Storie di Gnomi[Capitolo 1] Storie di Gnomi[Capitolo 1]

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Discussione: Storie di Gnomi[Capitolo 1]

  1. #1
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    Storie di Gnomi[Capitolo 1]



    Cantami, Musa, di cose mai viste
    dell'irta selva, di gnomi il rifugio
    e d'Epipenninev l'istoria triste

    Ché di gonnelle egli mai fu segugio
    ma con astuzia, e speme, e sforzo tanto
    si dannava, inseguendo il sol pertugio.

    Ei dalla verga sua non traeva vanto,
    e forza vi era assai nei suoi calzoni
    però nel retro, e il cul, come d'incanto

    si mutava in tromba, e quelle canzoni
    giunte all'evacuazioni sue ferali
    ebbe compagne nelle perversioni.

    Cantami, Musa, d'Eeòoee, i cui sponsali
    uniron a uno gnomo laido e abietto
    e sfioriron le sue bocce senza eguali

    ma non prima che dal suo caldo letto
    passassero, vogliosi avventurieri,
    Pepèo ed Oganagàuth, che dell'affetto

    oppur della libido prodi alfieri di seme
    le inondaron gli orifizi,
    donando amata prole in tempi neri.

    Poi Àpreprit raccontami, i cui vizi
    di pederastia eran smisurati:
    un topo gli stantuffò gli interstizi.

    D'Aiaoàii e Oleppo i grami fati
    dipingici, o Musa, ed alla penna
    di Gnomofag regala eterni afflati!





    Capitolo Primo




    Epipenninev si alzò. Come tutti gli gnomi, era suo compito provvedere alle necessità di cibo per sé e per la sua famiglia. Famiglia che, con suo sommo disappunto, era composta solo da lui e dalla buona moglie Eeooee.

    Da molti giorni infatti meditava sulla necessità di sottoporsi al rituale. Uscendo dalla porticina di faggio intagliato fra le radici di una grande quercia, si disse che doveva essere la notte buona. Ma prima, il dovere.Non impiegò molto a empire la gerla di bacche e radici, e persino qualche frutto caduto dagli alberi più alti. Epipenninev aveva sempre avuto un occhio particolare per individuare le radure più ricche di cibo: abilità che gli amici di sempre, Oganagauth e Pepèo, gli invidiavano simpaticamente.

    Egli era dunque lo gnomo della foresta che disponeva di più tempo libero, che impiegava proficuamente in studi e letture.

    Era stato proprio pochi giorni prima, imbattendosi in un antico trattato sulla fertilità, che Epipenninev aveva scoperto l'esistenza di un vetusto rituale per garantire la nascita di figli.Si recò quindi in una brughiera ai margini della foresta dove, non visto, avrebbe potuto compiere il rituale indisturbato.

    Si avvicinò con circospezione a dei cespugli di cardo, occhieggiando ad una ad una le infiorescenze, cercandone una che fosse atta alla bisogna.

    Con un sorriso trovò ciò che stava cercando.

    Strinse con forza lo stelo spinoso, ferendosi la mano destra, fino a strappare il fiore ormai appassito. Portandolo alla bocca, intonò il canto che aveva memorizzato sulle pagine consunte del libro.



    Urkune, Urkune,
    Clopdiatrinomira,
    Colstre tamira, deliptre armune,
    PUFFFSSSSS


    Con un soffio potente lasciò che i petali rinsecchiti del cardo si staccassero dalla corolla avvizzita. Fece cadere l'ormai inutile fiore e si fasciò la mano sanguinante. Poteva tornare a casa.

    «Eeooee,» sussurrò Epipenninev alla buona moglie, «Eeooee!»
    «Che c'è?» fece lei, rigirandosi verso di lui.

    Il barbuto gnomo non rispose, limitandosi a mostrare il pene eretto.

    Eeooee soffriva molto per la mancata figliolanza: per questo, non appena Epipenninev manifestava desiderio di accoppiarsi, si disponeva di buon grado ai desideri del marito.

    Purtroppo il consorte, che pure primeggiava tra i suoi simili per erudizione, non era altrettanto perito nelle faccende coniugali. Montò la moglie, grottescamente eccitato, inserendo il corto pene nella grassa e flaccida vagina della gnoma. Emettendo grida parossistiche di eccitazione, venne in pochi istanti, colando gran parte del proprio seme sulle profumate lenzuola di lino.

