Un tiro secco, ribattuto solo una volta, perché il destino non si può fermare. Ripetuto. La rete che si gonfia, come il cuore di un grande Paese, uno con la P maiuscola. E' così che un ragazzo cresciuto appena fuori da Parigi, così diverso (guineano), eppure così francese, cambia la storia. Ed è così che Paul Pogba, giovane prospetto della Nazionale francese e magnifico esempio dell'integrazione quella buona, quella giusta, quella di cui abbiamo bisogno per non perdere noi stessi, allo scoccare del sessantesimo minuto di gioco abbatte il muro algido, verrebbe quasi da dire ariano, levato dalla nazionale croata, figlia di un passato pesante fatto di vessazioni, di violenza, di pulizia etnica, di fascismo, di odio. Levato sì, ma inutilmente, perché alla fine ciò che è giusto accade sempre, c'è sempre giustizia prima della fine. Lo sa bene anche Kylian, nato a pochi passi da Paul da una famiglia che unisce le due afriche, quella sopra e quella sotto il Sahara; un giovane che ha tutto per diventare il nuovo Pelé, umili origini e futuro radioso compresi; un giovane che ha già iniziato a dimostrarlo e che lo ha confermato anche oggi, pochi minuti dopo Paul, affondando definitivamente l'U-Boot slavo con una staffilata imprendibile per il portiere avversario.
Ma che cos'è la vittoria della Nazionale francese nell'incontro finale della Coppa del Mondo di Calcio? E' solo un evento sportivo? No. E' solo un pezzo di storia del calcio? No. E' il segno che c'è un paese che ha intrapreso la strada giusta, mentre altri (un altro, almeno, che sta pure poco lontano dalla Croazia) ha solo da imparare? Sì. E che cosa sono le storie di Paul e di Kylian, ma anche di tutti gli altri nazionali francesi (con esclusione degli insipidi, anzi inutili, Giroud, Pavard, Griezmann e Thauvin) se non magnifiche storie di integrazione, del nemico che non è nemico, ma fratello, dell'immigrato che non è delinquente, ma opportunità, della cultura che non viene cancellata, ma che si rafforza con l'altro? E che cosa avrà pensato Salvini (sì, lo chiamo così, senza nome, senza predicati, perché uno come lui non merita nulla di tutto ciò), volato a spese nostre (anzi, a spese dell'accoglienza) fino a Mosca a tifare per gli amici biondi, quando ha visto com'è andata a finire? In cuor nostro non possiamo che sperare che la vittoria della Nazionale francese l'abbia redento, gli abbia insegnato qual è la via; in cuor nostro non possiamo che sperare che la via che conduce da Mosca a Parigi, quella che farà la coppa questa notte, possa essere come la evangelica via di Damasco per il ministro dei respingimenti e per i suoi sodali. Ma sappiamo già che non sarà così.
E quindi? Ci rimane l'esempio. L'esempio di un paese che ce l'ha fatta, un paese che ha trasformato la paura del diverso nella sua forza. Un paese che oggi è più forte, anche grazie ad un Presidente illuminato come Emmanuel Macron, che sa bene cosa voglia dire accogliere (e non a caso ha appena accettato la sordida richiesta nostrana di accudire 50 vittime del male e del mare; perché lui un cuore ce l'ha, Salvini invece?). Un presidente che sa bene che per dare un futuro alla propria terra non si può prescindere dall'essere solidali con chi è vittima (e sono tanti), a costo altrimenti di perdere se stessi. Andiamo allora a dormire felici, per una volta. Coscienti che domani la mattanza nel mare nostrum riprenderà, che le mani degli italiani gronderanno sangue ancora a lungo (quelle di Salvini, soprattutto, ma anche le vostre, di voi che state a leggermi invece che portare i vostri corpi su quei barconi, invece che accogliere sotto il vostro tetto una mezza dozzina di quei ragazzi meravigliosi che sono il vostro futuro e che lo saranno anche se lo rifiutate, anche se li rifiutate); ma pure coscienti però che la storia e la giustizia, che stasera hanno mandato già un primo segnale, stanno cambiando e ci condurranno, alla fine, là dove dobbiamo: verso un paese più ricco, più bello, più unito, fatto di persone nuove, di culture che si sposano; perché si sa, chi non è mite (come Salvini) non avrà nulla; chi è mite (come quei ragazzi meravigliosi sui barconi, appunto) è già beato, perché erediterà la terra (d'Italia).