioni di Niall Ferguson in Colossus. Gli Stati Uniti, il grande e potente impero del nostro tempo, sono una nazione debitrice, che dipende da enormi quantità di credito dal resto del mondo, soprattutto dalla Cina. Una situazione piena di pericoli non solo per gli Usa, ma per l’economia globale nel suo complesso. Non avendo i mezzi economici per essere il nuovo impero globale, anche la leadership globale americana è finita.

    Dalla lettura dell’articolo di Cohen si ricava l’impressione che l’avversione a Trump derivi soprattutto dal fatto che Trump si è assunto la responsabilità di dire che il re è nudo. Il declino non si accetta facilmente. I leader stranieri – lamenta Cohen – hanno iniziato a ridefinire le alleanze da soli: la Germania ha fatto un deal con la Cina di Xi Jinping, poi il ritorno della Russia, che non è una novità, perché l’impero zarista era forte e temuto dall’impero britannico già nell’800. Il Giappone – si rammarica Cohen – ha fatto un accordo con l’Ue, ma soprattutto col Regno Unito (Cohen deve avere scritto l’articolo prima del tour di Theresa May a Tokyo), perché i giapponesi hanno deciso di lasciare in Gran Bretagna le loro imprese anche dopo Brexit), e sta discutendo con la Russia di costruire una nuova transiberiana che collegherebbe Londra con Tokyo. I giapponesi non hanno un gran desiderio di aprire una guerra con la Cina, perché ritengono l’America debole. Si riarmeranno, ma provano a tessere nuove alleanze. Cohen riferisce di processi in corso già noti a noi europei, ma per un americano che ha creduto nella leadership globale degli Stati Uniti è uno shock trovarsi di fronte alla decomposizione del Colossus.

    Per noi il problema è invece tentare di immaginare quali effetti può produrre in Europa il declino della leadership americana. Nel discorso sullo Stato dell’Unione Jean Claude Juncker ha chiuso all’ingresso della Turchia nell’Unione europea, ma la Turchia ha già un deal con la Russia da cui ha acquistato l’efficace sistema di difesa missilistico S-400 (già impiegato in Iran e in Siria) e uno col Regno Unito, che venderà armi ai turchi contro i curdi. Né la Russia, né la Gran Bretagna vogliono il Kurdistan, sostenuto da Israele.

    Russi e inglesi sono rivali, ma da sempre si sono alleati quando ci sono interessi geopolitici comuni. Proprio su The Atlantic Theresa May è definita dallo storico Jerry Brotton la nuova Elizabeth Tudor. Scomunicata dal papa nel 1570 e isolata nell’Europa cattolica, Elizabeth si alleò col sultano ottomano Murad III, che offrì un accordo commerciale alle società artigiane inglesi e nel 1580 Elizabeth aveva un ambasciatore a Costantinopoli e consolati in Africa settentrionale e in Medio Oriente, comprese città come Aleppo. Però, come è noto, i francesi (cattolici) si erano alleati con i turchi fin dal 1536, fu uno scandalo, ma durò a lungo, e a essa si contrappose l’alleanza tra gli Asburgo e la Persia. Le alleanze tra la Croce e la Mezzaluna erano frequenti e la religione c’entrava davvero poco.

    Tornando al presente, è chiaro che una Turchia fuori dalla Nato, alleata con Russia e Regno Unito sarebbe un problema per l’Europa di Angela Merkel. E forse anche per questo l’ultimo newsbriefing di eurointelligence diretto da Wolfgang Münchau ripesca perfino “Margaret Thatcher’s infamous speech in Bruges in 1988”. Per l’Europa si profila anche il problema dei paesi dell’est che non vogliono entrare nell’euro e chiedono protezione a Washington più che a Berlino. Il Regno Unito ha ormai preso un’altra strada: da notare che i media britannici sono generalmente ostili o freddi con Trump, che ha rinviato la visita a Londra per timore di manifestazioni. La Germania ha un’economia forte, ha un rapporto privilegiato con la Cina, però forse progetti faraonici come l’Eurasia dovranno misurarsi con gli interessi concreti britannici, russi, turchi, cinesi e dei vari paesi asiatici.

