Disclaimer: la qui presente recensione di Gran Turismo Sport è divisa in due parti. La prima è frutto di alcuni giorni di prova intensivi, con i soli contenuti single player offline del titolo; la seconda completa l’opera dopo una decina di giorni di test sulle gare online e sulle non poche funzioni in giocatore singolo che necessitano della connessione ai server.
Tutti gli appassionati di giochi di guida devono molte emozioni a Gran Turismo, un po’ perché il titolo Polyphony ha di fatto cambiato il genere, introducendo la campagna volta al carporn e al collezionismo di auto di ogni tipo, e un po’ perché la sua ambizione estetica ricercata, fatta di musiche da lounge bar e replay cinematografici, è da sempre stata iconica dello scintillante mondo della contemplazione estatica di macchine da sogno. Io ,personalmente, conservo ancora il ricordo del disco al “profumo” di gomma bruciata di uno dei supporti del secondo capitolo, o delle estenuanti endurance passate con la console a temperature equatoriali. L’obiettivo di Kazunori Yamauchi, in fondo, è sempre stato quello di offrire un’esperienza totalizzante del mondo dell’automobile, e l’ossessione per i dettagli (con buona pace dei tempi di sviluppo) ne è la prova; tuttavia, con il tempo e il passare degli anni Polyphony ha quasi ignorato l’evoluzione del medium per inseguire un ideale anacronistico, per quanto preciso. Gran Turismo Sport è l’ideale prosecuzione della serie, un capitolo parziale (ma non povero) in perfetta linea con la saga, e conserva quel rispetto elegante, accorato e monumentale nei confronti dell’automobile come vettore per raggiungere i sogni. Per questo motivo, elementi di contorno quali i musei con le storie dei principali costruttori e gli incantevoli scenari reali (dove immortalare le proprie vetture in un clamoroso photo mode dedicato) rappresentano qualcosa di imprescindibile per l’esperienza lato utente. Insomma, Gran Turismo Sport non può essere preso a pezzi, ma è un racing game che segue quasi una poetica, dove tutto – a torto o a ragione – ha motivo di esistere, e pertanto può essere soltanto amato oppure odiato.
ANTIPASTO OFFLINE
Gran Turismo Sport è un capitolo particolare, non rappresentando né il settimo sigillo della produzione di Polyphony, né un normale Prologue (antipasto servito a partire dal quarto capitolo, in anteprima rispetto all’arrivo dell’episodio canonico), sviluppato con il beneplacito della FIA e chiaramente dedicato all’esport. Il fulcro dell’esperienza, infatti, è rappresentato dalla modalità Sport, che propone gare giornaliere su determinati circuiti in condizioni precise, coinvolgendo tutti i giocatori in gare all’ultima curva sulla base di un rating preciso che tiene traccia di tutti gli aspetti della performance, con particolare attenzione al fair racing. Durante la beta ammetto che il regolamento e le classificazioni online, con penalità dinamiche e una severità giustissima, mi è sembrato l’aspetto migliore dell’online di Gran Turismo Sport, ma mi riservo un giudizio definitivo macinando ulteriori chilometri nei prossimi giorni.
Intorno alla modalità multiplayer, però, c’è comunque un menu mediamente corposo di attività in singolo, composto da una vera e propria Campagna e dalla modalità Arcade. La prima, a sua volta, offre tre tipologie di sfide: l’Accademia di guida, che prende nominalmente il posto delle patenti, ma dove viene proposta esattamente quella tipologia di prove; le Sfide missioni, che rappresentano una modalità scenario dove bisogna affrontare 64 prove che vanno dal segnare un dato tempo in una sequenza di curve fino a vincere gare a inseguimento; infine, Esperienza sul circuito ci mette alla prova sui (non tanti) tracciati presenti nel gioco, facendoci familiarizzare prima con sezioni della pista per poi sfidarci in una prova sul giro.
il single player di Gran Turismo Sport è un complemento alle gare online e non costituisce un motivo specifico per acquistare il titolo
IL SIERO DELLA VANITÀ
L’aspetto più riuscito di Gran Turismo Sport è indubbiamente la sua cornice estetica, e non parlo specificamente della grafica – che, anzi, alterna cose egregie come la modellazione delle 137 vetture premium, il sistema di illuminazione e la resa dell’asfalto, a elementi abbastanza poveri e dozzinali, come gli elementi di contorno della pista – quanto alla meravigliosa grazia dei menu, conditi da fotografie e sequenze animate incantevoli.
