Ci sono cose che dovrebbero rappresentare un prima e un dopo, anche sul web. Per me, il caso Cantone lo ha rappresentato. E' stato il segnale che, come ha detto qualcuno, "il mostro era cresciuto troppo in fretta" e noi non siamo riusciti a rendercene conto.
Tiziana Cantone non era stata perculata solo da gentaglia, prima di quella corda e di quella porta. Era stata derisa anche da gente perbene, che ha pensato si divertisse pure Tiziana o, più semplicemente, non ha pensato nulla. Io sarei potuta essere una di quelle persone. Non lo sono stata perché avevo già imparato dalla mia leggerezza, dalla mia mancanza di empatia e umanità. Mi ero data delle regole.
Ora però, dopo Tiziana, il mostro dovremmo conoscerlo tutti. Gli alibi non ci sono più. Il web non è più quello di qualche anno fa in cui c'era un video buffo e ci ridevamo un po', senza che l'onda si gonfiasse come dopo il passaggio di Irma.
Ora è sempre Irma. Ora, sappiamo tutti di avere tutti in mano una pistola. E sono un miliardo di pistole che possono essere rivolte contemporaneamente contro una persona sola.
La persona sola, ieri, è stata Katia, la direttrice della banca.
La mia timeline è sommersa da quel video. Tutti sghignazzano. Qualcuno, qua e là, si domanda se tutto questo sia giusto. Se non sia bullismo di massa. E allora ho messo insieme un po' di pezzi e vi dico la mia, che è solo la mia e che non è una bacchetta sulle dita a chi quel video l'ha condiviso. E' un invito a pensarci un po', a riflettere.
Sì, è un gigantesco, orrendo bullismo di massa.
Katia non è un personaggio del Grande fratello. Non è neppure una sconosciuta che tenta di sfondare su Facebook. E' una donna qualunque, una che ha una pagina fb piena zeppa di immagini della Madonna, di Gesù, di contenuti di Radio Maria, di candele che bruciano. Di foto di un bambino che le somiglia.
Katia è probabilmente un'aziendalista di quelle che fanno sorridere, di quelle che in banca arrivano 10 minuti prima dell'apertura ed escono dieci minuti dopo la chiusura. E' probabilmente una che non conosce nulla del web, i meccanismi, le trappole, i rischi. Non sa nulla di Irma.
La sua banca propone un contest. "Fate un video per raccontare il bello della vostra filiale!", dice l'invito a partecipare. "Non cerchiamo il nuovo Fellini, mixate allegria e coinvolgete i colleghi!, aggiunge. E infine: "Proietteremo i video più emozionanti durante gli incontri banca Intesa a settembre-ottobre!". Segue una mail della banca.
Katia gira il video che sappiamo. Ridicolo, grottesco, fantozziano. Ci infila dentro quell'entusiasmo parrocchiale che ci ha fatto ridere. (ha fatto ridere pure me, mica lo nego)
Lo manda a quella mail. Per evidenti ragioni, alle riunioni di banca Intesa, quel video non viene selezionato.
Qualcuno dei selezionatori (suoi colleghi dunque) se lo scarica sul telefono per riderne con gli amici e colleghi e di telefono in telefono, il video finisce su Facebook.
No, quel video non era destinato ai social network, dunque. E qui inizia la discussione. "Quel video però era destinato a una platea", direte voi. "Lo sanno tutti però oggi che se giri un video può finire ovunque", dirà qualcun altro.
Katia pensava che la sua platea fossero i suoi colleghi, durante la conferenza. Si fidava (lei sì) della sua banca. E no, probabilmente neppure lo immaginava che quel video sarebbe potuto finire sul web. Nessuno ti avvisa, della crudeltà del web. Andrebbero fatti dei corsi preventivi non solo sui reati, ma pure sul cinismo online. Per ora non ci sono e noi cinici lo sappiamo bene che le Katia sono il nostro becchime più facile.
Katia non sapeva neppure che quel video fosse ridicolo. Nessuno, evidentemente, aveva avuto il coraggio di dirglielo. E il primo problema di chi fa cose ridicole è che non ha, appunto, il senso del ridicolo. Katia era tranquilla nel suo candore da aziendalista timorata di Dio.
Dopo è accaduto quello che sappiamo. Io pure, dopo che ho visto il video, stavo per condividerlo. Poi ho pensato alla faccenda della Cantone. Dopo aver sghignazzato mi sono ricordata che Katia è una persona, non un cartone animato giapponese. Ho guardato chi fosse, mi sono chiesta da dove arrivasse quel video. Ho avuto le risposte che sapete e non l'ho pubblicato.