    La decomposizione della leadership americana apre un periodo nuovo, dove non mancherà il caos, ma anche nuove opportunità. Nonostante tutte le critiche a Trump, la strategia di un’alleanza con la Russia - fermata dall’isteria del Russiagate - non era affatto una cattiva idea e aveva come obiettivo una maggiore stabilità e anche un nuovo ruolo per gli Stati Uniti. L’uscita di scena del generale Flynn, l’uomo della nuova politica di Trump con la Russia, ha cambiato le cose. Può darsi che l’approvazione da parte della Corte del Suprema del Trump’s ban per gli arrivi da alcuni paesi musulmani, e il timore dei democratici di finire per perdere ancora elettori a causa della radicalizzazione Antifa contro Trump, possa aprire una fase meno tumultuosa. Il Trump anti-globalista e isolazionista aveva visto giusto: l’America è a pezzi e debole: ce lo dice anche Cohen su The Atlantic. Trump ha accelerato la fine dell’era americana, per evitare il peggio, ma perdere l’impero fa sempre male, figurarsi se poi si ritiene di essere eccezionali.
    ***
    La fine dell'eccezionalismo americano che Vladimir Putin citò in un commento pubblicato dal New York Times l'11 settembre del 2013, un articolo che oggi, dopo l'intervento militare della Russia in Siria, appare profetico. In realtà le pietre stavano già rotolando a valle. Quando uscirono file di Wikileaks nel 2010, il titolare di List allora dirigeva Il Tempo e scrisse un articolo intitolato: "La fine dell'impero americano". Era il prequel del ritiro degli Stati Uniti dallo spazio geopolitico che avevano occupato fino alle guerre di Bush, con uno stop and go che era il sintomo della febbre politica che sarebbe poi scoppiata con Obama e Trump. Oggi tutto questo si è consolidato, è una realtà. L'altro pezzo dell'impero, il cuore dell'Occidente, il Regno Unito, è in una fase di distacco ora accelerato dall'Unione europea. Theresa May sta preparando il discorso per il 22 settembre: We Leave. Che cosa significa tutto questo? La nostra indagine continua, andiamo a leggere insieme cosa scrive Lorenzo Castellani.
    Brexit? Una sveglia per l'Europa

    di Lorenzo Castellani

    Carl Schmitt, il più controverso e influente giurista del secolo scorso, ricostruiva nella sua opera “Il Nomos della Terra” la storia del Continente europeo dividendo le nazioni europee tra le potenze di mare e le potenze di terra. Mentre le potenze di terra come Francia e Germania si erano costruite come nazioni e fatte spazio nella storia attraverso la spada e l’ufficio, cioè l’esercito e la burocrazia, una potenza di mare come il Regno Unito si era assicurata il ruolo, durato tre secoli, di potenze egemone su scala mondiale attraverso la propria politica commerciale e la stabilità delle proprie istituzioni. Era stata la capacità britannica di solcare il mare con le navi mercantili, di stimolare i commerci attraverso la costituzione delle prime società per azioni, di effettuare con pragmatismo e ordine conquiste coloniali su scala mondiale ad aver costruito l’Impero più esteso dell’età moderna.

    Qui risiede la prima grande scissione dell’Europa moderna: tra l’impero britannico proiettato verso il mondo dal commercio e proteso ad utilizzare l’esercito più in via difensiva che espansiva e l’Europa centrale capace, invece, di estendere il proprio potere solo attraverso i potenti gangli dello Stato quali esercito, burocrazia, diritto e impresa pubblica. È una frattura politica, giuridica, economica e culturale che mette a confronto il mercante e il soldato, il contratto e il diritto pubblico, il globo e la nazione, il mare e la terra. Si delinea una crepa istituzionale tra l’isola e il continente che non sarà più colmata. Una frattura in cui la grande potenza di mare sviluppa le due rivoluzioni industriali promosse grazie alla certezza del suo diritto, ad uno Stato centralizzato solido e capace di finanziare le guerre, alla propensione al commercio con le sue oltre cento colonie prima e con le cinquantadue nazioni del Commonwealth poi.

