Per quanto riguarda la specifica configurazione del reato di apologia, invece, l’elemento oggettivo richiesto dall’art. 414, comma 3 c.p. si identifica nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali, nel senso che “
l’azione deve avere la concreta capacità di provocare l’immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilità che essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo” (Cass., Sez. I, sentenza del 1997, n. 1157
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Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la fattispecie criminosa prevista dall’art. 414, comma 3 c.p. costituisce una figura di reato formale o di mera condotta, con evento di pericolo presunto che costituisce di per se stessa esposizione a pericolo dell’ordine pubblico, a prescindere dal concreto accertamento della sussistenza della situazione lesiva e si perfeziona nel momento stesso dell’attuazione pubblica della condotta criminosa, a partire dal quale sorge il pericolo, presunto dalla legge, che altri possano commettere ulteriori delitti, traendo spunto dalla percepita apologia (Cass., Sez. I, sentenza del 1975, n. 10804).
Ai fini dell’integrazione del delitto, “
non basta l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, per quanto odioso e riprovevole possa apparire alla generalità di persone dotate di sensibilità umana, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio, non teorico, ma effettivo, della consumazione di altri reati e, specificamente, di reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato” (Cass., Sez. I, sentenza del 1999, n. 8779).
Pertanto, non è sufficiente l’espressione di un giudizio positivo su un fatto delittuoso né occorre la glorificazione del fatto delittuoso, ma è necessaria l’esaltazione di un’attività violatrice delle norme penali mediante forme di manifestazione del giudizio che, per la loro forza di suggestione o persuasione (integranti il cd.”dolo istigatorio”), siano idonei a far sorgere il pericolo di altri reati del genere di quello oggetto dell’apologia, così incidendo su specifiche situazioni dalle quali derivi un pericolo diretto ed immediato per l’ordine e la sicurezza pubblica (a titolo esemplificativo, si vedano Cass., Sez. I, sentenza del 1974, n. 4506; Cass., Sez. I, sentenza del 1980, n. 1850).