Mentre Suicide Squad si avvicina sempre di più (portandosi dietro più dubbi che certezze) continuiamo il viaggio nella trilogia che ha reso Rocksteady uno dei punti fermi dell’industria. Oggi è il turno del capitolo in assoluto più amato dai fan e lodato dalla critica: Arkham City. Ci saranno degli spoiler, ma cercherò di non scendere troppo nel dettaglio.
Eravamo rimasti ad Arkham Asylum è alla sua natura di gioco compatto e armonioso, uno di quei rari prodotti dove il risultato finale è più della somma delle sue componenti. Aver raggiunto un simile risultato già al primo tentativo rappresentava per Rocksteady una sfida non da poco: come migliorare la loro creazione senza stravolgere quel fragile equilibrio? Lo sviluppatore britannico ha risposto a questa domanda in parte andando sul sicuro e in parte ripensando profondamente la struttura di base.
IL PIPISTRELLO, IL DOTTORE, IL PAZZO
Nel precedente articolo mi sono concentrato più sui presupposti dell’Arkhamverse che sulla trama di Asylum, poiché questa era tutto sommato poco più di un pretesto. In questo caso vorrei soffermarmi di più su questo aspetto, perché Arkham City cerca di imbastire una narrazione più articolata, con più personaggi e più linee narrative.
Arkham City cerca di imbastire una narrazione più articolata, con più personaggi e più linee narrative
Da qui in poi la narrazione si sviluppa su due binari diversi che molto raramente si intrecciano; da una parte ci sono Strange e il misterioso Protocollo 10 e dall’altra Joker e la malattia letale che l’ha colpito in seguito agli eventi di Arkham Asylum. Già il fatto che i due tronconi siano così sconnessi non lascia presagire niente di buono, ma la cosa peggiore è che nessuno dei due funziona particolarmente bene anche preso singolarmente. Le rivelazioni sulla natura del protocollo e sulla mente che sta realmente dietro ad Arkham City sono quanto di più telefonato si possa pensare e l’aspetto potenzialmente più interessante, cioè Strange che conosce l’identità di Batman, è totalmente irrilevante ai fini della trama, viene citato all’inizio della storia e poi completamente dimenticato.
da una parte ci sono Strange e il misterioso Protocollo 10 e dall’altra Joker e la malattia letale che l’ha colpito
GOTHAM IN MINIATURA
Il passaggio dalla struttura lineare di Arkham Asylum a quella più aperta di Arkham City è ovviamente il cambiamento che salta più all’occhio passando da un capitolo all’altro. L’open world del secondo episodio è però per certi versi differente da quello a cui ci siamo abituati negli ultimi anni. La mappa a un primo sguardo sembra piuttosto piccola anche se rapportata a quella dei giochi contemporanei (GTA IV nel 2011 era già “vecchio”), ma bisogna ricordare che in realtà una parte importante del gioco si svolge all’interno degli edifici di cui la città-prigione è costellata, che al loro interno ricordano molto di più la progressione dell’originale – con tanto di nuove aree accessibili dopo lo sblocco di determinati gadget. Se i due giochi condividono una generale prevalenza di toni scuri (stiamo parlando Batman del resto), lo stile architettonico è parecchio diverso: il manicomio era un’ambientazione gotica, quasi orrorifica, mentre Arkham City è una zona cittadina abbastanza classica nel suo essere totalmente lasciata a sé stessa, piena di ruderi e sporcizia, oltre che in parte allagata – e chissà che quest’ultimo aspetto non abbia in parte ispirato The Batman.
Old Gotham diventa ben presto un’ambientazione familiare in tutti i suoi anfratti
Per tanti anni ci sono stati accesi dibattiti sulla Batmobile di Arkham Knight, ma ho sempre sentito parlare molto poco del sistema di movimento di Batman. In Arkham City come ben sapete il fidato mezzo del Cavaliere Oscuro non c’è, ma vengono poste le basi del sistema di volo che poi troverà piena realizzazione in Knight. Il capostipite vedeva una netta prevalenza di ambienti angusti, e anche quelli più aperti non offrivano enormi possibilità di sviluppo verticale, così il rampino finiva per diventare un gadget come gli altri. L’ambientazione aperta del secondo capitolo lo trasforma in uno strumento fondamentale, dato che fin dal primo istante siamo spronati a usarlo congiuntamente al mantello per muoverci tra gli edifici, alternando rapide salite, planate e picchiate. A rendere il tutto ancora più interessante c’è il potenziamento che permette di guadagnare più velocità mentre il cavo si riavvolge e di prendere letteralmente il volo, spostandosi in lungo e in largo senza toccare terra; non si diventa dei veri e propri missili come in Arkham Knight, ma non se ne sente il bisogno. Se tutto questo vi suona vagamente familiare è perché questo sistema è stato chiaramente una delle fonti di ispirazione di Marvel’s Spider-Man, gioco che come ben sappiamo deve davvero tanto alla saga di Rocksteady.