    Un secondo momento di rottura nella dialettica tra l’isola britannica e il continente può essere rinvenuto nel periodo compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale quando la ex terra madre costruirà, pur cedendo lo scettro di nazione più influente al mondo, una relazione speciale con gli Stati Uniti d’America. L’humus culturale dei due paesi, nonostante l’eccezionalità americana dal punto di vista territoriale, politico ed economico, restava fortemente omogeneo e le due nazioni insieme costituiranno quello che Geminello Alvi chiamerà l’estremo Occidente, ovvero un sistema fondato sull’individualismo, sul profitto e sul consumo destinato a dominare il ventesimo secolo, a sconfiggere gli autoritarismi europei e a disegnare un nuovo capitalismo contemporaneo a partire dagli anni settanta.

    È questa eredità, qui brevemente riassunta e semplificata, a condizionare fin da principio il rapporto tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Istituzioni europee che nascono, per l’appunto, con un Regno Unito assente e che vedono il proprio nocciolo duro concentrato nell’Europa centrale e mediterranea. Solo nel 1972, infatti, il popolo britannico sceglierà di unirsi alla Comunità Economica Europea, nel 1986 confluirà nell’Atto Unico Europeo con Margaret Thatcher mentre nel 1992 rifiuterà l’ingresso nella moneta unica. E’ possibile identificare un fil rouge nella conduzione del rapporto del Regno Unito con l’Unione Europea così sintetizzabile: uniti nel libero mercato, divisi nelle istituzioni politiche.

    Il resto della storia è ben conosciuto e non è scevro di errori da parte delle istituzioni europee come, ad esempio, il repentino allargamento ai paesi dell’Est Europa nel 2004 che sarà foriero di una massiccia immigrazione verso quelle nazioni, come il Regno Unito, con un mercato del lavoro flessibile. Un tema, quello dell’immigrazione da est, che risulterà uno dei pilastri vincenti della battaglia per il Leave.

    Da ultimo, merita una riflessione anche la questione della sovranità. Il Leave vince il referendum con slogan “Take back control”, riprendiamoci la sovranità sulla regole e sui confini, ripristiniamo l’antica sovreignity of Parliament. Se altrove il sovranismo profuma di caricatura, per il Regno Unito la storia è diversa. Il parlamento di Westminster è la più antica istituzione rappresentativa al mondo, la sua storia è stata forgiata dalla Magna Charta (1215) e dal Bill of Rights (168, cioè i due documenti fondamentali per la storia del costituzionalismo liberale europeo perché segnano la primazia del Parlamento sul potere assoluto della Corona. Una tradizione istituzionale e giuridica forte, da ottocento anni unica e indipendente, ha determinato una reazione coriacea, e di respingimento, all’imposizione di regole dall’esterno, come quelle che vengono da Bruxelles.

