a me sembra una cazzata di quelle cosmiche.
è scesa da 56 a 55 dollari, quindi i "4 miliardi" sono riferiti alla capitalizzazione, non è che l'azienda ha "perso" 4 miliardi
giornali che hanno titolato "coca cola crolla in borsa dopo il gesto di ronaldo", ma per favore
Io ho giocato tanti giochi... io già me ne accorgo da questo: quando va in pausa. In genere i giochi che vann in pausa e sta scritt sol "continua" e "salva" fann cagar! (Vincenzo Monti, videorecensore)
sono uscito in strada prima
è passato uno, discreta panza, con un borsone sulla spalla, camminava con una nera in un canottiera bianca, shorts e discrete bocce
ma stasera c'è qualche rappresentazione per gibboni in tv? son passati dei caroselli per strada ad esibire il troppo tempo libero
il "men on the mech"
Moloch che segnala la sua percezione di appartenere ad uno status sociale più elevato attraverso il rifiuto di un intrattenimento "basso", per le masse, e che nel suo rifiuto mascherato da domanda schernisce appunto il popolo minuto.
Egli è perfettamente consapevole che c'è "la partita del pallone", ma deve comunque performare la sua alternatività attraverso una espressione di valori medio-alti tipica della borghesia post-deindustrializzazione che disdegna semplici ed unitive(ma è quasi una tautologia) forme di collettivisimo intrattenitore.
Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.
Infatti le “parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta “doppia articolazione” ossia attraverso le infinite combinazioni dei “fonemi”: che sono, in italiano, le 21 lettere dell’alfabeto.
I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone” è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo continuare a divertirci).
Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.
I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico.
I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice.
Chi non conosce il codice del calcio non capisce il “significato” delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi).
Non sono né Roland Barthes né Greimas, ma da dilettante, se volessi, potrei scrivere un saggio ben più convincente di questo accenno, sulla “lingua del calcio”.
Penso, inoltre, che si potrebbe anche scrivere un bel saggio intitolato Propp applicato al calcio: perché, naturalmente, come ogni lingua, il calcio ha il suo momento puramente “strumentale” rigidamente e astrattamente regolato dal codice, e il suo momento “espressivo”.
Ho detto infatti qui sopra come ogni lingua si articoli in varie sottolingue, in possesso ciascuna di un sottocodice.
Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo.
Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico.
Per spiegarmi, darò – anticipando le conclusioni – alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un “prosatore realista”; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un “poeta realista”.
Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un “poeta realista”: è un poeta un po’ maudit, extravagante.
Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da “elzeviro”. Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul “Corriere della Sera”: ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti.
Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore; la mia è una distinzione puramente tecnica.
Tuttavia intendiamoci: la letteratura italiana, specie recente, è la letteratura degli “elzeviri”: essi sono eleganti e al limite estetizzanti: il loro fondo è quasi sempre conservatore e un po’ provinciale… insomma, democristiano. Fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c’è un terreno comune: che è la “cultura” di quel Paese: la sua attualità storica.
Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest’ultimo è il caso dell’Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia.
Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno. In questo momento lo è Savoldi. Il calcio che esprime più goals è il calcio più poetico.
Anche il “dribbling” è di per sé poetico (anche se non “sempre” come l’azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. E un sogno (che ho visto realizzato solo nei Maghi del pallone da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfettamente onirico).
Chi sono i migliori “dribblatori” del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal.
Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa: esso è infatti basato sulla sintassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull’esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l’annesso “goal” (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato).
Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo): il suo schema è il seguente:
catenaccio –> triangolazioni –> conclusioni
Il “goal”in questo schema, è affidato alla “conclusione”, possibilmente di un “poeta realistico” come Riva, ma deve derivare da una organizzazione dei gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi “geometrici” eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace perché si tratta di una perfezione un po’ estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).
Il calcio in poesia è quello del calcio latinoamericano: il suo schema è il seguente:
discese concentriche –> conclusioni
Schema che per essere realizzato deve richiedere una capacità mostruosa di dribblare (cosa che in Europa è snobbata in nome della “prosa collettiva”): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione. Se dribbling e goal sono i momenti individualistici poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.
Pier Paolo Pasolini, da Il giorno, 3 gennaio 1971
Si va bene tutto, ma fare i caroselli per aver battuto la svizzera
Mamma mia, quante braccia rubate all'agricoltura
Ovviamente vale sia per i caroselli che per Pasolini
Ok, stasera ho avuto la conferma che alla prima partita "importante" ci sfracelleremo rovinosamente.
Dai, Insigne e Immobile, la coppia di tipici attaccanti da eterne seconde o terze, che appena c'è un appuntamento importante diventano ectoplasmi.
Se facciamo un confronto di questa rosa con quella del 2006 c'è da mettersi le mani nei capelli.
commento sul sito della Gazzetta, tifoso N***************
Molta gente mangia pane con pomodoro e crede che e la pizza, cmq meno male che ce Mancini, tutti dicono , insigne immobile non serve , va bene, non tutti sanno che mancini ci fa fare il lavoro sporco a lorenzo portando i difensori sui laterali e liberando la zona centrale, sacchi 35 anni ce lo ha insegnato, che r piu facile mettere gol se stai di fronte alla porta che laterale, i gol cje ha fatto l italia da che posizione sono stati fatti??? Se immobile faceva il primo gol di locatelli , diranno che era in posizione lui e la porta e il minimo che poteva fare, mentre se un ramsey fa il terzo gol di immobile, tutti diranno che e un vero campione , preferiscono a chiesa al posto di insigne?? Bastera un mezzo difensore no 2 o 3 che si porta insigne dietro, pero voi continuate a mangiare carbonara e credete che e matriciana, vedo che molestano i cslciatori drl sud insigne immobile donnarumma