Grow Up - Recensione

PC PS4 Xbox One

Ricordo bene il primo impatto con Grow Home, il piccolo esperimento tecnico di Ubisoft Refelctions che poco alla volta si trasformò in un progetto compiuto, per quanto minuscolo e financo acerbo. Claudio Todeschini mi guardava perplesso, mentre io ne dicevo di ogni contro il sistema di controllo di B.U.D., il piccolo robottino protagonista del gioco, che poi è lo stesso del qui presente Grow Up. Le cose non sono cambiate di molto dopo un anno e mezzo, visto che anche in questo caso ho passato la prima ora a maledire gli sviluppatori per la telecamera ubriaca, per la compenetrazione poligonale assurda e per il sistema di inerzia di B.U.D. che ti lancia in faccia badilate di frustrazione ogni volta che cerchi di fare le cose con un po’ di metodo e precisione. Eppure è innegabile come Grow Up, esattamente come il titolo che lo ha preceduto, emani un magnetismo che spinge a insistere pervicacemente nel farsi male, anche oltre i titoli di coda. Odi et amo, scriveva un certo Catullo qualche tempo fa, e qui ci aveva preso in pieno.

CBCR

Grow Up è di fatto Grow Home con più cose e con una mappa che si espande orizzontalmente, oltre che verticalmente. Lo scopo è quello di ricostruire l’astronave M.O.M. dopo uno scontro con un asteroide: i pazzi sono sparsi in giro per il pianeta e vanno inevitabilmente recuperati. B.U.D. è un robottino che si occupa felicemente di botanica, ed è proprio sfruttando questa sua peculiarità che, poco alla volta, le possibilità a sua disposizione si ampliano: basta, difatti, recuperare i semi da una specie floreale sconosciuta per creare un numero infinito di cloni dove più ci aggrada. Il pollice verde non serve solo a rendere lussureggiante lo scenario, ma anche ad aprire opportunità esplorative a B.U.D., visto che ogni pianta ha una proprietà diversa da sfruttare, che ciò si incarni in una foglia catapulta o in un estemporaneo trampolino vegetale, beh… poco importa.

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Grow Up riprende e amplia il discorso iniziato con Grow Home

L’insieme di tutte queste abilità progressivamente accumulate fanno il paio con lo zainetto di B.U.D., che inizialmente prevede l’uso di un piccolo jetpack a consumo, ma che – proprio come accadeva in Grow Home – estende le sue capacità raccogliendo i numerosissimi cristalli sparsi in giro. La combinazione di zainetto e semi diventa presto il meccanismo cardine attorno al quale ruota tutta l’esplorazione: non c’è mai una sola via ma svariate, e sta alla fantasia del giocatore costruirsi quella più comoda. Gli obiettivi, peraltro, sono sempre ben visibili e comunque identificabili grazie alla visuale aerea di un piccolo robot drone che ci accompagna. In Grow Up, insomma, non conta la destinazione ma il viaggio, impreziosito saltuariamente da prove a tempo accessorie, utili a sbloccare facezie non necessarie al completamento finale.

FATICHE ROBOTICHE

Di base, quindi, Grow Up riprende e amplia il discorso iniziato con Grow Home. Purtroppo, se da un lato c’è più carne al fuoco e maggior compiutezza, dall’altra troviamo il cocciuto trascinarsi di quei problemi endemici che avevano strozzato la corsa del predecessore. Al di là di quanto elencato a inizio articolo, è il meccanismo di scalata il difetto preponderante, faticoso com’è il dover alternare in modo talvolta roccambolesco una mano e l’altra (attraverso la pressione dei dorsali o dei trigger, a piacimento). Una presa mancata si traduce in una caduta capace di vanificare minuti di lavoro certosino, soprattutto nelle prime due ore, quando ancora non si ha a disposizione un congruo numero di potenziamenti per rimediare velocemente, senza che la frustrazione abbia il sopravvento.

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In Grow Up non conta la destinazione, ma il viaggio

Un vero peccato, perché Grow Up mette su piatto buone idee e un’atmosfera per certi versi unica. Durante le fasi di ascesa verticale gli scorci sono notevoli, pur nella consapevolezza di una semplicità grafica che fa del poligonismo monocromatico la sua ragion d’essere; allo stesso modo, il senso di conquista c’è e regala grandi soddisfazioni, in particolare a chi sa prendersi il tempo che serve per guardare bene in giro, completare le sfide opzionali e, magari, recuperare tutti i cristalli, che pochi non sono. Tuttavia, a volte serve la pazienza di Giobbe per non lanciare il joypad verso il televisore. Uomo avvisato…

Grow Up riprende ed espande orizzontalmente il mondo simil-sandbox visto in Grow Home. Più possibilità e più margine di manovra sono cose che spingono a un’esperienza a tratti mistica, laddove è il giocatore a scegliere la via più congrua per portare a termine la missione. Purtroppo, i difetti endemici del predecessore sono stati trasportati in una sorta di CTRL+C/CTRL+V che avrei davvero preferito non ritrovarmi addosso a ogni piè sospinto. Grow Up è un videogioco unico e mesmerizzante, ma va assunto con cautela e dopo aver letto con attenzione il bugiardino. Poi non dite che non vi avevo avvisato, eh.

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Pro

  • Ora anche orizzontale.
  • Tanta libertà di manovra.
  • Colorato e capace di regalare ottimi scorci, nonostante la semplicità grafica di fondo.

Contro

  • Telecamera ballerina.
  • L'inerzia di B.U.D. è eccessiva.
  • Il meccanismo di scalata a due mani fa venire l'ansia.
  • Se non ci si fa prendere dall'animo esplorativo, dura una sera o poco più.
7

Buono

Detto, fatto, un po' matto. Il Kikko redazionale passa per vecchio e stanco, ma è quello che porterà un fiore, un mouse e una tastiera sulle tombe di tutti gli altri loschi figuri che gravitano per le nebbiose vie di TGM.

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