    Resta difficile ancora oggi prevedere quale sarà l’esito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in termini politici, istituzionali ed economici. Chi scrive è pronto a scommette che vertici politici britannici e istituzioni europee alla fine troveranno un accordo non troppo sconveniente per entrambi poiché le minacce globali e le incognite internazionali riposano altrove. La Brexit resterà un grande campanello per l’Unione Europa perché un progetto istituzionale fin troppo grandioso e politicamente rischioso, la costruzione di una entità semi-statuale sovranazionale con 28 diversi Stati Membri, ha perso la sua principale potenza di mare, il suo estremo occidente e il suo pezzo di storia costituzionale più virtuoso. E se è certamente vero che il Regno Unito deve ricostruire la sua missione europea e globale alla luce dei risultati della Brexit, lo stesso vale per le potenze di terra che oggi gestiscono, non senza minori affanni e ancor più clamorosi fallimenti, la politica dell’Unione Europea.
    ***
    Gong. Lo ha sentito, Castellani. E anche noi qui a List. Suona per l'Europa, per l'Occidente, per l'Italia. Ah, il Belpaese, avvolto in una bolla mediatica in cui nella gerarchia delle notizie domina la cronaca nera, gli omicidi, le violenze, gli stupri, il razzismo di andata e di ritorno, uno splatter quotidiano, un incubo in cui il popolo perde di vista il mondo che sta tutto là intorno e corre alla velocità della luce verso il futuro, quello che succede là fuori, la realtà, questa ostinata signora che non abbiamo voglia di vedere e di ascoltare. I marziani sono già in Italia, sono sui giornali e nelle tv dove lo spazio per il dibattito alto sparisce nel sangue, nel voyeurismo basso impaginato per produrre clic compulsivi. Tanti auguri. Allacciate le cinture, torniamo a casa.
    Il racconto italiano
    Avete visto cosa succede là fuori? Si sta disegnando un nuovo ordine mondiale tra guerre economiche, crisi nucleari, fame, carestie, migrazioni e cambiamenti climatici. Gli Hedge Fund di tutto il mondo stanno comprando acqua, non vi dice niente tutto questo? I giornali italiani, che abbiamo evocato poco fa, restituiscono una nazione intenta a parlare d'altro, alla fine nella mente restano stampate le parole chiave impaginate: "Stragi" (Il Fatto); "Accoglienza/Insofferenza" (Libero); "Stupratori" (La Verità); "Stupro" (Il Tempo); "Dissanguata" (Il Giornale); "Vaccini/Rivolta" (La Stampa); "Ius Soli/Paura" (Repubblica); "Zanzara tigre" (Il Messaggero); "Uccide/fidanzata" (Il Mattino); "Uccisa a 16 anni" (Il Gazzettino); "Roma/Sangue" (Corriere della Sera). Sembra il racconto di un paese fuori dal mondo. Forse lo è. In Parlamento sono sintonizzati con la realtà? Facciamo un breve giro in Transatlantico.
    Transatlantico
    Affondato lo Ius Soli (Graziano Delrio e altri non sono d'accordo, parola chiave: "Paura") il Pd deve provare a sciogliere il nodo della legge elettorale e poi andare al voto. L'agenda però presenta un paio di passaggi che potrebbero essere ricchi di sorprese e in ogni caso produrranno effetti di lungo periodo, ecco il calendario:
    24 settembre. Elezioni in Germania. Angela Merkel dovrebbe conquistare il quarto mandato, un record. Da quel momento riparte tutta la partita sulla riforma della governance europea e sarà guidata da Germania e Francia.
    15 ottobre. Legge di stabilità. Il governo presenta la legge di stabilità alle Camere. Siamo in pieno ciclo di spesa elettorale, ma i soldi a disposizione nel bilancio sono pochi. Preparatevi ai buchi da coprire in futuro.
    22 ottobre. Referendum in Lombardia e Veneto. Gli elettori del Nord votano per il Nord. Un passaggio che darà carburante alla campagna elettorale della Lega.
    5 novembre. Voto in Sicilia. Qui Matteo Renzi si gioca un pezzo del suo futuro. La Sicilia è sempre stata passaggio delicatissimo nella vita politica dei leader. Ricordate il cappotto (61 a zero) del centrodestra alle elezioni politiche del 2001. Il favorito per la vittoria alle prossime elezioni regionali. Il Movimento 5Stelle viene dato al secondo posto. Se Renzi perde (male), cosa accade nel Pd?
    Questi passaggi sono tutti stretti e detteranno il ritmo ai leader di partito, ne cambieranno le priorità. Il partito con il problema più grande - come sempre - è quello che ha lo scettro, che governa, il Partito democratico. La leadership di Renzi sta entrare in un periodo ad alto voltaggio. Chi resterà fulminato? Wait and see. Ci sono dichiarazioni di giornata che val la pena di riportare sul taccuino? Giusto un paio, eccole:
