Goat Simulator 3 – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Quel tre non inganna: Pilgor il terribile torna a tormentare chiunque gli capiti a tiro in Goat Simulator 3, il folle seguito dell’assurdo simulatore di capre di Coffee Stain.

Sviluppatore / Publisher: Coffee Stain North / Coffee Stain Publishing Prezzo: 29,99 euro Localizzazione: Testi Multiplayer: Co-op online PEGI: 12 Disponibile su: PC (Epic Games Store), PlayStation 5, Xbox Series X|S Data di Lancio: 17 novembre 2022

Follia e distruzione naturalmente abbondano anche nel nuovo capitolo, un sequel determinato a migliorare ed espandere l’eredità caprina di un predecessore che definire sui generis è troppo poco.

GREZZO È BELLO

Pubblicato nel 2014 dallo studio svedese Coffee Stain, il primo Goat Simulator era un sandbox in terza persona in cui s’impersonava Pilgor, una capra abile nel combinare i peggio disastri. La demenzialità era ovunque in una sorta di GTA a quattro zampe deciso a non prendersi sul serio neppure per sbaglio. La balzana opera era capace di offrire copiose dosi di caos nonsense e divertimento terra-terra, un mix che si trasformò in un successo inaspettato. Partire dalle origini è d’obbligo se si vuole capire Goat Simulator 3, un sequel che ambisce a migliorare in tutto chi l’ha preceduto.

goat simulator 3 recensione

Quel carretto è familiare, non trovi anche tu, Bethesda?

Che non significa essere perfetto, curato nei minimi dettagli o tecnicamente ineccepibile, anzi è il contrario giacché da queste parti il sinonimo di grezzo è bello. Messa così non stupisce affatto che glitch e ruvidezze tecniche assortite – tra cui dei controlli un po’ così che possono complicare la vita, delle animazioni da manichini dei crash test e una fisica singolare – facciano parte dell’esperienza tanto quanto le novità studiate per mandare in brodo di giuggiole i fan di Pilgor.

LA MISSION DI GOAT SIMULATOR 3

In una tela su cui le pennellate sono dozzinali per scelta, nessuna sbavatura risulta mai veramente fuori posto sicché va bene così. Interiorizzato ciò, compreso cosa ci si deve aspettare dal gioco e cosa è fuori dalla sua portata, dal suo budget o dalla sua natura, non resta che calarsi nei panni di Pilgor, seguire il proprio fiuto da teppista e seminare devastazione dovunque nell’ampia mappa open world nota come San Agora. A differenza del predecessore, Goat Simulator 3 prevede una campagna – o per meglio dire una scusa – che fornisce degli obiettivi, non ci abbandona nel bel mezzo di una modalità sandbox.

A differenza del predecessore, Goat Simulator 3 prevede una campagna

Superata un’intro che fa il verso a quella di Skyrim, appreso che le Torri delle Capre sono dei portali tramite cui giungere al Caprastello, il covo segreto della società segreta delle capre, gli Illuminati, e che le aree inaccessibili vanno sbloccate completando gli Eventi, lo show del protagonista può cominciare. La missione? Diventare il Dio delle Capre.

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Serve davvero una didascalia?

Prendendo a testate, leccando, belando e compiendo le più atroci malefatte che una capra possa concepire, roba di cui l’oca di Untitled Goose Game sarebbe fiera, Pilgor impiega circa quindici ore a scalare i ranghi degli Illuminati.

Goat Simulator 3 perfeziona la demenziale formula attraverso gli Eventi

Al di là della sperimentazione libera e del divertimento insito nel vedere cosa succede se si dà una capocciata a un generatore d’elettricità (spoiler: Pilgor si trasforma temporaneamente in uno Zeus con gli zoccoli) o se si guida un trattore a folle velocità in pieno centro urbano, Goat Simulator 3 perfeziona la demenziale formula del primo capitolo attraverso gli Eventi (missioni che fanno guadagnare Karma, Punti Illuminati o equipaggiamento) e gli Istinti (mini obiettivi tipo “fai una capriola all’indietro”), due modi per incanalare la nostra fantasia che aiutano a orientarsi tra le assurde possibilità previste da un gameplay in cui di logico c’è ben poco.

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Pilgor in versione Zeus.