    Eeooee, sospirando, si accasciò sul cuscino, fingendo un sorriso di soddisfazione. Afferrò la striminzita verga semi eretta del marito e la massaggiò, sperando che Epipenninev si addormentasse. La sua esperta mano fece sì che lo gnomo russasse in pochi istanti,un'espressione di beato compiacimento sul volto.

    «Buongiorno, Eeooee.»
    La gnoma si voltò. La tesa preoccupazione sul suo viso si sciolse, lasciando il posto a un sorriso disteso.

    «Oganagauth! Pepèo!» esclamò. «Sempre al lavoro?» fece Pepèo, il più giovane e ammiccante dei due, afferrando una mela dal cesto al centro del tavolo e addentandola con gusto. Aveva tristemente ragione, si disse Eeooee. Epipenninev non dava mai una mano in casa, e pur essendo senza figli, c'erano innumerevoli cose da fare.

    Il grillo di guardia andava nutrito e la sua gabbietta pulita, il soggiorno ripulito dalla polvere, le stoviglie lucidate, ma soprattutto - l'incombenza che Eeooee più odiava - Il gabinetto andava pulito.

    Con sommo dispiacere della padrona di casa, Epipenninev era soggetto a frequenti attacchi di diarrea. Una cronica aerofagia non aiutava la situazione, e spesso in tutta la casa aleggiava il pestilenziale odore dei peti e delle fetide feci dello gnomo. Egli non sembrava dare peso alla cosa: anzi, spesso si divertiva a sottolineare con frasi ad effetto le sue fragorose flatulenze. Non era raro che si lasciasse andare a simili episodi durante gli squallidi coiti a cui la sottoponeva.

    Oganagauth lesse tutte queste cose mentre attraversavano in un lampo il volto della gnoma. Era il più anziano e saggio dei due, e più di una volta si era trovato a dover consigliare Eeooee a riguardo della sua triste vita di coppia.

    «Che ti preoccupa, Eeooee?» fece in tono sommesso ma inquisitorio. «Epipenninev, non è vero?»

    Eeooee annuì, un sorriso triste sul viso. Nondimeno, mise su il tè per gli ospiti. Cinque minuti dopo, seduti sul divano e sorseggiando il caldo infuso, Eeooee si stavaconfidando in lacrime con gli amici del marito.

    «...e mi ha persino raccontato di aver fatto un rituale di fertilità. Non capisce che non posso rimanere incinta, finché disperde il suo seme?»

    Oganagauth e Pepèo si scambiarono un segno d'assenso, poi si rivolsero a Eeooee.«Possiamo aiutarti,» fece Pepèo. «Ma dovrà rimanere un segreto. Epipenninev deve rimanere all'oscuro.»



    Epipenninev sospirò di soddisfazione. Anche quella giornata alla Biblioteca Gnomesca era stata proficua: aveva scovato un altro rituale di fertilità, che prometteva di essere molto più potente del primo.

    Seduto sul panchetto in faggio da lui stesso intagliato, che faceva bella mostra di sé di fronte alla porta di ingresso, si tolse gli stivali in feltro. Aveva camminato molto quel giorno, e il puzzo dei suoi piedi sudati riempì l'atrio. Epipenninev non ci fece caso: amava gli odori del suo corpo, e proprio in quel momento sentì le viscere ribollire.

    Allentò la tensione dello sfintere, e un frastornante rumore di tromba fece tremare le pareti del tunnel. Aspirò profondamente: già l'effluvio di piedi si mescolava al mefitico fetore dei suoi gas intestinali. Sorrise mentre apriva la porta, annunciando la sua presenza.

    «Eeooee! Eeooee, sono a casa!» esclamò.La moglie non gli rispose. Non ci fece caso, recandosi al gabinetto, ché la pressione degli intestini aumentava.

    Seduto sul trono, lasciò che la natura facesse il suo corso, rabbrividendo di piacere mentre il retto si svuotava. Sempre più spesso gli capitava di avere delle erezioni mentre defecava, ma ignorava la questione facendo spallucce.

    Lasciò il gabinetto lercio e maleodorante, come suo solito, e si recò in salotto. Un rumore insolito attirò la sua attenzione: proveniva dalla nicchia a parete, dove i coniugi erano soliti dormire e consumare i loro miserabili amplessi.

