Un gioco in cui sopravvivere in un mondo ostile? Vista la cronaca recente, non solo mi cimento in Keplerth, ma cerco anche di far tesoro dei suoi insegnamenti, non si sa mai.
Sviluppatore / Publisher: TARO / Gamera Games Prezzo: 12,49€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Online cooperativo PEGI: ND Disponibile Su: PC (Steam) Data di Lancio: Già disponibile
Per una mia irrazionale paura, evito di dormire in aereo, anche nei viaggi più lunghi. Mi spaventa infatti l’idea di schiantarmi a mia insaputa, anche se a ben pensarci mi risparmierebbe istanti terribili. Figuriamoci se mi imbarcherei su una navicella ibernato e inscatolato dentro una capsula. Il protagonista di Keplerth invece è stato più audace di me e difatti ora è l’unico sopravvissuto a un atterraggio di fortuna su un pianeta alieno.
Il survival open world sviluppato da Taro e distribuito da Gamera Games – da non confondere con la nostrana Gamera Interactive – se la sta cavando piuttosto bene e al momento in cui scrivo ha già raggiunto la milestone delle centomila copie vendute.
KEPLERTH, TRA RIMWORLD E THE SURVIVALISTS
Come in tutti gli altri titoli di questo genere, in cui spiccano produzioni di un certo spessore come RimWorld e The Survivalists, ci troviamo all’interno di una mappa generata proceduralmente e celata dalla fog of war, senza armi o equipaggiamento alcuno, e dobbiamo cavarcela in qualche modo, cercando in primis di non morire di fame. Si aggiunge però mistero al mistero non appena mettiamo il naso fuori dall’abitacolo, in quanto un robottino semidistrutto ci racconta la storia di Danny e del suo rapimento da parte di soldati che ricordano gli Stormtrooper visti in Star Wars. Lungi da me svelarvi la trama e i boss da sconfiggere, ma sappiate che gli sviluppatori hanno voluto anche inserire una storia di background.
POTREI GIOCARE CON LA MUMMIA MUTATA
La creazione del personaggio prevede delle semplici personalizzazioni grafiche quali colore della pelle e dei capelli, scelta del genere e della razza. Oltre ai canonici umani, elfi e orchi, troviamo creature particolari come la mummia o l’uomo cinghiale, ognuno con i propri perk esclusivi. Ci sono tre livelli di difficoltà da abbinare al nostro personaggio, e altrettanti per la generazione dell’ostile mondo che ci ospita. Possiamo scegliere se comportarci da veri survivor e attivare la permadeath, oppure avere illimitate resurrezioni nello spawn point più vicino – solitamente la nostra dimora – ma in caso di morte droppare il nostro inventario nel luogo del misfatto, o giocare a cuor leggero preferendo rinascere con tutti i nostri averi ancora in tasca.
Si decide poi il livello di forza e aggressività delle bestie autoctone, e se dotarle di iniziativa per organizzarsi e cercare di invadere la nostra base o lasciar loro condurre l’esistenza in tranquillità fintanto che non sconfiniamo nel loro territorio. Il mio cuore ha inizialmente optato per la permadeath, ma avreste letto la recensione nel 2045, poiché per quanto si adotti una condotta prudente, un passo falso può portare alla morte quasi improvvisamente. Questo se si hanno ambizioni che vadano oltre la mera sopravvivenza, che può essere garantita anche barricandosi dentro la base e cibandosi di mele. Non ci sono livelli di crescita con punti skill da distribuire, ma un sistema di mutazioni genetiche attivabile recuperando frammenti di DNA garantisce una notevole varietà di build, anche se dalla mia esperienza ho notato che in generale è l’equipaggiamento a fare la differenza.
GUERRIERO O ARCHITETTO?
Come in molti survival, possiamo cercare di abbandonare l’ambiente ostile in cui siamo ospiti coatti, o trasformarlo nel nostro nuovo regno. Io sono decisamente un fuggitivo, però non posso non ammirare – su YouTube, da ben lontano – le opere di alcuni giocatori che trasformano in un resort a otto stelle un luogo prima inospitale. Keplerth ci mette a disposizione tutte le opzioni per costruire non solo armi e strutture atte ad offendere, ma anche mobili e prezzi d’arredamento per realizzare la casa dei nostri sogni, magari con orto e giardino, un recinto per gli animali, uno spazio per gli ospiti ed un’antenna radio per cercare forme di vita intelligenti ed amichevoli.
Qualunque sia la strategia adottata, il leitmotif è sempre la ricerca di materiali di rarità crescente per creare manufatti sempre più complessi che ne sbloccano di nuovi ancora più avidi di risorse. L’esplorazione è la componente principale del gameplay, e l’ambiente è molto grande e ricco di città, foreste, deserti, lande innevate, dungeon multilivello e una misteriosa quinta dimensione. Ma dobbiamo muoverci con cautela.
MI SVEGLIO COL GALLO, DORMO CON LE GALLINE
L’alternarsi tra giorno e notte è molto importante in Keplerth, primo perché al calar delle tenebre il buio si fa veramente pesto rendendo impossibile l’esplorazione, secondo a causa di alcuni mostri che al crepuscolo diventano più aggressivi. A parte l’orario un po’ bizzarro con il sole che ci saluta già al pomeriggio per poi sorgere alle quattro del mattino, a cui comunque ci si abitua come se fosse una sorta di fuso orario in-game, rimane la questione su come passare il tempo aspettando l’alba. Le attività possibili si riducono drasticamente, e soprattutto giocando un livello di difficoltà dignitoso il rischio di mettere il naso fuori dal rifugio non vale la candela, nemmeno girando con una torcia a illuminare sommariamente il nostro cammino. Ci si può dedicare al crafting con i materiali recuperati di giorno, ma a lungo andare la monotonia può fare capolino. Sicuramente l’obbligo di tenere un basso profilo durante le ore notturne è realistico, ma avrei preferito uno sbilanciamento più in favore dell’azione.
IL MOTION CAPTURE L’HA FATTO CAROLINA KOSTNER
Graficamente Keplerth è molto ispirato e non utilizza pixel art come tanti suoi colleghi adottando invece uno stile più cartoonesco che ricorda molto da vicino RimWorld, con sprite più dettagliati e generalmente di migliore qualità. Proprio come il titolo Ludeon Studios però quasi non prevede animazioni, con tutti i personaggi che si muovono pattinando. Avrei preferito, se non dei veri e propri frame come in Don’t Starve, almeno un effetto saltellante che potesse restituire l’idea di una camminata o di una corsa piuttosto che di una scivolata su un immenso campo di calcio saponato. Interessante il sonoro, che al silenzio di tomba alterna malinconici motivi inducendo una tristezza di fondo che ben simula lo stato d’animo di chi si trova su un mondo alieno e ostile. Sicuramente consigliato a chi ama il genere survival, gli altri potrebbero trovarlo un po’ lento, al pari di molti suoi colleghi.
In Breve: Grazie a un costante sistema di hint che ci suggerisce sempre il prossimo passo, Keplerth garantisce un approccio casual a un genere solitamente punitivo come il survival, a patto di scegliere un basso livello di difficoltà. Come in tutti gli open world, siamo noi a decidere come giocare, scegliendo se correre lungo la main quest o dedicarci a caccia, pesca, allevamento, agricoltura, ampliamento e abbellimento della nostra base. Con la permadeath il gameplay si fa duro come nel più perfido roguelike e vale la pena provarci.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: I7, 8GB RAM, GeForce GTX 1050, SSD
Com’è, Come Gira: Fluido senza alcun problema, nessun caricamento in game. Si lancia e si gioca.