fake dai, come l'ha fatta a trovare
giannino quello che starnazza su radio 24?anche no
Son riboc o son naic oooh yeeea
Che cosa cambia per l’Italia e per l’Europa con la nascita, dopo 5 mesi di trattativa, di una nuova Grande Coalizione in Germania? Tanto, sulla scena tedesca. Ma con ogni probabilità assai meno su quella europea e italiana, sicuramente molto meno di quanto ieri molte testate d’informazione hanno raccontato al loro pubblico. Se fossero realiste, le forze politiche italiane nelle ultime settimane di campagna elettorale dovrebbero guardarsi bene dal dire che il nuovo governo tedesco rappresenta il via libera a più deficit e debito pubblico, o a meccanismi di cooperazione solidale per la messa in comune europea di quote crescenti del debito, o ancora al ritorno dello Stato per smaltire il perdurante eccesso – in via di troppo lenta riduzione - di credito deteriorato in pancia alle banche italiane.
Niente di tutto questo sta scritto negli impegni sottoscritti nel dettagliato Programma di Coalizione, 177 pagine che dovranno essere approvate ora ancora una volta da tutti gli oltre 400 mila iscritti alla Spd, perché in Germania i partiti devono sottoporre alla propria base sia all’inizio l’idea di allearsi con altre formazioni, sia il minuzioso programma di governo una volta definitolo: ed è una gran cosa, che impedisce ai governi di inventarsi fuor d’opera, una volta entrati in carica. Magari valesse una regola simile anche da noi, dove i governi inventano interventi a seconda delle bizze personali di chi li guida e compone...
Cominciamo allora dai cambiamenti certi, quelli relativi alla politica interna tedesca. Il quarto mandato di Angela Merkel come premier della Germania sarà per la terza volta una grande coalizione con la Spd che si aggiunge a CDU e CSU, come nel primo caso dopo le elezioni del 2005 e nel terzo, dopo quelle del 2013. Ma non bisogna stupirsi se i media tedeschi, per mettere sale sulle ferite della Merkel, parlino per la prima volta nella storia di un governo socialdemocratico guidato da una democristiana. In effetto, il prezzo pagato alla Spd è molto alto, soprattutto perché alle elezioni CDU-CSU avevano perso punti ma ottenuto comunque il 33% dei voti, mentre la Spd era scesa al minimo storico, di poco superiore al 20%. Eppure la paura di tornare al voto – avrebbero perso altri consensi sia CDU-CSU sia la SPD, i tedeschi non gradiscono l’instabilità - ha portato i socialdemocratici a stravincere nella composizione del governo. Erano loro ad avere il coltello dalla parte del manico. E ne hanno giustamente approfittato, anche per vincere le obiezioni interne della propria ala sinistra.
Alla Spd va dunque il fondamentale ministero delle Finanza, dove tramonta il sole del rigido Schaueble, la vicepremiership e gli Esteri, il Lavoro, la Giustizia, la Famiglia, l’Ambiìente. Praticamente, tutti i dicasteri in cui si svilupperanno le nuove politiche di sviluppo della Germania dettagliate nel programma. Il più dei 46 miliardi di nuovi impegni di spesa per la digitalizzazione del Paese, lavoro e disoccupati di lungo periodo, formazione dei lavoratori, implementazione sia pur parecchio annacquata della riduzione delle emissioni per rispettare gli obiettivi della Cop21 in materia di contenimento dei gas serra, tutto questo e molto altro ricadono nei portafogli detenuti dai socialdemocratici.
Alla CSU non va male, visto che il suo leader Horst Seehofer diventerà un potentissimo ministro dell’Interno, con ampia facoltà di dirottare fondi verso la sua Baviera e con la delega anche all’housing sociale, che è un pezzo essenziale del welfare tedesco. Alla CDU restano solo la Difesa, il gracile ministero dell’Economia, l’Agricoltura, la Sanità e l’Educazione. Numerose figure di primo piano della CDU hanno duramente criticato la resa unilaterale alla Spd, purché la Merkel restasse cancelliera.