Quello che è accaduto poi è bullismo di massa?
Per me sì. Sia chiaro. Non c'è una consapevolezza piena di questo, altrimenti sarebbero tutti dei mostri, ma sarebbe ora di averla, questa consapevolezza. Ditemi voi come chiamate questa valanga di merda, di gente che sghignazza, di eventi che si sono susseguiti uno dopo l'altro, con un volume spaventoso di forme, condivisioni, trovate comiche, ilarità, smascellamenti sguaiati. Il tutto in neanche 24 ore, piombati addosso a una tizia che fino a ieri aveva la Madonnina come foto di copertina. Eccoli:
a) Unieuro l'ha presa per il culo facendone una pubblicità-parodia
b) sul web il video è a svariati milioni di visualizzazioni e condivisioni. E' su YouTube. E' sui siti de Il Fatto, del Giornale, del Secolo e di altri.
c) Ci sono mille parodie del video. In una Katia viene colpita dall'asteroide del Buondì, per fare un esempio a caso.
d) Molte radio nazionali hanno trasmesso l'audio del video.
e) qualcuno ha chiamato la filiale complimentandosi ironicamente, ha registrato la chiamata, l'ha messa sul web.
f) è partito l'hashtag #jesuisfabio, il collega che non ha girato quel video.
g) è partito l'hashtag #iocistoH con l'accafinale, tanto per fare il verso a Tiziana Cantone e a quel "bravoH" che l'ha ammazzata, non sia mai che si impari a rispettare non dico la morta ma almeno la madre che lotta ancora e legge tutto, soffrendo.
h) il sindacato della banca manda un comunicato in cui parla di video ridicoli e fantozziani (video che lo stesso sindacato aveva condiviso sulla sua pagina, quello di un'altra filiale però) , ergo anziché difendere una dipendente umiliata ci mette pure il carico.
Tutto questo vuol dire che sulla vita di Katia, anche spegnendo il computer, anche quando la gogna sarà finita, ci sono due, forse tre conseguenze importanti:
la prima è che quel video rimarrà per sempre sul web. Non potrà né rimuovere, né dimenticare. Chiunque, da ora in poi, avrà a che fare con lei troverà il suo nome e quel video sul web. La seconda è che Katia sarà sempre quella del video per dipendenti e concittadini. E così, ad occhio, credo che se ne vergognerà moltissimo.
La terza poi, è quella più dedicata, che riassume bene una sua collega che mi ha scritto questo: "Lei ora è nell'oblio dell'imbarazzo, isolata dal sindacato ed additata dai colleghi. La sua carriera, anche se non oggi, è conclusa. La banca, anche ai piccoli livelli, è una massoneria onerosa e ripugnante. Il caso David Rossi insegna.".
Ecco, forse Katia ci rimetterà pure il posto. Di sicuro, nessuno di Banca Intesa le lascerà i fiori sulla scrivania. O forse sì, ma solo per l'immagine. (e già sarebbe qualcosa)
Di sicuro, il presente è che Katia sta male. Possiamo continuare a riderci e a far finta di non saperlo, ma se avete letto queste tante righe, ora lo sapete. Non è il mio punto di vista. Non è il punto di vita di una che magari vi sta pure sul cazzo. E' così. Dobbiamo cominciare noi per primi ad assumerci la responsabilità del male che facciamo. Talvolta è necessario (non è che sul web dobbiamo farci star tutto bene, figuriamoci poi se lo dico io), talvolta no.
Per me questo era un "talvolta no". Perché Katia non è me, che ho due palle così e che però per una, due tre, dieci shitstorm sto ancora male, non è voi che forse siete più furbi e il web lo conoscete, non è (ad occhio) una così strutturata da uscirne più forte di prima.
E' solo una delle tante triturate dal web, che ne uscirà a pezzi. E' una che, come ha scritto qualcuno, potrebbe essere vostra sorella che gira un video in cui canta di merda o vostro figlio che recita peggio pensando di essere Johnny Depp. E si ritrovano umiliati da milioni di persone, senza volerlo. Senza aver fatto male a nessuno.
Sì, ci abbiamo riso tutti per 'sta cose, in passato. Però il web non è più quello di una volta.
E' pericoloso, è una bestia ingorda, è cresciuto e dobbiamo crescere anche noi. E' ora di diventare grandi. E di smetterla di parlare alle vittime dicendo "Non fidatevi!". Parliamo agli adulti e diciamo: "Comportatevi da persone perbene". Noi, per primi.
Ciao Katia, il prossimo conto lo apro da te. Tu ci metti la faccia, io il portafoglio, dai.