Era una serata calda e afosa, dopo una bellissima giornata di sole, di quelle che ormai se ne trovano poche in un anno, avevo 12 anni, la scuola era finita da un bel po' e l'estate sembrava potesse durare un'infinità.
Nel paesino della mia infanzia l'arrivo dell'estate significava che la sagra paesana, anche quella ora ormai spenta come le estate attuali, stava per giungere con i mille colori, luci, musiche e divertimenti.
Ricordo benissimo quel fine Giugno quando in paese stavano montando le giostre per la prima grande serata.
Alle 21 mi ritrovai con mio cugino nella piazzetta, con le tasche piene di monete faticosamente risparmiate durante tutto l'anno con l'ottimo intento di spenderle in giostre e bancarelle, frizzi e lazzi. Quanto amavo il tiro a segno!
L'odore dello zucchero filato e delle mandorle tostate unito ai mille schiamazzi dei ragazzini, gli sguardi torvi dei 14enni bulli con il loro motorino truccato che ai miei occhi sembravano 40enni avanzi di galera, le ragazzine che cominciavano a mostrarsi disinvolte con il loro corpo che si trasformava e che già volevano fare le provocatrici, le giostre e la loro adrenalina... la sagra enfatizzava tutto ciò, lo univa e con le bevande zuccherate direttamente nell'esofago pareva di essere in una notte brava a Las Vegas.
Carichi di glucosio come il pan di stelle facevamo ogni giostra più volte, soprattutto quelle "da grandi" e un po' più pericolose... giro dopo giro, la confusione, la notte, le luci, gli sconosciuti.
Ci fermiamo per un'altra coca-cola, ma è quasi mezzanotte...
In un tempo in cui i cellulari non esistevano, o almeno non erano in possesso di giovani dodicenni, se si ritardava si poteva incorrere nell'onta pubblica del genitore che ti veniva a cercare e ti sgridava in suolo pubblico causando l'ilarità di tutti i ragazzi. Un'onta da evitare a qualsiasi costo.
Decidemmo così di salutarci dividendoci gli ultimi dolcetti comprati nelle bancarelle e tenendoci i gettoni rimanenti per la serata successiva.
Mi incamminai così verso casa, al buio, da solo, senza le paure tipiche di oggi forse perché ingenuo o forse perché veramente a quel tempo la sicurezza era un'altra cosa.
L'effetto della coca-cola stava svanendo così come l'euforia per fare spazio al sonno che fortemente premeva la mia testa e poi le spalle, per finire con le gambe che stanche non vedevano l'ora di essere su un letto.
"Dai, manca poco" mi ripetevo percorrendo le strade vuote: tutti quanti erano ancora alla sagra, nella piazza, dove musica e suoni continuavano a giungermi soffocati dalla lontananza che man mano aumentava.
Casa mia non dista tantissimo dal centro del paese però a piedi è comunque un bel po' di strada.
Strada non percorsa con la bici poiché, nonostante la sicurezza proferita sopra, qualsiasi cosa avesse due ruote veniva immancabilmente attenzionata dai bulli e la sagra di paese era di certo il loro teatrino preferito.
Passo dopo passo macinavo metri e finalmente giunsi nella mia via: è una stradina circondata da campi, un po' in periferia e con ai lati dei piccoli fossati, ora secchi vista la calura estiva.
Svolto e continuo, con gli occhi che ormai stanchi sbavano le forme, quando qualcosa sulla coda dell'occhio attrae la mia instabile attenzione...
C'è un lumicino là in fondo al campo dove il frumento è già stato tagliato...
Avete presente quando qualcosa nel vostro campo visivo non torna e anche se è un dettaglio così piccolo e insignificante il vostro cervello ve lo fa notare? Ecco.
Pescatori? Un'auto ferma? Uno scooter? Una bici?
Che mi interessava? Tanto avevo sonno e non vedevo l'ora di andare a casa, mancavano sì e no 300 metri...
Però mi giro ancora per guardare quel lumicino... sembra che non sia lontanissimo, vedo che è intermittente, ah no, è tipo quando qualcuno passa davanti ad una luce e quindi non vedi la luce diretta, ma comunque vedi il suo chiarore...
Chi c'è là? In maniera molto stupida lo urlo ad alta voce "Chi c'è là??".
Continua :(