Il punto cruciale è che la Merkel ha subito il dissanguamento ministeriale per mantenersi forte sulla scena internazionale, visto che agli Esteri l’ex leader Spd Martin Schulz arriva fortemente indebolito, da sconfitto alle elezioni. Mentre al contrario Olaf Scholz, sin qui sindaco di Amburgo, sarà un ministro alle Finanze tutto da scoprire. Sulla scena europea significa che la Merkel ridimensiona le attese di Macron, che aveva fatto la bocca al fatto di essere l’unico vero protagonista della riforma della governance della Ue, che si definirà di qui al Consiglio Europeo di giugno. Ma, per andare al dunque, gli impegni di programma sottoscritti non contengono nulla di ciò che molti in Italia hanno sperato. La maggior enfasi a favore degli investimenti europei non apre infatti a tenere la spesa in conto capitale fuori dal deficit pubblico che fa testo per il rispetto del Patto di Stabilità Europeo. Nessun accenno al fatto di modificare l’obiettivo di azzeramento strutturale del deficit pubblico corretto per il ciclo, che praticamente tutti i partiti italiani oggi vorrebbero abolire per tornare a un deficit libero quanto meno fino al 3% di PIL annuo, ignorando che a ripresa in corso ormai solida è tempo di ridurlo e azzerarlo il deficit, non di accrescerlo. Nessun accenno al fatto che l’ESM possa o tanto meno debba diventare, da fondo salva-Stati quale è oggi, uno strumento per la convergenza dell’abbassamento dei debiti pubblici attraverso progressive assunzioni di quote di debito comuni. Nessuna idea di abolire il controllo diretto dei parlamenti nazionali – in Germania il Bundestag resta costituzionalmente sovrano su ogni spesa aggiuntiva europea, e in questo senso l’accordo iniziale che la Spd voleva emendare è invece stato confermato tale e quale a oggi nel programma finale.
In altre parole, la famosa fine dell’austerity a cui ieri hanno brindato molti non è solo uno slogan improprio – da noi la spesa corrente ha comunque continuato sia pur più lentamente di prima a salire, e il taglio degli investimenti pubblici negli anni di crisi è avvenuto per decisione dei governi italiani in carica, non certo perché imposto dalle regole europee – ma soprattutto è allo stato pura fantasia immaginare che i socialdemocratici alle Finanze i Germania significhino allentamento vero delle regole di rigore nella finanza pubblica. O, tanto meno, l’impegno a ridurre il surplus commerciale tedesco superiore all’8% di PIL, il cui aumento oltre la quota del 6% indicata come soglia prudenziale è realizzato nell’area extra Ue, ergo non spiazza l’interscambio a sfavore degli altri Paesi membri comunitari.
Esistono comunque dei margini rilevanti, per giocare fino in fondo la partita italiana di nuove regole europee. L’avvento del conservatore Seehofer agli InternI significa la fine della politica di porte aperte all’immigrazione, su cui la Merkel nel 2015 ha finito per mettere in crisi il rapporto con tutti i paesi esteuropei. Ma Olaf Scholz alle Finanze significa per l’Italia solo un interlocutore un po’ meno arcigno, non un difensore del libero deficit, e tanto meno un rassegnato a far succedere a Mario Draghi, quando si tratterà di sceglierne il successore alla guida della BCE nel 2019, un sostenitore del lassismo monetario
L’Italia in questi mesi non ha minimamente pensato a elaborare proposte dettagliate sulla riforma della governance e delle regole europee e dell’euroarea. I partiti sono presi solo dalla campagna elettorale. Dopo il voto servirà un governo solido e con figure tecnicamente credibili, e autorevoli nei fori internazionali. Tutte premesse obbligate per giocare un ruolo importante al tavolo europeo, a fianco di Francia e Germania. Ma premesse che oggi appaiono avvolte in una nebbia fittissima. Non saranno i socialdemocratici tedeschi a tirarci fuori dai nostri guai. Speriamo che la stabilità italiana esca fuori a sorpresa dal cilindro degli elettori. O almeno da quello del Capo dello Stato. Se no, resteremo ancora una volta delusi, dovendo arrenderci alla consapevolezza che i nostri guai – l’alto debito, la bassa produttività, la demografia asfittica e la bassa partecipazione al mercato del lavoro – sono colpa nostra, non l’effetto di un complotto di perfide potenze europee a noi avverse...
CEK, COSA CAZZO É 'STA STREGONERIA?
https://blog.sonm.io/machine-learnin...e-f91f996da057
ci credeva davvero..peccato che poi sia andato tutto a meretrici..sarebbe stato bello avere un'europa così come la sognava Romano
Per ora mi sembrano i più preparati
http://www.dibattitoscienza.com/piu-europa-2018/
"LA pirlaggine sta nel fatto che è ESTREMAMENTE COMPETENTE,nonostante non abbia titoli" della serie se usciamo dall'euro l'inflazione ci distrugge,annamobbene
D'alema su la7
Brrr...