Liberare un’orca dallo zoo, trascinarla fino al molo usando la lingua e gettarla in mare è solo un esempio di cosa riserva un quest design sorprendente sia per originalità delle situazioni sia per creatività delle soluzioni. A stimolare ulteriormente la nostra vena distruttiva ci si mettono anche una mole non indifferente di attività, sfide e collezionabili sparsi per ogni zona di San Agora oltre alla buona caratterizzazione di ciascuna area.

BENTORNATO, LORD PILGOR

Chi ha apprezzato GOAT Simulator sarà felice di ritrovare lo stesso umorismo dissacrante, le torme di gag e la sensazione di trovarsi in una parodia colma di citazioni e sfottò che non risparmiano niente e nessuno.

Le possibilità sono sconfinate, se si tratta di combinare disastri.

Data l’assenza di una vera componente narrativa, di un progression system accattivante o di un gameplay elaborato, chi invece necessita di stimoli che vadano oltre la distruzione ignorante rischia di veder scemare il proprio interesse prima della fine; nonostante gli incentivi forniti dalla campagna, i numerosi oggetti per la personalizzazione (con cui ottenere delle abilità speciali, in alcuni casi) e la curiosità di scoprire cos’altro si sono inventati i devs, giocando da soli alla lunga può subentrare un po’ di stanchezza.

è assolutamente consigliato provare l’ebrezza della co-op

Per evitare che accada bastano tre amici allorché, se si vuole trarre il massimo da GOAT Simulator 3, è assolutamente consigliato provare l’ebrezza della co-op (locale e online) fino a quattro giocatori, l’apice di un’esperienza nonsense ottima per essere vissuta in compagnia grazie ai mini-giochi competitivi esclusivamente multiplayer e soprattutto allo scompiglio sandbox che diventa leggendario quand’è moltiplicato per quattro.

Sì, non è un errore: il titolo della missione è Free Billy.

GOAT Simulator 3 va approcciato con la forma mentis adatta, il rischio di arricciare il naso è alto se si calibrano male le aspettative. Tecnicamente siamo dalle parti dell’orgogliosamente grossolano, la campagna è una scusa per fare casino a obiettivi e la profondità del gameplay è minima, ma va detto che il gioco non prova mai a spacciarsi per quel che non è.

Chi ha apprezzato il primo troverà lo stesso umorismo dissacrante, chi invece necessita di altri stimoli rischia di veder scemare il proprio interesse

Sfruttando con astuzia i suoi stessi limiti, GOAT Simulator 3 si rivela perfetto per il cazzeggio single player o ancora meglio in co-op, vanta un sacco di personalizzazioni fuori di testa e catapulta in un parco giochi open world per capre deviate in cui i devs hanno veramente dato il meglio – o il peggio, dipende dai punti di vista – di loro stessi: Pilgor è tornato, si salvi chi può.

In breve: Tutto ciò che si può desiderare da un terzo capitolo che in realtà è un secondo. Coffee Stain dà una forma più rifinita alla sua assurda creatura aggiungendo una campagna che indirizza il giocatore a suon di missioni anziché gettarlo brutalmente in pasto al sandbox, ma soprattutto integrando una modalità co-op che è perfetta per un’esperienza così caciarona, folle e da non prendere mai sul serio, nel bene e nel male. Le imperfezioni tecniche abbondano, fanno parte del gioco anche se talvolta possono complicare la vita, ma chi ha apprezzato il primo amerà alla follia GOAT Simulator 3 a prescindere dai suoi difetti.

Piattaforma di Prova: PlayStation 5
Com’è, Come gira: Messe in conto le imprecisioni, le compenetrazioni comiche e i glitch, in fondo c’è poco da dire poiché non si evidenziano problemi di fluidità, anzi il miglioramento grafico si nota rispetto al primo capitolo. Come si evince non si punta al fotorealismo, ma San Agora è sicuramente un’isola piacevole da esplorare grazie ai tanti scenari ben caratterizzati di cui è composta.

 

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Pro

  • Il sogno di ogni vero fan di Pilgor / In co-op il divertimento quadruplica / Migliora il predecessore in tutto.

Contro

  • Le imprecisioni tecniche complicano le cose / Le soluzioni degli Eventi non sempre sono intuitive / Chi brama la profondità giri al largo.
8

Più che buono

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