I CONTENUTI SECONDARI SONO UNO DEGLI ASPETTI PIÙ DEBOLI DI ARKHAM ASYLUM
CONCHIGLIA OBBLIGATORIA
Batman non sarebbe Batman se non potesse colpire all’improvviso qualche brutto ceffo sbucando dall’oscurità o picchiarlo con una delle sue tecniche non letali ma senza dubbio dolorosissime – le parti basse sono uno dei suoi bersagli preferiti a quanto pare. Arkham City non reinventa la ruota in questi due ambiti, ma amplia e raffina i concetti già visti in precedenza. Il combattimento resta sempre basato sul ritmo e sull’alternanza tra attacco, contrattacco, schivata e stordimento, ma vengono aggiunte nuove mosse che lo rendono ancora più fluido e permettono di concatenare delle combo sempre più lunghe. Rispetto ad Asylum aumenta il numero e l’importanza delle mosse speciali, principale strumento di gestione della folla. Raggiungere un livello del moltiplicatore tale da attivare le mosse speciali è fondamentale, e in questo vengono in aiuto due potenziamenti che consiglio di sbloccare subito: il primo riduce il numero di colpi necessari da otto a cinque, il secondo introduce i colpi critici.
IL COMBATTIMENTO RESTA BASATO SUL RITMO, CON NUOVE MOSSE CHE LO RENDONO ANCORA PIÙ FLUIDO
In ambito stealth le cose sono cambiate ancora meno a livello strutturale, ma agire di soppiatto dà molte più soddisfazioni per via della maggiore varietà di avversari (particolarmente fastidiosi quelli che bloccano la modalità detective) e soprattutto di un level design che fa un netto salto in avanti, andando oltre gli stanzoni quadrati coronati da gargoyle predominanti in Arkham Asylum. Il picco si raggiunge durante l’incontro finale con Hugo Strange in cima alla Wonder Tower. L’obiettivo è quello di eliminare le numerose guardie armate presenti, ma a questo giro i gargoyle sono all’esterno e non all’interno dell’edificio, per cui non è possibile abusarne e bisogna sfruttare al meglio il design della stanza e le varie tattiche imparate nel corso del gioco.
Il picco si raggiunge durante l’incontro finale con Hugo Strange in cima alla Wonder Tower
LET’S KICK SOME ICE
Citare l’approccio silenzioso mi dà il gancio perfetto per parlare di boss fight, dato che la boss fight migliore del gioco e dell’intera trilogia ruota proprio intorno allo stealth. Arkham Asylum aveva qualche ottima idea (Killer Croc, lo Spaventapasseri) e qualche brutta caduta di stile (sto parlando di te, Joker mostruoso), invece City non sbaglia praticamente nulla a riguardo… escludendo la boss fight secondaria contro Deadshot, di cui avrei fatto volentieri a meno. Il combattimento contro Mr. Freeze viene giustamente citato come esempio di boss fight fatta bene. La sua efficacia deriva in primo luogo dal gameplay, ma non sottovaluterei la componente narrativa: Freeze è uno dei pochi avversari di Batman con un minimo di caratterizzazione che vada oltre il suo essere cattivo, è un personaggio tormentato che fa quello che fa perché vuole a tutti i costi salvare l’amata moglie, non per il gusto di generare caos e distruzione come un Joker qualsiasi. Sono lontane le battute sopra le righe di una certa versione cinematografica.
LO SCONTRO CON FREEZE CI CHIEDE DI PUNTARE TUTTO SULLO STEALTH, E DI USARE CREATIVITÀ NELL’APPROCCIO
COMPAGNI DI VIAGGIO
Prima di concludere non posso fare a meno di spendere qualche parola sui DLC maggiori. Il fatto è che fungono da complemento della storia, per cui è complicato ignorarli. In realtà nessuno dei due brilla a livello di contenuti, ma l’introduzione di due nuovi personaggi giocabili permettere di riproporre il gameplay del gioco base con qualche sfumatura diversa. La storia di Catwoman si svolge parallelamente a quella principale e si ricongiunge ad essa in un modo che definire forzato è un eufemismo.
non posso fare a meno di spendere qualche parola sui DLC maggiori: fungono da complemento della storia, per cui è complicato ignorarli
La Vendetta di Harley Quinn funge invece da epilogo della vicenda e in un certo senso anticipa il tono di quanto vedremo in Arkham Knight, proponendoci un Uomo Pipistrello sofferente e scostante (più del solito), devastato dagli eventi del gioco base. Narrativamente questo contenuto aggiuntivo prova fare qualcosa di nuovo, introducendo una struttura a base di flashback e un’alternanza tra Batman e Robin, la cui presenza era poco più di un cameo nella campagna principale. Il protetto di Bruce Wayne, qui nella sua terza iterazione (Tim Drake), ha come caratteristica principale quella di non combattere a mani nude ma imbracciando un bastone telescopico (capace di trasformarsi all’occorrenza in uno scudo) e utilizza uno stile intermedio tra la pesantezza del suo mentore e le capriole continue di Catwoman. Non è qualcosa di totalmente nuovo, ma non parliamo neanche un reskin bello e buono. L’altra novità abbastanza grossa è un combattimento finale dove a sorpresa sparisce l’indicatore di attacco dei nemici, con la conseguente necessità di leggere le animazioni degli avversari per poter reagire efficacemente. Un twist affascinante, ma va bene che sia limitato a quel momento preciso: modificare la meccanica nel resto del gioco vorrebbe dire rischiare di danneggiarne il bilanciamento.
La Vendetta di Harley Quinn anticipa il tono di quanto vedremo in Arkham Knight, proponendoci un Uomo Pipistrello sofferente e scostante
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.