    Il sangue di Grillo. Se sui giornali c'è il sangue, perché non dovrebbe esserci anche sul Blog di Grillo? Eccolo qua: "Questo è sangue, è una una sacca di sangue, la cosiddetta sacca di sangue. Questa sacca di sangue cosa vi fa venire in mente? Qualcosa di meraviglioso: salvare una vita per esempio, oppure ti può far venire in mente trasmettere una malattia, dipende dalla vostra percezione. La vostra percezione è molto importante. Fatevi una domanda: come percepite il futuro? Guardate che questa è la vita, questa vita, la vita esiste come un modello dinamico, che si evolve, gira, il sangue pulsa, fa muovere un sacco di cose, la mente ogni tanto si ferma. La nostra mente ogni tanto si ferma ed ha dei blocchi e non riesce ad andare avanti ma qui c'è tutto, il condensato di tutto, di quello che è il nostro MoVimento". È partita la campagna elettorale di Grillo: donate il sangue.
    Orfini: non ho paura. Il presidente del Pd risponde a Delrio: "Cerchiamo di evitare almeno noi di strumentalizzare la vicenda dello ius soli, che è una cosa seria e riguarda la vita e i diritti di centinaia di migliaia di persone. La situazione è abbastanza semplice: nei mesi in cui sono stato reggente del Pd dopo le dimissioni di Renzi da segretario spiegai con chiarezza che l'unico modo per approvare lo ius soli al Senato è mettere la fiducia. Senza non ci sono i numeri dato che una parte della maggioranza, che pure aveva votato il testo alla Camera, ha cambiato opinione. Il Pd vuole approvarlo e già allora chiesi al governo di valutare se ci fossero le condizioni per mettere la fiducia. A luglio il presidente del Consiglio Gentiloni ha confermato la sua ferma volontà di approvare la legge e ha chiesto di rinviare a dopo l'estate la discussione impegnandosi a lavorare per costruire il consenso necessario. Nei giorni scorsi il nostro gruppo al Senato ha rinviato la discussione in aula e ha fatto non bene, ma benissimo. Portare in aula il testo senza la garanzia che venga posta la fiducia significa ammazzare lo ius soli. Quella garanzia ad oggi ancora non c'è. Quindi quella scelta non è un atto di paura, ma di assoluto buon senso che serve a non far naufragare la possibilità di approvarla. Ai ministri che chiedono lodevolmente di accelerare suggerisco di lavorare più rapidamente per sciogliere il nodo fiducia. Perché è proprio a loro che compete questa decisione". Orfini non ha il dono della sintesi, la fa il titolare di List: non abbiamo i voti (e abbiamo paura).
    Che si fa? Si resta a Montecitorio. Il titolare di List ha un appuntamento.
    L'agenda del titolare di List
    Alle ore 14 il titolare di List sarà alla Camera dei deputati, in Commissione Esteri, per un seminario di studio dedicato alla crisi nucleare in Corea del Nord. Introduzione del presidente della Commissione, Fabrizio Cicchitto, relazioni di Antonio Fiori, professore aggiunto presso la Korea University di Seoul; Giampiero Massolo, Presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI); Franco Venturini, editorialista di politica internazionale del Corriere della Sera; Ettore Greco, Vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) e del titolare di List. Qui potete seguire la diretta web. C'è altro sul taccuino? Parecchio, ecco gli appuntamenti che contano.
    Il taccuino. Quello che conta
    Stati Uniti. Pioggia di dati dall’America: prezzi al consumo, richieste di sussidi di disoccupazione, indice Bloomberg sui consumi, report sul gas naturale. L’economia americana cresce, Trump ha trovato un accordo sul tetto del debito con i democratici, prendendo in contropiede il suo partito.
    Regno Unito. Riunione della Banca d’Inghilterra. Il governatore Mark Carney ha un dilemma: l’inflazione è al 2.9 per cento, la politica monetaria deve cambiare sì o no? Oggi il cancelliere Hammond ha ammesso i problemi di status della City nei confronti dell’Ue. Theresa May prepara un discorso per il 22 settembre su Brexit.
    Italia. Escono i dati sull’inflazione. Secondo le stime preliminari Istat, in agosto l’inflazione aumenta dello 0,3 per cento su base mensile e dell’1,2 per cento rispetto ad agosto 2016. Un lieve aumento. Vedremo se sarà confermato.
    Italia. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita di Stato a Malta. Appuntamento importante sul fronte dell’immigrazione. Il Quirinale sostiene in pieno la linea del ministro dell’Interno Marco Minniti. Le parole del Papa rafforzano la linea, ma a una condizione: la soluzione del problema umanitario libico nei campi di detenzione.
    Russia. Zapad 2017 war games. Cominciano i giochi di guerra del Cremlino in Bielorussia, centomila soldati coinvolti e naturalmente la Nato dall’altra parte che fa l’altra parte in commedia della Guerra Fredda. Lo scambio tra Russia e Nato è appena cominciato.
    14 settembre. Grace Kelly
    Nel 1982 dopo un incidente stradale a Montecarlo muore Grace Kelly. Fu un'icona di bellezza e stile, l'indimenticabile protagonista, insieme a James Stewart, di Rear Window, La finestra sul cortile, il capolavoro di Alfred Hitchcock. Siete pronti? Uno, due, tre: Lisa, Carol, Freemont. L'amore (ok, il film è sul delitto).