La solita ricetta di musica rilassante e user experience visuale devo ammettere che mi ha rapito molto, ma pone un’aspettativa che la pista non può assolutamente soddisfare. Sì, perché, purtroppo, una volta scesi sull’asfalto l’eleganza e la meraviglia lasciano il posto a un modello di guida francamente un po’ deludente. O meglio, esattamente in linea con il passato della saga, e dunque terribilmente antiquato e anacronistico, per quanto indubbiamente accessibile e adatto a tutti. Il vero problema non è tanto nella personalità delle vetture, comunque appiattita da una semplificazione eccessiva, quanto un motore fisico leggerino, che continua a ignorare le conseguenze reali dei contatti, che restituiscono ancora quella brutta sensazione di rimbalzo o di blocco istantaneo tipica della saga. Tutto è come quattro anni fa, ma quattro anni fa facevamo lo stesso discorso guardandoci indietro, e si aveva già la sensazione che fosse troppo tardi per la visione motoristica di Yamauchi.
Il risultato è quasi straniante, perché sembra di giocare alla versione rimasterizzata ed esteticamente aggiornata di Gran Turismo 3, e sinceramente non posso dire di non essermi divertito a cercare di migliorare i miei tempi, ma contemporaneamente faccio fatica a considerare il titolo di Polyphony una scelta in grado di soddisfare chi vuole davvero guidare e sentire l’adrenalina delle corse, considerando le alternative presenti sul mercato. Il punto è che, almeno in single player, in Gran Turismo Sport non si corre, ma si conduce una vettura gentilmente appoggiata sull’asfalto, e si va alla ricerca di una perfezione estetica lontana anni luce dalla logorante esperienza di guida su circuito: la maniera migliore per portare i trofei a casa, nella Campagna, è gestire con dolcezza acceleratore e freno, e affidarsi alla naturale tendenza delle vetture a non scomporsi se non portate al limite, sfruttando il freno motore come vero e proprio equilibratore. Gran Turismo Sport rifugge completamente dalla guida sporca, e la gentilezza diventa l’unica cifra possibile per il successo, con il risultato che molte prove possono diventare quasi stucchevoli e l’unica spinta motivazionale viene data dalla ricerca del tempo in grado di garantire le medaglie d’oro, peraltro tendenzialmente più abbordabili rispetto agli standard della saga.
purtroppo, una volta scesi sull’asfalto l’eleganza e la meraviglia lasciano il posto a un modello di guida francamente un po’ deludente
Contro l’IA, invece, siamo più vicini all’amarezza e alla noia, visto e considerato la totale inabilità degli avversari al sorpasso, salvo errori nostri marchiani, comunque recuperabili perché anche nel caso in cui ci sia una lepre sul circuito, di fatto il più veloce in pista si adegua quasi sempre ai nostri tempi soltanto se siamo a breve distanza da lui, sia avanti che indietro, per una rielaborazione di un sempreverde effetto elastico. Nonostante ciò, per carità, la resa altimetrica di alcuni circuiti (come Interlagos), le prove a tutta velocità per le strade di Tokyo dove non si possono sfiorare né le barriere né toccare gli avversari, o ancora le splendide curve dell’Alsazia restano affascinanti e offrono anche momenti di sfida interessanti. La Campagna non manca di divertire, ma la maggior parte delle soddisfazioni sono date dal contesto, dalla bellezza di alcuni scorci e, soprattutto, dallo spirito di competitività che anima gli appassionati di racing game, e quasi mai dal modello di guida. Basta lanciare un rally, infatti, per imbruttirsi anche nei confronti di una medaglia d’oro, vista la pessima resa del fondo sterrato e la scivolosità del tutto.
NEED FOR SPEED
Complessivamente, Gran Turismo Sport, nella sua componente single player, è un parziale spreco di inusitata bellezza, che non può che far rabbia a chi la serie continua ad amarla, nonostante tutto. Il senso di malcontento si acuisce soprattutto per la cura con cui il gioco viene presentato, dalle tantissime e graditissime opzioni di stampo grafico su PS4 Pro (dove è possibile ottimizzare tutto in favore del frame rate, nella mia prova sempre granitico, o della qualità grafica, upscalando in 4K) allo splendore della presentazione delle vetture, che farebbe aumentare le vendite di tutte le auto presenti nel gioco se messa in loop in un concessionario. In pista, però, nel 2017 è francamente triste imbattersi in muri invisibili, in un senso di velocità da visuali esterne (che mi rendo conto, andrebbero bandite) abbastanza approssimativo, o sentire il rombo del motore interrotto da un rumore metallico di stoviglie in caso di contatto con un’altra vettura, o ancora di incollarsi alle barriere quando si va lunghi.