    Dopo aver spalancato le ante della nicchia, Epipenninev rimase immobile per qualche istante. Il suo cervello si soffermò sui dettagli, senza cogliere l'insieme della scena che si parava di fronte ai suoi occhi.

    La lunga verga venosa di Oganagauth. Il pene guizzante di Pepèo. I seni gocciolanti e prosperosi di Eeooee. Macchie di seme ovunque.Infine il suo istinto ebbe la meglio e si riscosse, afferrando la gravità della situazione.

    Eeooee e i due amici si accorsero del nuovo arrivato, ma non interruppero la passione che lianimava. Eeooee sollevò la bocca dalla verga possente di Pepèo, che eruppe in una gittata di sperma. La gnoma tossì e ruttò forte, riempiendo la stretta nicchia di un olezzo di seme rancido.

    Contemporaneamente, Oganagauth estrasse il suo possente membro dall'ano di Eeooee, lasciando colare una poltiglia biancastra con striature marroni, per poi rituffarlo nella oleosa vulva della gnoma.

    «Epi... cough! cough! Epi.. Epipenninev!» fece Eeooee, il volto arrossato dal desiderio.

    Fu troppo per Epipenninev. Le sue turbe intestinali ebbero un ultimo colpo di coda, e non riuscì a trattenere gli sfinteri. Caldi escrementi riempirono i suoi calzoni, saturando l'aria già pregna di afrori. Li sentì colare lungo le gambe, e allora comprese la sua situazione.

    Due gnomi sani, forti e completi stavano possedendo sua moglie, irrorandola di seme, così come ogni gnomo maschio avrebbe dovuto fare con la propria femmina. Di fronte a loro, subendo passivamente, egli stesso dimostrava la propria inferiorità regredendo alla fase anale, perdendo il controllo degli sfinteri.

    Non avrebbe potuto essere umiliato ed emasculato in misura maggiore, quando si rese conto che a penetrare la sua compagna erano due gnomi che aveva ritenuto suoi amici. La vergogna lo assalì, ma inspiegabilmente una parte imperdonabile del suo corpo si sollevò.

    Una sensazione di liberazione, come se si fosse liberato di un peso - e non semplicemente quello delle proprie feci - lo pervase, raggiungendo l'inguine in calde ondate. Si sentì libero dall'oppressione e dalla responsabilità, dai pensieri che lo attanagliavano.

    Vide l'espressione inequivocabile sul viso di Oganagauth, che significava che stava dando libero sfogo al proprio seme nell'utero di Eeooee. Sicuramente i gemelli tanto attesi sarebbero nati, ma non dai lombi di Epipenninev. Lo gnomo, ormai sottomesso e umiliato oltre ogni possibilità, con mani tremanti si slacciò i pantaloni impregnati di calde feci fetide. Prese freneticamente a strofinare il membro, di proporzioni ridicole rispetto a quelli di Pepèo e Oganagauth, sottoponendosi a un'ulteriore umiliazione.

    La visione grottesca di Epipenninev, che a brache calate si masturbava mentre Eeooee veniva fecondata, incendiò gli animi degli altri due gnomi, che con forze ritrovate si scambiarono i posti. A Epipenninev bastarono pochi istanti per eiaculare, perdendo i sensi per l'emozione. Accasciandosi, diede sfogo agli ultimi residui di massa fecale rimasta, imbrattando il pavimento della stanza.

    Quando Epipenninev rinvenne, stava riposando sotto le coltri. Sentì Eeooee, di là, che preparava la cena. Si alzò pigramente, grattandosi le natiche.

    Uscì dalla nicchia e si volse verso la moglie, che ricambiò lo sguardo con un silenzioso sorriso, senza smettere di apparecchiare la tavola.Cenarono in silenzio. Non menzionarono l'accaduto, né quella sera né mai. Oganagauth e Pepèo continuarono a frequentare la casa da buoni amici,come se nulla fosse accaduto.

    Solo di quando in quando, ancora oggi Epipenninev si reca nel bosco, e defecando dietro a un cespuglio, lascia che la sua mano corra a stringere il proprio pene, mentre la sua mente torna a quel pomeriggio di passione.

  2. #2
    Señor Member L'avatar di Zalgo
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    Re: Storie di Gnomi[Capitolo 1]

    Copypasta da diochan?
    . . .

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