    Clicca sull'immagine per vedere La finestra sul cortile.
    Il sottosopra
    Il titolare di List deve correre in Commissione Esteri alla Camera e il sottosopra avrà dunque un messaggio istituzionale: invitate i vostri amici, conoscenti, parenti, nemici, compagni di cordate, assenti e presenti a iscriversi a List. Il socio spagnolo, Maite Carpio, sta preparando cartelloni per trasformare il titolare in uomo sandwich ("dobbiamo fare anche una campagna offline, cammini e tra l'altro dimagrisci...") che gira per Roma distribuendo cartoline di List dalla Corea del Nord, regolarmente rilasciate con il timbro aziendale che nel frattempo è stato ritrovato nel frigo insieme al Gin Martini di ieri sera. Per fortuna, i nostri principi strategici sono poco ideologici, ma molto pratici, a prova di Kim.

    Abbiamo tre no che fanno di List un prodotto originale: no banner, no junk news, no clic. List si legge. Non si clicca. La casa di List ha un gran bel news design, ecco l'indirizzo. Invitate a visitarla amici, nemici, conoscenti e sconosciuti, non c'è niente di vietato ai minori. Se cercate un posto dove impazzire cliccando banner che si aprono come le pagine di un quotidiano online che pubblica le notizie di ieri, List è il posto sbagliato. Qui si legge. Raccontiamo il mondo con un tocco di humour, nero se serve. Anche se non serve. List oggi è gratis, domani no. Siamo in fase di lancio, godetevela. Anche dopo. Tutto ciò che è buono ha un prezzo, List dà al lettore cura per il dettaglio, giornalismo di qualità, analisi, fonti verificate, i libri che contano, i fatti che pesano, contenuti originali e esclusivi. I lettori di List sono lettori forti che amano leggere. Il titolare condivide con loro questo amore (solo quello).