Gran Turismo Sport, nella sua componente single player, è un parziale spreco di inusitata bellezza
A quasi due settimane dall’uscita nei negozi, cosa resta di Gran Turismo Sport? Ho percorso tante miglia per farmi un’idea definitiva del nuovo, particolare, capitolo del racing game di Kazunori Yamauchi, a cui ho dedicato anche un editoriale (questo).
BANDIERA A SCACCHI
Navigando per gli splendidi menu accompagnati dalle note gentili della colonna sonora, a qualche giorno di distanza, non si può non pensare che della campagna mi sia rimasto poco in termine di sensazioni e piacevolezza. È vero che il modello di guida, dopo tutto, ce lo si può far piacere per la sua docilità e il suo premiare la traiettoria perfetta, ma è anche vero che le prove e le sfide proposte, più che portarti al limite, mostrano i limiti dell’opera di Polyphony. Di tutto quel percorso, oltre alle medaglie e le vetture bonus da personalizzare attraverso i punti miglia per il piacere di averle e immortalarle negli scenari, resta soltanto la grande conoscenza dei circuiti, un bagaglio inestimabile per quello che è il “vero” gioco, la modalità Sport. La conoscenza perfetta delle classi di vetture e circuiti dimostra, ancora, una volta, che più che un simulatore di guida, il titolo di Yamauchi è un ideale assoluto da inseguire, e pertanto soltanto lo studio di mezzi e asfalto possono portare verso la vittoria.
il colpo di teatro di Gran Turismo Sport potrebbe essere quello di diventare l’araldo degli esport
iRACING FOR THE MASSES
L’universo online di Gran Turismo Sport prevede diversi livelli di competizione, garantiti da un fitto sistema di regole che vuole premiare l’affidabilità, il fair racing e l’abilità dei piloti. Ogni giocatore è contraddistinto da due valori: uno relativo alle prestazioni e uno alla condotta di gara. Entrambi i giudizi (espressi in forma di voto in lettere) influenzano il matchmaking, che prova a comporre gare equilibrate e, soprattutto, omogenee dal punto di vista della reputazione del comportamento in pista. Per far rispettare le regole, la commissione gara virtuale prova a istruire i piloti attraverso due video didattici chiari, ma che mancano di un’applicazione pratica, attraverso cui viene sostanzialmente messo in evidenza che ogni comportamento scorretto verrà penalizzato, cosa che avviene puntualmente. Toccare deliberatamente un avversario (fa fede spesso la velocità e la forza frenante), tagliare le curve o toccare le barriere si traduce in secondi di penalizzazione da scontare in pista alzando il piede, o a fine gara sul tempo globale (in forma maggiorata). In assenza di giudici umani, il risultato è che vige un regolamento molto strict, cosa che può penalizzare anche chi si trova in mezzo a una reazione a catena, ma è anche vero che la normativa è applicata sempre e la community sembra averlo capito, vista la riduzione drastica di wrackfest alla prima curva nel corso del tempo. È anche vero che il numero di giocatori si sta riducendo, e normalmente ci si trova a competere non con altri 23 avversari, ma mediamente in 14 o 15 vetture, cosa che rende anche più facile evitare la bagarre.
Gran Turismo Sport, online, regala un’esperienza competitiva notevole
Gran Turismo Sport è un titolo complicato e una scommessa rischiosa, nonché un capitolo apocrifo della saga motoristica di Yamauchi. Mediocre in single player ma emozionante in multiplayer, il gioco Polyphony è la concretizzazione assoluta della visione democratica e deferente del game designer nipponico riguardante il mondo del motorsport. La sua ultima creazione è dunque un tempio sacro dove condividere con gli altri utenti momenti di contemplazione assoluta della bellezza delle automobili e cercare, insieme e contro, la perfezione estetica della guida come esercizio di concentrazione ed equilibrio. In mezzo, ci sono un modello di guida con i limiti di sempre, un single player dimenticabile e un generale feeling anacronistico che purtroppo compromettono il risultato finale.