AGNESE
-
Oh molte
! M
i prendeva le mani, e poi le braccia,
E non era mai stanco, mai stanco di baciarle.
A
RNOLFO
-
E non vi ha preso, Agnese, un’altra cosa ancora
?
(
Vedendola interdetta)
No?
AGNESE
-
Sì...
ARNOLFO
-
Come?
AGNESE
-
Mi ha preso...
ARNOLFO
-
Eh?
AGNESE
-
La...
ARNOLFO
-
Parla!
AGNESE
-
Non oso.
Temo molto che andrete in collera con me.
ARNOLFO
-
No.
AGNESE
-
Invece sì.
ARNOLFO
-
Mio Dio, ma no!
AGNESE
-
Giurate allora.
ARNOLFO
-
Vi assicuro.
AGNESE
-
Mi ha preso... Adesso andate in furia.
ARNOLFO
-
No.
AGNESE
-
Sì.
ARNOLFO
-
No, no, no, no. Perché tanti misteri?
Cosa dunque vi ha preso?
AGNESE
-
La...
ARN
OLFO
-
(a parte)
Dio, che sofferenza!
AGNESE
-
Mi ha preso quella sciarpa che mi avete donato.
Non sono stata invero capace di impedirlo.
ARNOLFO
-
(riprendendo fiato)
Pazienza per la sciarpa. Ma volevo sapere
Se non ha fatto altro che baciarvi le braccia.
AGNESE
-
Come
? S
i posson fare altre cose?
ARNOLFO
-
No, certo.
Ma per guarir del male che, dice, lo tormenta
Non ha da voi preteso qualche altro rimedio?
AGNESE
-
No. Voi capite bene che se l’avesse chiesto
Per poterlo aiutare gli avrei concesso tutto.
AR
NOLFO
-
Grazie al Cielo, ne sono uscito a buon mercato.
Dovessi ricascarci, possa pagarla cara.
Zitto. Questo è l’effetto della vostra innocenza.
Non aggiungo parola. Quello che è fatto è fatto.
Io so che lusingandovi, desidera il galante
Abusare di voi, p
er ridersene quindi.
AGNESE
-
Oh
! N
o. Me l’ha giurato almeno venti volte.
ARNOLFO
-
Ah
! V
oi non conoscete che cos’è una promessa.
Ma dovete imparare che accettare i regali
E dei bei damerini ascoltare le fiabe,
Che lasciarsi da loro, per forza di languore,
Baciar così le mani e vezzeggiare il cuore
È per certo un peccato mortale dei più gravi.
AGNESE
-
Un peccato, voi dite
? E
per quale ragione?
ARNOLFO
-
La ragione
? M
a è questa: il decreto ben noto
Che da simili azioni il Cielo viene offeso.
AGNESE
-
Offeso
! N
on capisco perché il Cielo si offenda.
Si tratta di una cosa tanto dolce e gradita!
Apprezzo l’esultanza che si prova in quel punto.
Non conoscevo ancora cose di questa fatta.
ARNOLFO
-
Sì. Fanno un gran piacere questi gesti affettuosi,
Le parolette dol
ci e le lievi carezze,
Ma bisogna goderle in occasione onesta,
Quando col matrimonio se ne cancella il male.
AGNESE
-
Quando ci si marita, ciò non è più peccato?
ARNOLFO
-
No.
AGNESE
-
Datemi un marito subito, ve ne prego.
ARNOLFO
-
Se lo desiderate, lo de
sidero anch’io,
Ed è per maritarvi che voi qui mi vedete.
AGNESE
-
È possibile?
ARNOLFO
-
Certo.
AGNESE
-
Quanto piacer mi fate.
ARNOLFO
-
Sì, non dubito affatto che l’imeneo vi piaccia.
AGNESE
-
Volete che noi due...
ARNOLFO
-
Niente di più sicuro.
AGNESE
-
Se questo si facesse, quante carezze avrete!
ARNOLFO
-
Ed io da parte mia farò certo altrettanto.
AGNESE
-
Non riesco a capire se voi state scherzando.
Dite dunque davvero?
ARNOLFO
-
Lo vedrete voi stessa.
AGNESE
-
E saremo sposati?
ARNOLFO
-
Sì.
AGNESE
-
Ma quando?
ARNOLFO
-
Stasera.
AGNESE
-
(ridendo)
Stasera?
ARNOLFO
-
Sì, stasera. Perché dunque ridete?
AGNESE
-
Rido.
ARNOLFO
-
Quello che voglio è vedervi contenta.
AGNESE
-
Oh
! Q
uanto sarà grande la mia riconoscenza,
E quanti mai piaceri mi prenderò con
lui.
ARNOLFO
-
Con lui chi?
AGNESE
-
Ma... con lui.
ARNOLFO
-
Lui non è quel che dico,
Siete un po’ troppo lesta nel scegliere un marito,
È un altro, a farla breve, che per voi tengo in serbo,
E quanto a quel signore, pretendo, non vi spiaccia,
Dovesse sott
errarlo il mal con cui vi tenta,
Che con lui non abbiate più alcuna relazione
E che quando tornasse per farvi i complimenti
Gli chiudiate la porta onestamente in faccia,
E gli gettiate in testa dalla finestra un sasso,
Semmai, che lo convinca a non più rit
ornare.
Agnese, mi capite
? I
n un canto, nascosto,
Io sarò testimone della vostra condotta.
AGNESE
-
Peccato
! È
un pezzo d’uomo!