    Il sottosopra è la nostra stanza dei giochi. Abbiamo una serie di mappe e scatole di Risiko mai usate da distribuire in Parlamento. Un corso di geografia è disponibile per chi non possiede le basi della materia, distinguere i fiumi dai monti, tanto per cominciare. Se avete un'idea sul tramonto dell'Occidente, l'ha già avuta Spengler e non era niente male; se non sapete chi è Spengler, state ricevendo List per un tragico errore del titolare; se avete visto Kim che gira in giardino con il tosaerba del vicino, ci avete dentro con il sakè ieri sera, ma non preoccupatevi, la Corea del Nord lancia missili anche se siete sobri; se l'America di Trump vi sembra in crisi, è cominciata prima ma ammetterlo è complicato, soprattutto se siete tra quelli che dissero "Vince Hillary. Punto"; punto che non avevate centrato, ma non è un problema, eravate in ottima compagnia; se avete azzeccato la vittoria di Trump, si tratta di una cosa che qui non scriviamo ma lasciamo al vostro enorme intuito; se la Brexit vi entusiasma siete dei sovranisti ma avete dimenticato che gli inglesi hanno la Sterlina e la Regina e sono inguaribilmente isolani; il titolare di List è isolano, la Sardexit non si è mai realizzata; se il giro geopolitico di oggi vi ha dato il mal di testa, provate a tenere desta l'attenzione quando parla Orfini, la labirintite vi sembrerà una festa; se avete sacche di sangue, citofonate Grillo e non spiegate nei dettagli dove le avete prese; se al terzo Gin Martini vi viene la pulsione fare una Brexit in casa vostra, guardate il regolamento di condominio, non avete alcun potere; se avete un socio spagnolo, guardate i patti parasociali, potrete diventare agevolmente uomo-sandwich ma non avrete alcun potere, per guardare in una finestra senza un cortile, articoli di Putin che commentano la fine del vostro eccezionalismo in famiglia, una struggente lettera d'amore per quella che un giorno vi ha detto "caro, vado un attimo a comprare i giornali, ci sono degli omicidi che mi interessano" e dieci anni dopo avete visto nella lista dei serial killer ricercati dall'Fbi, scrivete al titolare di List.

  8. #28

    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da manuè Visualizza Messaggio
    esiste ancora "il secolo XIX"?

    Pessimo oltre la più nera immaginazione, qui ormai viene letto solo dai vecchi semianalfabeti al bar.
    Riesce a rimanere politicamente neutro ma il grado di preparazione dei giornalisti anche sulle cose più elementari è imbarazzante.

  9. #29
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da Zhuge Visualizza Messaggio



    tu sei uno di quelli che femano la gente in galleria san babila cercando di appioppiargli il quotidiano comunista?


    No, io ero il coglione che lo comprava, anche se in realtà una sola volta e avevo anche 15 anni

  10. #30
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    zhuge

    Ma quello che sta in via palestro tutti i giorni col cartello chi è?

  11. #31
    koba44
    Guest

    Re: Almeno una volta a settimana...


  12. #32
    Il Drago Dormiente L'avatar di Zhuge
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    Re: Almeno una volta a settimana...

    Citazione Originariamente Scritto da Cek Visualizza Messaggio
    zhuge

    Ma quello che sta in via palestro tutti i giorni col cartello chi è?
    non cognosco

    https://www.worldoftrucks.com/en/onl...e.php?id=92274
    Corsair iCue5000X RGB - Asus ROG-STRIX Z690 F-GAMING ARGB - Intel Core i7 12700K - Corsair iCue H150i Capellix RGB - 2X Corsair Dominator Platinum RGB DDR5 5600MHz 16GB - Samsung 980PRO M.2 1TB NVMe PCIe - PCS 1TBe SSD M.2 - Seagate Barracuda 2TB - Corsair 1000W RMx Series MOD. 80PLUS GOLD - Asus ROX-STRIX GEFORCE RTX3070Ti 8GB - Kit 4 ventole Corsair LL120 RGB LED - Windows 11 64bit

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