TERAPIA CON PLASMA CONVALESCENTE
A grande richiesta, scrivo un commento sulla terapia dei casi severi di COVID-19 con plasma di soggetti convalescente.
Specifichiamo subito che si tratta di un concetto terapeutico noto da anni, e che noi alla Emory abbiamo usato già nel 2015 in pazienti con Ebola (Kraft C et al., The Use of TKM-100802 and Convalescent Plasma in 2 Patients With Ebola Virus Disease in the United States. Clin Infect Dis. 2015; 61:496-502 – il primo autore di questo lavoro, la Prof.ssa Colleen Kraft è una carissima amica, oltre che membro del dipartimento che io dirigo).
Anche nel caso di COVID-19 il concetto non è affatto nuovo, in quanto è stato testato in vari studi effettuati durante la prima fase della pandemia in Cina (Chen et al. Lancet Inf Dis 2020; Shen et al., JAMA 2020; Duan et al., PNAS 2020; Ye M et al., J Med Virol 2020; Zeng QL et al, J Infect Dis). Si veda sul tema anche il commentario scritto da due dei miei Vice-Direttori di Dipartimento, John Roback e Jeannette Guarner (JAMA, 27 marzo). In America il trattamento è approvato dalla FDA nel marzo 2020, e ad oggi negli USA sono state fatte 4.400 infusioni con plasma donato da 8.475 convalescenti*. [Come noto, il trattamento è in uso anche in alcuni ospedali lombardi.]
Sui risultati, in sintesi rapidissima, e considerando che non esistono studi controllati, l'impressione preliminare è che si tratti di un approccio molto promettente (con l'eccezione di Zeng QL et al. J Infect Dis 2020). Tra i vantaggi, oltre al precedente di Ebola ed al razionale fisio-patologico, citerei l’entusiasmo dei donatori (noi ne abbiamo davvero tantissimi, anche se non tutti hanno un titolo alto di anticorpi anti-SARS-CoV-2), il basso costo, e la minima tossicità. Lo svantaggio principale, non insormontabile, è la virtuale impossibilità di standardizzare vista la variabilità da donatore a donatore.
Mi è stato segnalato che sulla terapia con plasma convalescente si sta creando in Italia il solito clima da stadio (che sorpresa eh?), a base di tifosi pro e contro, colleghi focosi che si azzuffano sui social, giornalisti che soffiano sul fuoco – tutte cose che il sottoscritto ama come una colica ureterale. La mia CONTRO-PROPOSTA, per chi fosse interessato ai fatti (e non alle beciaccolate da pollaio), è di leggere questo position paper: Bloch EM et al., Deployment of convalescent plasma for the prevention and treatment of COVID-19. J Clin Invest 2020 (allegato come pdf al primo commento qui sotto), che viene da centri clinici del calibro di Johns Hopkins, Mayo Clinic, Stanford, WUSTL, Columbia, NY Blood Center, Michigan State, Albert Einstein e Brown.