C’è da dire che, rispetto al presente, l’imperfetto conferisce al verbo una sfumatura semantica un po’ diversa: questo tempo infatti, sia all’indicativo sia al congiuntivo, esprime spesso la categoria (modale, più che temporale) dell’irrealtà (o, come si dice tecnicamente, della “non fattualità” o della “controfattualità”). Così, nelle frasi ottative (altre frasi principali che richiedono il congiuntivo, come “Lo volesse il cielo”, ecc.) “l’alternanza tra congiuntivo presente e congiuntivo imperfetto riflette il tipo di desiderio, che si presenta alla coscienza del parlante ora come realizzabile (congiuntivo presente), ora come irrealizzabile (congiuntivo imperfetto)” (Luca Serianni, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, Torino, Utet, 1988, p. 444, cap. XIII, § 36). Analogamente, dunque, dicendo “che andassero loro a lavorare”, invece di “che vadano loro a lavorare”, il parlante sembra esprimere il proprio scetticismo circa la realizzabilità dell’evento, a dispetto del valore esortativo del suo enunciato.